domenica 31 maggio 2020

IL SANATORIO DI ARLIANO E QUELLO DI PRATOLINO

Si, lo sappiamo, non è un bell'argomento, anche perchè - come nostro costume - prima di parlarvi dei due sanatori del titolo, volevamo parlavi dell'istituzione in sè, un tipo di struttura ospedaliera ormai desueta (infatti si tratta in entrambe i casi di edifici abbandonati da decenni), tipica non del secolo scorso, quando pur continuando a costruire queste strutture già si capiva che non erano più funzionali allo scopo (e allora perchè le costruivano? Eh... cambiano i tempi ma alla base delle azioni dell'uomo c'è sempre quello, il $ oppure £ adesso €) ma addirittura della fine dell'ottocento, quando in queste strutture , che a quei tempi erano accoglienti come grandi alberghi, ci si andava a curare dal "mal sottile ", malattia di gran moda nell'epoca vittoriana, dove i primi sintomi della tubercolosi (magrezza estrema, pallore con guance arrossate, e per contro una rigogliosissima capigliatura) erano l'ideale di bellezza femminile.
Sulla vita in questi sorta di lussuosi pseudo alberghi, Thomas Mann ha scritto anche un immortale capolavoro,"La Montagna Incantata" che vi consigliamo di leggere se volete approfondire l'argomento, perchè fotografa esattamente un'epoca, la fine della "Belle Epoque" prima dello scoppio della 1° Guerra Mondiale.
Che è poi esattamente il periodo in cui questo tipo di ospedale di lusso ha avuto la sua massima diffusione.
Perchè mettiamo tanto l'accento su "lusso"?
Fondamentalmente perchè solo chi aveva denaro, a quei tempi, poteva curare la tubercolosi, anche perchè la cura consisteva in terapie molto blande e che richiedevano molto tempo libero: bagni di sole, respirare l'aria pura in luoghi particolarmente favorevoli, acque minerali, ginnastica... roba così.
Chi era povero e si ammalava - e succedeva molto spesso - aveva davanti a sè solo una prospettiva: una vita breve e miserabile e una morte prematura. Amen.
A parziale consolazione, anche per i ricchi non è che le cose andassero molto meglio: erano solo meglio assistiti, ma fino alla scoperta degli antibiotici la prospettiva era la seguente: una vita breve negli agi e nel lusso, seguiti da una morte prematura. Amen.
In definitiva non è che le cose cambiassero molto.
Tra le due guerre, ci fu la consapevolezza che, vista la carneficina che la 1° guerra mondiale aveva causato, e l'ulteriore mazzata che la febbre spagnola aveva dato ai superstiti l'anno successivo, bisognava cercare di preservare il più possibile la popolazione esistente, cercando di aiutarla a superare almeno questa terribile malattia che era la tubercolosi.
Per cui, tra gli anni '20 e '30 del XX° secolo, furono costruiti un po' dappertutto in Europa, ma specialmente qui in Italia, Ospedali dedicati alla cura "delle malattie di petto" come le chiamavano allora, comunemente detti "Sanatori".
Qui ve ne facciamo vedere due in Toscana, tra i più famosi.

Il Sanatorio di Pratolino, intitolato al Dott. Banti, sorge in località omonima, ed infatti è molto vicino alla villa medicea, tanto che il terreno su cui sorge fu donato proprio dal principe Demidoff.


La costruzione fu iniziata nel 1934, e fu terminata - dopo molte peripezie - nel 1939: decisamente un brutto momento.
Si tratta di una costruzione notevole, sia per dimensioni che per caratteristiche.
E' stata realizzata in Stile Razionalista, come richiesto sia dall'epoca sia dalla funzione: non dimentichiamo che si trattava di un ospedale per il popolo, anzi di un "convalescenziario" come usava dire il linguaggio dell'epoca, dove gli ammalati andavano per respirare l'aria buona, riposare e recuperare le forze.
Svolse la sua funzione finchè nell'immediato secondo dopoguerra non furono scoperti gli antibiotici. Questo farmaco, unito ad una capillare immunizzazione della popolazione mondiale contro la tubercolosi, ha reso inutili questo tipo di ospedali (per fortuna, no?!), decretandone via via la chiusura. Il Sanatorio di Pratolino è stato trasformato in struttura ospedaliera sino al 1989, anno in cui è stato definitivamente dismesso.
Quando era già in grave stato di degrado, è servito da rifugio a una comunità curda ed a una somala, fuggite dalle guerre del loro paese. 
Poi, l'abbandono totale.

 
E ora la magnifica, gigantesca struttura situata in una posizione splendida, con un panorama a dir poco mozzafiato, si va sgretolando giorno dopo giorno, senza che nessuno muova un dito o faccia una proposta per salvarla o riqualificarla.

Il Sanatorio di Arliano (Lu) si trova in una straordinaria posizione, su una collina soleggiata, che riceve una ventilazione che viene dal mare.
Ha più o meno la stessa storia del suo omologo fiorentino.
Se per il Sanatorio di Pratolino abbiamo trovato date e notizie certe, per quello di Arliano abbiamo dovuto ricorrere a volenterosi che come noi amano questo tipo di strutture, ed alle notizie che a loro volta possono aver raccolto prima di noi.
Ci sentiamo di poter dire che senz'altro anche questa costruzione deve essere stata realizzata tra la metà e la fine degli anni '30 del secolo scorso, sempre in perfetto Stile Razionalista, anzi, vista la vicinanza del mare, gli architetti hanno pensato di aggiungere un tocco marinaro, con la forma a prua di nave dei padiglioni principali e i segnapiano di mattoni rossi, alternati agli elementi decorativi rotondi che ricordano gli oblò delle navi.


Tutto l'immenso edificio, che appare incredibilmente ancora in condizioni sufficientemente buone, è immerso in una lussureggiante macchia mediterranea, che già a fine inverno, quando ci siamo stati noi,  era già profumatissima.
Anche per questo edificio, la stessa triste storia: con l'avvento degli antibiotici, dopo la II° Guerra Mondiale, si riduce via via la sua funzione, che cessa del tutto alla fine degli anni '50.


Negli anni '80 si cerca di riutilizzare l'edificio in parte per farne una scuola media, ma dopo una decina d'anni anche questo tentativo finisce in niente.

Ancora, negli anni '90 viene utilizzata per un centro di recupero per ex- tossicodipendenti e per ex-alcolizzati, un uso meritorio che contribuisce alla sua manutenzione - perlomeno esterna - ma dopo una manciata d'anni anche questo tentativo di recupero fallisce.
Da allora. anche per questa splendida costruzione, non è rimasto che il degrado e l'abbandono.


Mappa Pratolino
Mappa Arliano

domenica 24 maggio 2020

LA TORRE DEL SANDONNINI ...DA LUCCA VERSO I MONTI PISANI

In uno dei tanti angoli di incomparabile bellezza che ci regala la campagna intorno a Lucca c'è un piccolo paese, poche case in una dolce pianura: Parezzana. 
Non si trova una riga da nessuna parte su questa minuscola frazione del comune di Capannori, ma quando si esce dall'abitato, una strada lunga e diritta porta verso i Monti Pisani, là dove prima era il lago di Sesto.
Lago di Sesto? 
Il Lago di Sesto non era altro che il più noto lago di Bientina, così chiamato dai Lucchesi, che ne condividevano le sponde con i Pisani.
Si chiamava così perchè prendeva il nome da un Castello, che a sua volta aveva preso il nome dalla pietra miliare della Strada Maestra che portava al Valdarno Inferiore (Fonte Wikipedia).
Vi facciamo grazia di tutta la storia del lago, che abbiamo avuto modo di trattare in altri vari post, avendo noi un'insana passione per i laghi, le paludi e per i laghi che diventano paludi.
Ma torniamo a quella strada diritta che porta verso i Monti Pisani.
La strada gira intorno ad una grande torre circolare, come se nel mezzo non ci fosse un imponente torrione, ma un'aiuola spartitraffico.

Ed in effetti è proprio la funzione che fa il torrione: l'aiuola spartitraffico, perchè la strada si divide a metà, e una carreggiata le gira a destra, verso Pontedera, mentre l'altra le gira a sinistra a torna verso Lucca.
E' la Torre del Sandonnini, e deve il suo nome all'antica famiglia che presumibilmente la fece erigere alla fine del '500.


Niccolò II Sandonnini fu vescovo di Lucca nella seconda metà del secolo precedente.
Poi passò ad un'altra nobile famiglia lucchese, gli Spada. Infatti è nota anche con questo nome.
Non sono chiare le motivazioni per cui è stata costruita questa torre. Potrebbe essere un magazzino, anche se la forma cilindrica farebbe in effetti pensare maggiormente ad un faro, anche se in cima, niente testimonia che un faro ci possa essere stato.


Inoltre questa zona è ancora conosciuta come Paduletto, per cui non doveva esserci propriamente il lago, ma - appunto - una paludina, una paludetta.

Però ci piace ricordare una leggenda di questi luoghi, legato proprio a questo faro, e  che ricorda la dura vita dei barcaioli del lago, che trasportavano le merci da una sponda all'altra del lago stesso. 
Tra di loro c'era, fatto alquanto particolare, una donna di nome Clementina.
Era una donna, anzi una ragazza, giovane e bella, che la vita rude e faticosa non aveva ancora fiaccato, e mentre attraversava le paludi di solito cantava con la sua bella voce melodiosa. 
I barcaioli erano tutti innamorati di lei, e la tenevano in gran considerazione.
Una sera si era scatenata una gran tempesta sul lago, e molte barche persero le merci che stavano trasportando. I Barcaioli si ritrovarono tutti presso il faro della torre del Sandonnini, ma mancava Clementina! Andarono a casa sua, sicuri di trovarla lì, ma non c'era. La tempesta infuriava ancora e non c'era modo di andare a cercarla. 
La mattina dopo iniziarono a cercarla nei vari porti, sperando che avesse trovato riparo in altro luogo, ma non era da nessuna parte. 
Percorsero allora il lago in lungo e in largo per cercarla, ma non trovarono nè la barca nè Clementina.
Dovettero mettersi il cuore in pace e la piansero, la loro Clementina così bella e gaia.
Una notte, all'interno della Torre Sandonnini, sentirono una voce di donna che cantava melodiosamente. La riconobbero immediatamente per la voce di Clementina, e corsero per vederla, ma appena aprirono la porta della stanza più alta, da dove proveniva la voce, questa tacque.
Da allora, quando si verificava una misteriosa combinazione di astri, la voce di nuovo cantava le canzoni di Clementina. 
Ma mai nessuno è riuscita a vederla...


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domenica 17 maggio 2020

IL MUSEO ALL'APERTO DI DOZZA

Se vi piacciono i quadri e l'aria aperta abbiamo il posto che fa per voi: Dozza.

Dozza è un piccolo comune vicino ad Imola, ed è anche il primo comune della Romagna che si trova sulla via Emilia.
Per dire la verità, sulla via Emilia non si trova il capoluogo, che è in collina, in una posizione veramente bella, ma la sua unica frazione, Toscanella.
Come succede spesso a questi paesi medioevali che sorgono sulle colline, arroccati intorno alla loro rocca (si potrà dire così? mah, abbiamo i nostri dubbi...) questi rimangono sostanzialmente gli stessi, perchè sono sottoposti a tutta una serie di vincoli architettonici e paesaggistici che vieta qualsiasi modifica strutturale dell'abitato; mentre in pianura, si crea una piccola città, con poli industriali e artigianali, centri di commercio, nuove abitazioni, farmacie, chiese, i distributori di benzina, bar, ristoranti...
Quando la sede comunale si sposta in pianura, è finita!
Vedi che cosa è successo dalle nostre parti a Tizzana/Quarrata (link).
Il nome di Toscanella sembra strano per una località sulla via Emilia, ma è giustificato dal fatto che di qui partono delle  strade che portano in Toscana (dopotutto siamo proprio ai piedi dell'Appennino!)
Lasciamo da parte un attimo Toscanella per tornare a Dozza.
La magnifica Rocca, intorno alla quale si sviluppa il borgo, è stato voluto da Caterina Sforza, moglie di Girolamo Riario, che fu signore di Forlì.

Ci piace soffermarci un attimo su questi due bei tipetti, che - per dire la verità - con la costruzione della Rocca, anche se sono stati signori di Dozza solo per pochi anni, ne hanno comunque segnato in modo indissolubile la Storia.
Allora, Girolamo Riario è uno di quei bravi ragazzi che ha organizzato la rivolta De' Pazzi, perchè proprio lui sperava di poter mettere le mani su Firenze, dopo aver tolto di mezzo Giuliano e Lorenzo De' Medici.
Il 26 aprile del 1478, l'operazione riuscì effettivamente per il solo Giuliano, mentre Lorenzo riuscì miracolosamente a scamparla.
Lorenzo non fu tenero con i congiurati: come usava a quei tempi, via via che li capitavano in mano, li giustiziava.
Girolamo, che invece riuscì a farla franca, rivolse le sue mire espansionistiche verso Ferrara, ma gli andò male anche lì.
Una diecina di anni dopo -  con una esemplare legge del contrappasso - lui stesso fu vittima di una congiura, ordita dalla famiglia forlivese degli Orsi, di Antonio Ordelaffi (signore di Forlì) e dello stesso Lorenzo De' Medici, probabilmente sponsor dell'operazione.
Solo che questa congiura andò a buon fine e Girolamo Riario fu ucciso, denudato e gettato dalla finestra.
Per la sua degna consorte Caterina Sforza, ci vediamo costretti ad utilizzare la tecnica del "copia e incolla" da Wikipedia, cosa che di solito ci guardiamo bene dal fare.
Ma la descrizione di quello che la neo-vedova (e, come vedremo, madre assai amorosa) architetta ai danni dei congiurati, è fatta in maniera così magistrale dal Machiavelli, che noi, con i nostri poveri mezzi, non riusciremmo a renderne l'atmosfera nemmeno se ci provassimo per sei mesi

« Ammazzarono alcuni congiurati Forlivesi il conte Girolamo loro signore, presono la moglie, ed i suoi figliuoli, che erano piccoli; e non parendo loro potere vivere sicuri se non si insignorivano della fortezza, e non volendo il castellano darla loro, Madonna Caterina (che così si chiamava la contessa) promisse ai congiurati, che, se la lasciavano entrare in quella, di farla consegnare loro, e che ritenessono a presso di loro i suoi figliuoli per istatichi. Costoro, sotto questa fede, ve la lasciarono entrare; la quale, come fu dentro, dalle mura rimproverò loro la morte del marito, e minacciogli d'ogni qualità di vendetta. E per mostrare che de' suoi figliuoli non si curava, mostrò loro le membra genitali, dicendo che aveva ancora il modo a rifarne. Così costoro, scarsi di consiglio e tardi avvedutisi del loro errore, con uno perpetuo esilio patirono pena della poca prudenza loro »

Servono altre parole?

Ma torniamo a Dozza, che dal 1960, con la Biennale del Muro Dipinto, è diventata un punto di riferimento per l'arte contemporanea, e ha ospitato un numero considerevole di artisti - non solo italiani - che l'hanno resa una vera galleria d'arte a cielo aperto. 
Le strade che circondano la Rocca sono dette "Passeggiata degli Artisti"; 

un anello che vi sorprenderà ad ogni portone, perchè ogni casa, compreso il Palazzo Comunale, ha il suo affresco che la decora.


Sono presenti tutti gli stili, 

dal figurativo all'astratto, passando dai macchiaioli alla pop-art, naif e anche fumetti.

Alla fine i muri non erano sufficienti ed hanno cominciato ad affrescare anche quelli di Toscanella.
Come se non bastasse tutto questo, per gli appassionati del Fantasy a Dozza c'è un'altra chicca: il centro di studi Tolkeniani "La Tana del Drago", che è il primo centro studi al mondo dedicato interamente al professore oxfordiano e scrittore J.R.R. Tolkien , autore de "Lo Hobbit" e de "Il Signore degli Anelli" .

Il centro, che ha avuto anche il pregio di recuperare una antica palazzina, è stato inaugurato il 21 settembre 2018, e per gli appassionati di fantasy, ci piace pubblicare anche il link dell'associazione:
 http://www.jrrtolkien.it/la-tana-del-drago/

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domenica 10 maggio 2020

TRESIGALLO LA CITTA' METAFISICA

Chi ha la bontà di seguirci, sa quanto siamo appassionati di architettura razionalista. 
Per chi fosse a digiuno di questo argomento, diciamo in due parole di che cosa si tratta: il Razionalismo Italiano è una correste architettonica che si è sviluppata in Italia tra gli anni '20 e '30 del secolo scorso - ma ha continuato poi a produrre opere sino a metà degli anni '70), ed in collegamento con i dettami del Funzionalismo internazionale, da cui è poi nata la nota corrente tedesca del Bauhaus. 
Se pensate che il Razionalismo sia collegabile all'ideologia del ventennio fascista, sappiate che siete in errore. 
Semplicemente, si è sviluppata nello stesso periodo, e l'ideologia si è solo adattata a questo stile, ornandola con i propri pesanti orpelli.
Dette queste due parole, necessarie per proseguire con la nostra descrizione, ritorniamo al titolo: Tresigallo, ex comune in provincia di Ferrara, infatti è una città di ri-fondazione.
Stiamo andando troppo veloci, vero?
Prima di tutto: perchè ex comune? Perchè il comune di Tresigallo (FE), che esisteva da tempo immemorabile, ha cessato di esistere il 31 dicembre 2018, quando si è fuso con quello di Formignana, dando origine ad un nuovo comune che si chiama, con un neologismo: Tresignana.
E' successo anche in Toscana, ma magari si sono limitati a mettere insieme i due nomi, che so: Scarperia e San Piero a Sieve, oppure Casciana Terme-Lari.
Invece loro si sono proprio inventati un nuovo nome...carino!
Eppoi, che è una città di ri-fondazione?
Una città di fondazione è una città che nasce dove prima non c'era niente, una città di ri-fondazione, è evidentemente una città che viene completamente ricostruita laddove già eisteva, ma in forma diversa.
Infatti Tresigallo, che sorge sulla sponda sinistra del Po di Volano (quindi sull'estuario del grande fiume) è di origini altomedioevali, cerniera tra l'esarcato di Ravenna ed il regno Longobardo.
Ma è negli anni '30 del secolo scorso che il borgo vive la sua stagione migliore.
Per prima cosa viene realizzata una strada per accorciare la distanza con Ferrara poi, su iniziativa del suo figlio più importante, Edmondo Rossoni, che in quegli anni era ministro dell'Agricoltura e Foreste, ed in collaborazione con l'Ing. Frighi fu concepita questa straordinaria rifondazione della città, tutta in stile razionalista italiano, e furono costruiti, secondo un piano unitario ben preciso, non solo le case di abitazione, ma infrastrutture di ogni tipo. 

 Viali grandi e diritti, piazze di grande respiro, 


centri sportivi, 


sanitari, industriali, scuole,


luoghi di ritrovo, 


persino il cimitero.

Non mancava veramente niente.
In queste piazze, tra queste vie, il maestro De Chirico ha trovato l'ispirazione per i suoi quadri metafisici.
Certo con il sole allo zenith ed il cielo azzurro, l'effetto metafisico sarebbe stato maggiore, ma vi possiamo garantire che anche con la nebbiolina tipica della bassa padana, l'effetto è stato veramente colto nel segno.
Purtroppo, come molte città di fondazione (o di rifondazione) il fatto che questa architettura fosse così strettamente legata al periodo del ventennio fascista  ha provocato non pochi danni, legati all'incuria ed all'abbandono, quando non addirittura direttamente allo sfregio.

Fortunatamente, qui come in altri luoghi legati a quel periodo - che, ripetiamo, non ha niente a che vedere con lo stile architettonico in sè e per sè) si sta faticosamente cominciando a recuperare l'identità e l'orgoglio di essere una città unica, tanto è vero che è stata insignita del riconoscimento di "Città d'Arte", perchè è nella sua intierezza un bene storico e culturale e come tale va preservato e difeso.

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