lunedì 8 settembre 2014

IL CASTELLO DI ROMENA

Un concentrato di Storia, ecco cosa è il castello di Romena.
Già l'origine del nome ci riporta addirittura agli Etruschi, infatti Ormena era il nome di un antichissimo insediamento situato proprio qui, vicino all'attuale Pratovecchio, su un colle altro 621 metri dominante il Casentino.

Le prime notizie del fortilizio risalgono al 1088: evidentemente quello era il periodo in cui si cominciavano a redigere documenti scritti, in cui si faceva  menzione di luoghi, costruzioni e monasteri, per la prima volta. Altrimenti come mai tutte le notizie di ogni luogo in Italia risalirebbero all'incirca all'anno mille? Non è certo una spiegazione storica, ma ormai ci siamo fatti la nostra idea, a forza di leggerlo qua e là.
Comunque sia, nel 1088 si comincia a parlare di questo fortilizio, di proprietà dei Marchesi di Spoleto, che da qui estesero i loro domini al Casentino: le cronache ne parlavano come "turrito e nobilissimo Castello". Per eredità passò ai Conti Guidi, che in questa zona a quei tempi andavano veramente forte, e nel 1217  - sempre per una suddivisione ereditaria - passò ad Aghinolfo, dal quale iniziò il ramo dei Guidi di Romena.
Intorno al 1302 capitò da queste parti nientemeno che Dante Alighieri, che pochi anni prima aveva combattuto da queste parti, nella battaglia di Campaldino tra le file dei Guelfi, contro Arezzo ghibellina.

All'interno delle mura castellane, sorge una torre che è una prigione molto particolare: la porta di entrata si trova ad almeno venti metri dal suolo, e i prigionieri vi venivano calati dentro con una corda, tanto più giù quanto il loro reato veniva considerato grave.
Pare che proprio da questo strano carcere, il Divino Poeta abbia tratto ispirazione per la immaginare la creazione dei cerchi danteschi,  dove tanto più giù si andava, tanto più i peccati da scontare erano gravi.
E' diventata un'immagine tanto comune, quella del girone dantesco, che non ci chiediamo nemmeno come Dante possa averla immaginata: questa potrebbe essere un'ipotesi.
Dante non perse l'occasione di citare nella Divina Commedia un episodio legato al castello.
Infatti in zona esiste una località chiamata "Omomorto" in cui fu bruciato vivo un falsario: un artigiano che, su richiesta appunto dei Conti Guidi del castello di Romena, falsificava i fiorini d'oro della repubblica di Firenze, immettendo sul mercato monete che non erano d'oro purissimo come quelle originali, ma di lega vile con un po' d'oro.
Ora, i fiorentini erano buoni e cari - si fa per dire - ma se gli toccavi la loro moneta, diventavano delle belve. E avevano le loro buone ragioni: Firenze infatti era la più grande potenza mondiale dell'epoca proprio in virtù della loro moneta d'oro a 24 carati, e delle garanzie date sull'autenticità della moneta e della purezza dell'oro che la componeva. Una moneta franca, un dollaro dell'epoca, che su una faccia aveva il famoso fiorino, vale a dire il giglio simbolo della città, e dall'altra era impressa l'effige di San Giovanni Battista - che della città era patrono - e viste le pene severissime che colpivano i falsari, si diceva (anzi, si dice ancora) che:
 "San Giovanni 'nvole inganni".
Questo per dire che il povero mastro Adamo - tale era il nome dell'artigiano che Dante incontra all'inferno - ce l'aveva a morte con i Conti Guidi che erano i mandanti dell'opera di falsificazione, e sicuramente erano anche coloro che traevano il maggior guadagno da questa pericolosissima attività.
Certo, se mastro Adamo bruciava all'inferno, agognando una goccia dell'acqua della vicina Fonte Branda (speriamo che a qui tempi fosse in condizioni migliori)  aggiungeva che ne avrebbe fatto volentieri a meno purchè i malvagi Conti Guidi bruciassero lì, insieme a lui.

Nel 1357 il castello fu venduto alla Repubblica di Firenze, poi nel 1440 fu conquistato dalle truppe dei Visconti di Milano, e successivamente liberato dal condottiero Neri Capponi, dopo la famosa battaglia di Anghiari, che la riconquistò per i Medici.
Divenne addirittura sede comunale, poi il comune venne sciolto nel 1768, quando venne acquistato dai Conti Goretti de' Flamini, a cui tutt'ora appartiene.
Nell'estate del 1901, Gabriele D'Annunzio venne qui, nella piazza d'armi del castello, in una tenda montata in questo prato, a scrivere uno dei libri che compongono la raccolta di poesie "Alcyone".

A proposito, se non l'avete mai letta ve la consigliamo vivamente.
Il Castello è stato recentemente restaurato dal Conte, che è ancora l'attuale proprietario, e che abita in questa meravigliosa casa, proprio sotto le mura castellane.

All'interno del castello non mancano i luoghi pittoreschi: per esempio questa scala che è tutt'uno con uno straordinario glicine: peccato non averlo visto durante la fioritura, doveva essere qualcosa di sublime.

La scala porta a una grande stanza, esternamente coperta d'edera, nella quale avremmo volentieri ricavato un mini-appartamento...
All'esterno delle mura, fuori porta Bacìa (così chiamata perchè sempre esposta a bacìo, cioè all'ombra) abbiamo visto questa cappellina, dove abbiamo visto un'inquietante scritta "Silenzio, qui riposano dei morti". Forse la cappella contiene le spoglie degli antichi Conti?

A proposito, dall'altra parte della porta Bacìa, c'è la porta Gioiosa , perchè sempre esposta al sole. Quando c'è.
In questa occasione non c'era, ma il panorama era pur sempre magnifico.

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