domenica 28 gennaio 2018

LO STROLAGO DI BROZZI (E LA STRANA STORIA DI BROZZI)

Con che cosa cominciamo?
forse è meglio cominciare con Brozzi.
Che adesso è solo un sobborgo alla periferia occidentale di Firenze, ma che sino al 1928 era un grande e popoloso comune.
E qui vorremmo spendere due parole sullo stravolgimento che nel 1928 ridisegnò la carta geografica italiana.
Ci piacerebbe fare un post su questa cosa, ma l'argomento è talmente vasto che si siamo un tantino scoraggiati. Lo accenniamo soltanto.
Quante volte abbiamo parlato del fatto che nel 1928 il Regime Fascista aveva istituito le province? e che ne aveva ridisegnato alcuni confini? un esempio lo trovate nei vari posti sulla Romagna Toscana (link) e (link) derivanti dal fatto che il Tevere, fiume della romanità, doveva nascere in Romagna, luogo natìo del Duce, e non in Toscana; anche se quelle terre erano toscane da secoli e secoli.
Altro esempio è Rieti, che è culturalmente Abruzzo, ma che fu creata provincia proprio nel 1928, rubando territori a Perugia ed a l'Aquila, ed inserita geograficamente nella regione Lazio - della quale si è sempre sentita una figlia poco amata - solo perchè Rieti è il centro geografico della penisola Italiana, e nella testa di Mussolini, doveva far parte del Lazio....
Anche dalle nostre parti abbiamo esempi su esempi di questo stravolgimento, e qui torniamo a Brozzi, che era appunto un bel comune, grande e popoloso, ma che fu smembrato e cancellato dalla carta geografica, per allargare i confini della città metropolitana di Firenze, al quale aveva il torto di essere un po' troppo vicino.
A Firenze fu assegnato l'antico abitato di Brozzi propriamente detto, insieme alla vicina Quaracchi, Petriolo, Peretola e la Sala.
A Sesto Fiorentino fu assegnato la frazione dell'Osmannoro, mentre a Campi Bisenzio toccò San Donnino, e a Signa una porzione di territorio presso l'Arno.
Se si percorre via di Brozzi a piedi, si trovano le tracce di un'antico borgo; ogni pochi passi si trova una corte, con il suo arco, le casette che si affacciano sull'acciottolato, a volte dipinte in colori vivaci, segno evidente che la gente ci vive, e rinnova le sue case di generazione in generazione.

In altre invece le case hanno un aspetto spento, o sono abbandonate e tristi.
Come lo sono  - purtroppo . molte delle botteghe lungo tutta la strada.
Troppo vicino alla grande città, per non essere nient'altro che uno dei tanti quartieri dormitorio che la circondano.
A metà si trova una costruzione di mattoncini rossi, di aspetto chiaramente medioevale. E' il torrione di Brozzi, risalente al XIII secolo, che faceva parte della dimora del palazzo Orsini, e che rappresenta una delle costruzioni più importanti del borgo.

Nei pressi di questo torrione, in una abitazione che non siamo riusciti ad identificare, risiedeva lo Strolago di Brozzi del titolo, meglio conosciuto come 
Sesto Cajo Baccelli , nipote di Rutilio Benincasa (si, proprio quello del lunario azzurro che si comprava dal giornalaio all'inizio di gennaio, per la nonna).
Questo tipo strano di cui si diceva che "riconosceva i pruni al tatto e la merda al puzzo" non doveva essere evidentemente un granchè come indovino, vista la citazione...
Ed infatti noi abbiamo ancora la memoria delle nostre nonne che dicevano, dell'astrolago di moda in televisione "si...quello par lo strolago di Brozzi" e la nostra fiducia immediatamente cadeva al livello delle fogne di Calcutta.
Comunque, chi per lui ci ha fatto su un'industria in piena regola, perchè questi librettini azzurri del lunario sono stati sempre molto venduti, ed hanno generato una quantità di imitazioni di altrettanto successo. (primo tra tutti il calendario del Barbanera, famoso in egual misura).


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domenica 21 gennaio 2018

CURIOSITA' INTORNO AL CASTELLO DELL'IMPERATORE

Quindi il concetto è che qui NON si parla del Castello dell'Imperatore, cosa che, del resto, avevamo già fatto in un precedente post.(link)
Si parla di quello che c'è intorno, tante curiosità che, ammaliati dalla mole del castello federiciano più settentrionale d'Italia, passano spesso inosservate.
In un angolino della piazza che circonda il Castello, all'inizio di una piccola via che sia chiama via San Giovanni, c'è un edificio in mattoni rossi, come ce ne sono a centinaia in tutta la città, specie piccoli edificio ad uso artigianale.
Ed infatti, se abbiamo localizzato bene il luogo e facciamo un piccolo sforzo di memoria, ricordiamo chiaramente di averci visto per anni ed anni una piccola officina meccanica. 

Ed invece è la ex Chiesa di San Giovanni Gerosolimitano (vuol dire: di Gerusalemme), uno degli edificio più antichi della città, risalente al XII secolo e fatta costruire dai Cavalieri di Malta, che l'avevano adibita a Spedale.
Non turbi questo abbinamento: all'epoca era cosa normale; costruire un edificio era molto costoso e nello specifico uno Spedale che fungeva anche da chiesa di un qualche ordine ospedaliero era assai comune.
Dopo secoli di utilizzi alternativi - di cui l'officina è stata solo l'ultimo episodio - la piccola chiesa ad una sola navata è stata recuperata da un fondo di investimento privato, che l'ha destinata a sede di mostre, oppure di eventi privati (a pagamento, s'intende) in modo da recuperarla alla vita sociale della città.
Al suo esterno c'è una piccola maschera in cotto, raffigurante una testa umana contornata da vari altri simboli.

C'è chi dice che si tratti di Bafometto, un idolo pagano che è stato associato al satanismo ed ai Cavalieri Templari, accusati di venerarlo.
A noi sembra poco credibile che una rappresentazione del demonio sia sopravvissuta per tanti anni sul frontale di una chiesa cristiana, per dire la verità.
A noi moderni piace credere a queste cose, ma ne sono successe tante, dal XII secolo ad oggi, per cui quella mascherina dovesse essere tolta da lì, se fosse stato vero!
Andando verso la piazza, troviamo in un angolo, proprio dietro la facciata posteriore della Chiesa di San Francesco - che secondo la nostra opinione è assai più bella di quella anteriore, o perlomeno è diversissima da quella anteriore: classico romanico toscano, mentre la facciata posteriore sembra (ma noi siamo degli ignoranti in fatto di architettura) quasi gotica - a delimitare il giardino degli ulivi, pochi metri delle antiche mura di Prato.
Stiamo parlando della prima cinta muraria, quella costruita nel XI secolo e che lasciava fuori sia il castello degli Alberti, sulle cui rovine fu poi fatto costruire l'attuale Castello dell'Imperatore, sia la chiesa di Santo Stefano.

Fu costruita per unificare i due borghi da cui è nata la città di Prato, Borgo al Cornio, che si situava all'incirca dove adesso è via Garibaldi, e il Castello di Prato, che comprendeva il centro cittadino attuale, escluse le piazze più grandi (Duomo, Carceri e San Francesco).
Lo so che adesso sembra una stupidata; due città diverse in pochi metri. Ma qui stiamo parlando dell'Alto Medioevo, mica si potevano spostare con la tramvia!
Proseguendo verso Piazza San Francesco, troviamo un'altra curiosità: via San Bonaventura, che è la strada più corta della città, meno di cinquanta metri.

Avevamo sempre pensato che la strada proseguisse costeggiando l'attigua piazza Sant'Antonino e poi Piazza San Francesco.
In effetti google maps sembrerebbe confermare questa ipotesi, ma fonti ben informate, tra cui lo stradario del comune di Prato, ci dicono che la strada è solo quella compresa tra la chiesa di San Francesco e le costruzioni prospicenti piazza Sant'Antonino. 
Lo sappiamo, non è una gran notizia, ma avevamo promesso delle curiosità, mica di svelare i segreti della pietra filosofale!
Se giriamo in Piazza Sant'Antonino e ci dirigiamo verso le mura del giardino Buonamici, ci troviamo in una piccola piazza, sempre poco frequentata, e che si chiama Piazza di Santa Maria in Castello.
Chi non è più giovanissimo, si ricorda che quando finivano gli spettacoli al cinema Eden, si usciva in questa piazzetta.
Però ci siamo sempre domandati che c'entrasse con il nome di una chiesa, che in quella piazza non c'è. 
Anzi, sarebbe più esatto dire che non c'è più.
Se ci si avvicina al muro del giardino Buonamici  e si guarda verso il lato opposto della piazza, si vede che la casa che si ha di fronte ha un aspetto strano: 
Nella facciata è inglobato il frontone di una chiesa!

E' come un'illusione ottica, se sai cosa guardare lo vedi.
Era la chiesa più importante del Castello di Prato, di cui vi abbiamo accennato.
E' stata soppressa nel 1783, e trasformata in casa di abitazione.
In tempi recenti è stata abilmente restaurata all'esterno, in modo che possa essere riconoscibile la struttura della chiesa: il portone circondato di pietra alberese, il rosone centrale, la forma del tetto.
Per il momento abbiamo trovato solo queste...
Ma siamo sicuri che scavando ancora, troveremo altre cose curiose.
Abbiate fede.


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domenica 14 gennaio 2018

MONTEROTONDO MARITTIMO ED IL PARCO DELLE BIANCANE

Qui ci sono da fare un po' di chilometri.
A noi son sembrati tanti, abituati come siamo ai nostri chilometri zero, ma a chi non ha problemi ad andare a Follonica solo per andare a sdraiarsi al sole, o per fare un bagno in mare, sicuramente non sembrerà così lontano.
Infatti stiamo parlando del paese di Monterotondo Marittimo, che - come tutti i paesi che hanno "marittimo" nel nome - è in montagna, e Monterotondo, perchè il colle sul quale sorge il borgo è pressochè conico.
Semplice, no?
E' nel pieno delle colline Metallifere, terra di miniere, ora quasi tutte chiuse, ma che riservano ancora un bel po' di sorprese, come queste concrezioni, scarto della lavorazione del rame.

Ma torniamo a Monterotondo che, oltre a sorgere in una zona ricca di minerali, è vicina sia a Siena che a Pisa, e questo ha fatto sì che fosse sempre sempre al centro di contese politiche ed economiche.
E, naturalmente, non mancava la voglia di autonomia del borgo, sull'esempio della vicina Massa Marittima.
Ma nel 1163, Federico Barbarossa - si, proprio lui - concesse il privilegio sui castello alla nobile famiglia degli Alberti.
Questa Famiglia degli Alberti è un ramo di quella dei Conti di Prato, nel senso che sono parenti, ma non sono proprio gli stessi.
Ma siccome sempre Alberti erano, e quindi litigiosi, attaccabrighe, armeggioni e spesso implicati in affari poco puliti, dopo alterne vicende  il castello di Monterotondo passò sotto il dominio di Massa Marittima, e ci rimase sino al 1263, quando fu preso dalla Repubblica Senese.
Poi nel 1554 arrivarono le truppe medicee che rasero al suolo il castello; malattie ed epidemie fecero il resto e la popolazione di Monterotondo si ridusse a poche decide di abitanti.
Del Castello rimane davvero molto poco da vedere, solo un paio di porte, le più recenti perchè si tratta di un fortilizio che nel corso dei secoli è stato ricostruito innumerevoli volte sulle proprio rovine, e alcuni tratti delle mura. Il resto è stato inglobato nelle case di abitazione, e non è visibile.

Ma la maggiore attrattiva di questo piccolo borgo è il parco delle Biancane. 

Le biancane, per chi non lo sapesse, sono delle collinette chiare, che devono il loro colore alla forte presenza di sali minerali, e la fuoriuscita di sodio solforato causa una reazione chimica, trasformando tutto in gesso.
Questa bella pappardellina l'abbiamo copiata pari pari da wikipedia, tanto per dare una spiegazione geologica. Ma siccome la sola parola "geologia" ci fa venire sonno, allora lasciamo le spiegazioni tecniche a chi ne sa più di noi.
A noi piace molti di più descrivervi che posto strano e meraviglioso sia questo, dove il vapore esce sbuffando dalle rocce bianche come la neve, e bisogna tenersi lontani perchè è molto pericoloso!
Come da una specie di belvedere si possa ammirare (si, ammirare) il fango grigio chiaro che sbuffa, e salta, e borbotta, sotto di noi, avvolto in una fascinosa nebbiolina. 

E di come la vegetazione sia stanca, esausta, vicino a questo calore interminabile,e che ricopre di una leggera patina bianca qualunque cosa, e della terra rossa che si scopre nelle impronte delle scarpe di chi ci ha preceduto, e delle rocce color rame che sono rimaste dagli scarti di lavorazione di chissà quanti anni, e dei muretti di contenimento che ancora esistono delle antiche vasche nelle quali il minerale veniva lavato.
E poi ti giri e vedi uno specchio scintillante, e ti ci vuole un po' per capire che quello è il mare, e che quella montagna azzurra che ci vedi galleggiare dentro è l'Isola D'Elba.
Naturalmente non è tutta natura incontaminata, sia chiaro.
Come per  la vicina Larderello, qui il vapore geotermico è stato ampiamente sfruttato per la produzione di energia elettrica - e direi che va anche parecchio bene - e certamente trattandosi di vapore endogeno,  si sta parlando di un fluido che usura molto i macchinari, e la ruggine la fa da padrone, ma credeteci, non si tratta di incuria.
Del resto l'economia ed anche la vita di questi piccoli paesi dell'entroterra grossetano - o pisano, questa è una zona di confine - si basa proprio su queste produzioni, e non si può fare troppo gli schizzinosi.


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domenica 7 gennaio 2018

TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SU MEZZANA (E NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE)

La Mezzana di cui parliamo è quella di Prato.
Siamo abituati a non considerarla un borgo, ma semplicemente il luogo dove è stata costruita l'uscita di Prato Est della A11.
Ed in effetti, Mezzana non dà l'impressione di avere una storia dietro di sè. 
Camminandoci nel mezzo, come abbiamo fatto noi, ci si ritrova nel mezzo a strade piene di palazzoni anni '70, particolarmente alti rispetto alla media di Prato.
Ed è proprio in questo periodo di crescita tumultuosa (e a volte anche piuttosto disordinata) della nostra città, che Mezzana è diventata quello che è oggi.
Infatti da allora non è cresciuta molto di più; si è solo evoluta, ed in certo senso nobilitata, aggiungendo alle strade di villette e di palazzoni, anche il centro espositivo di arte contemporanea "Luigi Pecci" e, a delimitarne i confini, quello che è stato per molto tempo il salotto buono della città, Viale della Repubblica.
E invece, se si ha un po' di occhio, e voglia di fare due passi, si possono trovare tesori inaspettati.
Procedendo per le strade della parte residenziale, non si fa fatica ad identificare le villette anni '50 (costruite su un piano rialzato, per permettere di avere al piano terreno il proprio laboratorio artigiano); quelle anni '60 (con le caratteristiche rifiniture geometriche a mattoncini) o addirittura quelle anni '30 (dai balconcini rotondi con la balaustra in pietra o cemento).
Se poi si vuole risalire indietro nel tempo, in questa "villa"pratese, che già dal nome si capisce che stava nel mezzo - mediana alla valle del Bisenzio -  ma forse sarebbe più giusto dire che era una "via di mezzo", e allora magari si capisce che poteva riferirsi ad una strada che magari portava da un luogo all'altro, senza che ci fosse bisogno di sapere da dove a dove!
Beh, ci siamo forse un po' persi, in questa via di mezzo...
Torniamo alle nostre costruzioni storiche.
Senza andare molto lontano, sulla via Ferrucci, in mezzo a quei palazzoni troppo alti di cui parlavamo prima, troviamo una costruzione che si capisce subito essere molto antica.
E' il Molino Caciolli, che era di proprietà dello Spedale della Misericordia e Dolce già dal 1367, e che la famiglia Caciolli ha gestito ininterrottamente dal 1652 sino al 1982, quando la gora che lo alimentava è stata deviata, causandone la definitiva chiusura.

Dopo un lungo periodo di doloroso abbandono, il mulino è stato riadattato ad abitazione privata, anche se sul sul angolo, non manca la caratteristica indicazione del comune - in marmo bianco e verde -  che lo identifica come costruzione storica.
Addentrandosi nelle stradine più antiche, ci troviamo a percorrerne una dal nome affascinante: via dell'Agio, dove troviamo, risalente al XIV secolo, Villa Martini.

E' un edificio dall'aspetto a dir poco pittoresco: si tratta di una casa di abitazione, ma l'imponente merlatura-  aggiunta alla fine del XV secolo, proprio dalla famiglia Martini, che l'ha posseduta per secoli - la fa sembrare più un castello fortificato, che una villa ci campagna, quale in effetti è.
Infatti non è certo in posizione tale da difendere un bel niente, nel mezzo ad un pianura come è situata.  Non conosciamo la storia - non abbiamo trovato più di due righe in tutto il web - ma sembrerebbe che questi Martini fossero dei simpaticoni che volevano farsi notare, più che altro.
Accanto, separata da alcune casette e da un cimitero che ha la caratteristica di sorgere nel centro del paese, senza un metro di quella che da bambini conoscevamo come "zona di rispetto" e che impediva la costruzione di edifici di abitazione accanto ai cimiteri, sorge la chiesa parrocchiale, dedicata a San Pietro.

La chiesa non è antica: risale al 1939, e la sua storia merita di essere raccontata perchè certe cose, a farle adesso, si verrebbe messi in croce a testa in giù.
Nello stesso sito c'era una bella chiesa a tre navate, risalente al 1500.
Il parroco di allora, don Pio Vannucchi, nome noto in città, e a cui è dedicata una strada, decise di abbatterla  nel 1937 per costruirne una più grande, in previsione di quello che già si prevedeva essere lo sviluppo futuro della zona.
La chiesa fu costruita con il contributo di tutto il popolo di Mezzana, e fu consacrata il 17 giugno del 1939 (un gran brutto periodo, in verità...), e gli affreschi che ci sono dentro, fatti da Leonetto Tintori, raffigurano personaggi della Mezzana dell'epoca.
Girando invece nella zona intorno al Museo Pecci, ci si imbatte in un piccolo e incredibile gioiello, quello del minuscolo oratorio di Sant'Andrea a Tontoli.
Non si trova per caso, bisogna cercarlo, perchè è nascosta tra case di abitazione, questa piccola chiesa romanica del XII secolo, recentemente restaurata, costruita tutta in pietra alberese, e un con piccolissimo campanile a vela, a filo di facciata.
Vi consigliamo di andarla a vedere di sera, perchè è illuminata in modo veramente suggestivo.

Noi siamo rimasti incantati a vedere questa piccola facciata, che somiglia a un piccolo viso un po' grinzoso, incastonato tra le case, e che ti guarda come a dirti : "io ce l'ho fatta, sono ancora qui, dopo otto secoli, chissà che cosa rimarrà invece di tutto quello che mi circonda".


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