domenica 28 settembre 2014

LA CHIESA DELL'AUTOSTRADA DEL SOLE

A 282 km da Milano e a 298 da Roma, nel comune di Campi Bisenzio in località Limite, sorge la Chiesa dedicata a San Giovanni Battista, conosciuta come  "Chiesa dell'Autostrada" dove per Autostrada si intende la  prima, grande infrastruttura che fu costruita appunto negli anni '60, e cioè l'Autostrada del Sole (o Autosole, o, più correttamente, A1)

A quei tempi era esattamente a metà, perchè la A1 partiva da Milano ed arrivava a Roma. Solo nel 1988 è stata completata  la bretella Fiano Romano - San Cesareo, che univa la A1 alla A2 Roma-Napoli, facendo in modo che non fosse più necessario percorrere il G.R.A. per percorrere la A2 .
Da allora infatti l'autostrada A1 viene chiamata Milano-Napoli e la A2 è stata eliminata  dalle classificazioni delle Autostrade.
Parlando della Chiesa si deve per forza parlare anche dell'Autostrada, perchè fanno parte di un tutto unico: la posa della prima pietra della A1 risale al 19 maggio 1956, e l'inaugurazione del 1° tronco, da Milano a Parma, risale all'8 dicembre del 1958. Solo due anni più tardi, il 3 dicembre 1960 fu inaugurato il tratto più difficile e complesso di tutta l'opera, quello da Bologna a Firenze.
Siccome fu inaugurato prima il tratto Roma-Napoli (22 settembre 1962) e solo il 4 ottobre 1964 fu inaugurato il tratto Chiusi-Orvieto (il traffico si svolgeva sulla SS71; rabbrividiamo al solo pensiero!) dalle parti di Firenze, a quei tempi, si diceva che sino a Firenze c'era l'Autostrada, e da Firenze in poi c'era il sole...
Ma adesso occupiamoci della Chiesa, capolavoro dell'architetto pistoiese Giovanni Michelucci.
Inaugurata nell'aprile del 1964, è stata eretta a memoria dei tanti operai che sono morti nella realizzazione dell'asse viario. Michelucci non ebbe vita facile nella realizzazione, perchè dovette intervenire a fondazioni già effettuati, visto che il precedente progetto, per il quale si era posato la prima pietra nel giugno del 1960 dall'Architetto Lamberto Stoppa, era stato accantonato per divergenze con la Soprintendenza ai monumenti.
Però molte opere che avrebbero dovuto decorare la Chiesa erano già commissionate  - alcune addirittura hanno poi  decorato qualcos'altro - e Michelucci dovette lambiccarsi il cervello per mettere insieme le sue idee con le esigenze degli artisti, che stavano lavorando ad un progetto sviluppato in maniera diversa.
 Tuttavia proprio questo doversi in qualche modo adattare - ma le fondazioni furono tutte rifatte di sana pianta - ha stimolato la creatività dell'Architetto, che, per ospitare le bellissime sculture in bronzo raffiguranti i Santi Patroni delle città toccate dalla'Autostrada, ha creato questo ampio nartece (se non sapete cosa vuol dire non posso possiamo biasimarvi: il nartece è un'atrio precedente la chiesa, che era molto diffuso nelle basiliche sino al sino al gotico nel  XII e XIII secolo . Poi, basta. )
Esternamente ricorda una tenda, quella del popolo d'Israele nelle sue perenigrazioni, a ricordare a chi percorre l'autostrada - che è così vicina che sembra di toccarla - la propria condizione di viandante.
E' costruita in quello che viene chiamato "sasso da muretto", scalpellato a mano, con particolari in cemento, oltre alla spettacolare copertura in rame ossidato,  che colando sulle pietre bianche o sul cemento grigio ha creato un effetto - che sicuramente l'architetto aveva previsto -  veramente notevole.
La porta principale in bronzo è opera di Pericle Fazzini.

Oltrepassato l'atrio - il nartece - con opere di Emilio Greco e di Venanzo Crocetti, si entra nella chiesa vera e propria.

All'interno la pietra ha un colore diverso, più caldo,  le finiture in rame conservano il loro colore e persino le enormi travi in cemento sono beige-rosato.
I pavimenti sono in marmo, di vari tipi ma sempre di colori molto caldi, e nell'aula principale disegnano un insieme di cerchi concentrici.
La grande vetrata con l'immagine del Cristo è bianca e luminosissima, tanto che il piccolissimo crocifisso che guarda l'altare maggiore, entrando quasi non si nota.

Le pareti sono completamente nude.
Anche persone poco competenti di architettura come noi, si rendono conto che la pianta della chiesa è rovesciata rispetto alla norma. Infatti si sviluppa per larghezza, ed ai lati ci sono la cappella della Vergine, illuminata in maniera molto particolare, e quella dell'imponente crocifisso in bronzo di Jorio Vivarelli.
Quello che ci ha maggiormente colpiti, tuttavia è il non-silenzio.
La Chiesa è talmente vicina all'autostrada che se ne sente il rumore continuo e incessante, diversamente a tutte le altre chiese dove caratteristica fondamentale è il silenzio assoluto e totale.

Come se l'autostrada, che ha permesso la nascita del tempio sacro proprio per commemorare coloro che sono periti nella sua costruzione, volesse ricordarsi continuamente al suo interno. Come se il fatto di essere lì, fosse imputabile solo al fatto di aver percorso l'autostrada, e si facesse una sosta - breve - per poi subito ripartire.
Fermarsi per la bellezza del luogo, dei colori e  delle pietre, per dire una preghiera che ci aiuti ad arrivare sani e salvi alla meta, ma sempre rimanendo connessi alla grande strada che corre là fuori e che è l'essenza stessa della chiesa. La Chiesa è dell'autostrada - lo dice il suo nome - e non il contrario. Tanto è vero che, uscendo nel bel giardino esterno e percorrendo il vialetto che ci gira intorno, ci si ritrova nel parcheggio della direzione del IV tronco.

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domenica 21 settembre 2014

IL LAGO DI FIASTRA

Fiastra è un comune piccolissimo, uno di quelli per i quali l'unione con un comune vicino sarebbe cosa buona ed auspicabile. E' situato nella provincia di Macerata, nel bel mezzo del parco naturale dei Monti Sibillini.
Il capoluogo è tuttavia molto carino, e non assente di simpatiche iniziative: alcuni gazebo, installati per dare ombra dai raggi del sole, erano sì allestiti con le solite sedie e tavolini, ma anche con mazzetti di fogli di carte con sopra scritte delle poesie.
Erano  attaccati a dei ganci e  quelle che piacevano di più si potevano staccare e portare via!
Noi lo abbiamo visitato perchè la nostra passione per l'acqua dolce è tanta, e qui c'è uno dei bacini artificiali più belli che abbiamo mai visto: il lago di Fiastra, che è formato dalle acque del torrente Fiastrone e di qualche altro piccolo torrentello.

E' uno dei tanti laghi dell'ENEL che ci sono sparsi in tutta Italia, ma, vuoi perchè risale al 1955, quindi le sue acque sono ormai assestate (e quindi hanno quel caratteristico odore dell'acqua dolce che a noi piace chiamare "dolcedine" - nome che evidentemente richiama, alla rovescia, la salsedine del mare), vuoi per la particolare colorazione bianco-rosata delle rocce, tipica del luogo, che fa sì che le sue acque siano di un turchese tropicale, e vuoi perchè si colloca in un paesaggio naturale di rara bellezza, ci ha colpiti in modo particolare.
Si dice che sia estremamente profondo,circa 87 metri,  e non abbiamo modo di dubitarne,vista la profondità della valle oltre la diga...
Solitamente i laghi dell'ENEL non sono balneabili, ma qui esiste un vero e proprio stabilimento balneare, con tanto di pedalò.
Una delle rive è estremamente scoscesa, con un belvedere, veramente degno di questo nome,  dal quale si domina tutto il lago.

Da qui, con un facile sentiero, si arriva alle Lame Rosse, una stratificazione di rocce che il tempo e il maltempo,  (era una battuta troppo facile, via...) hanno privato della parte superficiale - che infatti è tutta ai loro piedi, tanto che ricorda la morena di un ghiacciaio - e quindi mostra il substrato di ferro, più rossiccio.
Sono talmente suggestive che,  in un primo momento, avevamo pensato di contrabbandarle per mete più esotiche: roba tipo la Cappadocia, oppure qualche canyon in nordamerica.
Ma scopo di queste modeste pagine è proprio quello di mettere in evidenza quello che di bello e particolare abbiamo sotto gli occhi, e quale migliore dimostrazione del nostro impegno?!


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lunedì 8 settembre 2014

IL CASTELLO DI ROMENA

Un concentrato di Storia, ecco cosa è il castello di Romena.
Già l'origine del nome ci riporta addirittura agli Etruschi, infatti Ormena era il nome di un antichissimo insediamento situato proprio qui, vicino all'attuale Pratovecchio, su un colle altro 621 metri dominante il Casentino.

Le prime notizie del fortilizio risalgono al 1088: evidentemente quello era il periodo in cui si cominciavano a redigere documenti scritti, in cui si faceva  menzione di luoghi, costruzioni e monasteri, per la prima volta. Altrimenti come mai tutte le notizie di ogni luogo in Italia risalirebbero all'incirca all'anno mille? Non è certo una spiegazione storica, ma ormai ci siamo fatti la nostra idea, a forza di leggerlo qua e là.
Comunque sia, nel 1088 si comincia a parlare di questo fortilizio, di proprietà dei Marchesi di Spoleto, che da qui estesero i loro domini al Casentino: le cronache ne parlavano come "turrito e nobilissimo Castello". Per eredità passò ai Conti Guidi, che in questa zona a quei tempi andavano veramente forte, e nel 1217  - sempre per una suddivisione ereditaria - passò ad Aghinolfo, dal quale iniziò il ramo dei Guidi di Romena.
Intorno al 1302 capitò da queste parti nientemeno che Dante Alighieri, che pochi anni prima aveva combattuto da queste parti, nella battaglia di Campaldino tra le file dei Guelfi, contro Arezzo ghibellina.

All'interno delle mura castellane, sorge una torre che è una prigione molto particolare: la porta di entrata si trova ad almeno venti metri dal suolo, e i prigionieri vi venivano calati dentro con una corda, tanto più giù quanto il loro reato veniva considerato grave.
Pare che proprio da questo strano carcere, il Divino Poeta abbia tratto ispirazione per la immaginare la creazione dei cerchi danteschi,  dove tanto più giù si andava, tanto più i peccati da scontare erano gravi.
E' diventata un'immagine tanto comune, quella del girone dantesco, che non ci chiediamo nemmeno come Dante possa averla immaginata: questa potrebbe essere un'ipotesi.
Dante non perse l'occasione di citare nella Divina Commedia un episodio legato al castello.
Infatti in zona esiste una località chiamata "Omomorto" in cui fu bruciato vivo un falsario: un artigiano che, su richiesta appunto dei Conti Guidi del castello di Romena, falsificava i fiorini d'oro della repubblica di Firenze, immettendo sul mercato monete che non erano d'oro purissimo come quelle originali, ma di lega vile con un po' d'oro.
Ora, i fiorentini erano buoni e cari - si fa per dire - ma se gli toccavi la loro moneta, diventavano delle belve. E avevano le loro buone ragioni: Firenze infatti era la più grande potenza mondiale dell'epoca proprio in virtù della loro moneta d'oro a 24 carati, e delle garanzie date sull'autenticità della moneta e della purezza dell'oro che la componeva. Una moneta franca, un dollaro dell'epoca, che su una faccia aveva il famoso fiorino, vale a dire il giglio simbolo della città, e dall'altra era impressa l'effige di San Giovanni Battista - che della città era patrono - e viste le pene severissime che colpivano i falsari, si diceva (anzi, si dice ancora) che:
 "San Giovanni 'nvole inganni".
Questo per dire che il povero mastro Adamo - tale era il nome dell'artigiano che Dante incontra all'inferno - ce l'aveva a morte con i Conti Guidi che erano i mandanti dell'opera di falsificazione, e sicuramente erano anche coloro che traevano il maggior guadagno da questa pericolosissima attività.
Certo, se mastro Adamo bruciava all'inferno, agognando una goccia dell'acqua della vicina Fonte Branda (speriamo che a qui tempi fosse in condizioni migliori)  aggiungeva che ne avrebbe fatto volentieri a meno purchè i malvagi Conti Guidi bruciassero lì, insieme a lui.

Nel 1357 il castello fu venduto alla Repubblica di Firenze, poi nel 1440 fu conquistato dalle truppe dei Visconti di Milano, e successivamente liberato dal condottiero Neri Capponi, dopo la famosa battaglia di Anghiari, che la riconquistò per i Medici.
Divenne addirittura sede comunale, poi il comune venne sciolto nel 1768, quando venne acquistato dai Conti Goretti de' Flamini, a cui tutt'ora appartiene.
Nell'estate del 1901, Gabriele D'Annunzio venne qui, nella piazza d'armi del castello, in una tenda montata in questo prato, a scrivere uno dei libri che compongono la raccolta di poesie "Alcyone".

A proposito, se non l'avete mai letta ve la consigliamo vivamente.
Il Castello è stato recentemente restaurato dal Conte, che è ancora l'attuale proprietario, e che abita in questa meravigliosa casa, proprio sotto le mura castellane.

All'interno del castello non mancano i luoghi pittoreschi: per esempio questa scala che è tutt'uno con uno straordinario glicine: peccato non averlo visto durante la fioritura, doveva essere qualcosa di sublime.

La scala porta a una grande stanza, esternamente coperta d'edera, nella quale avremmo volentieri ricavato un mini-appartamento...
All'esterno delle mura, fuori porta Bacìa (così chiamata perchè sempre esposta a bacìo, cioè all'ombra) abbiamo visto questa cappellina, dove abbiamo visto un'inquietante scritta "Silenzio, qui riposano dei morti". Forse la cappella contiene le spoglie degli antichi Conti?

A proposito, dall'altra parte della porta Bacìa, c'è la porta Gioiosa , perchè sempre esposta al sole. Quando c'è.
In questa occasione non c'era, ma il panorama era pur sempre magnifico.

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