domenica 26 novembre 2017

VERNAZZANO SUL LAGO TRASIMENO.DUE BORGHI E UNA TORRE PENDENTE

Questa è una bella storia ma, contrariamente al solito, bisogna fare un po' di chilometri per arrivare sul luogo.
Anche se è un luogo segreto, nascosto, meno conosciuto; fuori dai circuiti turistici più battuti.
Bisogna andare in uno dei luoghi più belli d'Italia, in Umbria, sul lago Trasimeno; quindi un viaggio bello e comunque poco impegnativo.
Vernazzano è attualmente una frazione del comune di Tuoro sul Trasimeno. Si sale un po', e quando si vedono le isole Maggiore e Minore sul Lago, vuol dire che si è arrivati.
L'antico castello fu donato dalla nobile famiglia dei De Marchiones al monastero di Santa Maria Petroia nel 1098, ma sicuramente esisteva già da un po', con tanto di torre di guardia.
Infatti era situato su un nodo viario assai importante per il tempo, perchè collegava Perugia al lago, e quindi a Cortona, ad Arezzo e Firenze.
Nel 1282 contava ben 52 famiglie, una comunità importante per l'epoca.
Un centinaio di anni dopo fu occupata da dei fuoriusciti perugini, i Michelotti, che razziarono le isole e l'abitato, e ci vollero anni e un bel po' di denaro da parte di Perugia, per riuscire a rientrare in possesso del castello.
L'attacco da parte di Firenze che nel 1479 incendiò e distrusse l'abitato, fu decisivo per la sorte di Vernazzano. L'abitato non si riprese più da quei danni, anche perchè nel frattempo erano cambiate le sorti politiche della zona, e la sua non era più una posizione strategica: erano state costruite altre vie di comunicazione più dirette e veloci e Vernazzano rimase fuori dal giro.
Iniziò lentamente a spopolarsi, e quando nel 1750 un disastroso terremoto fece crollare gran parte delle abitazioni e portò la torre di guardia alla sua attuale pendenza, la popolazione rimanente ritenne più opportuno trasferirsi più a valle, dove nel 1772 venne inaugurata la nuova chiesa di San Michele Arcangelo.

Nel frattempo intorno alla costruenda chiesa, erano sorte le abitazioni di chi aveva potuto o voluto rimanere negli stessi luoghi in cui era nato e vissuto. Infatti la distanza tra i due paesi è minima: poche centinaia di metri più a valle, dall'altra parte del torrente Rio.
E sullo sperone roccioso è rimasta solo la torre di guardia, incredibilmente inclinata di ben 13 gradi, quindi un'inclinazione superiore a quella della torre di Pisa! 

Infatti, per metterla in sicurezza, hanno dovuto ingabbiarla e sostenerla con dei tiranti; una cosa che certamente non potrebbero fare con l'assai più famosa torre pisana, e che non è certo il massimo dell'estetica, ma è sempre meglio che ritrovarsi con un mucchio di macerie!

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domenica 19 novembre 2017

IL CASTELLO DI MONTERIGGIONI O ABBADIA ISOLA?

C'è uno strano destino che a volte unisce e divide dei luoghi ugualmente splendidi che abbiamo vicini.
Potremmo trovare decine di esempi per parlarvi di questa particolarità, ma ne scegliamo uno solo, quello del titolo:
Il Castello di Monteriggioni ed Abbadia Isola.
Crediamo che il Castello di Monteriggioni non abbia bisogno di presentazioni. Si tratta di uno splendido borgo fortificato, il cui andamento circolare delle mura, fu ottenuto semplicemente seguendo il perimetro della collina.
Fu costruito su terreni di proprietà dei Da Staggia, dove già sorgeva un'antica fattoria Longobarda che doveva essere probabilmente di proprietà regale (da cui il toponimo Montis Regis).

L'edificazione di un nuovo castello da parte della repubblica Senese di un nuovo castello era una novità, perchè di solito si limitavano a conquistarne uno già esistente. Ed ai fiorentini questa alzata di ingegno non piacque... iniziarono quindi le guerre per il suo possesso, già nel 1244 e poi nel 1254 e poi nel 1269 e ancora innumerevoli battaglie e sempre Siena riuscì a tenerselo!
Bisogna arrivare al 27 Aprile del 1554 perchè Monteriggioni passi sotto il dominio di Firenze. Ma non per una sconfitta, bensì per un tradimento, quello del capitano Bernardino Zeti corrotto dal Marchese di Marignano. 
Questo Marchese di Marignano merita due parole.
Prima di tutto perchè occupando Monteriggioni, gettò le basi per la definitiva sconfitta di Siena, con la sanguinosissima battaglia di Scannagallo, ed il seguente assedio di Siena che si concluse il 17 aprile del 1555, con la resa definitiva della città.
Poi perchè il suo nome era Gian Giacomo Medici. Però non era nato a Firenze, bensì a Milano e non aveva nessun legame di parentela con i Medici di Firenze.
Anzi, era di famiglia di condizioni sociali piuttosto modeste.
Per dire la verità, i Medici di Firenze, quando lui che era diventato ormai un famoso condottiero, nonchè Marchese di Marignano; consegnò loro Siena su un vassoio d'argento; cominciò a vantare un fratello papa (Pio IV) ed un nipote che si chiamava Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, non arricciavano più il naso in sua presenza, chiamandolo con il nomignolo con cui era conosciuto, cioè "medeghino" che vorrebbe dire "piccolo Medici", a causa della sua bassa statura.
Ma anzi, cominciarono a dire che era loro parente.
Accettarono allora il gentile omaggio e cancellarono la repubblica di Siena dalla faccia della terra, inglobandola nel loro granducato.
Dunque, da dove eravamo partiti....?
Ah, che non dovevamo parlare di Monteriggioni perchè di Monteriggioni sapevamo tutto.
Ed infatti abbiamo parlato di tutt'altro, no?!
Questo per dire che Monteriggioni è una località assai nota, turistica, ben conosciuta. c'è un ampio parcheggio dedicato ai bus turistici, una bella scalinata per salire al paese, affollatissimo, con bei negozi, bei ristoranti, tanta gente.
Talmente tanta gente che noi siamo scappati via.
Ormai ci conoscete, lo sapete come siamo.
Ci piacciono i posti meno conosciuti.
Abbiamo fatto quattro (dicasi quattro) chilometri e siamo andati ad Abbadia Isola.
Questo piccolo, incantevole borgo, ci riporta in pieno medioevo. 
Infatti era una delle tappe indicate da  Sigerico sulla via Francigena, per fare tappa e tornarsene in Inghilterra, nel 990.
A quei tempi era conosciuta come Borgonuovo, ma siccome la zona era paludosa, l'Abbazia sorgeva dal lago, come un'isola.
Ed il nome, così evocativo, è rimasto.
Il paese è molto piccolo, ma ci sono case in cui la gente abita davvero. Abbiamo visto gatti sul davanzale al sole, panni stesi ad asciugare, una signora che spazzava davanti a casa... nessun negozio nel borgo medioevale. Solo un piccolo ristorante.

Dall'altra parte della provinciale, c'era il centro commerciale: un distributore di benzina, un bar, un minimarket.
Nel minuscolo parcheggio, oltre alla nostra macchina, solo un camper di olandesi.

E ci siamo domandati: Perchè?
Che cos'ha Abbadia Isola meno di Monteriggioni?
Perchè laggiù (quattro chilometri, ricordate?!) la gente fa a gomitate per vedere un posto certamente bellissimo e ricco di storia, e qui, dove la storia è la stessa ed è altrettanto bella e suggestiva, non c'è nessuno?

Sono domande cosmiche, che non hanno una risposta.
Forse a Monteriggioni è stata dato maggiore risalto, sui media oppure in TV.
In effetti il nome del Castello di Monteriggioni è conosciuto, e la sua immagine nota, mentre Abbadia Isola... se lo si chiede a uno di Pordenone, magari nemmeno la sa collocare geograficamente.
E' il destino di molti borghi, sparsi in tutta Italia, vicini ad uno noto, famoso, frequentatissimo.
Altrettanto belli e carichi di storia, ma dimenticati.
Ma per questo ci siamo noi.
Fateci un giretto. Sotto c'è la mappa per andarci!


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domenica 12 novembre 2017

AUTUNNO NELL'ANCHIONESE E IL PORTO DEL CASINO DEL LILLO

Difficile che riusciate ad andarci quest'anno ormai, magari questo post ve lo dovete ricordare per l'anno prossimo.
Oppure meglio ancora: fregatevene delle nostre indicazioni e andateci quando volete, anche perchè secondo il nostro modesto parere, questi luoghi hanno un grande fascino in tutte le stagioni dell'anno.
Adesso il "foliage" (vorrebbe dire quando le foglie degli alberi cambiano colore da verdi a rosse o gialle) regala al paesaggio dei colori splendidi, ma siamo certi che gli alberi fioriti in primavera, oppure verdeggianti in estate, o nella nebbia in pieno inverno, non siano meno suggestivi.
Ok, vi immaginiamo già tamburellare con le dita: "tutta 'sta pappardella per autunno, ma che cavolo è l'anchionese?".
Giusto.
Anchione è una località del comune di Ponte Buggianese, situata al limite settentrionale del padule di Fucecchio.
In prossimità della frazione, oltrepassata l'antica Dogana Medicea 

- che era una dogana dove le merci approvano via acqua e non via terra - e attraversato il ponte detto "del Pallini" (l'ultimo ponte sul Pescia prima che si impaludasse), proseguiamo su uno sterrato percorribile da qualsiasi vettura, e ci troviamo al Casino del Lillo, uno dei tanti porti dei barchini dei cacciatori, ma uno dei pochi (forse l'unico?) completamente restaurato dai cacciatori stessi, e  che chiunque, con il dovuto rispetto, può visitare liberamente.
Qui il connubio tra i cacciatori, i loro cani e l'ambiente naturale, è totale.
Noi non amiamo la caccia, ma abbiamo molta stima per chi ha dedicato tanto tempo e risorse a ricostruire un ambiente tanto particolare, e che permette di godere così appeno della natura.
Il silenzio è totale, gli uomini parlano sottovoce, timorosi di turbarlo; solo qualche cane abbaia lontano.
Visitiamo in silenzio il porticciolo: vediamo arrivare un barchino dal canale, e rimaniamo sorpresi nel vedere quanto l'acqua sia poco profonda; il cacciatore ed il cane scendono direttamente nell'acqua senza problemi.
Leggiamo la lapide sul casotto di caccia; vengono ricordate due vittime dell'eccidio nazista del 23 agosto 1944, un padre e un figlio poco più che diciassettenne.
Nelle strade vicine troviamo molte di queste lapidi, vicine a un cipresso, e un'altra commemorativa davanti alla nuova chiesa di Anchione.
Abbiamo avuto una strana impressione di questa strage nazista, dimenticata dai più. E' come se il tempo qui avesse avuto uno stop, come se da quella strage, questi luoghi non si fossero mai ripresi.
Le edicole commemorative lungo gli stradoni bianchi, fanno un tutt'uno con le case coloniche diroccate sullo sfondo, a simboleggiare che, con quella feroce uccisione da parte delle truppe naziste sulla popolazione civile inerme, un'epoca finiva definitivamente.
L'epoca della vita contadina in questi luoghi, dove adesso vediamo tutto bello e ridente, coltivato com'è a vivaio di piante, ad albereta, punteggiato di belle villette rosso mattone o giallo vivo.
Ma alla fine dell'ottocento qui la vita doveva essere molto dura, si viveva dei prodotti della palude, cominciava appena qualche bonifica e non si arava terreno, ma fango.
Se si arrivava a quarant'anni era già tanto, e comunque a quell'età si era già vecchi, finiti. L'alternativa era morire di malaria o di qualche malattia di palude. Poi con gli anni le bonifiche diventarono sempre di più e le fattorie di moltiplicavano; se ne vedono tante in questa pianura.
Poi arrivò quel 23 agosto 1944, e qui non rimase più nessuno. Donne, vecchi, bambini, tutti fucilati dai nazisti. Quando gli uomini tornarono dalla guerra - quelli che tornarono - andarono a lavorare nelle fabbriche, all'estero, oppure a Prato, o a Pistoia, lontano da questa vita e da quest'incubo. E qui tutto è rimasto cristallizzato, come l'antica Dogana Medicea, che - guarda caso - è diventata sede del centro di documentazione dell'eccidio nazista del Padule di Fucecchio.

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domenica 5 novembre 2017

LE BUCHETTE DEL VINO A PRATO

Le avrete viste di sicuro, così come le abbiamo viste noi per tutta la vita, domandandoci - ma in maniera piuttosto distratta, oltretutto - che cosa cossero quelle piccole finestrelle, il più delle volte a forma ogivale, che vedevamo nei muri dei palazzi antichi.
Per una fortunata coincidenza siamo venuto a sapere di che cosa si tratta, e come si chiamano. Sono le buchette del vino.


Si chiamano così perchè, sostanzialmente, servivano alle famiglie nobili per vendere il vino che loro stessi producevano, in maniera discreta, in modo da non mettersi contro gli osti delle taverne - che da loro quello stesso vino lo compravano e poi lo dovevano rivendere, quindi una concorrenza sleale. Adesso si rischia un'azione legale, a quei tempi, una coltellata nella schiena - e anche perchè così non si dava troppo nell'occhio nei confronti del popolo.
Infatti queste buchette servivano per arrotondare le entrate, quando i redditi delle antiche famiglie andavano assottigliandosi. 
Adesso un grande nome è un'ottima carta da giocare nel commercio, ma a quei tempi veniva considerato dequalificante. E quindi queste buchette le troverete sempre nelle strade secondarie che circondano i palazzi nobiliari.
L'incarico di vendere il vino era affidato ad un servitore.
Ci sono anche casi in cui le buchette sono in bella evidenza.
In questo caso servivano alle famiglie nobili, durante il giorno, per offrire ai poveri gli avanzi delle loro tavole.
Ma non vi sbagliate: di notte servivano comunque per vendere il vino.
In piazza del Comune, sotto le logge, abbiamo trovato una buchetta dalla forma inconfondibile.

Ci passa un fiasco preciso!
Ma altre ce ne sono in molti altri palazzi
altre, recentemente trasformate in edicole sacre

a volte con delle piccole imposte di legno.

Sappiamo che sono diffuse nello stesso modo anche a Firenze ed a Pistoia, ed è logico; siamo tutti nella stessa piana, e che ci piaccia o no, siamo parenti molto stretti, ed abbiamo usi e costumi molto simili.
Non abbiamo mai fatto caso se queste buchette esistono anche fuori zona, che so...a Lucca o a Siena, ma scommetteremmo di sì.

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