domenica 5 luglio 2020

PARMIGNO, IN VAL DI BISENZIO

Se uno di noi due non fosse originario della Valdibisenzio, possiamo allegramente affermare che, a proposito di questo luogo, l'altro avrebbe trascorso tutta la sua vita senza saperne niente.
Infatti è uno di quelle località che chi non ne ha sentito parlare da qualche familiare o non ci è passato per caso durante un'escursione sul monte Cagnani, difficilmente conosce; e la cosa è veramente assurda perchè ci si può andare in 20 minuti di agevole camminata partendo dalla strada asfaltata, o in 5 minuti arrabbiati con una crossover qualsiasi.
Infatti la strada non è malaccio, anche se bianca, e ci si arriva facilmente.
Quindi non è in un posto fuori dal mondo.
E poi, la cosa più strana, è che non sono povere case fatte di mattoni di scarsa qualità.
Si tratta di solidissime costruzioni in pietra, risalenti al XII° secolo, costruite con una certa raffinatezza, visto il luogo, e che presentano delle insolite decorazioni.
Ma andiamo con ordine.
Da dove siamo saliti noi, abbiamo incontrato prima "Le Casacce" poche case a circa 200 metri dall'abitato principale e di cui costituivano evidentemente una frazione.

Proprio in questa frazione c'è la costruzione più interessante, una specie di casa-torre, che sfoggia anche il tipico rombo in alberese e serpentino di Prato, che segnala gli edifici di interesse storico.
Si tratta di costruzioni che risalgono al duecento, e che dichiarano immediatamente di non essere costruzioni agricole: basterebbe l'architrave di una finestra (ma era sicuramente l'ingresso principale, malamente riempito alla misura di una finestra con pochi mattonacci comuni) che è simmetricamente modellato, e sormontato da una decorazione che lascerebbe pensare a qualche strana costellazione.

Quella della costellazione è stata un'ipotesi presa in considerazione per lungo tempo, visto che proprio a due passi sorge una sorta di struttura a gradoni, una specie di ziqqurat, per le quali si sono fatte varie ipotesi, senza escludere i sacrifici umani o il punto di atterraggio per le astronavi aliene.

Niente di tutto questo. 
Fortunatamente, come dicevamo all'inizio, uno di noi ha le sue origini in Valdibisenzio e siamo riusciti a reperire notizie di prima mano da persone nate e cresciute in zona, e la verità è molto più poetica del previsto.
Pare che queste piramidi a gradoni, che erano costruite con i sassi tolti dai campi, venissero utilizzate per una (per una volta tanto) redditizia coltivazione, quella dei giaggioli.
Giaggioli? Già... Infatti oltre a vendere i bellissimi fiori (detti anche Iris) ai fiorai, i contadini coltivavano questa varietà per il suo bulbo, che tagliato ed essicato, serviva per le industrie dei profumi.
Chi lo coltivava in queste zone lo vendeva a ditte che lo utilizzavano per profumare il talco, che - per chi non lo sapesse - sino agli anni '30 del secolo scorso, profumava di Giaggiolo, anzi di Ireos.
Poi, è arrivata la Manetti e Roberts, ed il talco da allora sa di borotalco, e nessuno si ricorda più dell'Ireos, solo le lettrici di Liala....

Bene, chiarito questo mistero, proseguiamo nella nostra strada verso Parmigno. Non abbiamo potuto fare a meno di pensare alle contadine che si vestivano a festa la domenica e percorrevano questo stesso tratto di strada per andare a messa, verso la chiesetta di Santo Stefano; alla curva trovavano una piccola edicola sacra: si facevano il segno della croce e magari offrivano qualche fiore di campo. 

Ma...la piccola immagine votiva è girata al contrario! com'è possibile? si vedono i mattoni con cui è costruito il tabernacolo anzichè l'immagine della Madonna.
Probabilmente si tratta di una modifica all'asse viario, forse la curva in tempi andati era più ampia, o forse la strada saliva su dal basso in maniera più ripida, tanto non ci si doveva salire con l'auto.
Ma siamo arrivati a Parmigno e alla sua chiesetta di Santo Stefano, che è l'unica costruzione ancora in piedi, con il suo tetto.

Si tratta di una costruzione molto semplice, nell'alberese della zona, a una sola navata, e che pare nascere da una roccia da cui evidentemente ha preso le fondamenta.
All'interno c'è ancora, discretamente conservato, un affresco del quattrocento.

Le case intorno, tutte in solida roccia, costruite con un criterio che abbiamo trovato ben lontano dall'edilizia agricola, sono tutte devastate dalla vegetazione.

Abbiamo trovato anche il "corso" principale del paese, ben riconoscibile a causa dell'acciottolato tipico dei paesi di montagna dell'appennino, che lastricava quella che sicuramente era la strada principale, perchè portava al forno, che era sicuramente in comune tra le case del borgo.

Eppure qui hanno abitato persone sicuramente sino alla fine degli anni'50 del secolo scorso. Poco più di 60 anni hanno portato alla dissoluzione più completa un paese che esisteva dal medioevo. Non solo, di questo paese, chi è nato e vissuto in città non conosceva nemmeno il nome. 
Ottocento anni di storia spazzati via in sessanta anni di civiltà industriale.
Sono cose che fanno pensare.
Fortunatamente alcuni volenterosi hanno creato un "Sentiero Natura" 


che guida i visitatori - che per dire la verità non mancano - verso le Casacce (dove hanno creato una sorta di piccolo "museo") 


verso Parmigno (dove l'attrazione è la Chiesetta)  e poi verso la fonte (Fonte Ribrilli), 


dove gli abitanti si recavano per attingere l'acqua secondo le loro necessità... passando attraverso la Valle delle Farfalle

e una piccola Stonehenge.
































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