domenica 21 agosto 2016

AMANDOLA E IL LAGO FANTASMA DI SAN RUFFINO

La stazione fantasma, il paese fantasma, ora pure il lago fantasma...
Siete autorizzati a pensare che stiamo diventando noiosi.
Ma non siamo noi a cercare questi luoghi "fantasmatici", sono loro che ci intralciano la strada.
E a noi - che questi posti strani ci piacciono, che dobbiamo fare?! Ne parliamo.
Dunque, durante un fine settimana nelle meravigliose Marche, non ci siamo imbattuti proprio nel lago fantasma?
Quello di San Ruffino è vicino ad uno dei borghi che amiamo di più, con un nome che si fa capire da solo: Amandola, - e si ama, si ama - in provincia di Fermo.
Due parole su questa piccola, incantevole cittadina che sorge sui monti Sibillini.
I "Monti Azzurri" come li chiamava Giacomo Leopardi.
(N.D.R. - tutti i monti sono azzurri, visti da lontano. Anche i Monti della Calvana... però i Sibillini li ha chiamati così Leopardi, e da allora - diciamocelo - un po' se la tirano).
Sorge su tre monti, ed i castelli che vi sorgevano sopra, si confederarono in libero comune nel 1248. 
Da allora quindi non si parla più di Agello, Leone e Marrubbione, ma viste le foreste di mandorli che abbondavano nella zona, la neonata città fu chiamata - e nel dialetto della zona viene chiamata ancora così - La Mannola, cioè la mandorla, poi italianizzata in Amandola, con questo curioso gioco di gerundio passato (se le nostre nozioni di grammatica ci dicono ancora la verità).
La città è situata a sinistra del fiume Tenna.
E qui casca l'asino! Nel senso che il fiume Tenna è quello che forma poi il lago di San Ruffino.

Nel 1961 fu creato questo invaso, che serve da riserva d'acqua nel caso vi siano annate particolarmente avare di pioggia.
Tuttavia, con l'inizio dell'autunno, la diga viene aperta: le acque defluiscono verso valle, ed il lago scompare in un batter d'occhio, lasciando una vasta palude che si asciuga abbastanza in fretta, e lascia solo il letto del fiume.

In primavera la diga viene richiusa, ed in estate il lago è bellissimo, con dei colori splendidi ed una vegetazione rigogliosa.
Così l'abbiamo visto noi, in pieno agosto.
Sarebbe bello tornare in inverno per vedere il solo corso del fiume!

Mappa

domenica 14 agosto 2016

LA SCARZUOLA

Di solito - chi ci segue lo sa - noi proponiamo il classico itinerario fuori porta.
Siccome siamo di Prato, è evidente che tutto quello che è nei pressi di questa città, per noi è un giretto per passare la domenica.
Qui il viaggio, per dire la verità, è un po' più lungo, perchè vi facciamo spostare sino a Montegabbione, in provincia di Terni, nella bellissima Umbria.
Qui, percorrendo nell'ultimo tratto una non agevolissima strada bianca (ma ci vanno gli autobus Gran Turismo, per cui nessuna paura...certo,  una Ferrari ce la vediamo male!) ci troviamo davanti ad un cancello di legno, dove molte persone sono già in attesa della visita guidata.


La leggenda vuole che qui il Santo di Assisi abbia vissuto per un po' di tempo in una capanna fatta di Scarza, un'erba palustre. Da cui il nome Scarzuola.
Il posto è nel mezzo al nulla nel XXI° secolo, per cui ai tempi di San Francesco doveva essere un luogo estremamente isolato!
Qui, come sempre accadeva in questi frangenti, è stata costruita una edicola sacra, poi una chiesa ed infine un monastero, protetto dai Conti di Marsciano, dove i frati minori hanno vissuto sino alla metà del XVIII° secolo.
Da allora il luogo conobbe un lento decadimento, e quando l'eminente architetto Tomaso Buzzi lo acquistò nel 1957, era in condizioni veramente pessime.
Chi era Tomaso Buzzi?
Era un architetto milanese, contemporaneo del ben più conosciuto Giò Ponti, che ha lavorato e collaborato proprio con il nostro Tomaso Buzzi, che a quei tempi era il più famoso ed illustre architetto italiano.
E questo - proprio queste tre righe - è quello che si trova in rete su di lui.
Se si vuole capire quale personaggio straordinario fosse Tomaso Buzzi, bisogna visitare la Scarzuola, e soprattutto conoscere il suo erede e continuatore Marco Solari, attuale proprietario della tenuta.
Citiamo il blog di Antonio Tombolini, perchè riassume alla perfezione quello che abbiamo provato visitando questo luogo :" Eravamo andati per visitare un giardino. Ne siamo usciti diversi"
Quando siamo entrati nel vasto prato antistante l'antica chiesa, già il colpo d'occhio era splendido: tutta la costruzione era in mattoni di un rosa pallidissimo, che il sole allo zenith schiariva ancora di più.


Sotto il portico, per farci da guida, ci aspettava Marco Solari.
Se dobbiamo riassumere, si tratta di un magnifico giardino, dove sono stati costruiti alcuni "teatri", che il Buzzi si divertiva a far montare e smontare, avvalendosi della leggerezza e della facilità con sui era possibile costruire con il tufo, la pietra tipica del luogo.


Ogni singola pietra, ogni decorazione, ogni mosaico, persino la grandezza delle porte delle torri, persino le vasche con i fiori di ninfea, o il pergolato che gira tutto intorno al giardino...tutto, tutto ha un significato nascosto, una doppia o tripla interpretazione, una valenza simbolica.

E' stato difficile comprendere in meno di due ore - passate fra l'altro sotto il sole di un mezzogiorno di luglio - tutto questo affastellarsi di simboli.
Però nelle nostre menti si è aperto uno spiraglio, aperto a forza con la prosa improbabile di Marco Solari, cicerone e mentore in questo viaggio in noi stessi.
Dopo, con calma, ci siamo chiesti se dicesse delle grandi verità nascondendole sotto un robusto strato di ironia, oppure se ci stese semplicemente prendendo tutti in giro: un'ottantina di persone, tutti venuti dalla città, tutti più o meno omologati, normalizzati, socialmente corretti.
Siamo sicuri che una certa dose di ferocia ci fosse, in tutto quell'affastellare concetti, di un certo snobistico disprezzo verso di noi e le nostre scarpe da ginnastica!
Una cosa però ci si è chiarita in testa: come Tomaso Buzzi, che in quel luogo poteva essere nudo (cioè sè stesso) ognuno di noi dovrebbe avere una sua stanza interiore in cui essere nudo (cioè sè stesso) senza venire a patti con nessuno, seguendo solo i propri desideri e le proprie aspirazioni.
Un luogo dove la società, omologata, normalizzata, socialmente corretta, non possa arrivare.

Quel luogo che, dandoci la possibilità di liberare la propria pazzia, ci permetta poi di rientrare nel mondo di ogni giorno, svolgendo il ruolo che ci si aspetta da noi, certo, ma felici; sapendo che possiamo raggiunger la libertà ogni qualvolta lo desideriamo, rifugiandosi appunto in esso.
In questo il nostro architetto Tomaso Buzzi non è stato tanto bravo: forse proprio perchè, a differenza di noi comuni mortali che possiamo trovare noi stessi solo nel segreto della nostra mente, lui aveva la possibilità materiale di realizzare le sue utopie in mattoni e cemento.
Quindi la sua pazzia si vedeva, non si poteva nascondere, anche se esercitata in un luogo così remoto come la Scarzuola.
E questo gli è costato l'oblio sul suo nome, tanto più facile in un paese come il nostro, che tanta poca memoria ha verso la propria storia ed i propri personaggi di spicco. Il grande Tomaso Buzzi è stato dimenticato, e di ogni suo progetto si è preso il merito il contemporaneo Giò Ponti. 
(che forse  ha solo  avuto il merito di non mostrare la sua pazzia)
E abbiamo ricordato anche una delle prime frasi che Marco Solari ha detto: che nel medioevo gli unici che potevano permettersi di dire la verità erano i giullari, perchè la nascondevano sotto "i frizzi e i lazzi" che il loro mestiere richiedeva.
E allora abbiamo capito che non ci prendeva in giro...

Mappa