domenica 29 marzo 2015

CIMITERI DI GUERRA

Certo l'argomento non è allegro, ma ci è venuto voglia di parlarne quando abbiamo visitato il Florence American Cemetery and Memorial, che si trova all'Impruneta, in località Falciani.
E' visibile sia dalla Cassia che dalla Firenze-Siena ed è situato su un  incantevole declivio, dorata dal sole, circondata da un bosco ombroso e suggestivo, e attraversata dal fiume Greve.
Definire il luogo come ameno è addirittura riduttivo.

Il tappeto erboso sul quale camminiamo è un tappeto nel vero senso della parola: a camminarci sopra fa più l'effetto di una moquette che di un prato di erba, da quanto è soffice. Ed è anche tutta incredibilmente verde, come mai ci saremmo aspettati di vedere un prato in gennaio, cioè quando ci siamo stati noi!
Ogni cosa testimoniava una cura estrema: Le croci - dove ogni tanto una stella di Davide spiccava - erano tutte bianchissime, come se le avessero appena lavate; ogni albero che è stato tagliato è stato accuratamente rimpiazzato con un altro di uguale specie.

L'atmosfera è serena in questa conca sempre al sole, dove non tira mai vento - neppure in gennaio!
Nel sacrario, c'è uno splendido mosaico a tutta parete con il teatro di guerra, e i nomi dei battaglioni.

Una vasca a mosaico azzurro, dove l'acqua scorreva dolcemente, ci ha colpito per la sua perfetta ed immacolata pulizia: non dico una cicca di sigaretta o una carta di caramella - non sia mai! - ma nemmeno una foglia caduta da un albero macchiava quella imperturbabile perfezione.
Gradi lapidi in marmo con scritte in oro - ma particolari in oro erano dovunque - esaltavano le virtù della lealtà, del vigore e della virilità.
La piccola cappella - protestante, ma di sicuro qui riposano anche molti cattolici - era severa e serena.
La bandiera americana (la "Stars and Stripes") garriva al vento sul più alto pennone.
Vento?
Ma qui non c'è vento!
Eppure sventolava gagliarda.... questo è un bel mistero.
Un altro mistero è come mai sulle lapidi (sono ben  4.402) abbiamo trovato ben pochi nomi italiani: eppure sapevamo che gli italo-americani erano moltissimi, per via della lingua.
Così, in una giornata assai grigia di febbraio, abbiamo deciso di visitare anche il Florence War Cemetery - che non è il cimitero di guerra inglese, badate bene, ma del Commonwelth!, che si trova in località Girone, nel comune di Fiesole.
Qui abbiamo trovato un'atmosfera completamente diversa.

Intanto il prato - pur curatissimo - non era così perfetto come quello americano.
Nel senso che qualche chiazza di erba un po' più secca l'abbiamo trovata, dopotutto non era il maggio odoroso, ma la metà di febbraio!
Come nel cimitero degli inglesi di Firenze (link) abbiamo trovato abbondanza dei simboli del giardino romantico: grandi alberi con radici affioranti cosparse di muschio, piante di melograno, panchine di pietra grigia, aiuole dall'aspetto falsamente trasandato, siepi di bosso.
Insomma, tutto l'armamentario romantico al gran completo.
Le lapidi erano altrettanto curate, ma non si aveva l'impressione che qualcuno fosse passato la mattina a lavarle con la candeggina.
Prima di tutto erano di pietre diverse: c'era il marmo bianco, c'era quello grigio - ne abbiamo viste anche qualcuna nera - c'era il travertino, c'era la pietra.

E poi ce n'era qualcuna scheggiata, corrosa o sbiadita: dopotutto sono qui da 70 anni!
E c'erano anche le donne. Già qui sono sepolte anche le donne che hanno combattuto e sono morte per questa causa.
Ogni lapide riporta una diversa frase della Bibbia, evidentemente quella che i parenti hanno trovato adatta al loro caro sepolto.
E ci sono i giardini. Ogni lapide ha davanti un piccolo giardino curatissimo, ognuno diverso dall'altro.
Ecco, quelli sì, sono curati in maniera maniacale - certo per quello che permetteva il periodo dell'anno, poco favorevole al giardinaggio.
Sotto un enorme cedro, in una parte decentrata, c'è il plotone degli indiani, con le scritte in sanscrito - per gli indù - o in arabo - per i musulmani -.
Sono tutti riuniti in questo angolo ombroso perchè il terreno è stato consacrato in maniera diversa da quello dei Cristiani?
Speriamo di si, che questa non sia stata una discriminazione anche dopo la morte.

Sul limite opposto rispetto alla SS67 dalla quale si accede, quasi sul fiume Arno,  c'è il monumento funebre: un rettangolo di marmo - questo sì bianchissimo - molto sobrio.
Per ultimo ci siamo tenuti il Cimitero Militare Germanico, sul passo della Futa, nel comune di Firenzuola,

Ci siamo andati in una freddissima giornata di marzo.
Qui non ci sono lapidi bianche, non ci sono giardini, non ci sono frasi della Bibbia, nè prati verdeggianti.
Qui anche in estate l'erba è grigiastra per via del vento che spira incessante dall'appennino, e le lapidi di pietra grigia sono incassate nel terreno e riportano solo il nome, il grado e la data della morte.
Non ci sono simboli religiosi: solo le croci in pietra, che fanno parte dei terrazzamenti necessari per seguire l'orografia della montagna, ci ricordano che chi è sepolto qui era Cristiano.

Non ci sono ampie cancellate che portano a prati curati: qui si entra da una porta stretta,  - certamente un riferimento biblico - un cancello laterale incastrato nel monte.
Non ci sono bandiere - eppure qui davvero il vento per farle sventolare non manca.
Questo è il cimitero di quelli che hanno perso: la guerra, la vita e anche l'onore - forse non quello del soldato, ma certamente quello della considerazione del mondo dei vincitori, nei loro confronti.
La sensazione che proviamo qui è molto diversa, non serena commemorazione, non tenero ricordo, ma una latente angoscia, forse anche perchè loro sono davvero morti qui, sulla linea Gotica, teatro di combattimenti tra i più cruenti della Seconda Guerra Mondiale,  e dove sono stati poi sepolti.
Nel sacrario, sormontato da un monumento di scabra pietra grigia, ci ha colpito la sorte di un tenente, morto il 20 aprile del 1945, a pochi giorni dalla fine della guerra!



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domenica 22 marzo 2015

LE CASCINE DI TAVOLA

Quando si parla delle Cascine, di solito si pensa al parco di Firenze.
In realtà ne esiste un altro che si chiama Cascine di Tavola.
E' sempre un parco pubblico, ma è forse un po' meno universalmente conosciuto.
E qui entriamo in ballo noi...
Si tratta della tenuta annessa alla villa medicea detta "Ambra", di cui abbiamo già parlato (vedi link) e che è meglio conosciuta come "Villa del Poggio a Caiano". Anche la tenuta era conosciuta con il nome di "Cascine del Poggio a Caiano", e se da queste parti la cercate con questo nome, state sicuri che non sbaglierete strada...
Sono collocate sulla riva sinistra del fiume Ombrone, e alla data della sua creazione facevano parte di un complesso talmente ampio che comprendeva ben due ville tra le più famose (la villa Ambra, appunto e la Ferdinanda ad Artimino, che non è lontano da qui) e un territorio talmente vasto da comprendedere metà della provincia di Prato.
Nel solo parco delle Cascine di Tavola, trovano posto il parco pubblico, un golf club molto esclusivo (Le Pavoniere) e un Club Ippico (Il Magnifico).
Oltretutto, dall'altra parte della Strada Statale 66 (vedi link) il comune di Poggio a Caiano ha ricavato un altro parco pubblico, quello del Barco Mediceo.
Questo tanto per dare un'idea delle dimensioni della tenuta!
Il luogo è stato modificato dall'uomo in varie epoche: prima dalle centuriazione romana - Caiano è un nome di chiara derivazione romana - le bonifiche medioevali volute dal comune di Prato, che crea il reticolo delle gore, allo scopo di evitare l'impaludamento del fiume Bisenzio (vedi link), sino ad arrivare agli interventi di Lorenzo il Magnifico, cioè colui che volle l'edificazione della villa.
 Questo luogo piaceva anche ai Granduchi di Lorena, - caso strano -  che migliorarono e ampliarono le opere organizzative della tenuta agricola, e che quindi rendeva assai bene!
La tenuta agricola è separata dal giardino della villa dal fiume Ombrone ma è parte integrante del progetto di Lorenzo, dove i luoghi di svago della corte non dovevano comunque essere lontani dalle attività produttive.
Qui veniva allevato il bestiame, i bachi da seta, le api, c'erano orti e frutteti, e - primissimo tentativo in Toscana, vista la natura paludosa del terreno - fu fu tentata la coltivazione del riso.
All'interno del parco pubblico, sorgono gli edifici delle Cascine che purtroppo, allo stato attuale, sono in uno stato miserevole di abbandono.

La Cascina propriamente detta è attribuita allo stesso architetto della Villa: Giuliano da Sangallo. E' una costruzione piuttosto singolare per la zona, perchè è un edificio quadrato a torri angolari e con corte centrale, conformazione normale nella  pianura padana , ma fortemente atipica in una valle del centro.
L'edifico è circondato da un fossato, e si accede alla corte centrale da un ponte.

La costruzione si era conservata in condizioni accettabili dal XV secolo sino a pochi anni fa, quando un intervento assai poco ortodosso da parte di un'azienda privata, lo ha fortemente danneggiato, privandolo in molte costruzioni del tetto, il che significa il rischio di crollo delle mura!
Inoltre tutto quello che era asportabile - stemmi, pietre lavorate, lapidi - è stato sottratto.
Intorno ci sono altre costruzioni, tutte in cattivissime condizioni: case di abitazione dei contadini, con antiche cucine ancora riconoscibili,

frantoi, cantine, stalle e tutti gli annessi relativi alla vita agricola, dove si notano bene le sovrapposizioni temporali che si sono succedute nei secoli.
Altri edifici, che hanno invece fatto sempre parte del parco pubblico, sono stati piano piano restaurati, oppure messi in sicurezza, magari solo rifacendo il tetto, cosa questa che impedisce agli edifici di deteriorarsi in maniera significativa.
Vicino alla rimessa della barche, recentemente restaurata, anche se ancora al grezzo - già, perchè qui si viaggiava su barche, lungo i tanti canali che solcano il territorio, e che l'amministrazione comunale cerca di tenere perlomeno puliti dalle piante di canne infestanti che se le stanno divorando - sorge la Ragnaia, cioè il bosco fitto, sottratto alle coltivazioni agricole, e che doveva servire per il l'uccellagione e la caccia. Qui sono presenti vari ponti, quasi tutti crollati, tra cui uno spettacolare ponte che doveva portare in tre sentieri diversi, e del quale adesso è rimasto solo il pilone centrale.
Alcuni sono in fase di restauro, ad opera della Scuola Edile.

Tra la rimessa delle barche e l'edifico della Cascina, si trova lo spettacolare Prato delle Carrozze, un parcheggio ante-litteram, dove i gran signori lasciavano le loro carrozze, per poi salire sulle barche a veder correre daini inseguiti dai levrieri, su percorso obbligato.
Purtroppo, come spesso è accaduto, il passaggio dai Granduchi di Toscana allo stato Italiano non rappresentò un bene per la tenuta.
Rimasto completamente abbandonato sino al 1923, quando fu affidato all'Opera nazionale Combattenti, fu da questa utilizzate per "fare cassa", disboscando una notevole porzione di bosco.
Dopo la seconda guerra mondiale fu di nuovo abbandonato, sino agli anni '90 del scolo scorso, quando si riuscì, affittando vaste zone ai privati, a rendere fruibile al pubblico una buona parte del parco, quello che si può visitare ad oggi.

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domenica 15 marzo 2015

IL CASTELLO DELLA MAGIONE A POGGIBONSI

Questa è la storia di una dimora antichissima, e felicemente recuperata da dei privati.
Non è una storia frequente: nel migliore dei casi, quando un'antica costruzione va a finire in mano ai provati, diventa automaticamente un albergo, o un agriturismo, comunque roba che produce reddito.
Niente da dire in proposito, sempre meglio far diventare un ristorante una costruzione antica, che vederla crollare per incuria, giusto?
Ma questo caso è diverso.
L'antica costruzione, che sorge sulla riva destra del torrente Staggia,  risale al XI secolo, e fu donata da Gottifredo e Arnoldino Cristofani ai monaci dell'Abbazia di San Michele a Poggio Marturi (antico nome di Poggibonsi) nel 1140.

I monaci lo affidarono ai Cavalieri Templari, diventando così una delle tante "Mansiones" sulla via Francigena.
Nel 1312 l'Ordine dei Templari venne soppresso, e la magione passò agli Ospedalieri, che lo utilizzarono come Spedale per i pellegrini della Francigena sino al 1752. Era un epoca quella in cui i pellegrinaggi non si usavano più, e comunque si svolgevano in modo ben diverso rispetto ai secoli passati.
L'edificio era quindi inutilizzato.
Fu così che fu concesso in affitto ai principi Corsini, che lo utilizzarono come edificio agricolo, finchè fu dagli stessi venduto, nel 1866.
A quel punto gli edifici, già danneggiati dalle continue piene del vicinissimo torrente Staggia, furono lasciati in abbandono, del resto la chiesa era stata sconsacrata già dal 1822.
Nel 1979 fu acquistato dal Conte Marcello Cristofani della Magione, che lo donò alla Milizia del Tempio - Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo (di cui fu fondatore) e che diede inizio al difficile restauro dell'intero complesso.
Il Castello conserva assai evidenti i segni della sua origine romanica, nonostante alcuni adattamenti intervenuti nel corso dei secoli. Adesso è Sede Magistrale dell'ordine, che si occupa principalmente dell'educazione dei giovani, principalmente tramite la creazione di gruppi di Scout.
Noi ci siamo stati di mattina, e non abbiamo avuto la pazienza di aspettare l'orario di apertura del complesso, che è visitabile nel pomeriggio.
Liberamente visitabile, invece, è la splendida, piccola Chiesa - intitolata a San Giovanni in Jerusalem -  in un purissimo stile romanico, rimasto inalterato nel corso dei secoli: l'altare è nella forma più antica delle strutture romaniche.

Ha inoltre una caratteristica unica: sulla facciata ha una monofora a denti che  - abbiamo scoperto dopo - non ha uguali.

Ci sono un paio di altre Chiese nel mondo che hanno delle feritoie a clessidra, ma niente del genere!
Inoltre - caso assai raro tra le Chiese sconsacrate - è stata riconsacrata nel 1987, ed è aperta al culto.
Il complesso è stato definito come il più completo complesso ospedaliero medioevale rimasto in europa occidentale.
Nella parte esterna della costruzione, in un piacevole giardino vicino all'argine dello Stabbia, abbiamo trovato questo busto in bronzo dedicato al Carrista del Deserto,  e queste targhe, sempre dedicate ai reparti carristi di vari eserciti, che vengono qui regolarmente a commemorare i propri valorosi caduti.


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domenica 8 marzo 2015

VITOLINI, nel comune di Vinci.

Vitolini è un piccolo paese sul Montalbano, amministrativamente facente parte del comune di Vinci, ma pericolosamente vicino al confine con Carmignano.
L'abbiamo attraversato centinaia di volte, passando dalla provinciale 43 detta "del Pinone", dal nome del passo che, a poco più di 500 metri sul livello del mare, ci porta da Poggio a Caiano a Empoli, ma con le sue diramazioni anche a Vinci e a Limite sull'Arno.
E' un piccolo paese, e attraversandolo ci è spesso sembrato un po' infossato in quella valle stretta, tutto arroccato alla sua provinciale.
Poi ci siamo fermati, e siamo andati a vedere la chiesa di san Pietro Apostolo,

 dove pare che sia custodita un'antica campana -  contesa con l'abbazia di San Giusto (vedi link), una delle più antiche ancora esistenti in zona, visto che le campane sono state spesso fuse per scopi bellici, nel corso dei secoli - ma che certo dal suo sagrato ci fa vedere uno dei panorami più belli della zona. E vi assicuriamo che i bei panorami, da queste parti, si vendono a mazzi di dieci!
Una bella leggenda ci dice che nella campagna ci sia l'ulivo da cui la colomba strappò il rametto che poi portò a Noè, che capì così che le acque del Diluvio universale era finito.
Abbiamo cercato questo antichissimo ulivo, ma non siamo riusciti ad identificarlo tra gli altri migliaia di ulivi che ricoprono questo versante del Montalbano.
Un'antica tradizione ci parla di un primo maggio, inteso come festa dei lavoratori, molto in anticipo sui tempi: un documento, risalente al 1387,  ci parla dell'incarico al notaio del territorio comunale, di porre un ramoscello d'ulivo sul campanile del castello di Vitolini, ogni primo giorno del mese di maggio: una festa del lavoro ante litteram, considerando che l'olivo è sempre stata la coltivazione principale di queste zone. L'apposizione di questo ramoscello era sicuramente simbolica.
E il Castello? l'abbiamo cercato, e nemmeno quello abbiamo trovato.
Abbiamo però trovato una Torre , che abbiamo identificata solo perchè una targa stradale  portava scritto "corte della Torre".
 L'abbiamo esaminata meglio, e abbiamo cercato di vedere in quella vecchia costruzione corrosa dal tempo, e maltrattata dagli uomini, quel che rimane dell'antico Castello.
Sappiamo che le torri erano quattro: una è stata rasa al suolo negli anni '30 del XX secolo, mentre delle altre sono rimaste solo delle tracce, inglobate in altre costruzioni.
E' un vero peccato che l'antica torre, unica vestigia rimasta di quello che doveva essere un castello veramente imponente, sia così abbandonata: ridotta a rifugio di un gruppo di gatti - peraltro anche bellocci - con delle vecchie persiane cadenti come unica decorazione.
Deve essere stata utilizzata per altri scopi per molti e molti anni, perchè sul retro abbiamo visto delle aggiunte in mattoni e metallo che ci hanno ricordato l'architettura industriale dei primi del '900.

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domenica 1 marzo 2015

FIRENZE SEGRETA: IL CIMITERO DEGLI INGLESI

Firenze a volte è strana: lontano dallo  skyline che siamo abituati a vedere dal Piazzale Michelangelo (e che, ammettiamolo, ci strappa una lacrimuccia anche se lo abbiamo visto sino alla nausea) ci sono cose altrettanto uniche, ma meno conosciute.
Pensiamo, e crediamo che non ci saranno smentite, che Firenze ai l'unica città al mondo che ha un cimitero al centro di una piazza: Piazzale Donatello.
Il cimitero è universalmente noto come "Cimitero degli Inglesi", ma ci sono sepolti anche tanti russi e un buon numero di italiani.
Si tratta di uno dei cimiteri a-cattolici della città (l'altro è il cimitero degli Allori, al Galluzzo).
Nonostante il nome, è di proprietà svizzera, ed è stata proprio la comunità svizzera ad acquistare la modesta montagnola dove sorge, all'inizio del XIX secolo, allo scopo di fornire un luogo di sepoltura adeguato, per tutti i cittadini non cattolici: infatti qui, come dicevamo, sono sepolti anche molti russi (e quindi di religione ortodossa).
Il cimitero, che non essendo cattolico doveva obbligatoriamente sorgere fuori delle mura della città, aveva inizialmente una forma diversa da quella attuale. Fu rimodellato così dall'architetto Giuseppe Poggi, che stava disegnando l'asse viario portante, costituito dai viali di circonvallazione, nell'ambito di Firenze Capitale.

Fu così, che le mura medioevali, fuori delle quali sorgeva il cimitero, furono demolite, ed il cimitero nel 1865 prese la sua forma ovale attuale, situandosi al centro di una piazza, appunto Piazzale Donatello.
La città cresceva intorno al cimitero, e dal 1877 furono proibite nuove sepolture.
Questo ha fatto sì che il cimitero abbia mantenuto quasi intatto il suo impianto ottocentesco; infatti la maggior parte delle sepolture si colloca tra il 1830 ed il 1870.

Visitare il luogo è un'esperienza mistica.
Una gentile signora ci ha aperto il cancello quando ci ha visto occhieggiare per cercare di carpire qualche immagine.
Era vestita come una suora laica, con un severo abito grigio e un velo più chiaro sulla testa.
Ci ha consentito di visitare il cimitero, purchè rimanessimo nei  sentieri segnati.
Noi abbiamo annuito, ma l'impresa non è stata semplice: il carattere romantico dell'ambiente non va molto d'accordo con il concetto di "sentiero segnato".

Le tombe, molte delle quali monumentali, sono disposte quasi a casaccio, intervallate da piante che nell'immaginario collochiamo proprio in quel periodo, come i melograni, il tasso, e gli immancabili cipressi.

Tutto l'ambiente ha un aspetto di romanticismo esasperato, palpabile, percepibile in ogni oggetto: nelle  lastre di marmo grigio con le scritte in cirillico, nelle lapidi di ragazze morte a 16 o 18 anni, preferibilmente di tubercolosi, e a cui i  genitori oppure i  fratelli dedicavano passi della bibbia. (cosa che sulle tombe cattoliche non si può - o non si poteva - fare).
Ad accentuare l'aspetto romantico del luogo, c' è quall'aspetto leggermente trasandato - senza essere trascurato - l'erba un po' lunga, le lapidi incrinate, i fiori selvatici, i rampicanti, gli intagli delle statue di pietra rose dal tempo e dalle intemperie, le pietre che sorreggono il lato esterno della montagnola coperte di muschio: insomma, tutto l'immaginario romantico al gran completo!
Persino il marciapiede, sconnesso e verdeggiante di muschio, che gira intorno a quello che oramai è purtroppo diventato un'aiuola spartitraffico, contribuisce all'atmosfera romantica!
Al centro del cimitero, alla sommità della piccola montagnola, dal 1858 c'è una colonna in pietra, dono del re di Prussia, Federico Guglielmo IV.

La tomba più famosa è quella della scrittrice inglese Elizabeth Barret Browing, ma sono molti i personaggi di una certa notorietà , dell'ampia comunità straniera che all'epoca viveva a Firenze, che hanno concluso qui la loro vita terrena.
Da pochi anni il cimitero è stato riaperto alle sepolture, ed abbiamo trovato semplici lastre di marmo con date anche molto recenti - e nomi italiani - alcune con commoventi omaggi lasciate alla memoria di un caro defunto.

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