domenica 26 luglio 2020

CURIOSITA' DI FIRENZE

A parlare di Firenze non basterebbe un'enciclopedia in 75 volumi e poi correremo seriamente i rischio di ripetere per l'ennesima volta cosa risapute.
Inoltre non sarebbe nello spirito del nostro blog quello di parlare delle cose più conosciute ed universalmente note: mica avete bisogno di noi per sapere notizie di Santa Maria del Fiore, no?
(Anche se non è detto, magari qualcosa di meno conosciuto riusciamo a scovarlo lo stesso...)
Quindi, abbiamo trovato quattro curiosità che riguardano Firenze, e delle quali vogliamo brevemente parlarvi.

Per esempio, la Chiesa di San Pier Scheraggio.
Vi abbiamo colti in fallo, eh?
E' inutile che la cerchiate, questa antichissima chiesa, che pare fosse stata fondata dal vescovo Pietro Mezzabarba ne 1068, non esiste più.
Eppure era una chiesa grande, seconda per dimensioni solo a Santa Reparata che - come saprete - era la cattedrale di Firenze finchè non fu costruita Santa Maria del Fiore. 
Siccome era grande, era spesso utilizzata per le riunioni del Consiglio del Popolo, prima della costruzione di Palazzo Vecchio. Al suo interno era collocato un pulpito, che oggi è stato sistemato a San Leonardo in Arcetri, e da dove parlarono anche Dante e Boccaccio.
Il nome deriva dal vicino torrente Scheraggio, che faceva da fosso di difesa alle antiche mura, e la sua posizione era tra Palazzo Vecchio e gli Uffizi, dove adesso c'è via della Ninna (c'era anche allora, ma era un vicoletto).
In origine la Chiesa era a tre navate. Una venne integrata nella nuova fabbrica degli Uffizi nella metà del '500, e un'altra abbattuta per allargare via della Ninna. 
La chiesa venne soppressa nel 1743 e i locali utilizzati come archivio del tribunale. 

Le colonne della navata  e gli archi sono ancora visibili su via della Ninna dove si trova una epigrafe che recita:
"Avanzi e vestigia della chiesa di San Pier Scheraggio che dava nome a uno dei sesti della città e tra le cui mura nei consigli del popolo sonò la voce di Dante" 

Se poi volete sapere perchè via della Ninna si chiama così, ve lo diciamo noi: prende il nome dalla Madonna con il Bambino di Cimabue, detta Madonna della Ninna Nanna.

Già che siamo in zona, basta che vi giriate, perchè sulla facciata di Palazzo Vecchio, proprio ad altezza d'occhio di un adulto, potrete vedere con tutto agio, sulla destra dell'entrata, praticamente dietro la statua del Biancone, un piccolo profilo, diremmo di un uomo.

Se pensate ad un atto di vandalismo, siete completamente fuori tema, perchè questo ritrattrino appena abbozzato viene attribuito con ottime probabilità nientemeno che a Michelangelo Buonarroti.
Ci sono varie ipotesi, però, su chi possa essere la persona ritratta.
Alcuni pensano che si tratti dell'autoritratto di Michelangelo stesso.
(Mah... che motivo avrebbe avuto di farlo su un mattone di Palazzo Vecchio?) 
Altri ritengono che l'artista abbia abbozzato il riratto di un condannato a morte, che aveva visto passare sulla carretta che lo portava al luogo dell'esecuzione. 
Colpito da questo spettacolo, decise sul momento di scolpire il suo ritratto su quello che aveva sottomano.
(Ci potrebbe anche stare, come ipotesi)
Ma a noi piace decisamente questa versione: pare che ci fosse un tizio che continuamente importunava l'artista con le richieste più assurde e noiose. Un giorno in cui  Michelangelo era particolarmente annoiato dal suo interlocutore, fingendo di ascoltarlo,  scolpì il suo ritratto con le mani dietro lo schiena.
Tant'è vero che il ritratto è conosciuto come "L'importuno di Michelangelo"
Questo sì che ci piace!

Adesso ci dobbiamo spostare alla Loggia del Porcellino, dove abbiamo potuto vedere questa particolare curiosità solo grazie al lockdown, che se ci aveva permesso di tornare a Firenze, non aveva ancora permesso al mercato che di solito si tiene sotto queste logge, di posizionare i banchi ed esporre la merce.
La loggia del Mercato Nuovo (questo è il suo nome) vuota,  è cosa che non capita spesso,  per cui abbiamo potuto vedere la "Ruota dell'Acculata".
Da questa ruota originano due detti tipicamente fiorentini: "essere con il culo per terra" e "essere sculati", perchè su questa ruota veniva comminata una punizione ai debitori nella Firenze medioevale.

La condanna veniva eseguita proprio qui, nella loggia del Mercato Nuovo, alla presenza, del popolo. Una specie di gogna, perchè al condannato veniva scoperto il fondoschiena, sollevato per le braccia e le gambe con una corda legata la soffitto della loggia, e calato violentemente per diverse volte, in modo che il sedere potesse sbattere sull'immagine della ruota del carroccio, disegnata sul pavimento.
Era un modo per lasciare al condannato un segno indelebile - c'era da farsi veramente male! - un monito per chi aveva intenzione di fare debiti, e un gran divertimento per il pubblico, che come si sa, si diverte sempre un mondo alle disgrazie altrui.

Spostiamoci ancora un po' e andiamo in Piazza Santissima Annunziata, dove nel centro c'è il monumento equestre di Ferdinando I° de' Medici.

Su retro del monumento c'è una cosa curiosa. Sotto il motto latino 
"Maiestate Tantum" (noi il latino non l'abbiamo studiato, e viviamo felici) c'è uno sciame di api con l'ape regina (rappresentata dal Granduca Ferdinando, e da chi altrimenti...) circondato dalle api operaie che rappresenterebbero il laborioso popolo fiorentino.
Evvabbè.

La particolarità è che le api operaie sono disposte in cerchi sfalsati, per cui è  davvero un'impresa contarle.
Già pochi anni dopo la costruzione del monumento, i genitori più accorti, avevano trovato in questa sorta di arnia di bronzo, un modo per liberarsi dei capricci dei loro bambini viziati: quando c'era qualche giocattolo o dolce o chissà che altro che i loro figli volevano ad ogni costo, li portavano dietro al monumento di Ferdinando I°, promettendo che avrebbero soddisfatto i loro desideri purchè... avessero contato esattamente il numero delle api che c'erano lì sopra.
Siccome senza prendere un riferimento contarle è quasi impossibile, i ragazzini pestiferi rimanevano con un palmo di naso e venivano portati via piangenti e singhiozzanti. Ma i genitori sapevano che le api erano 91!


Fonte "1216 Firenze al tempo dei Guelfi e Ghibellini " di Andrea e Fabrizio Petrioli



























domenica 19 luglio 2020

PRATO LA CITTA' DEI MIRACOLI MARIANI

Che la nostra città sia sotto la particolare protezione di Maria Santissima, lo sappiamo perchè la cattedrale di Santo Stefano custodisce una delle Reliquie più venerate della Cristianità che riguardano la Vergine Maria: la cintura della veste della madonna, o la Sacra Cintola, come la chiamiamo noi a Prato.
Inoltre, essendo il Santo patrono della nostra città Santo Stefano 
(26 Dicembre...) cioè un giorno in cui è comunque festa, per consolarsi di tanta sfortuna i pratesi si sono dati un'altra occasione di festeggiare, ed hanno scelto  proprio il giorno l'8 settembre giorno della Natività di Maria. 
In questa occasione si celebra la "Madonna della Fiera", giornata centrale di una serie di intrattenimenti, che culmina con il Corteggio Storico, una sfilata di personaggi un costume.
Questi, al termine della sfilata si radunano davanti al Duomo, dove viene effettuata l'ostensione pubblica della sacra reliquia dal pulpito del Donatello, appositamente realizzato nel 1438, e da dove viene mostrata al popolo tutto per cinque volte nel corso dell'anno,  di cui questa è la più solenne.
E questa è la storia che ogni pratese sa fin dalle elementari.
Quello che forse si sa di meno, è che a Prato ci sono altri cinque Santuari Mariani, tutti legati a miracoli che si sono verificati proprio nel nostro territorio e che hanno richiesto per questo l'edificazione di una chiesa o di un santuario.

Cominciamo con quella che magari può sorprendervi di più.Il Santuario di S. Maria del Soccorso nell'omonimo quartiere.


Dove adesso sorge la chiesa, fuori dalla porta Santa Trinita e sulla strada che porta al Poggio a Caiano (l'attuale via Roma) sorgeva un piccolo tabernacolo con un'immagine sacra, una Madonna che allatta il piccolo Gesù. dipinta intorno al 1400 da uno dei fratelli Miniati. 
Il 6 Novembre del 1570, una pastorella stava pascolando il suo gregge nei pressi del tabernacolo; improvvisamente si scatena un temporale torrenziale; il cielo si oscura, tuoni, lampi pioggia scrosciante che in breve tempo fa straripare un paio di torrentelli che a quei tempi scorrevano in zona. 
La bambina, terrorizzata, si rifugia con le sue pecore vicino al tabernacolo, che si trovava in un luogo rialzato. Alla Vergine rivolge la sua ingenua e fiduciosa preghiera, e le acque non riescono a raggiungere nè lei nè le sue pecore che si salvano inseme alla bambina.
Dopo questo prodigio, inizia il flusso dei pellegrini, che tributarono all'immagine il titolo di "Madonna del Soccorso". Fu restaurata in primo luogo la strada che dalla porta Santa Trinita arrivava sino al Tabernacolo, poi nel 1574 fu costruito un piccolo oratorio, ma contemporaneamente il vescovo di Pistoia (già, eravamo sotto la diocesi di Pistoia) ordinava la costruzione del Santuario che terminò nel 1585.


Nel frattempo il tabernacolo era stato trasportato all'interno della chiesa, con grande cautela. Il ricordo liturgico  si celebra il 6 novembre, mentre il 30 aprile si celebra la traslazione della venerata immagine.

Continuiamo con il Santuario di Santa Maria del Giglio, che per chi non lo sapesse è la chiesa che si trova in in via San Silvestro, tra Piazza Mercatale e Piazza San Marco. 


In questo luogo esisteva già dal 1200 una chiesa dedicata a San Silvestro, collegata ad uno Spedale, fondato da Dolce de Mazzamuti, che accoglieva pellegrini, ma specialmente bambini abbandonati.
Davanti a questa chiesa c'era un pozzo dove era collocata l'immagine della Madonna. La devozione popolare aveva fatto sì che non mancassero mai i fiori davanti a questa immagine sacra, ma in quel momento il giglio che era stato collocato in un vaso, era ormai secco.
Forse perchè era il 26 agosto! 
Del 1644 (contestualizziamo!)
Improvvisamente, il giglio secco nel vaso davanti all'immagine della Madonna, rifiorì, tornando bello come appena colto.
Il prodigio richiamò molti fedeli, e siccome i miracoli si susseguivano, si pensò subito a costruire un santuario, che fu dedicato a Santa Maria del Giglio l'8 marzo 1680.
All'interno del Santuario si trovano sia l'immagine miracolosa sia il fiore oggetto del miracolo.


Lo Spedale, del Sig. dolce de' Mazzamuti, che subì un grave tracollo economico a causa del sacco di Prato del 1512, fu unificato con quello della Misericordia nel 1537 su decreto del Granduca Cosimo I° deì Medici.
Se il nome "Misericordia e Dolce" dice qualcosa ai pratesi ne hanno tutte le ragioni, perchè è stato il nome del loro ospedale sino all'ottobre del 2013.
Il ricordo liturgico si celebra il 26 agosto, mentre il giorno 8 marzo, quello della dedicazione della basilica.
Dopo la messa, vengono distribuiti ai presenti i "gigliucci d'oro" dei biscotti fatti a forma di giglio, che vengono fatti appositamente per queste ricorrenze.

La Chiesa più bella è però la Basilica di Santa Maria delle Carceri, vero capolavoro del rinascimento, unica chiesa voluta espressamente da Lorenzo il Magnifico, che ne curò personalmente il progetto di tempio a pianta centrale a croce greca. 


La realizzazione fu affidata nientemeno che a Giuliano da Sangallo.
Il Miracolo  si è verificato il 6 luglio 1484, quando un bambino, Jacopino Belcari (nome e cognome,  poi vi diciamo perchè) che giocava nei pressi del muro del vecchio carcere pubblico ormai abbandonato, che si chiamava Le Stinche, come quello di Firenze -  dove era dipinta una immagine sacra di Madonna col bambino - vide la Madonna stessa staccarsi dal muro, e posare in terra il Bambino Gesù.  

Ma non è tutto: davanti al bambino atterrito, sul volto della madonna apparvero lacrime e sudore.
Anche qui fu il primo di una serie di eventi che attrassero fedeli da tutta la Toscana, tanto che fu deciso la costruzione della basilica, anche qui traslando l'immagine miracolosa all'interno della chiesa, che fu terminata nel 1495.


I lavori per la copertura in marmo all'esterno si interruppero per carenza di fondi nel 1506. Nel 1512 ci fu il famigerato sacco di Prato e i fondi per terminare la copertura in marmo della basilica non sono mai stati più trovati da allora.
Torniamo a Jacopino Belcari, che dopo la visione del miracolo entrò in seminario e diventò sacerdote, e fu parroco in Santa Maria delle Carceri dal 1512 al 1522.
Volevamo parlare prevalentemente dei miracoli, ma qui è doveroso parlare della chiesa, perchè è stata costruita in modo da evidenziare in modo particolare due eventi astronomici: A mezzogiorno del giorno del solstizio d'estate, i raggi del sole illuminano il dipinto della Vergine Maria penetrando dalla cupola.
Invece il 15 luglio alle ore 15.18, i raggi solari che penetrano dalla cupola, vanno a illuminare il disco collocato sopra l'altare maggiore della basilica, in ricordo dell'apparizione miracolosa che si era verificata il 6 luglio 1484 (calendario Giuliano!!!)

Continuiamo con il Santuario di Santa Maria della Pietà che si trova nell'omonima piazza e nell'omonimo quartiere. 
Dobbiamo essere siceri, qui si trovano un sacco di notizie sulla chiesa ma poche sul miracolo in sè stesso. Sappiamo che anche qui c'era un'immagine sacra, un piccolo tabernacolo detto "del Pesce" ma non abbiamo trovato a quando risaliva, e nemmeno perchè si chiamasse così.
Sappiamo che improvvisamente. la notte nel 26 aprile 1616,  su questo tabernacolo   una luce a forma di piramide illuminò a giorno la Madonna in esso raffigurata, che iniziò a piangere di dolore.


A questo prodigio assistè di persona anche il Granduca Cosimo II con corte al seguito, e fu per questo che fece subito erigere dal suo architetto Gherardo Mechini il Santuario - aperto al culto nel 1619 -  nel quale è custodita l'immagine sacra, che tramite le due finestre (rimaste chiuse forse da sempre, e aperte solo da pochi anni) sulla facciata, può essere vista giorno e notte.
Una particolarità di questo santuario è che è circondato da un giardino, a differenza di tutti gli altri.


Ma chi, come noi, è abbastanza vecchio da ricordarlo con la propria memoria, sa che il giardino sino alla fine degli anni '80 (non siamo precisi con le date) era girato esattamente dalla parte opposta, cioè era dove adesso era la strada, e la strada passava accanto al Santuario.
Con una opportuna modifica della viabilità si è modificato l'assetto della piazza, rendendola molto più vivibile e fruibile.
Quello che è rimasto al suo posto è il monumento a Gaetano Magnolfi, che comunque non è sempre stato lì. 


Fu sistemata dove si trova adesso nel 1900, poi spostata in piazza del Duomo, dove adesso di trova un ottagono in marmo, e poi riportata nella sua sede originale negli anni '30.
(neanche fosse stato un soprammobilino...)

E veniamo all'ultimo miracolo quello della Madonna dei Papalini.
Questo miracolo si collega al più tragico momento della storia di Prato: il famigerato "Sacco di Prato" avvenuto nel 1512 e originato dallo scontro tra francesi e spagnoli, questi ultimi alleati dello Stato Pontificio ( e per questo denominati "papalini") per obbligare Firenze a riportare i Medici al potere dopo la loro cacciata del 1494.
Per salvare Firenze, la soldataglia si accanì su Prato per ventidue giorni a partire dal 29 agosto, saccheggando, uccidendo senza pietà e portando Prato sull'orlo della rovina e della miseria.
Solo il carattere della città e dei suoi abitanti ha permesso che potesse lentamente riprendersi e svilupparsi come poi ha fatto.
(Ma con quale fatica. E senza l'aiuto di nessuno. Come sempre)
Ma su questo argomento torneremo più approfonditamente.
Continuiamo con il nostro miracolo.
La furia dei soldati spagnoli non risparmiava nemmeno i monasteri, ma quando tre capitani spagnoli - di cui sappiamo anche i nomi: Giovanni, Spinozo e Vincenzio - entrarono nella Basilica, videro la Madonna in persona,  che li esortò a risparmiare il monastero.
Una volta  entrati nella clausura di San Vincenzo, trovarono le suore in preghiera davanti ad una statua della Madonna, la guardarono e caddero in ginocchio, pregando a loro volta.
Giurarono davanti alla priora che il monastero sarebbe stato rispettato, e così avvenne.
La statua, in terracotta policroma degli inizi del cinquecento, è considerato quindi protrettrice e salvatrice, e viene denominata "dei Papalini" proprio dal nome delle truppe pontificie che si erano alleate con gli Spagnoli.
La Statua viene esposta, riccamente abbigliata di un abito in seta ricamato che risale al '700, alla grata del monastero di clausura solo il 29 agosto di ogni anno.
Ed ecco perchè non abbiamo foto dell'immagine sacra.


Mappa


















lunedì 13 luglio 2020

IL PARADISO IN VALDIBRANA

Era una giornata di maggio a cui non mancava niente, nemmeno l'Anticiclone delle Azzorre...
Il lockdown era quasi finito, tanto che ci permetteva di approfittare di una così radiosa giornata viaggiando su due ruote, ancora verso quel Corbezzi (link) che ci aveva lasciato l'amaro in bocca, perchè il sottopasso della ferrovia, angusto e claustrofobico, non ci aveva ispirato di infilarci sotto con il nostro crossover; molto meglio tornarci con la moto.
Oltre il buio sottopasso, alcune belle villette, una magnifica vista e un invitante cartello in blu: Pistoia via Valdibrana.
La giornata era troppo bella ed il cartello troppo invitante perchè noi potessimo resistere oltre: appena il tempo di pensare che piccolo paradiso era quello, quando ci siamo trovati davanti una discesa che non aveva niente da invidiare a quelle della Via Vandelli . 
Pregando i nostri rispettivi angeli custodi che sorvegliassero al meglio i freni della nostra amata - ma ahimè - non troppo nuova motocicletta, siamo scesi in quello che ci è parso una frazione di secondo, sino ad una strada dalle apparenze molto più tranquille.
E ci siamo ritrovati in un paradiso ancora più bello di quello che avevamo lasciato.
Boschi che sembravano giardini, dai profumi inebrianti dei fiori selvatici e delle fioriture delle macchie.
Giardini che sembravano boschi, colmi di fiori sontuosi e profumatissimi, farfalle, villette che sembravano sbocciare dal suolo, un ameno e luccicante torrente che gorgogliava soddisfatto di trovarsi in un posto così bello. 
Una strada che rendeva soddisfatta anche la nostra moto, che ronfava felice dopo la discesa a rotta di collo a cui l'avevamo sottoposta, e che si snodava tra alberi ed uccellini che cantavano melodiosi.
Esageriamo? Forse, ma era una giornata di maggio a cui non mancava niente, nemmeno l'anticiclone delle Azzorre!
L'avevamo già detto? Meglio ribadire il concetto, chissà quando ricapita!
Comunque, ci siamo poi ritrovati in una amena piazzetta dove un candido santuario faceva bella mostra di sè, e qui la nostra tempra di turistiakmzero si è fatta sentire e ci siamo fermati per prendere notizie.
Dunque, come ci aveva promesso il cartello di Corbezzi, quella era Valdibrana, e quello era L'omonimo Santuario.
Questo Santuario sorge dove già dal XIV secolo sorgeva un piccolo oratorio dove veniva conservata una pietra, dove si diceva che la Madonna avesse poggiato il piede durate una apparizione. Nel 1563 accadde che una pastorella smarrì una delle pecore del padre, per conto del quale sorvegliava il gregge. Per cercarla fece notte, e anzichè tornare a casa rimase a dormire fuori con le pecore, ma nel corso della notte, una "Veneranda donna" le restituì la pecora smarrita.
Il giorno dopo tornò con il padre, che aveva avuto una visione in sogno, e sotto un prunaio trovarono un'immagine sacra. Mentre la tiravano fuori passò di lì un cieco che si prostrò davanti ad essa ed immediatamente ritrovò la vista.
Fu costruito ben presto un oratorio, ma la chiesa che vediamo oggi risale agli inizi del '900, ed il campanile è stato completamente rifatto nel 1937.
Naturalmente all'interno è conservato sia la pietra benedetta, che l'immagine miracolosa, ed il Santuario è molto frequentato specialmente nei mesi mariani di maggio e di ottobre.
Contigua è una bellissima costruzione moderna, il Centro Mariano di Valdibrana con grandi spazi, ampie vetrate, inserito in uno splendido ambiente di ulivi e nel panorama di cui già abbiamo detto meraviglie, e che ha sicuramente la funzione di riunire le persone per incontro e preghiera.
Ma in Valdibrana abbiamo trovato anche un'altra bellissima "stazione" della Porrettana.
E' la prima stazione dopo Pistoia, a cui è effettivamente molto vicina, e anche qui possiamo trovare le vestigia del binario di "salvamento" del quale esiste ancora l'imponente viadotto, molto ripido proprio perchè doveva servire a fermare un treno che scendeva troppo veloce da Bologna.
Rimane molto poco invece del binario di lanciamento, che invece era in leggera discesa e serviva per prendere l'abbrivio per la salita da affrontare per Bologna.
La stazione non è più attiva, nel senso che i treni non si fermano più e l'edificio della stazione è in parte adibito ad abitazione privata, anche se rimangono attivi altri fabbricati come magazzini.
La stazione è piuttosto lontana dal paese, ma immaginiamo che, quando fu inaugurata nel 1882 (con la denominazione "Stazione di Vaioni"), dovendo scegliere tra fare la stazione vicino la paese oppure vicino alla ferrovia  abbiano scelto come più opportuna quest'ultima soluzione.😊



domenica 5 luglio 2020

PARMIGNO, IN VAL DI BISENZIO

Se uno di noi due non fosse originario della Valdibisenzio, possiamo allegramente affermare che, a proposito di questo luogo, l'altro avrebbe trascorso tutta la sua vita senza saperne niente.
Infatti è uno di quelle località che chi non ne ha sentito parlare da qualche familiare o non ci è passato per caso durante un'escursione sul monte Cagnani, difficilmente conosce; e la cosa è veramente assurda perchè ci si può andare in 20 minuti di agevole camminata partendo dalla strada asfaltata, o in 5 minuti arrabbiati con una crossover qualsiasi.
Infatti la strada non è malaccio, anche se bianca, e ci si arriva facilmente.
Quindi non è in un posto fuori dal mondo.
E poi, la cosa più strana, è che non sono povere case fatte di mattoni di scarsa qualità.
Si tratta di solidissime costruzioni in pietra, risalenti al XII° secolo, costruite con una certa raffinatezza, visto il luogo, e che presentano delle insolite decorazioni.
Ma andiamo con ordine.
Da dove siamo saliti noi, abbiamo incontrato prima "Le Casacce" poche case a circa 200 metri dall'abitato principale e di cui costituivano evidentemente una frazione.

Proprio in questa frazione c'è la costruzione più interessante, una specie di casa-torre, che sfoggia anche il tipico rombo in alberese e serpentino di Prato, che segnala gli edifici di interesse storico.
Si tratta di costruzioni che risalgono al duecento, e che dichiarano immediatamente di non essere costruzioni agricole: basterebbe l'architrave di una finestra (ma era sicuramente l'ingresso principale, malamente riempito alla misura di una finestra con pochi mattonacci comuni) che è simmetricamente modellato, e sormontato da una decorazione che lascerebbe pensare a qualche strana costellazione.

Quella della costellazione è stata un'ipotesi presa in considerazione per lungo tempo, visto che proprio a due passi sorge una sorta di struttura a gradoni, una specie di ziqqurat, per le quali si sono fatte varie ipotesi, senza escludere i sacrifici umani o il punto di atterraggio per le astronavi aliene.

Niente di tutto questo. 
Fortunatamente, come dicevamo all'inizio, uno di noi ha le sue origini in Valdibisenzio e siamo riusciti a reperire notizie di prima mano da persone nate e cresciute in zona, e la verità è molto più poetica del previsto.
Pare che queste piramidi a gradoni, che erano costruite con i sassi tolti dai campi, venissero utilizzate per una (per una volta tanto) redditizia coltivazione, quella dei giaggioli.
Giaggioli? Già... Infatti oltre a vendere i bellissimi fiori (detti anche Iris) ai fiorai, i contadini coltivavano questa varietà per il suo bulbo, che tagliato ed essicato, serviva per le industrie dei profumi.
Chi lo coltivava in queste zone lo vendeva a ditte che lo utilizzavano per profumare il talco, che - per chi non lo sapesse - sino agli anni '30 del secolo scorso, profumava di Giaggiolo, anzi di Ireos.
Poi, è arrivata la Manetti e Roberts, ed il talco da allora sa di borotalco, e nessuno si ricorda più dell'Ireos, solo le lettrici di Liala....

Bene, chiarito questo mistero, proseguiamo nella nostra strada verso Parmigno. Non abbiamo potuto fare a meno di pensare alle contadine che si vestivano a festa la domenica e percorrevano questo stesso tratto di strada per andare a messa, verso la chiesetta di Santo Stefano; alla curva trovavano una piccola edicola sacra: si facevano il segno della croce e magari offrivano qualche fiore di campo. 

Ma...la piccola immagine votiva è girata al contrario! com'è possibile? si vedono i mattoni con cui è costruito il tabernacolo anzichè l'immagine della Madonna.
Probabilmente si tratta di una modifica all'asse viario, forse la curva in tempi andati era più ampia, o forse la strada saliva su dal basso in maniera più ripida, tanto non ci si doveva salire con l'auto.
Ma siamo arrivati a Parmigno e alla sua chiesetta di Santo Stefano, che è l'unica costruzione ancora in piedi, con il suo tetto.

Si tratta di una costruzione molto semplice, nell'alberese della zona, a una sola navata, e che pare nascere da una roccia da cui evidentemente ha preso le fondamenta.
All'interno c'è ancora, discretamente conservato, un affresco del quattrocento.

Le case intorno, tutte in solida roccia, costruite con un criterio che abbiamo trovato ben lontano dall'edilizia agricola, sono tutte devastate dalla vegetazione.

Abbiamo trovato anche il "corso" principale del paese, ben riconoscibile a causa dell'acciottolato tipico dei paesi di montagna dell'appennino, che lastricava quella che sicuramente era la strada principale, perchè portava al forno, che era sicuramente in comune tra le case del borgo.

Eppure qui hanno abitato persone sicuramente sino alla fine degli anni'50 del secolo scorso. Poco più di 60 anni hanno portato alla dissoluzione più completa un paese che esisteva dal medioevo. Non solo, di questo paese, chi è nato e vissuto in città non conosceva nemmeno il nome. 
Ottocento anni di storia spazzati via in sessanta anni di civiltà industriale.
Sono cose che fanno pensare.
Fortunatamente alcuni volenterosi hanno creato un "Sentiero Natura" 


che guida i visitatori - che per dire la verità non mancano - verso le Casacce (dove hanno creato una sorta di piccolo "museo") 


verso Parmigno (dove l'attrazione è la Chiesetta)  e poi verso la fonte (Fonte Ribrilli), 


dove gli abitanti si recavano per attingere l'acqua secondo le loro necessità... passando attraverso la Valle delle Farfalle

e una piccola Stonehenge.