domenica 30 agosto 2015

LA CULTURA DEI FILATI IN LUCCHESIA LO JUTIFICIO D PONTE A MORIANO

L'archeologia Industriale ci appassiona, ma ancor di più ci intriga scoprire come mai una zona è particolarmente vocata per una determinata lavorazione.
Questo è un argomento quasi inesauribile: girando la Toscana - ma l'Italia tutta - si trovano continuamente isole dedicate a quella o a quell'altra lavorazione: si va dalle sedie, alle scarpe, alla lavorazione delle pelli e potremmo continuare questo elenco all'infinito.
Sarà perchè siamo nati e vissuti in una zona come Prato, con una vocazione ben precisa - ne abbiamo già parlato, ma ne parleremo ancora ...work in progress -  ma questa "zonalità" del lavoro ci affascina.
Per esempio, una delle nostre uscite preferite è la Lucchesia.
Qui, la lavorazione preponderante era la filatura: ma non filatura della sola lana, come a Prato. Qui si filava di tutto.
Il cotone, per esempio:
Dalla piccola fabbrica di filati di Carlo Niemack, nel centro di Lucca, che nel 1890 si trasferisce nello stabilimenti di Acquacalda e, unendosi con il Cotonificio Cantoni,  diventa Fabbrica Italiana Filati Cucirini;  nel 1904 si fonde con la J.& P. Coats  ltd con sede a Paisley in Scozia, facendo nascere il colosso Cucirini Cantoni Coats.

oppure il cotonificio Sciaccaluga al Piaggione, di cui abbiamo già parlato in un altro post (link) e che, utilizzando direttamente l'acqua del Serchio,  ha fatto nascere una città laddove non c'era niente.
E poi i setifici. Data la grande disponibilità di acqua, la zona era particolarmente adatta alla coltivazione dell' albero del Gelso, come testimonia la presenza delle vestigia di molti setifici in zona. Ci avevano parlato anche di una "via della seta" a Cerreto di Borgo a Mozzano - un paesino circondato da un panorama di rara bellezza - ma non abbiamo trovato testimonianze che i nostri occhi abbiano saputo cogliere... ma sappiamo che la potenza di Lucca era fondata proprio sulla filatura della seta!
E poi abbiamo anche uno Jutificio, nato per volontà di Vittorio Emanuele Balestreri, il quale, dopo aver fatto fortuna a Genova, volle mettersi in proprio, e nel 1879 acquisto' il fabbricato di una azienda per la produzione del ferro, la Henry-Vignoles & C., che era stata costretta a chiudere per motivi economici. Utilizzando  l'acqua del Condotto Pubblico, costruito dalla Repubblica Lucchese nel XIV secolo, ed affidandosi all'Ing. James Smith, che ne progettò le quattro turbine che alimentavano l'opificio, l'imprenditore realizzò quello che fu il primo Jutificio a ciclo completo in Italia. Già nel 1880, lo stabilimento contava  25 telai. 

Emanuele Balestreri era un tipino niente male: manovrò l'amministrazione comunale - anche avendo contro l'opinione pubblica - per modificare la presa stessa del condotto, che in origine non era posta sul Serchio, e proprio per questo aveva delle portate irregolari, che male si addicevano all'attività produttiva.
Siccome non riusciva a manovrare i politici come voleva, decise di scendere in politica egli stesso, proprio per poter ottenere i benefici che potevano tornargli utili per la propria attività:
riuscì a farsi dare l'autorizzazione per una linea tramviaria che, andando da Lucca a bagni di Lucca, passasse proprio da Ponte a Moriano.
Ah, se questo personaggio vi ricorda qualcuno di più recente....sappiate che ha fatto lo stesso effetto anche a noi!
Il piccolo paese si trasformò in base alle esigenze della fabbrica, che per la verità realizzò anche molte infrastrutture, così come usava nella politica un po' paternalista di allora.
Visto il rapido successo dell'impresa, fu costruito nel 1890 anche un secondo stabilimento per la lavorazione della Canapa.
Tuttavia, allora come adesso, la finanza rovinò l'economia reale: un cattivo collocamento azionario rese necessaria l'uscita di scena del Balestreri nel 1899, lasciando il campo alla "Manifattura Italiana della Juta". 

Il Balestreri morì pochi mesi dopo questo evento, ma l'azienda continuò a produrre, tanto che prima della seconda guerra mondiale contava 600 dipendenti.
Poi, nel giugno del 1944 cominciò l'opera sistematica di spoliazione e distruzione dello stabilimento da parte delle truppe tedesche, e quando la guerra finì la produzione ripartì ma si esaurì abbastanza presto.
Non abbiamo trovato notizie certe, in proposito alla fine dell'attività produttiva., ma a giudicare dallo stato di alcune costruzioni, deve essere finita da parecchio.
In quella che doveva essere l'entrata dell'Opificio sono state istallate varie attività commerciali.
Altre invece versano in stato di totale abbandono.


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domenica 23 agosto 2015

IL SANTUARIO DELLA MADONNA NERA DI MONTOVOLO

Quando abbiamo affrontato il viaggio per venire a visitare questo santuario, l'abbiamo fatto principalmente con l'intento di vedere questa Madonna nera.
Quello delle Madonne nere è un culto che si collega alle tradizioni orientali. Infatti molte icone bizantine riportano immagini della madonna con il volto quantomeno scuro. 
Secondo una tradizione teologica abbastanza diffusa, le Madonne nere potrebbero essere considerate simbolicamente "Madonne Addolorate", facendo riferimento al versetto del Vangelo di  San Luca dove dice:
"quanto a te, Maria, il dolore ti colpirà come colpisce una spada" (Luca, 2,35), ed alla tradizione di San Luca pittore, che portò in italia la famosa madonna nera attualmente collocata nel Santuario di San Luca a Bologna.
Altre spiegazioni fanno riferimento a Bernardo di Chiaravalle, che interpretò un versetto del "Cantico dei Cantici", laddove parlando della sposa la si definiva 
"nigra sed formosa", e quindi per identificare la donna del Cantico dei Cantici con la Madonna, si era preso a raffigurarla con la pelle scura.
Un'altra ipotesi sulle madonne nere, è quella che la ricollega al culto di Iside.
Essendo Iside rappresentata con in braccio il figlio Horus, ed essendo colorata in giallo o comunque con la pelle scura, è stato logico che le popolazioni convertite "ricilassero"le statue di iside con Horus per rappresentare la Madonna con il Bambino Gesù. 
Siccome Montovolo è noto per essere stato un luogo sacro fin da tempi antichissimi - come testimonia l'iconografia di questa lunetta, 


 dove la croce centrale è stata anch'essa "riciclata, essendo evidente che non si tratta di una croce cristiana - e noto come Centro Oracolare sin dai tempi degli Etruschi, ci siamo fregati le mani e abbiamo pensato "bingo! sai che post con i fiocchi che viene fuori?!"
Allora: è un posto bellissimo che merita una visita.
E' su una specie di balcone naturale, sa cui si dominano i colli bolognesi e si intravede la pianura padana, immerso in un bosco fittissimo e verdissimo nonostante la stagione fosse molto arida.
La chiesa è bella, e abbiamo ammirato la famosa lunetta misteriosa.
Il fatto che sia molto piccola, tanto da non giustificare il nome di Santuario, ci fa pensare che siano stati i collegamenti ai precedenti luoghi sacri a rendere il sito così importante.
Scendendo pochi scalini si può ammirare la cripta.
Ma la Madonna non è nera! E' solo un po' abbronzatina, ma neanche tanto!
Abbiamo scoperto che un recente restauro l'ha fatta diventare così.
Ma del resto, nel sito del Santuario non si fa menzione del colore del viso della Vergine. La si definisce semplicemente "Madonna della Consolazione", e la consolazione, giustamente, non ha colore.
Poco prima di arrivare al Santuario vero e proprio, si trova una costruzione in pietra grigia: è la foresteria, dove - quando siamo andati noi - abbiamo trovato un 'allegra brigata, intenta ad accendere il fuoco negli appositi spazi, per farsi una sostanziosa grigliata.
Salendo invece pochi gradoni a secco - costruiti su incarico dei Lions di Bologna, lo dice una iscrizione ai piedi della scala - si arriva all'Oratorio di Santa Caterina, una chiesetta piccolissima, in stile romanico montano, probabilmente di influenza toscana: purtroppo non è visitabile.

domenica 16 agosto 2015

LA GUALCHIERA DI COJANO DI PRATO

La Gualchiera è un macchinario per la follatura della lana, e che permetteva di infeltrirla quel tanto da renderla impermeabile.
Questo si otteneva mediante il passaggio del tessuto in soluzioni - perlopiù saponose - ed a una conseguente battitura tramite un maglio: questo favoriva la consistenza del tessuto.
Si tratta di un macchinario pre-industriale, che poteva venire usato, in maniera perfettamente analoga, anche nell'industria cartaria.
Ma siccome siamo a Prato, sicuramente qui si parla di panni di lana.
Questa si trova a Cojano - già, secondo l'antica grafia - ed ha iniziato la sua carriera come mulino, infatti è conosciuta anche come "Molino Nardini".
Dopotutto il principio era molto simile.
Solo successivamente è diventata macchinario gualchiera, prima per la carta e poi per i tessuti.
(la terminologia industriale per gualchiera è "follatura" e questo termine chiarisce certamente il concetto ai nostri amici pratesi)
All'interno ci sono ancora le vasche e gli strumenti per la follatura  - appunto - e la trasmissione del moto precedente all'elettricità, quando i macchinari venivano fatti funzionare tramite lo scorrere dell'acqua di una piccola gora.

 La si sente ancora gorgogliare, freschissima, tra le piante e l'edera, in fondo al piccolo giardino che circonda l'antico insediamento industriale.
Qualcuno dovrebbe mettersi  una mano sulla coscienza: degli apparati industriali così conservati dovrebbero essere riadattati, perchè non si perda la memoria di quella che è la nostra storia.
Cosa succederà quando la nostra generazione, che non è stata protagonista dell'era del boom, ma ne è stata perlomeno testimone, non ci sarà più?
Chi conoscerà e tramanderà queste tradizioni?
Le tradizioni non sono uguali per tutti: ci sono città  a vocazione storica per cui va bene il calcio in costume, o il palio, o il gioco del ponte.
Ci sono paesi con tradizioni agricole, dove va bene la danza rusticana, o il palio degli asini, o la rievocazione della battitura.
Per Prato, le tradizioni sono  le antiche fabbriche, il ciclo della lana rigenerata, i macchinari tessili.
All'entrata del piccolo parco c'è una targa del comune: evidentemente la volontà di recuperare il sito c'era, ma sappiamo che con le buone intenzioni - di chissà quanti anni (e quante amministrazioni) fa - non si ottiene molto.

La costruzione della gualchiera è invasa dalle erbacce: un verde  muro impenetrabile che copre la parte più antica della costruzione.
Intorno, un piacevolissimo giardino, verde di erba e di alberi di fico, e che termina verso un muro di mattoni rossi sbreccati : niente di pre-raffaellita - anche se potrebbe sembrarlo - noi pratesi li conosciamo quei vecchi muri rossi; sono muri di vecchi capannoni.

Verso la strada, vicino alla gora, che conserva anche una parte di muretto, c'è una tettoia che copre malamente un vecchio macchinario tessile, coperto di ruggine e completamente colonizzato dalle erbacce.

A vederla parrebbe una vecchia stracciatrice - una "lupa" per capirsi - ma non non ne siamo molto sicuri.
Quello di cui siamo sicuri è che un macchinario del genere molto probabilmente non è più recuperabile, e non doveva essere lasciato all'aperto, in balìa degli agenti atmosferici.
Adesso un eventuale ripristino, pur ammettendo che sia ancora  recuperabile, risulterà sicuramente assai costoso.

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domenica 9 agosto 2015

IL MUSEO DEL FIGURINO STORICO A CALENZANO

Dei borghi alti di Calenzano abbiamo già parlato, (link) e quando lo abbiamo fatto, avevamo già in animo di parlare di questo straordinario museo, unico nel suo genere.
Quindi, nel borgo di Calenzano Alto, che già da solo merita una visita, vi consigliamo di guadagnare un'oretta (guadagnare un'ora? ma non si diceva "perdere"? No, guardate, in questo caso è un guadagno...) visitando questo piccolo, delizioso museo.

Vi avvertiamo subito che non è sempre aperto: con una scelta assai intelligente, è chiuso al mattino e nel primo pomeriggio - almeno in estate - ed è aperto dalle 18 alle 20 e poi dalle 21,30 sino alle 23,00).
Si colloca in questa location dal 2004, con una scelta veramente adeguata e suggestiva.
Quando lo abbiamo visitato, eravamo fermamente decisi a informarci e documentarci sulla storia dei soldatini di piombo - storia con la quale si risale molto, molto lontano - sulla differenza tra i figurini a tutto tondo e quelli piatti, sulle tecniche di lavorazione e coloritura.
Poi, dopo essersi incantati davanti ai meravigliosi diorami riproducenti non solo antiche battaglie, o acquartieramenti di truppe, ed essersi chiesti più volte in quale modo sia stato possibile dipingere persino le espressioni del volto su statuette alte non più di un centimetro, abbiamo pensato un bellissimo: e chi se ne frega!
Anche chi, come noi, non ha quasi nozioni di modellismo,  può incantarsi ed emozionarsi in questo museo.
Anzi, forse gli addetti ai lavori si perderebbero in dotte disquisizioni sulle tecniche di lavorazione che a noi non ci toccano!
A metà degli anni '90, il Museo del Figurino Storico si è collegato con la fondazione del Museo Stibbert di Firenze, famoso museo dove sono conservati splendide uniformi di ogni parte del mondo, specie dell'impero ottomano, giapponesi e comunque orientali, e rappresenta un invito, veramente unico, allo studio della storia tramite il modellismo.
Infatti, oltre ai diorami delle battaglie abbiamo trovato estremamente affascinanti le ricostruzioni di ambienti d'epoca, come questo banchetto medioevale.

Le ricostruzioni dei campi di battaglia era veramente straordinaria
Per non parlare dell diorama di un accampamento romano

Quando ci siamo fermati ad ammirare alcune stupende statuine, il sorvegliante del museo ha ritenuto opportuno di informarci - con reverenziale ammirazione - che si tratta di veri capolavori, costruiti dalla materia prima quindi dalla lega a base di alluminio detta "zama", fusi, lavorati e dipinti a mano da un artista di cui purtroppo non ricordiamo il nome.
La sala principale è dedicata ai tempi antichi:
quindi soldati romani, cavalieri medioevali, eserciti rinascimentali, battaglie napoleoniche, guerre d'indipendenza, la presa della Bastiglia, la guerra di secessione americana, gli antichi samurai e via di questo passo.
Ogni epoca è degnamente rappresentata.
In una sala separata, invece, la prima e la seconda guerra mondiale, con la riproduzione di aerei d'epoca e diorami con la ricostruzione di vari ambienti.

La ricostruzione di una trincea della prima guerra mondiale ci ha commosso, e i vari diorami riguardanti gli sfollati dopo l'8 settembre, emozionato.
In tutte le sale, oltre ai diorami e alle statuine splendidamente dipinte, non mancano le divise a grandezza naturale - bellissime ricostruzioni - o gli angoli tematici: la trincea, la postazione della mitragliatrice tra i sacchi di sabbia e così via.
Non manca una teca riguardante le varie tecniche di costruzione e coloritura dei modellini e la loro costruzione e fusione.
Alle pareti, pagine mobili - un libro che si sfoglia a parete - racconta la storia del modellismo militare dalle sue origini.
Ed ecco perchè non ci siamo documentati in materia: vogliamo che andiate lì per leggerlo di persona (bella scusa, vero?)


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domenica 2 agosto 2015

CARMIGNANO

Carmignano è il piccolo fiore all'occhiello della minuscola provincia di Prato.
Già Prato è la più piccola provincia d'italia - escluso Trieste, ovviamente.
Carmignano ha un'altra caratteristica: è la più piccola DOCG d'Italia, e il vino che si produce è un' eccellenza della provincia.

Come il suo olio DOP, del resto...
E poi i suoi paesaggi straordinari: le verdi colline coperte di vigne,  ulivi e cipressi sono un concentrato di "toscanità" e scaldano il cuore anche a chi li vede tutti i giorni.
La storia di Carmignano comincia in Epoca Etrusca, nel suo attuale territorio era presente un insediamento assai importante come quello di Artimino (link), senza contare la presenza di alcune tombe etrusche aperte al pubblico, come quella di Boschetti e di Montefortino.
Il nome poi, ci dice che ha ospitato le genti Carminius, come conseguenza della centuriazione romana, per cui ai soldati romani venivano dati dei pezzi di terra dove abitare con le proprie famiglie.
In questa zona ce ne sono tantissimi così: tanto per rimanere in zona, Seano e Comeana ci dicono i nomi dei proprietari dei fondi agricoli (anche se non sapremmo trovare il nome corrispondente... ci siamo scervellati per un po' per trovare i nomi corrispondenti, ma più che un Comeni non è venuto fuori. Buio totale per Seano)
In epoca medioevale, Carmignano era molto importante, essendo al confine tra la Repubblica di Firenze ed il contado Pistoiese, ed essendo in una posizione da cui si poteva dominare la pianura sottostante, fu oggetto di guerre e contese.
Solo nel XIV secolo fu annessa definitivamente al territorio Fiorentino.
A quel punto, i Medici destinarono quasi l'intero territorio Carmignanese a far parte della sontuosa tenuta di caccia e di produzione agricola, i cui capisaldi erano la villa Ambra al Poggio a Caiano - le cui tenute agricole in pianura si spingevano sino a Prato - e la Villa di Artimino.
Tutto quello che c'era in mezzo, Montalbano compreso, era giardino, bosco e bandita delle due ville.
Chi conosce il territorio sa che si tratta di un'estensione enorme!
Ma facciamo un passo indietro e torniamo al medioevo.
Relativa a questo periodo è la Rocca di Carmignano, i resti dell'antico Castello a difesa degli interessi del vescovo di Pistoia.
Come al solito le prime notizie di un abitato si hanno intorno all'anno mille, ma la fortezza risale probabilmente al XII secolo. Tanti anni di lotte tra Firenze e Pistoia, e poi l'uso da parte dei privati come costruzioni agricoli non hanno giovato all'antica struttura, che fu parzialmente demolita nel 1827.
Resta tuttavia la parte esterna delle mura di difesa e la torre dell'orologio, che fu ricostruita una prima volta alla fine dell'ottocento, poi ancora nel 1912 ed in seguito ha subito vari restauri nel corso degli anni successivi.

Dall'alto della Rocca si gode un panorama fenomenale sul borgo, sulle colline e sulla piana, dove si vedono Prato e Firenze.

Intorno alla Rocca, tante remote stradine permettono una passeggiata tranquilla e rilassata, con la gioia di un un panorama spettacolare, che non si smette mai di scoprire.
Il borgo ha una graziosa piazzetta, dove viene tenuta mensilmente una conosciuta e apprezzata fiera del modernariato.

Appena fuori dell'abitato sorge la Chiesa di San Michele, dove è conservato il  capolavoro di Jacopo Carrucci - detto il Pontormo - "La Visitazione".

Nel momento in cui abbiamo visitato la chiesa, il famoso dipinto era in tournèè- cioè, era presso un altro museo in esposizione.
Il quadro ha due caratteristiche particolari: le due donne che si abbracciano sono viste dal retro: davanti a loro ci sono i loro doppi visti dal davanti, come se si guardassero in uno specchio.
Anche i colori, molto intensi e vivaci, sono particolari, specie la sfumatura di verde del vestito della vergine che - ci hanno detto - non è un colore che appare spesso nella storia della pittura dell'epoca.
Carmignano è famosa, oltre che per il vino e l'olio, anche per gli squisiti amaretti artigianali, che vengono prodotti e venduti in un paio di pasticcerie sulla strada provinciale.

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