domenica 22 ottobre 2017

A UN TIRO DI SCHIOPPO: CASOLE D'ELSA

Una bella gita in un bel posto vicino.
E' quello che vi aspettate dai nostri suggerimenti.
Eccoci qua, al 100%!
Casole D'Elsa.

E' in Val'Elsa (lo dice il nome) quindi uno dei nostri luoghi preferiti.
Come tutti i borghi da queste parti, fu teatro di dispute sanguinosissime tra la Repubblica Fiorentina e Siena, finchè, dopo l'arcinota battaglia di Montaperti, nel 1260, non rientrò sotto la sfera d'influenza di Siena.
E ci rimase sino al XVI scolo, quando entrò a far parte del Granducato di Toscana, sotto il dominio dei Medici.
Poi, entrò a far parte del Regno d'Italia, che le piacesse o no.
Essendo in una zona di passaggio, come tutta la Val d'Elsa del resto, fu praticamente distrutto nel 1944, con il passaggio del fronte nel corso della seconda guerra mondiale.
Quindi, molto in sintesi, una storia che abbiamo raccontato almeno un centinaio di volte, in tutto simile a quella di molti altri borghi che abbiamo visitato e che vi spingiamo a visitare a vostra volta.
E allora che ci andiamo a fare... direte voi. Storia vista e rivista.
Prima di tutto Casole è in un luogo incantevole. Su una collina, domina un panorama a perdita d'occhio, e dove ci sono anche poche zone industriali!
E poi è uno di quei borghi senesi talmente accurati, dove persino i panni stesi ad asciugare sono in nuance tra di loro, tanto che ti domandi se la vecchietta con il grembiule a fiori seduta sulla sedia impagliata, e che fa la calza davanti a casa sua, non sia per caso pagata dalla pro-loco.
Noi ci siamo capitati durante una fiera dei fiori (si, va bene, sembra un gioco di parole, ma per una volta non ce lo siamo cercato...) e l'atmosfera era così deliziosa che non abbiamo potuto far altro che passeggiare su e giù, cercando di assorbire più serenità possibile da quel luogo incantevole.
Quando poi abbiamo cercato un posto dove poter nutrire anche il corpo, (oltre che l'anima) abbiamo trovato un ristante all'aperto con una vista a dir poco spettacolare sulla valle, i prati ed i borghi vicini.
Abbiamo mangiato bene, ma per quel che ci riguarda potevano darci da mangiare anche rape lesse: con quel panorama da ammirare non ce ne saremo accorti nemmeno.
Più in basso, un percorso pedonale conduce all'ammirazione di alcune opere di artisti contemporanei,


di cui alcuni già li conosciamo, perchè abbiamo visitato "Selva di sogno" (link) e altri invece ci hanno sorpreso per la loro forza, pensando soprattutto che si trovano in un piccolo borgo, e non in una grande città, dove sicuramente potrebbero essere visti da un maggior numero di persone.

Ma si sa che a volte le piccole realtà locali sono quelle maggiormente aperte rispetto ad altre più grandi, che possono scegliere tra molte proposte e privilegiare magari grandi nomi, e non artisti emergenti o locali.

Certo, le piccole realtà hanno anche qualche problema di censura.
Questa statua non ha senso, se non si sa che il personaggio qui ritratto stava guardandosi il pisello, e che l'amministrazione locale lo ha fatto togliere perchè era vicino ad una scuola e poteva turbare i bambini!!

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venerdì 20 ottobre 2017

NEL MUGELLO: LA FORTEZZA DI SAN PIERO A SIEVE E IL PONTE DI CIMABUE

Tutti sanno che i Medici sono originari della zona del Mugello.
Pochi invece sanno che a San Piero a Sieve esiste una fortezza Medicea.
Noi, per esempio, non lo sapevamo.
Ed invece è abbastanza vicina al piccolo e grazioso centro storico della cittadina, da poco unita nello stesso comune con la vicina Scarperia.

E' situata su una piccola altura, anzi, vorremmo dire che "è" la piccola altura, perchè si tratta probabilmente della più grande fortezza medicea che sia mai stata costruita, e l'esterno è quello che conosciamo bene, e che abbiamo visto in tante altre fortezze medicee della zona, tutte opera del Buontalenti, del resto: terrapieni coperti di laterizio rosso, i baluardi (noi ne abbiamo contati nove) ancora assai imponenti, due grandi portoni uno che guarda verso Firenze ed uno che guarda verso Bologna.

All'interno non è attualmente visitabile, perchè secoli di incuria sono difficili da recuperare in pochi anni di restauri; inoltre c'è una vera e propria cittadella, con caserme, depositi per le armi, mulini a vento, officine per la riparazione dei carri e per la costruzione dei costruzione dei cannoni, oltre naturalmente alle stalle, alle prigioni, ed a una cappella, per la cura delle anime dei soldati, quindi tanta roba da restaurare.

E' possibile fare una bella passeggiata tutta intorno, ed ammirare i rampicanti che, purtroppo, hanno quasi sgretolato le antiche mura. Ma che dire? ormai fanno parte di esse.

La Fortezza, dedicata a san Martino, fu fatta costruire da Cosimo I°, nel 1569 e fu dismessa da Leopoldo I° di Lorena nel 1784, giudicandola inutile (ed a quel tempo era vero), perchè erano cessati i pericoli di invasione dal nord.
La fortezza fu destinata ad uso agricolo, e molti contadini della zona si trasferirono lì per abitarci e ricoverarci gli attrezzi agricoli.
Forse è stato proprio grazie a questo utilizzo, che non è una diventata una  cava a cielo aperto, e che si è abbastanza ben conservata, nonostante l'incuria di secoli.
Ci si arriva dal centro del borgo, tramite un facile sentiero sterrato.

Ci si sposta di poco, e si va a Vicchio per trovare quello che adesso si chiama il ponte della Ragnaia, ma è conosciuto da tutti come il Ponte di Cimabue.
Si tratta di un ponte rinascimentale, costruito sui resti di un ponte medioevale, sperso nella campagna mugellana: per vederlo bisogna uscire dalla SS67 tosco romagnola e fare piccola deviazione.


Ci si trova in aperta campagna ed il piccolo ponte è quello dove, secondo la leggenda, il pittore Cimabue, incontrò il giovane Giotto, nativo di quelle parti.
La storia è arcinota: Cimabue se ne andava per i fatti suoi, quando notò un pastorello, che con arte sopraffina, ritraeva una delle sue pecore su una lastra di ardesia. Lo volle a tutti i costi nella sua bottega, e aveva le sue buone ragioni: quel pastorello era Giotto di Bondone.

La leggenda è questa, e essendo tale non è mai stata provata.
Il ponte potrebbe essere questo come altri cento nella zona - anche se c'è tanto di targa scolpita nella pietra - ma il luogo vale la visita.
E' uno di quegli scorci che il Mugello è ancora capace di regalare: una campagna soave, toccata dall'uomo quel tanto da disegnarla a sua immagine, ma non da deturparla. 
Non si fa fatica nè ad immaginarsi il fiero artista, che cavalcava verso l'appennino, nè il piccolo pastorello che ritraeva la sua pecorella con mezzi di fortuna, perchè certamente qui il paesaggio è cambiato di poco: certo, la strada non era asfaltata, ma il ruscello che passa sotto il ponte cantava nello stesso modo, ed era limpido e brillante cinquecento anni fa come adesso. 
La casa colonica non era vistosamente imbiancata di giallo, ma scommetteremmo che era già lì, e il filare di pioppi c'era già. Sicuramente non erano gli stessi alberi che ondeggiavano argentei al vento, ma nello stesso luogo sicuramente sì.
Ed i cavalli che pascolavano nel recinto, erano certamente dei parenti alla lontana di quelli che, cinquecento anni fa, pascolavano nello stesso recinto.
Si ha una leggera vertigine; e solamente il telecomando della macchina, facendo accendere le quattro frecce, ci riporta alla realtà.


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domenica 15 ottobre 2017

IL PARCO DI VILLA MONTALVO

Villa Ramirez de Montalvo, ecco il nome esatto dell'antica villa alle porte di Campi Bisenzio, e  del cui parco vogliamo parlare.
Ecco, in due righe, abbiamo creato i presupposti per una serie di incisi, perchè non si tratta di un parco, ma di due parchi ben distinti, e Ramirez de Montalvo è solo uno dei tanti proprietari di questa avita costruzione, anche se in zona è conosciuta con questo nome.
Allora partiamo dai Ramirez de Montalvo, una nobile famiglia spagnola che arrivò a Firenze nel 1539 al seguito di Eleonora da Toledo, moglie di Cosimo I° de' Medici.
Qualche anno dopo, Don Antonio Ramirez acquistò questa villa -  che era conosciuta come Villa alla Marina, per la sua vicinanza al torrente Marina, proprio alla confluenza con il fiume Bisenzio - da un componente di un ramo secondario della famiglia Medici, che a sua volta l'aveva avuta dalla famiglia Spinelli, che l'aveva acquistata dai Del Sodo, che l'avevano comprata dai Tornabuoni, che nella metà del duecento avevano fortificato una costruzione già esistente.
La villa appartenne ai Ramirez de Montalvo per circa trecento anni, senz'altro i migliori per la proprietà perchè i Montalvo la ampliarono ed abbellirono.
Poi, come succede in tutte le famiglie, ci furono personaggi che l'amarono di più ed altri che l'amarono di meno. Nel XVII secolo il vicino torrente Marina esondò più volte, provocando molti seri danni, e certamente questo non favorì i proprietari dell'epoca.
Tuttavia, intorno al 1760, la ereditò un certo Don Ferdinando che invece la fece restaurare ed ampliare, l'interno della villa venne ammodernato ed abbellito, ed il parco migliorato con molte piante di pregio e belle statue.
Lungo il famigerato torrente Marina è inoltre ripristinata - e anzi migliorata - una macchia boschiva che diventa una vera e propria ragnaia.
(Per chi non lo sapesse, la ragnaia era una caratteristica dei giardini all'italiana; in sostanza si trattava di un boschetto molto fitto, di solito attraversato da un ruscello, dove si potevano stendere delle reti per catturare gli uccelli, che somigliavano a delle ragnatele - da cui il nome - e che con il tempo diventarono dei luoghi dove prendere il fresco in estate)
Questa ragnaia diventò molto famosa tra i nobili dell'epoca, ed era molto ben frequentata da tutti i nobili fiorentini.
La villa rimase di proprietà dei Ramirez sino al 1838, quando l'ultima discendente della famiglia, Giulia, sposò il giovane ingegnere lucchese Felice Matteucci, inventore con Eugenio Barsanti del motore a combustione interna!
Felice Matteucci ci ha vissuto a lungo ed è sepolto qui, nella cappella interna alla villa.
Nel 1921 i suoi eredi l'hanno venduta al fattore della villa, che incrementò le attività agricole che già erano legate a questa villa (e già, sennò lui che ci stava a fare, sino a quel momento?...), ma durante il periodo bellico l'ha rivenduta ad un industriale milanese, un certo Walter Pauly, che l'ha tenuta sino ai primi anni '70, quando fu ceduta ad una multinazionale.
A questo punto era in totale rovina.
Nel 1984 fu comprata dal Comune di Campi Bisenzio, nel cui territorio comunale la villa sorge.
Nel parco della villa ci sono alcuni splendidi alberi monumentali, tra cui un gigantesco platano ultracentenario ed una magnolia, famosa in tutta la zona.

Il restauro è stato lungo e meticoloso, ed è terminato alla soglia del 2000.
Adesso la villa ospita la biblioteca comunale, l'archivio storico e dei locali, che vengono messi a disposizione per manifestazioni di vario interesse.
L'altro parco è quello chiamato "Parco Urbano di Villa Montalvo" e sorge nei terreni adiacenti la villa, nei quali si svolse una festa nazionale dell'Unità, nel 1988.
L'allora Partito Comunista Italiano, si impegnò in una sottoscrizione, detta "Compra un Parco", per cui tutti i tesserati, e tutti i partecipanti la festa, potevano acquistare delle quote con le quali si sarebbe poi provveduto all'acquisto dei terreni ed all'allestimento del parco pubblico, che il partito intendeva lasciare alla zona, quale compenso all'ospitalità ricevuta per l'organizzazione della Festa Nazionale.

Purtroppo l'acquisto delle quote non andò bene come si era immaginato, ed il Comune di Campi Bisenzio provvide ad integrare - non senza polemiche - quanto mancava per l'acquisto della zona, operazione che si concluse solo nel 1995.
La zona -  compresa tra la A11, via di Limite, il torrente Marina e la circonvallazione nord di Campi Bisenzio - fu allestita con numerose piante, arredo urbano, tracciatura di vialetti, sistemazione di ponti  sui ruscelli che attraversano l'area, e un'area gioco per bambini e fu terminata solo nel 2001.
Una gestazione lunga e faticosa, ma adesso il risultata appaga gli occhi e l'animo e passeggiare qui è piacevole ed interessante, perchè si è immersi nel verde ed al sicuro, ma si possono vedere partire ed atterrare gli aerei dall'aereoporto di Peretola, e le macchine che sfrecciano (se non c'è la coda, beninteso) sull'autostrada A11.

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