domenica 26 maggio 2019

LA GROTTA MAONA

Chissà. forse è vero che negli anni '60 c'era la voglia di visitare i luoghi che avevami vicini a casa, forse perchè i nostri genitori avevano da poco comprato la prima macchina, i voli low-cost erano di là da venire e di andare a Sharm-el-sheik non se ne parlava nemmeno (anche perchè nemmeno si sapeva che esistesse un posto che si chiamava così) e quando si voleva un posto veramente esotico, tuttalpiù si andava all'autogrill a Roncobilaccio.
Quel che era bello è che tutti andavano nello stesso posto, per cui abbiamo ricordi di code chilometriche - per dire - tra Montecatini Terme e Montecatini Alto (dove, tra l'altro, non si trovava mai posto dove parcheggiare: si arrivava in cima e ci si rimetteva pazientemente in coda per ritornare giù.
E così, ad una curva,  si vedeva per la seconda volta il grande cartello giallo con su scritto "GROTTA MAONA"

Nei nostri ricordi di bambini, Maona e Mammona si confondevano un po', e ci immaginavamo una grande gatta mammona che viveva in una grotta, e che acchiappava toponi enormi.
Ci sono voluti cinquant'anni perchè ci decidessimo ad andare a dare un'occhiata, e dopotutto non abbiamo fatto male ad aspettare così tanto, perchè abbiamo scoperto che la grotta è stata chiusa per oltre venti anni, ed è stata riaperta al pubblico solo nel marzo del 2018.
La grotta è la prima - e più importante - attrazione di un costituendo parco naturale, nel quale si inserisce anche un bel ristorante (cosa sempre molto interessante).
All'esterno, c'è un bel bosco, da dove si può arrivare con facilità sia ad una parete attrezzata per le arrampicate (dei principianti... a noi pareva un muro!)

e poi, proseguendo per un percorso ben segnalato, si arriva ad un deposito di polvere da sparo, tutto scavato nella roccia, che è stato recentemente scoperto e riqualificato dal CAI di Montecatini.

E' prevista anche la riqualificazione di una antica cava di pietra da costruzione, che è in zona, e che presenza delle caratteristiche assai interessanti.
Ma questo è il futuro.
Veniamo alla nostra grotta.

Si tratta di una grotta Carsica, con temperatura costate di 15°,  che è stata scoperta, in maniera del tutto casuale - come è successo in altre grotte da queste parti (come per esempio la  grotta giusti) - nel 1860 dagli operai della cava della pietra di costruzione di cui abbiamo già parlato.
La grotta ha particolarità di avere due pozzi, per cui la visita presume di scendere da uno e di risalire dall'altro.
Nelle due stanze della grotta ci sono ancora stalattiti - quelle che scendono dal soffitto, per capirsi) viventi, cioè che sono ancora in formazione tramite il trasudamento dell'acqua.
Infatti è severamente vietato toccarle, perchè la temperatura del nostro corpo potrebbe interrompere il loro ciclo vitale.
Nelle due stanze, dicevamo, ci sono varie "statue" formate dall'acqua nel corso dei secoli, e che assumono varie e strane forme, secondo l'angolazione da cui vengono viste.
Nella prima, in una cavità è evidentissimo e straordinariamente sorprendente, un presepe: ma si tratta di un'illusione, perchè non sono stalagmiti - quelle che salgono dal pavimento, per capirsi - create dalla natura. Sono stati i partigiani, che negli anni della guerra, hanno utilizzato questa grotta come rifugio dai tedeschi, e che hanno utilizzato le stalattiti rotte dalla loro stessa permanenza, per creare un piccolo presepe in una cavità naturale.

Nella seconda, più ampia e libera, abbiamo conosciuto uno dei tanti ospiti della grotta, una varietà di pipistrelli nani che, abituati alle persone ed alle luci, non si è smosso di un millimetro nonostante la nostra ingombrante presenza.

In questa stanza, dotata di una acustica particolare, si tengono periodicamente  sessioni di meditazione accompagnate dal suono di campane tibetane.
Durante le salite e le discese si possono ammirare delle splendide cascate di stalattiti, alcune tutt'ora viventi!

All'uscita, una teca con dei reperti dell'antico castello di Maona, ormai completamente scomparso, testimonia la presenza di questa antica famiglia, che possedeva tutta la zona, e da cui deriva, in qualche misteriosa maniera, il nome di Montecatini...

Mappa

domenica 19 maggio 2019

IL MONTE FERRATO...INASPETTATO

Capita a volte che sei lì che ti fai un giro su Google Heart, e capita che per caso vedi un canyon che sembra preso da un paesaggio australiano.
Capita anche che allargando la vista vedi, sulla sommità di queste rocce a strapiombo, una scultura abbozzata.
E allora la tua curiosità si ingolosice, sino a scoprire che tutto questo è a due passi da casa, a Figline di Prato.
Delusione? 
No, tutt'altro, per noi che perseguiamo la politica del turismo a chilometri zero.
E che vorremmo tanto che chi abita da queste parti conoscesse i suoi dintorni, prima di andare a passare le ferie ad Abu Dhabi, o a Doha (tanto per dire i due nomi più esotici che ci sono venuti in mente).
Ma torniamo alla nostra scultura abbozzata ed al nostro canyon.
Poco sopra l'abitato di Figline di Prato, passando tra belle villette e palazzine a due piani, arriviamo ad un punto in cui la strada inizia a salire ripidamente, e smette di essere asfaltata.
In pochi passi ci porta sino ad una vecchia cava abbandonata, ed è questo il canyon che abbiamo visto.
Certo, i colori non sono quelli dell'Ayers Rock - per ovvi motivi di composizione geologica e perchè siamo andati a visitarlo in pieno inverno, quasi al tramonto - ma fa la sua splendida figura.

Figline di Prato, come del resto Figline in Valdarno, deve il suo nome ad una corruzione del termine latino "figalinae", cioè "ceramiche".
Infatti, Figline di Prato era nota sin dal Medioevo per le sue fornaci in cui si producevano specialmente laterizi.
Nel contempo, si sviluppò l'attività estrattiva, delle cave del Monteferrato, alle cui pendici il piccolo borgo sorge tutt'ora.
Da queste cava si estraeva il famoso serpentino verde di Prato, utilizzato nel medioevo per la costruzione e decorazione di edifici pubblici, e che ha dato vita con la sua alternanza all'alberese (pietra bianca che pure si estraeva anche dal Monteferrato) al Romanico Toscano di cui tante testimonianze sono rimaste nelle città toscane specie nel XII° e XIII° secolo.
Ma si estraeva anche il granitone, una pietra durissima, che serviva a fabbricare le macine dei mulini.
Ecco che cosa era la scultura appena abbozzata che abbiamo visto da Google heart! Una macina di mulino abbozzata nella pietra e lasciata lì per qualche motivo: magari che l'aveva ordinata non ha potuto pagarla, o magari nel frattempo il mulino al quale era destinata ha chiuso...

Ci sono venute in mente le sculture abbozzate delle teste dell'Isola di Pasqua.
Si, va bene, lo sappiamo...è un paragone sacrilego, ma era quasi inevitabile.
Siamo rimasti basiti davanti a questa ruota abbozzata, e quando siamo scesi nel canyon - che vi assicuriamo, fa la sua bella figura -


ci siamo divertiti molto a leggere le etichette in terracotta con i nomi delle varie vie di roccia, apposti da chissà quale associazione che si preoccupa di insegnare alle persone a scalare queste rocce assolutamente verticali.
In effetti, come palestra di roccia sono veramente l'ideale: dietro casa e impegnative.
I nomi delle vie di roccia sono veramente divertenti; "Baba" "Tacca Polacca" "lo zio di Goldrake" "Snake" e via di questo passo.

Non abbiamo notizie di questa cava, che come ogni altra da queste parti è oramai chiusa perlomeno dal secondo dopoguerra.
Infatti non esistono più cave di serpentino verde in attività, anche se negli anni ottanta fu tentato l'esperimento di reinserirlo in architettura.
Dopo la breve passeggiata tra questi inusuali muri di roccia, residuo della cava che fu, ci troviamo in un punto panoramico dal quale si domina il borgo e le colline digradanti, coltivate a viti e olivi, nel più puro stile toscano.

Mappa

domenica 12 maggio 2019

LE BALZE E PIANTRAVIGNE

Piantravigne è una frazione di Terranuova Bracciolini.
E Poggio Bracciolini è quel sant'uomo che, riportando in vita la scrittura carolina rotonda con la sua calligrafia chiara ed elegante, ci ha evitato secoli di lettura del gotico, come invece hanno dovuto fare i popoli di lingua tedesca.
Ma qui stiamo decisamente uscendo dall'argomento principale...
Dunque, Piantravigne.
anzi Pian-tra-vigne.
In questa bellissima vallata,  sorge questo grazioso e assonnato paesino, uno dei tanti dove siamo passati e dove ci sarebbe piaciuto fermarci, ammaliati dalla quiete e dalla serenità che qui si respira.
Poi, la nostra irrequietudine di cittadini ci ha sempre fatto scattare foto, passeggiare per le silenziose stradine, magari scambiare due parole con chi qui ci è nato e ci ha sempre vissuto, ma risalire poi di gran carriera in macchina per correre verso la nostra amata città, caotica, ingombrante, rimorosa, difficile... ma è comunque la nostra casa, il luogo dove siamo nati e cresciuti.
Ed è inutile che ci nascondiamo dietro un dito: non saremmo capaci di vivere in un altro posto.
E ci risiamo con le considerazioni fuori tema!
Bene, torniamo a Piantravigne; un luogo incantato da dove si possono ammirare uno dei più belli spettacoli che la natura del Valdarno possa offrire: le Balze.
Che non sono altro che quello che rimane del fondo di un antico mare, che svuotandosi progressivamente ha lasciato dietro di sè un reticolo di fiumi - a cominciare dall'Arno - che ha scavato profondamente queste rocce tenere e lasciato be visibili le stratificazioni ed i sedimenti del mare interno dal quale erano ricoperte.
Vi facciamo grazia di tutta la classificazione geologica...
Il risultato estetico è un vero e proprio Gran Canyon, con la differenza che ai piedi di questa Monument Valley non c'è il deserto dell'Arizona, ma il Valdarno Superiore Toscano, con tutto quello che ciò può significare: colline, paesini arroccati (come il famoso Piantravigne), uliveti, vigne, laghetti, torrenti, orti, campi coltivati, viali con i cipressi: insomma tutto quello che fa parte dell'immaginario toscano nel mondo.
Intorno a questa meraviglia della natura c'è un vero e proprio anello da percorrere a piedi con poca fatica e molta soddisfazione, che permette di avvicinarsi molto a queste strane rocce e di vederne bene la composizione argillosa, con i ciottoli rotondi più in alto e l'erba verde a fare da cappello.

Una parte di questo sentiero di chiama "dell'acqua Zolfina", che la dice lunga sul tipo di acqua che sgorga da una sorgente che dà vita all'omonimo Fosso.
Naturalmente nel XIX° secolo  questa acqua era considerata curativa - era il periodo delle cure termali dopotutto - e molto utilizzata, soprattutto per la cura delle malattie della pelle e per i dolori reumatici.
Una passeggiata rilassante ed istruttiva, e dove non correrete il rischio di trovare la calca, perchè questo capolavoro della natura non è molto conosciuto.

domenica 5 maggio 2019

L'ORTO DE' PECCI A SIENA

Siena è una strana città; perchè nel pieno del suo centro storico riesce a conservare spazi verdi, che non sono i soliti giardini pubblici o parchi ricavati dal giardino di qualche villa padronale, come invece ne esistono un po' in tutte le città. No, in pieno centro storico ha degli spazi lasciati volutamente ad orti, dove si possono trovare ancora gli asinelli, le capre, i gatti che fanno la lotta fra di loro o si nascondono tra le canne palustri e soprattutto, l'unico esemplare al mondo di pavone modesto.

Un volatile che normalmente non chiede di meglio che farsi ammirare in tutta la sua bellezza mentre fa la ruota, il pavone. Lo sanno tutti.
Invece, a noi è capitato l'unico esemplare di pavone schivo e modesto, che anzichè pavoneggiarsi (appunto) in mezzo allo stradello, se ne è andato - seguito da due pavoncelle preoccupate della loro moralità - a fare la ruota in un campo in forte pendenza, molto fangoso e per noi onestamente inaccessibile.
Non si può più fare conto nemmeno sulla voglia di apparire di una pavone! Che tempi...
Questo strano spazio verde è a pochi metri dalla torre del Mangia, di là da dalla porta di Santa Maria della Giustizia.

Attraverso questa porta si traducevano i condannati a morte nel luogo in cui veniva effettuata la loro esecuzione, che avveniva per impiccagione.
Ma tralasciamo questo particolare macabro, che servo solo a darci un'idea di dove è collocato questo spazio, anche se in realtà i riferimenti macabri abbondano.
Fuori da questa porta il libero comune di Siena, aveva destinato la valle alla costruzione delle abitazioni di chi voleva stabilirsi in città alla fine del '200, che erano anni anni di sviluppo urbanistico tumultuoso.
Negli anni '20 del 300 qui sorgeva una piccola città, un centinaio di case, con tanto di mulino, fonte, strade, e un nome. Si chiamava Borgo di Santa Maria.
Poi nel 1348 arrivò la peste nera, che falcidiò l'Europa intera, e certo non risparmiò Siena, che perse oltre un terzo dei suoi abitanti.
Quando l'epidemia finì, il comune impose agli abitanti dei piccoli borghi nati intorno alla città,  di trasferirsi nelle case del centro, ed il piccolo borgo di Santa Maria si spopolò completamente.
Alla fine del '300 tutte le case furono abbattute, ed i terreni furono trasformati in orti. 
Da allora sono rimasti così, pur con alterne vicende di sfruttamento intensivo e di abbandono, finchè gli orti non sono stati affidati ad una cooperative che li utilizza per il reinserimento nella vita attiva degli ex ricoverati psichiatrici.
Oltre a questa meritoria funzione, l'orto svolge anche la funzione di parco, perchè è in un amena valle, con alberi, vialetti dove si può passeggiare con tranquillità e sicurezza.


L'orto ospita delle opere d'arte, ed un piacevole ristorante-pizzeria.


E, ultimo ma non per questo meno importante, un esperimento di orto medioevale, con le piante che si coltivavano in quell'epoca: mancano quindi i pomodori, che all'epoca non c'erano ma che noi siamo abituati a vedere in tutti gli orti; mancano le patate, anche quelle portate a noi dall'America, ma ci sono molte cipolle, piante officinali se ci si doveva curare qualche malanno, piante adatte per tingere i panni, che adesso non vengono coltivate più.
Insomma, un orto molto diverso da quello che potremmo coltivare noi adesso con le nostre conoscenze, e comunque molto interessante.

Mappa