mercoledì 25 dicembre 2013

IL PADULE DI FUCECCHIO

La Toscana era molto ricca di zone umide. Alcune, come il lago di Bientina sono state completamente prosciugate. Altre, come il Padule di Fucecchio, esistono tutt'ora.
Anche se molto ridotto rispetto alle proporzioni originali, occupa tutt'ora 1.800 ettari - divisi tra la provincia di Firenze e quella di Pistoia . e rappresenta la più grande palude interna italiana. Specificare "interna" è d'obbligo, perchè ne esistono di assai più grandi, ma costiere.
In epoca Romana, è assai conosciuto l'aneddoto di Annibale che ha perso , proprio qui, un occhio. Al di là delle varie leggende locali - di cui parla anche Curzio Malaparte ne "I Maledetti Toscani", pare che semplicemente il povero Annibale, che già aveva dei guai a quell'occhio, smise di vederci a causa delle febbri malariche che lo colpirono.
Infatti,diretto verso Arezzo,  pur avendo la possibilità di fare un giro sicuramente più lunga ma assai più sicuro, decise di attraversare la palude per risparmiare tempo. Lì non solo perse l'ultimo elefante - quello che cavalcava lui stesso -  ma anche una gran quantità di uomini che, sfiniti per la stanchezza della marcia, non trovavano un posto dove piantare il campo e riposare la notte.
Ci sono anche particolari macabri: pare che i superstiti, per trovare qualche ora di riposo, dormissero sui cadaveri dei compagni o delle bestie da soma, che avevano trovato la morte soccombendo alla stanchezza e alle malattie.
Il territorio del Padule entrò a far parte dei territori della Repubblica Fiorentina nel 1328, dopo essere per secoli stato di proprietà della Repubblica di Lucca. I Medici lo utilizzarono prevalentemente  come territorio strategico-militare, alternando continuamente bonifiche a riallagamenti, che ne facevano, di volta in volta, terreni agricoli o territorio dedicato alla pesca.
Nei periodi in cui era allagato, i suoi canali servivano come comunicazione tra l'allora esistente lago di Bientina e l'Arno.
Nel 1549, dopo una delle bonifiche medicee, fu costruito la Chiusa del Ponte a Cappiano, allo scopo di alleggerire  comunque la portata dell'unico emissario del Padule, l'Usciana.

Tra le varie ipotesi dell'epoca ci fu anche quella di alzare il livello delle acque, in modo da trasformarlo in un vero lago.
I Lorena avevano deciso per prosciugare completamente il Padule, come sono riusciti a fare con il limitrofo lago di Bientina, ma a causa delle continue piene dell'Arno, potenziarono solamente le chiuse di Ponte a Cappiano, che in un primo momento avevano deciso di abbattere.
Il Padule di Fucecchio è stato anche teatro nel agosto del 1944, di un efferato eccidio da parte delle truppe naziste. Senza nulla togliere alla memoria di Sant'Anna di Stazzema, non si capisce come mai la tragedia di  Castelmartini, nel comune di Larciano - insignito per questo della medaglia d'oro al valor civile - sia così dimenticato. Eppure furono rastrellate ed uccise ben 174 persone, di cui ben 62 erano donne, 25 persone oltre i 60 anni di età, 16 ragazzini sotto i 18 anni e - dicasi -  28 bambini sotto i 10 anni!
A ricordi di  questa tragedia dimenticata,  esiste un monumento a Castelmartini, proprio accanto ad una delle strade bianche che conducono nell'attuale palude.

Adesso il Padule è un luogo remoto, con i suoi romantici canali pieni di acque ferme, popolate da piante palustri,

memorie di antichi porti, che permettevano a snelli barchini di spostarsi attraverso le pianure interne

vecchi capanni dove gli abitanti del luogo riponevano gli attrezzi per svolgere le loro attività di pesca o di raccolta delle erbe palustri, e che adesso servono come punto di osservazione della fauna e della flora

romantiche strade bianche, dove si respira un'aria antica e dove è possibile fare degli incontri particolari

oppure, nella zona resa agricola, architetture da pianura padana.





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domenica 8 dicembre 2013

E SE INVECE DI LEONARDO, PARLASSIMO DI VINCI?


Viene naturale, quando si parla di Leonardo da Vinci, chiedersi: ma questo ragazzo, un cognomino come tutti non ce l'aveva?!
E certo che ce l'aveva: da Vinci!
Purtroppo il fatto che cognome e luogo di nascita coincidano, complica terribilmente il discorso.
Torniamo quindi al titolo: e se invece di Leonardo parlassimo un po' di Vinci?
Vinci è situata in un luogo incantevole, sulle pendici del Montalbano.
Il suo centro storico è noto come "Castel della Nave" e questo perchè ha una forma che ricorda una nave a due alberi - dove gli alberi  sarebbero il castello dei Conti Guidi

e il campanile della chiesa di Santa Croce.

Questa forma non è molto comune in Toscana.
Il Castello dei Conti Guidi è parte del museo dedicato a Leonardo, e affaccia su una piazzetta assai originale, decorata da un noto artista contemporaneo, Mimmo Paladino.

In una piazza altrettanto particolare, affacciata sul dolce panorama del Montalbano tutto viti e olivi, sorge una riproduzione dell'uomo vitruviano.

Un doveroso omaggio al grande concittadino.
Già che siamo a parlare di piazze, appena fuori dal Castel della Nave, c'è una piazza alberata - probabilmente ottocentesca perchè si chiama Piazza della Libertà - dove sorge una bellissima statua equestre, dell'artista americana Nina Akamu ed ispirato al Cavallo di Leonardo.

Una curiosità: nell'ambito del Plebiscito del 1860, quello con il quale la popolazione avrebbe dovuto esprimere la sua volontà di annettersi al Regno d'Italia, i vinciani espressero un parere discordante. La maggioranza votò contro l'annessione.
Vinci propriamente detta è il capoluogo comunale, che però concentra la maggior parte della sua popolazione nelle frazioni di Sovigliana e Spicchio, sul lato destro del fiume Arno.

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lunedì 4 novembre 2013

LE FUNICOLARI IN TOSCANA

La funicolare sembra un mezzo relegato alle montagne alpine, per trasportare gli sciatori. Invece le funicolari sono dette "funivie di terra", ed hanno il vantaggio, rispetto alle funivie aeree, di essere insensibili alle condizioni atmosferiche e di poter seguire tracciati curvi.
Possono sembrare un metodo obsoleto, ma non lo sono prima di tutto perchè sono altamente ecologiche - sono completamente elettriche - e  anche molto silenziose e permettono lo spostamento di buone quantità di persone contemporaneamente.
Le funicolari non sono da confondere con i treni a cremagliera, si tratta di cose assai diverse, perchè le funicolari - lo dice il nome - funzionano con una fune come organo di trazione e il movimento si effettua su dei binari metallici. 
In Toscana ce ne sono ben tre

Cominciamo da quella che unisce Montecatini Terme a Montecatini Alto.
L'inaugurazione risale al 4 giugno 1898 tra quelli che allora si chiamavano "Castello" e "Bagni di Montecatini" ed ha viaggiato senza interruzioni sino al 2 settembre del 1944, quando fu minata dai soldati tedeschi in ritirata. Fu riattivata nel 1949 da un consorzio tra il comune ed un imprenditore privato e funzionò sino al 1977, quando fu chiusa per adeguare gli impianti alle nuove normative. Purtroppo ci furono delle difficoltà, perchè rimase chiusa per 5 anni, riaprendo il 3 settembre 1982 - ed è tutt'ora in funzione. All'inizio era azionata da un motore a vapore, ma in seguito ha viaggiato sempre alimentata da motori elettrici via via più potenti.

Alla stazione a Monte, il pannello di comando è ipertecnologico, ma l'ambientazione, la costruzione e soprattutto le due carrozze che si scambiano a metà percorso, sono sempre quelle originali e ognuna di loro ha il suo nome: si chiamano Gigio e Gigia.
Il percorso, studiato dall'Ing.  Alessandro Ferretti  copre un dislivello di circa 206 metri su un percorso totale di 1056 metri, con pendenza media del 20,5% e si copre in circa 8 minuti.

Costruita invece nel XX secolo è la funicolare di Montenero - che è una frazione del comune di Livorno, composto di un borgo basso e di uno alto, dove c'è il  Santuario della Madonna delle Grazie di Montenero - la patrona della Toscana - famosa per la galleria degli ex-voto e per le offerte dei ceri votivi.
Proprio per permettere ai fedeli di raggiungere il celebre santuario, fu inaugurata la funicolare il 19 agosto 1908.
La linea è lunga 656 metri con una pendenza media del 17% e copre un dislivello di 110 metri. A differenza delle altre funicolari prese in esame che sono diritte, questa è curva, con raggi di curvatura compresi tra i 180 e i 250 metri.
Anche qui le stazioni di partenza e arrivo sono quelle originali dell'epoca, come le carrozze. Il sistema di trazione è stato invece completamente automatizzato nel 1990 e dal 2000 la linea è alimentata interamente da un sistema fotovoltaico.

E' invece una funicolare di recente costruzione, quella che unisce il Borgo di Certaldo a quello della Certaldo moderna. E' stato inaugurato il 19 luglio 1999 nell'ottica della pedonalizzazione del borgo alto, rendendolo più fruibile e proteggendolo dall'invasione delle auto.
La funicolare fu progettata nei primi anni ottanta, ma ha avuto una gestazione assai travagliata e le rotaie sono rimaste ad arrugginire sul colle per diversi annetti, presumibilmente per cause politiche. Poi fortunatamente i lavori sono stati portati a conclusione, migliorando di molto le condizioni di vivibilità del centro storico, e dei sui abitanti.

Si tratta di una cabina singola, che va dalla stazione a valle, posta in Piazza Boccaccio a 71 mt slm, sino ai 120 della stazione a monte. Il binario è lungo 136 metri, con una pendenza media del 40% e di solito si compie in un minuto esatto.

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martedì 29 ottobre 2013

I PIANI DI CASTELLUCCIO

L'appennino centrale, dove sono situati i Monti Sibillini, ha la caratteristica di avere diversi altipiani al suo interno. Sono pianure ad alta quota, spesso prive di alberi, particolarmente adatte alla pastorizia. Una delle più famose è l'altopiano di Castelluccio di Norcia.

In realtà l'altopiano è suddiviso in tre:
Il Pian Grande - diciamo sia il Piano di Castelluccio per antonomasia ed è quello che si attraversa andando da Castelluccio verso Norcia.
Anticamente era un grande lago, che si è svuotato tramite delle cavità carsiche, tra le quali la più famosa è l'inghiottitoio detto "del Mergani", in cui confluiscono tutte le acque piovane e derivanti dallo scioglimento della neve - che in inverno non manca davvero - e che sbucano  a Norcia 900 metri più un basso.

Il Pian Piccolo è un po' più in alto, vicino a Forca di Presta, e conserva una faggeta. Qui una volta c'era la dogana con lo Stato Pontificio.
Il Pian Perduto si chiama così perchè è stato perso da Norcia in una battaglia contro Visso, nel 1522: oltretutto quelli di Norcia ci hanno fatto anche una brutta figura perchè han perso pur essendo 10 volte quelli di Visso!
Sono insieme noti come Piana di Castelluccio, una frazione del Comune di Norcia - dista 28 km - che conta solo 150 residenti e che con i suoi 1492 mt di altitudine ne fa il paese più alto dell'Appennino.

Qui gli inverni sono lunghi, e devono essere molto duri, con temperature che non di rado raggiungono i -30°.
La gente qui vive di agricoltura - Castelluccio è universalmente nota per le sue lenticchie - e di pastorizia.
Famosa è la fioritura del Piano, tra maggio e luglio e che copre tutto di fiori, sia quelli derivanti dalle coltivazioni che selvatici.

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mercoledì 9 ottobre 2013

IL LAGO DI PILATO E LE LEGGENDE DEI MONTI SIBILLINI

Quando si parla dei Monti Sibillini, gli argomenti non mancano.
Tanto per cominciare si chiamano così perchè qui la leggenda vuole abbia abitato la Sibilla Picena, una fata con il dono di vaticinare il futuro per alcuni, una malefica strega dedita alla perdizione delle anime per altri.
Una versione della  storia la troviamo nel romanzo cavalleresco "Il Guerin Meschino", pubblicato nel 1473 e scritto da Andrea di Jacopo da Barberino, ambientato nel 824 e dove un giovane si reca presso la grotta della Sibilla per avere notizie sulle sue origini e trovare i genitori.
La grotta esisteva veramente, ed è crollata definitivamente nei primi anni '60 del secolo scorso.
Sono in corso degli studi e dei tentativi di recupero ma -  forse siamo un po' disincantati - ci chiediamo  chi investirebbe tempo, denaro ed energie per recuperare una grotta posta ad oltre duemila metri di altezza, assai difficile da raggiungere,  a meno che non si sia delle aquile?
Comunque la leggenda della Sibilla ha profondamente segnato questi luoghi, che erano considerati luoghi di mitici rituali pagani, dove si consacravano i libri magici e si compivano sabba infernali.
Adesso  sono magici sia per la bellezza dei paesaggi, sia per le molte leggende ad essi legati.
Una delle più conosciute è quella del Lago di Pilato, l'unico lago naturale delle Marche e uno dei pochissimi laghi glaciali degli Appennini. Il ghiacciaio è ormai estinto,

ma il lago è tutt'ora alimentato dalle nevi che in questa zona cadono copiose dalla fine di ottobre a maggio inoltrato.

E' anche detto "Lago degli occhiali", perchè visto dall'alto della cresta che da Monte Vettore ci a portato ad ammirarlo - un colpo d'occhio davvero sensazionale - le sue due vasche distinte danno questa impressione. Come tutti i laghi glaciali è di un'indescrivibile colore blu-azzurro.
E' popolato da un piccolissimo crostaceo rosso-arancio, il chirocefalo del Marchesoni, che vive solo in questo lago.

 
E' una specie di gamberetto che ha la caratteristica di nuotare a pancia in sù, oltre a quella di fare delle uova che si schiudono solo quando ci sono le condizioni adatte al loro sviluppo: in caso contrario possono rimanere allo stato di uova per tempi assai lunghi.
E' proprio a causa di questo piccolo crostaceo che il lago, in determinate occasioni, assume una tinta rosso/arancio - simile al colore del sangue - tanto che la leggenda voleva che fosse il sangue di Pilato, portato quassù da due bufali impazziti, dopo essere stato condannato a morte dall'imperatore Tiberio.
Siccome le autorità avevano paura che Streghe e Negromanti venissero in questo luogo per scopi contrari alla religione, nel Medioevo avevano alzato un muro intorno al lago, e posto una forca all'inizio della vallata: in questa zona ci sono un paio di toponimi che riportano il nome di Forca: Forca di Presta - da cui siamo partiti per l'escursione - e Forca Canapine, non molto distante. Forse erano i luoghi dove queste force erano situate, a monito delle persone che si recavano lì con intenzioni non troppo lecite.
Sul Monte Vettore abbiamo trovato , tra i molti fiori d'alta quota - dalla modesta ma vivace bellezza - anche questa Stella Alpina Appenninica, più nota come Leoontopodium, o Piede Leonino, che è in tutto simile alla Stella Alpina propriamente detta, ma un po' più piccola.

Cresce solo sull'appennino Marchigiano e Abruzzese, quindi in zone montuose piuttosto aride.

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domenica 29 settembre 2013

IL BORRO

Vicino  a San Giustino Valdarno, in provincia di Arezzo, ci siamo trovati a passare vicino a questo minuscolo paesino, di cui sapevamo solo che era - o era stato - proprietà del Duca D'Aosta.
Nel nostro caso specifico di ex-arcieri, avevamo rimembranze di un favoloso hunter-field (che è una gara di tiro con l'arco con 12 piazzole con distanze conosciute e 12 con distanze sconosciute e che si effettua generalmente in dei boschi) diventato leggendario tra gli arcieri della nostra epoca, perchè si era ospiti del Duca stesso, che metteva a disposizione boschi, strutture e - soprattutto - il merendone, classica conclusione di ogni gara.
Abbiamo pensato: perchè non andiamo a vederlo?
Detto: fatto!
Bene: a suo modo merita di essere visto!
In realtà il paese è un resort, molto lussuoso, il che giustifica alcune esagerazioni, inspiegabili in un paese normale.
Abbiamo parcheggiato e costeggiato un orto dove il cavolo nero e l'insalata riccia avevano un aspetto veramente "cool".
Abbiamo attraversato un ponte dove non abbiamo trovato nemmeno una foglia secca, nonostante vicino ci fossero degli alberi.
Era pomeriggio ed era molto caldo, e quindi non c'era molta gente in giro:
Sui campanelli ci sono dei nomi di persona: non sono i nomi degli abitanti - comunque sono solo una quindicina - ma i nomi degli appartamenti...
Ci sono diverse botteghe artigiane, tutte molto trendy - scarpe cucite  a mano, ceramiche artigiane, tessuti fatti a mano e via dicendo - e la classica piazzetta della chiesa, all' interno della quale si trova una riproduzione della Sacra Sindone.

All'esterno della Chiesa c'è una targa con le vicende del paese. La solita storia: un capitano di ventura ha avuto in pagamento per i suoi servigi il territorio, ci ha fato una castello, poi con qualche passaggio di cui non ricordiamo bene lo sviluppo è entrato in possesso del Duca di Aosta che nel 1993 lo ha venduto a Salvatore Ferragamo.
Ecco, adesso l'incredibile pergola di kiwi in piazza, acquistava improvvisamente un senso!
Bene: se volete un nostro parere è un posto da vedere, bellissimo, curatissimo - noi pensiamo che ogni mattina passi qualcuno con l'aspirapolvere per le strade. Abbiamo dei dubbi circa la passata di cera settimanale - assolutamente da vedere!
C'e anche il lato negativo, sempre a nostro modesto avviso: ricorda vagamente gli outlet della Mcarturglen (tipo quello di Barberino del Mugello) anche se mooooolto più lussuoso.

domenica 22 settembre 2013

LA PINACOTECA DI MONTEFORTINO


Montefortino è uno di quei magici borghi marchigiani- fino a pochi anni fa in provincia di Ascoli Piceno, adesso di Fermo - costruito in quella pietra rosa, tagliata a mattoni, che sotto il sole d'agosto diventa quasi bianca, ma appena il sole declina un po' si tinge di tutta una serie di sfumature rosa-arancio veramente poetiche.
Il borgo è su uno sperone di roccia che domina i Monti Azzurri per antonomasia, i Sibillini.
La realtà molto prosaica è che tutti i monti sono azzurri, visti da lontano. Ma siccome li ha chiamati così Giacomo Leopardi, sono diventati "i monti azzurri", tout court.
A proposito di Leopardi, la Pinacoteca di cui vogliamo parlarvi è proprio situata in un "Palazzo Leopardi". Si tratta di un ramo della famiglia di Recanati, che poi ha venduto il palazzo a quel sig. Duranti che era contemporaneamente pittore e collezionista e che ci ha lasciato questo tesoro, a nostro avviso troppo poco conosciuto.
Il museo si articola su tre piani: al primo c'è un museo di storia naturale, con esempi di fauna presente sui monti Sibillini: assai istruttivo, ma confessiamo che gli animali impagliati non ci piacciono troppo, per cui...
All'ultimo piano c'è invece un'interessante collezione di arte sacra, tutti pezzi provenienti da edifici sconsacrati o deteriorati.
Si tratta di pezzi di grande artigianato, collocabili tra il XIV e il XIX secolo. Sono dipinti, sculture in legno dipinto, drappi, crocifissi e tutta una serie di abiti sacri veramente notevoli, che oltretutto sono anche molto ben presentati,

poichè disposti in maniera tematica, in grandi stanze ariose e luminose che li valorizzano ulteriormente.
Due parole su Fortunato Duranti, nato proprio a Montefortino nel 1787, dove poi morirà nel 1863.
Aveva studiato disegno e pittura a Roma, ma non riuscendo a trovare un committente, si dedicò all'antiquariato. Durante un viaggio in Germania manifesta i primi segni di squilibrio mentale, e si ritira nel paese natio, dove accumula le sue collezioni.
Al piano Nobile dell'edificio troviamo la Pinacoteca propriamente detta.
Nella sala centrale spicca l'autoritratto del proprietario, nel quale notiamo un finto angolo in alto a destra: l'invito a guardare "oltre" che l'autore e collezionista ci fa.

Sono qui raccolte molte opere, di cui molti studi e bozzetti di Corrado Giaquinto.
Il quadro più famoso  è una Madonna con Bambino di Pietro Alemanno.
Un'intera sala è dedicata alle nature morte.
Nè mancano i dipinti curiosi, tra cui un dipinto su ardesia

o questo ritratto un po' "caravaggesco"
Anche qui vale il discorso della collezione di sarte sacra: tutto è disposto con grande gusto e attenzione, e le decorazioni delle sale - si tratta del piano nobile - sono così ricche e si inseriscono così bene come cornice alle opere, che sembrano fatte appositamente per questo scopo.
Una cosa che ci ha colpito - e anche un po' disorientato - è che non ci sono protezioni che impediscono di avvicinarsi alle opere a differenza di altri musei dove il visitatore è tenuto a distanza.

sabato 21 settembre 2013

L'AUTOSTRADA DECLASSATA

Quando si cercano storie strane da raccontare, molto spesso si cerca lontano.
Anche perchè, quando ci siamo seduti sopra, spesso non le vediamo.
Ogni giorno percorriamo o attraversiamo questa strada e mai ci era venuto in mente di parlarne.
Invece è una storia particolare, e noi proprio quelle cerchiamo.
Dunque. A Prato tutti la conoscono come La Declassata .
Inizia al Ponte Luciano Lama, e quindi in corrispondenza del casello autostradale di Prato Est,

e finisce ad San Piero Agliana, in corrispondenza del ponte sul fiume Calice.

E' lunga quindi una diecina di chilometri.

Quasi nessuno, tranne forse i postini - ma che dico, nemmeno quelli perchè non ci sono numeri civici su questa strada, tranne forse un paio di distributori di benzina - sa che questa strada ha un nome: si chiama Viale Leonardo da Vinci.
Ma perchè si chiama Autostrada Declassata?
Era un tratto dell'autostrada A11, conosciuta come Firenze-Mare (adesso Firenze-Pisa nord) che è famosa per essere stata la seconda autostrada costruita in Italia, negli anni dal 1928 al 1932, seconda solo a quella Milano-Laghi (a quei tempi le autostrade venivano costruite per permettere all'alta borghesia di raggiungere con facilità le località di villeggiatura. Infatti,  per andare a raccordarsi con la SS1 Aurelia a Migliarino Pisano, l'A11  era stata fatta appositamente passare da Montecatini Terme, località in quel periodo  in gran voga) inaugurata personalmente da Vittorio Emanuele III.
Il tracciato originale dell'autostrada, che a quei tempi era ad una sola corsia per senso di marcia, prevedeva il passaggio a sud dell'aera urbana della città di Prato.
Già a quei tempi ci furono molte proteste e dissensi tra la popolazione  e i progettisti, perchè si intuì che l'asse viario avrebbe ostacolato seriamente lo sviluppo della città laniera, che già a qui tempi stava notevolmente espandendosi.
Quando nel 1962 si raddoppio' la carreggiata, si colse l'occasione per spostare l'inclinazione dell'autostrada verso territori agricoli ancora più a sud, in modo da non ostacolare lo sviluppo della città che in quei tempi si era fatto tumultuoso.
A quel punto la strada  fu "declassata" da autostrada a strada urbana, e rappresenta tutt'ora una delle  più importanti direttrici della città, nonchè confine della sua parte centrale da quella periferica.
Nel tempo si è provveduto al suo raddoppio, ed all'eliminazione di tutti gli incroci a terra, costruendo una serie di sottopassi che ne hanno migliorato molto la percorribilità.
Tuttavia, in corrispondenza dell'unico tratto originale senza incrocio a livello - collocato su una sopraelevata -

corrisponde una strozzatura lunga poche centinaia di metri con ancora una sola corsia per senso di marcia.

Un dettaglio che riporta all'antico tracciato, quanto le strade erano alberate, è questo tratto originale - il raddoppio è dall'altro lato - costeggiato da alti pini.

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mercoledì 11 settembre 2013

I BORGHI DELLA VALDELSA

Non è uno dei soliti posti strani e poco conosciuti.
La Valdelsa  è un posto ben noto, e di cui si conoscono gran parte delle bellezze.
Forse perchè ci è vicina - e anche  perchè l'amiamo in modo particolare - vogliamo provare a parlarne un po' anche noi.
La Valdelsa è la valle dove scorre il fiume Elsa. Ovvio, no?!
Beh, non così tanto, perchè questo bel fiumotto lungo 63 km e che nasce nel comune di Sovicille, nella Montagnola Senese (di cui ci occuperemo in un post a parte) e sfocia poi nell'Arno tra Marcignana (Empoli) e  Isola di San Miniato, forma una valle estremamente ampia, dai rilievi bassi e tondeggianti e dal respiro ampio. Sembra più una pianura ondulata che la valle di un fiume.
Questo suo aspetto "easy", l'aveva resa popolarissima nel Medioevo, tanto è vero che era una delle varianti della via Francigena maggiormente trafficate. Qui non c'erano boschi fitti e valli oscure dove potevano nascondersi briganti o bestie feroci. Qui la presenza dell'uomo c'è sempre stata, fin da epoca pre-romana, e poi nel Medioevo è stato tutto un fiorire di Borghi e Castelli.
Nonostante l'uomo moderno abbia fatto veramente di TUTTO per rovinare questa gentile versione del Paradiso terreste - zone industriali a ripetizione, casermoni popolari stile sovietico, varianti bis, ter e quater della S.S.  429 - non è riuscito a rovinarla.
Magia della Natura, che riesce a vincerti di cortesia!
Dunque, due parole sull'Elsa.
Tradizionalmente la parte iniziale si chiama Elsa Morta. Questo perchè non ha una vera e propria fonte, ma viene alimentato quasi esclusivamente da acque piovane, e via via da alcune piccole fonti, di cui la maggiore è quella detta delle Caldane, fonti di acqua tiepida nel comune di Colle Val d'Elsa. Nei pressi di Gracciano comincia a ricevere fonti importanti, e nel suo corso si gettano innumerevoli affluenti, quali lo Staggia, il Foci, l'Avane, lo Zambra - solo per citarne alcuni. Dopo avere attraversato il centro di Ponte a Elsa - frazione contemporaneamente dei comuni  di Empoli e San Miniato (è  divisa in due proprio dal fiume Elsa, tra la provincia di Firenze e quella di Pisa)  si getta nell'Arno.
Dunque, la Valdelsa invece è divisa amministrativamente tra la provincia di Siena (Alta Valdelsa, di cui il capoluogo è Poggibonsi) e quella di Firenze (Bassa Valdelsa, di cui il capoluogo è Empoli anche se geograficamente la città di Empoli non appartiene alla Valdelsa ma alla Valdarno).
Ma parliamo dei Borghi che si trovano sul suo corso.
Delle particolrità di Ponte a Elsa abbiamo già parlato.
Percorrendo la Strada Statale 429, che segue il corso dell'Elsa, ed è la principale arteria che attraversa la valle, retaggio dell'antica via Francigena di cui ripercorre fedelmente il percorso principale, troviamo - dopo una piccola  frazione di Empoli,  Fontanella Sant'Andrea - il paese di Castelfiorentino.
In questo luogo, già dall'epoca romana esisteva un borgo chiamato Timignano. Essendo in una zona di confine con Siena, rimase coinvolto in tutte le lotte tra Guelfi e Ghibellini, tra Siena e la Repubblica Fiorentina che, compiaciuta della fedeltà del Borgo, concesse il privilegio del nome - che ingloba quello di Firenze -  e del Gonfalone con il giglio rosso.

Proprio a Castello, come  è comunemente conosciuto in zona, nel 1260 si firmo' la pace relativa alla battaglia di Montaperti, combattuta tra Siena e Firenze.
Alla sommità del poggio, troviamo l'antica chiesa dei Santi Biagio e Ippolito,

costruita intorno al 1195, in laterizio e con una bifora sulla sommità dell'entrata -  caratteristica di molte chiese valdelsane - nei cui pressi ci sono i resti della prima cinta di mura della città.
Proseguendo ancora sulla  SS 429 troviamo Certaldo, che ha dato i natali a Giovanni Boccaccio.

Il paese attraversato dalla statale è grazioso, ma non ha particolari caratteristiche, a parte una viabilità piuttosto complessa.
La  parte alta invece, è  ancora completamente ed autenticamente medioevale e si può raggiungere tramite una strada - all'interno sono ammesse solo le auto dei residenti - ma anche con una piccola funivia.
Di Certaldo si hanno notizie sin dall'epoca etrusca, e sembra ormai certo che sorgesse esattamente dove adesso sorge il paese medioevale.  Alcuni edifici, come il mastio sono di origini longobarde, ma viene menzionato per la prima volta nel 1164, come proprietà dei Conti Alberti di Prato  - gente litigiosa - che perde Certaldo, insieme ad altre proprietà della Valdesa intorno al 1184.  Nel 1198 fu occupato dalla repubblica Fiorentina e utilizzato in modo da poter isolare la vicina Semifonte, rimasta agli Alberti e che poi fu rasa al suolo dai fiorentini stessi. Anche loro non scherzavano, eh?
Proprio da questa occupazione è nata la particolarità di Certaldo: essendo stata occupata dai Fiorentini non si è mai evoluta in libero comune, come invece hanno fatto le altre località in zona.
Ma il fatto di raccogliere molti abitanti fuggiti dalla distruzione di Semifonte, e di avere la Francigena proprio ai piedi ne favorì lo sviluppo ed il benessere. E' stata saccheggiata un paio di volte dai senesi , dopo la battaglia di Montaperti nel 1260 e successivamente nel 1479. Le battaglie per giustificare un saccheggio a quei tempi non mancavano.
In epoca Medicea era un borgo rurale e nient'altro, solo in epoca Lorenese comincia a svilupparsi il borgo basso,  che acquista maggiore importanza rispetto a quello medioevale quando la propositura viene spostata dalla chiesa dei SS Tommaso e Prospero a quella di S. Andrea del Borgo. Quando poi viene completata la linea ferroviaria Empoli-Siena nel 1849 il Borgo basso si sviluppa ulteriormente e anche la sede comunale vi viene spostata.

Il fatto di essere stato quasi abbandonato non è stato un fatto completamente negativo per Certaldo alta, che ha avuto così modo di conservare assolutamente intatto il suo aspetto medioevale, privo di una grande piazza centrale , e con solo la grande via che conduce al palazzo dei vicari.

Ah.. il nome! Certaldo deriva da Cerretus Altus - un grande bosco di cerri su una collina, quindi.
Continuando ancora per la SS 429, troviamo Poggibonsi, già in provincia di Siena.
Le sue origini risalgono addirittura all'epoca preistorica, ma il suo maggior sviluppo lo ha tovato tra il X e l'XI secolo, sempre a causa della via Francigena. Anticamente Poggibonsi si chiamava Marturi (di derivazione etrusca per Marte)  ma il nome attuale deriva dal Poggiobonizio , da Bonizio Segni, signore del luogo che intorno al 1055 iniziò la costruzione, sul poggio sovrastante, di una città che divenne talmente importante nell'area ghibellina, da diventare "città imperiale". Ebbe tuttavia una vita assai breve, solo 115 anni perchè già nel 1270, nell'ambito delle annose guerre tra Siena e Firenze, fu completamente distrutta. I Fiorentini costrinsero il popolo a lasciare il borgo di Poggiobonizio e ad andare a vivere nell'ancora esistente borgo di Marturi.
Dopo quella data, Marturi ereditò il nome di Poggiobonizio, che con tempo è diventato Poggibonsi.
Tuttavia ci fu un tentativo, intorno al 1313, di rinnovare gli antichi fasti: l'imperatore Arrigo VII del Lussemburgo tentò di riedificare il borgo chiamandolo "Poggio Imperiale" ma morì prima di aver concluso l'opera.

Lorenzo il Magnifico aveva tentato di continuare l'opera affidando la costruzione della Fortezza a Giuliano da Sangallo. Tuttavia i bastioni - che non sono mai serviti a nient'altro che a scopi agricoli a causa del definitivo assoggettamento di Siena a Firenze (che di fatto li ha resi inutili) -   esistono tutt'ora e sono veramente imponenti.

In epoca Lorenese la città acquistò una discreta importanza per la produzione ed il commercio del vino.
Durante la seconda guerra mondiale, fu quasi distrutta dai bombardamenti.

Continuiamo il nostro viaggio verso le fonti dell'Elsa e troviamo Colle Val d'Elsa.

Come tutti quelli che abbiamo trovato finora, ha un Borgo antico sulla collina e uno moderno in pianura.

Il Borgo alto è a dir poco incantevole, con le strade su tre livelli: quella che porta alla piazza principale, una piccola deliziosa strada con alte e antiche mura e una strada intermedia - tutta sotto delle antiche volte . che permette di fare una fresca passeggiata anche con il caldo di agosto - o riparata in caso di pioggia - .

Anche qui il borgo assume importanza con l'affermarsi del ramo valdelsano della via francigena, nel X secolo. Colle aveva stretto un'alleanza con Semifonte (poi distrutta dai Fiorentini) ma dovette - su pressione di Siena - abbandonare questa alleanza se non voleva essere distrutta a sua volta. Dopo la distruzione di Semifonte nel 1202 quello che allora era il Borgo di Piticciano, fu svincolato dalla diocesi di Volterra (sotto la quale ricadeva) e divenne libero Comune. Non stiamo a dirvi che in quel periodo guerre e scaramucce (tutti contro tutti) erano all'ordine del giorno. Tuttavia il Borgo riuscì a svilupparsi ed a godere di una buona prosperità economica. Sempre contesa tra Firenze e Siena, Colle Val D'Elsa diventa Fiorentina in epoca medicea, con la definitiva caduta della Repubblica di Siena. Nel 1592 Ferdinando I de' Medici elevò Colle al rango di città, e nel 1750 Francesco II di Lorena ne fece una "città nobile". Tanta roba, eh?!
In epoca moderna, lo scrittore Carlo Cassola ha ambientato qui il famoso romanzo "La Ragazza di Bube".
Il fiume Elsa nasce nella Montagnola Senese, nel comune di Sovicille, ultima tappa del nostro breve viaggio. Il nome potrebbe nascere dal latino sub (sotto) e finiciulae (ficus) - quindi "sotto il fico", ma anche dalla contrazione del motto "Suavis locus ille" vale a dire "quel luogo soave".
Di fichi ne abbiamo visti parecchi, comunque il luogo è davvero un incanto. Noi votiamo per la seconda ipotesi, decisamente.
La storia è quella comune a tutti: prime notizie intorno al 1004, origini sicuramente longobarde-romano-etrusche, costituzione in libero comune, sballottato tra Firenze e Siena finchè arrivarono i Medici e stabilirono che le fortificazioni venivano trasformate in villa per la produzione agricola. Ai Lorena andò più che bene - non hanno fatto nè un muro, nè una fontana - finchè venne annessa al regno d'Italia.
Uniche stranezze: sino a pochi anni fa qui si parlava quasi fiorentino, pur essendo vicinissimi a Siena.
Inoltre l'architettura del territorio è diversa dal resto della Valdelsa -  dove l'architettura romanica mostra una forte impronta lombarda, con chiese di mattoni rossi - e presenta tratti in comune con il romanico Lucchese.
Lucca dista in linea d'aria quasi 100 km - una bella distanza per quei tempi - e non abbiamo notizie verificate,  ma bastava un architetto o un abate di quella zona a giustificare il fatto.

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