domenica 23 ottobre 2016

LA BALENA BIANCA DELL'APPENNINO

Questa è davvero carina.
Vi ricordate che vi avevamo parlato dei "denti di balena" che si trovano nel Mugello e a Lastra a Signa (link).
La dimostrazione dell'esistenza di un mare primordiale nella nostra piana 
PT-PO-FI (se si parla della FI-PI-LI si capisce di che cosa si sta parlando, no? e allora perchè non si dovrebbe capire che così la piana PT-PO-FI? Oppure 
FI-PO-PT, dipende da che parte si vede...chi se ne importa, tanto noi stiamo sempre nel mezzo, ah ah!).
Ma i mari primordiali in Italia a quei tempi erano tanti, e quello della nostra conca non era nemmeno quello più grande.
Più o meno tutte le attuali pianure erano il  fondo di qualche mare. E qual'è la pianura più grande in Italia? La pianura Padana!
Ecco, anche lì c'era un mare. E siccome era parecchio più grande. loro invece di trovare qualche stecca di balena, hanno trovato una balena intera!
Megalomani!
Lo scheletro della balena di Gorgognano, nella Val di Zena - questo il luogo dove è stato trovato il fossile nel 1965 , a nemmeno venti chilometri da Bologna - adesso è esposto al museo di paleontologia di Bologna.
Nel punto esatto dove il fossile è stato trovato, è stata realizzata - dai ragazzi dell'Accademia di Belle Arti di Bologna - una scultura realizzata in scala 1:1 lunga ben nove metri, raffigurante la balenottera come doveva essere prima di "fossilizzarsi".

La scultura è realizzata in qualche materiale di un bianco abbacinate, ricollegandosi così alla famosa leggenda della balena bianca, di cui Melville ci ha parlato in "Moby Dick".
Intorno, il soave paesaggio dei colli bolognesi.
Per arrivarci c'è da affrontare uno sterrato, ma poco impegnativo, percorribile con qualsiasi tipo di autovettura.
O a piedi, così poi vi fate una bella mangiata, tanto da queste parti si casca sempre bene!

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domenica 16 ottobre 2016

IL MUSEO DELLA CERAMICA A MONTELUPO FIORENTINO

Quando si parla di città della ceramica, tra Firenze e provincia, si parla di Montelupo Fiorentino.
La cittadina è veramente graziosa, ma adesso non vogliamo parlarvi tanto di Montelupo, quanto del suo Museo della Ceramica.
Un posto che merita davvero vedere, anche per la strana storia che c'è a monte della sua creazione.
Negli anni '70 del secolo scorso, durante dei banalissimi lavori di ripavimentazione di una strada nella sua parte alta e più antica, fu trovato quello che fu denominato "il pozzo dei lavatoi".
Si tratta di una struttura molto antica, nata quasi certamente nel XIII secolo e adiacente al castello, e che serviva da riserva idrica per il castello stesso.
Tramite questo pozzo, scavato da un antico fiume di origine preistorica, si attingeva acqua a grande profondità, oltre 30 metri.
A metà del '300 avvenne un crollo della parete di pietra, posta a protezione del pozzo stesso, e si creò un sedimento di pietre che impedirono - di fatto - l'utilizzo del pozzo per la sua funzione, che era quella di attingere acqua.
Rimasto inutilizzato sino a metà del '400, il pozzo fu utilizzato dalle manifatture di ceramica, spina dorsale dell'economia della cittadina, per smaltire gli scarti di lavorazione: quindi i cocci di quello che rompeva e tutto ciò che non soddisfaceva gli ordinativi della committenza. In definitiva, tutto quello che era venuto male, e che non sapevano dove buttare.
In secoli di utilizzo, in questo pozzo si è trovato tanto materiale, e di tanta qualità, fa farne un museo intero!
E che museo! Due piani di notevoli dimensioni, tante stanze ognuna con la sua storia, partendo dalle origini e finendo nella quasi modernità, quando l'industria della ceramica ha perso gran parte della sua importanza - purtroppo - per la città di Montelupo.
Il percorso da seguire  guida di sala in sala, ognuna tematica, dove ci sono audiovisivi molto simpatici, interpretati da attori in costumi d'epoca, molte chiare spiegazioni, e tante, tante ceramiche da ammirare.
Quello che colpisce è che quello che vediamo sono tutti scarti!
Se quelli erano gli scarti, non osiamo pensare a quello che potevano essere i pezzi venuti bene.
a questo proposito, il pezzo più bello è questo bacile, risalente al 1509, e realizzato in "rosso di Montelupo" un colore unico al mondo, e che costituisce tutt'ora un mistero per la sua composizione chimica.
Dovrebbe trattarsi di un ossido di manganese ricco di arsenico, importato dall'Anatolia; infatti erano fiorenti i rapporti commerciali tra Montelupo e la città turca di Iznik (l'antica Nicea).
quel che è certo è che dopo di allora questo colore non è stato più prodotto, e che con il tempo il segreto della sua composizione è andato perduto.

domenica 2 ottobre 2016

L'ANTICA FERROVIA SANT'ELLERO - SALTINO

Rimettendo in ordine certe vecchie carte, ci è capitato per caso in mano una cartolina pubblicitaria di un ristorante, che ricordava la vecchia ferrovia a cremagliera che collegava San'Ellero  - a metà strada tra Reggello  e Pelago - al Saltino, poco prima di Vallombrosa.


Al Saltino, badate bene, e non a Vallombrosa: perchè non si poteva disturbare la quiete dei villeggianti, nè tantomeno quella dei monaci dell'abbazia... pensate alla delicatezza di questo pensiero!.
Naturalmente, abbiamo colto questa ispirazione per fare un giretto - e, si spera, per farlo fare anche a voi.
Questa ferrovia fu voluta da un personaggio straordinario, e purtroppo dimenticato: l'ingegner Giuseppe Telfener.
Nonostante il nome, era nativo di Foggia, anche se di origini austriache.
Era un grande costruttore: realizzò in Argentina la ferrovia Tucuman-Cordoba, che con i suoi 564 km è stata per molti anni la più lunga del continente.
Per i suoi meriti imprenditoriali fu creato Conte da Vittorio Emanuele II nel 1877.
In seguito volle collegare New York a Città del Messico, ma l'impresa non gli riuscì, e ne subì anche un notevole danno economico.
Nonostante questo, alla sua morte avvenuta nel 1898, a soli 62 anni, era considerato l'uomo più ricco d'Italia.
Anche la storia della ferrovia Sant'Ellero - Saltino non fu fonte di lauti guadagni.
Al suo ritorno in Italia dagli Stati Uniti, trascorse un periodo di vacanza a Vallobrosa, che a quei tempi ospitava anche l' importante "Istituto Forestale", che richiamava studiosi da tutto il mondo.
Vallombrosa era una località di villeggiatura già nota, ma era difficile da raggiungere. L'inventivo ingegnere non si perse d'animo, e progettò un ferrovia a cremagliera che permettesse ai villeggianti di raggiungere quel luogo di sogno.
Le ferrovie a cremagliera esistevano già, era un tipo di trazione ferroviaria che permetteva di superare pendenze molto elevate, tramite un sistema di ruote dentate che aiutano motrice e carrozze a superare i punti più critici del percorso. Quello da lui progettato era studiato appositamente per questo percorso, tanto che alcuni non lo riconoscono come "ferrovia a cremagliera".
Per maggior sicurezza, siccome le pendenze raggiungevano in alcuni punti il 22%, la motrice era collocata in fondo al convoglio.
Il progetto era pronto nel 1891, e fu approvato in poche settimane: la realizzazione dei poco meno di otto chilometri di ferrovia e di tutte le infrastrutture richiese - udite, udite - solo 4 mesi!! perchè il lavori iniziarono il 23 maggio 1892 e furono terminati il 20 settembre dello stesso anno. Il 23 settembre si procedette al viaggio inaugurale. Incredibile.
Telfener costruì anche alberghi e chalet, contribuendo a fare di Vallombrosa la capitale del turismo montano dell'epoca.
Infatti con la piccola ferrovia, si arrivava al Saltino in poco meno di un'ora di agevole e panoramicissimo viaggio.
Purtroppo nel 1913 l'istituto Forestale fu trasferito a Firenze, perdendo così una parte assai importante di pubblico.
Poi ci fu la prima guerra mondiale, durante la quale le villeggiature diminuirono sensibilmente.
Dopo il 1918, si ebbe un interesse politico a spingere il turismo montano verso le zone dell'Alto Adige, ritornate da poco ad essere italiane, anche la costruzione della strada rotabile - l'attuale SP 88 - e con l'inizio nel 1920 del trasporto su gomma,  contribuirono a diradare sempre di più il traffico verso questa località montana, tanto che nel 1924, la ferrovia fu dismessa definitivamente, ed il materiale rotabile smantellato.
Adesso che cosa è rimasto di questa ferrovia?
La stazione dei Sant'Ellero, sulla SS69 Aretina, che fornisce ancora il suo servizio sulla linea Firenze-Roma.

E' ancora visibile nel suo contesto la stazioncina di Filiberti

La stazione finale del Saltino invece è diventata casa di abitazione privata, ed è completamente irriconoscibile.

Noi l'abbiamo trovata perchè tutti i testi che abbiamo consultato riportano il suo nome attuale "Villa Rognetta" ed è un nome che non si dimentica!
Sotto la villa c'è ancora quello che potrebbe benissimo essere un muro di contenimento ferroviario.
Volendo, con un po' di inventiva e parecchio fiato - sono 845 metri di dislivello... - ci sono ancora dei tratti, inglobati in un sentiero montano, che è possibile percorrere a piedi. 

Ringraziamo il Blog Lettere Meridiane di Geppe Inserra per le notizie sul Conte Giuseppe Telfener



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