domenica 29 settembre 2019

LA CHIESA DI SAN GIUSEPPE IN VIALE MONTEGRAPPA A PRATO

Abbiamo colto l'occasione della riqualificazione del viale Montegrappa a Prato, per dire due parole su questa strada.
(anche se sappiamo che si tratta di un terreno minato...ma noi esprimiamo solo pareri personali: ci teniamo a dirlo fin da subito)
Per esempio:
sempre per la rubrica "forse non tutti sanno che..." 
Quella che a Prato è conosciuta come Viale Montegrappa, è anche il tratto urbano della Strada Statale SS 325, quella cioè che va da Ponte a Signa sino all'incrocio con la statale SS 64  Porrettana.
In pratica, la strada che per noi pratesi porta a Bologna.
(ricordiamoci che dalla parte opposta di Bologna, di là dagli Appennini non c'è Firenze... ma Prato e Pistoia! Controllate pure).
Parliamo - molto brevemente - della riqualificazione del viale.
Nell'ottocento tutte le strade nascevano alberate.
Vi siete mai chiesti perchè?
Perchè le strade servivano per passeggiare a piedi, o tutt'alpiù in carrozza, ed in estate l'ombra degli alberi era fondamentale per effettuare queste attività.
Adesso le strade servono per viaggiarci in macchina, e purtroppo, a causa dell'alta velocità che si raggiunge con questi mezzi, gli alberi servono principalmente  per sbatterci contro.
Intendiamoci: a noi i viali alberati piacciono parecchio, ma non si può negare che siano pericolosi, specie sulle strade extraurbane.
Sulle strade urbane il discorso è diverso, certamente.
Però gli alberi sono esseri viventi - e nessuno è più d'accordi di noi - e come tali nascono, vivono  e ... muoiono.
E quindi in una corretta impostazione della gestione del verde, dovrebbe essere pianificata una loro sostituzione a rotazione, in modo che possano vivere al meglio ed essere sostituiti al momento in cui cominciano a costituire una minaccia per la città in cui vivono: vuoi perchè sono troppo alti, o perchè le loro radici fuoriescono dalla sede stradale.
Questo è particolarmente vero per i pini, che sono stati piantati negli anni '50, senza nessun criterio.
Infatti i pini hanno una caratteristica: crescono molto in fretta ed in 20/25 anni diventano degli alberi immensi. 
Purtroppo, come sappiamo, hanno radici molto superficiali, che rovinano il manto stradale in maniera irreversibile, e sono soggetti a cadere con molta facilità al momento in cui il vento soffia impetuoso, proprio a causa della loro altezza e del loro largo "cappello".
E di questo, purtroppo, molti di noi hanno  una cattiva esperienza.
Comunque: a noi viale Montegrappa riqualificato piace, anche perchè ci ha permesso di "vedere" per la prima volta un'autentica chicca, una rarità di cui non ci eravamo mai resi conto di avere a Prato.
Una chiesa in puro stile razionalista.
La domanda sorge spontanea: " e che è lo stile razionalista?"
Lo stile razionalista è uno stile architettonico, fondato in Italia dal cosiddetto "gruppo sette" nel 1926, e che perseguiva uno stile architettonico liscio, lineare, funzionale, in accordo con i dettami del Bauhaus tedesco, da cui ha preso spunto, come del resto tutti gli stili modernisti europei.
Un edificio razionalista molto vicino a noi e che conosciamo molto bene è la stazione centrale di Firenze "Santa Maria Novella " di Giovanni Michelucci.
Purtroppo siamo portati a pensare che lo stile razionalista sia collegabile al fascismo: niente di più sbagliato.
Si è semplicemente sviluppato nel solito periodo, anzi -  lo stile razionalista è andato avanti sino agli anni '70 del secolo scorso - nel 1932 il segretario del Gruppo Sette fu costretto a scioglierlo perchè le loro idee non si adattavano a quelle del regime dove operavano.
Addirittura in Germania gli architetti del Bauhaus, Gropius in testa, furono perseguitati e costretti ad emigrare, perchè il loro stile era considerato "degenerato".
Da noi è andata diversamente: il regime fascista si è appropriato di quello stile, sovraccaricandolo poi di tutti i suoi stilemi ed orpelli, ed incaricando vari architetti di quel periodo di costruire vari edifici di tipo istituzionale, quali case del fascio, o sedi di ministeri, o di istituzioni periferiche ma non per questo meno rappresentative del regime stesso.
Esteticamente si caratterizza per l'ampio uso di marmi, specie i travertino, vetro, metallo, superfici chiare e lisce una classicità in senso moderno, non sovrabbondante.
Di questi edifici, le chiese costruite in questo stile si contano sulle dita di una sola mano.
Ecco, non ci crederete., ma una di queste è proprio San Giuseppe in Viale Montegrappa, ed il taglio degli alberi ne ha reso di nuovo ben visibile la facciata.


La chiesa è stato costruita nel 1938 come cappella dell'istituto di suore carmelitane annesso, dall'architetto Rolando Martini.
Fu quasi completamente distrutta del 1944, e ricostruita - dov'era e com'era - qualche anno dopo.
Dal 1976 è diventate chiesa parrocchiale.
Queste le scarne notizie che abbiamo trovato.
Dentro non c'è un granch'è, infatti.



Il bello  secondo noi è fuori : Il  travertino biondo, le linee pulite ed essenziali della facciata e del campanile, ne fanno un esempio classico di romanico razionalista , che applicato ad una chiesa lascia veramente senza fiato.
La scritta con la "v" al posto della "u" vi fa venire dei brividini?

Vi capiamo, ma è solo uno degli stilemi romani di cui l'ideologia fascista di era appropriata.
Esisteva prima di loro, ed ha continuato ad esistere anche dopo!

Un altro gioiello che avevamo a Prato e che era misconosciuto.


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domenica 15 settembre 2019

RICORDI DI BAMBINI: FISCHIETTI DI TERRACOTTA

Nella nostra famiglie esiste una specie di leggenda ad uso e consumo dei bambini.
Le nonne (non le mamme,  bensì le nonne) ci dicevano: "sei sei bravo quando vado al mercato ti riporto un ciuchino con il fischio nel culo".
(lo sappiamo, non si potrebbe dire, ma è indispensabile per lo svolgersi della storia).
Evidentemente non eravamo mai bravi, perchè noi questo ciuchino non lo abbiamo mai visto, e con il passare degli anni questo giocattolo è diventato un mito, un animale metafisico di cui ci eravamo rassegnati a non vedere mai le sembianze.
Quando eravamo ragazzini ci eravamo addirittura convinti che fosse uno di quei giocattoli in gomma, che se li premevi forte facevano un fischio un po' sfiatato tipo :"ftssssss".
Siamo rimasti delusi.
Ma ormai eravamo grandicelli, ed abbiamo liquidato il tutto con uno sprezzante :"roba da bambini".

Ma nella vita non bisogna mai perdere la voglia di cercare di realizzare i propri sogni.
Pianificando le nostre vacanze nelle Marche, abbiamo scoperto che, con una piccola deviazione, potevamo passare da Ficulle.
Ficulle, in provincia di Terni è il paese dei vasai, perchè già il nome deriva dal latino figulus, figulo, cioè vasaio.
C'erano delle cave nei pressi, ma sono state chiuse alla fine degli anni'50, quando una persona è morta estraendo l'argilla, e la allora si rifornivano di materia prima andando a prendere gli scarti dei laterizi non infornati da Bettolle, dove ci sono delle grandi fabbriche di mattoni e tegole.
Indagando ulteriormente, abbiamo scoperto che oltre ai cocci di uso comune che potevano servire quotidianamente, come piatti, brocche, vasi, qui erano di costruzione comune i fischietti, che venivano poi  venduti al mercato, quasi sempre come giochi per i bambini, ma anche come richiami per i cacciatori.
Allora abbiamo deciso senz'altro di passare di lì, approfittando per dare un'occhiata anche al paese.
E' un bel paese di origine medioevale, tutto ancora raccolto nella cerchia delle sue mura, con due Rocche, una posta a sud a difesa della Porta del Sole e l'altra, a pianta semicircolare, che vigila verso nord.


Tra le due Rocche, la via delle mura, un balcone naturale da cui si può spaziare sino a vedere il Monte Amiata ed il Monte Cetona.


Il Borgo era  feudo dei Filippeschi prima e dei Monaldeschi poi, ma nel 1464 le truppe pontificie ne presero possesso, ed entrò a far parte del suo territorio.
Come anticipato dal nome, questo era un paese di vasai, anzi di "cocciai", tra cui non era secondaria la produzione di fischietti, che - guarda guarda! - erano smerciati poi nei mercati settimanali o venduti a grossisti che poi li vendevano fuori zona.
Come tutte le antiche tradizioni  adesso si è un po' perduta e nel XXI° secolo, non sono molti i cocciai rimasti a far concorrenza alle industrie che producono piatti, vasi e brocche in serie.
Ancora più difficile è trovare chi produce ancora fischietti.
Infatti i fischietti si possono fare solo a mano, ed è una lavorazione molto delicata: se fischiano subito è fatta, altrimenti ci si perde tantissimo tempo ed è molto difficile far capire a chi viene nella tua bottega perchè un pezzo di creta -  che secondo la tradizione di Ficulle non è nemmeno verniciato -  costa dei bei soldi.
Se si conosce la tradizione e si capisce la lavorazione, allora non ci sono problemi, altrimenti erano discussioni con i clienti,ed ecco perchè hanno tutti abbandonato.
Solo una persona, tra le poche che continuano a portare avanti l'antica arte, è ancora capace di costruire fischietti.
Si tratta della signora Paola Biancalana (www.paolabiancalana.it), ultima erede di questa antica tradizione.
Questa simpatica signora, una vera artista,  produce pezzi artigianali di grande effetto, sia tradizionali che di ricerca contemporanea.
Quando le abbiamo raccontato la nostra storia ci ha detto che in effetti quella del cavallo era uno dei soggetti che venivano maggiormente prodotti come fischietti da gioco, sia come soggetto singolo, sia con il carabiniere che montava al contrario (con evidente intento di bonaria presa in giro).
Le abbiamo commissionato un certo numero di questi fischietti a forma di  somarello, da regalare a tutti gli ex-bambini della nostra famiglia, cresciuti con questo mito infantile.
Naturalmente il fischio doveva essere nella parte posteriore dell'animale, altrimenti la mitologia non poteva dirsi realizzata!
Lei si è divertita molto a questa storia e ci ha assicurato la sua collaborazione, inviando  le foto dei soggetti via via che venivano lavorati.



Ma la cosa più straordinaria è stata la faccia dei destinatari di questo gioco, sognato per chissà quanto tempo.
E' valsa la pena di aspettare tutti questi anni solamente per vedere la sorpresa dipinta sui solo volti.
Non ve li facciamo vedere, ma potete immaginarveli.

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domenica 8 settembre 2019

SANT'AGATA NEL MUGELLO

Del Mugello abbiamo parlato già in molte altre occasioni. 
E come si fa a non parlarne? E' proprio uno di quei posti a chilometri zero che ci piacciono tanto.
E' bellissimo (ancora, e nonostante lo scempio che si è trovato a dover affrontare negli ultimi anni tra alta velocità', variante di valico e stravolgimenti vari) dovunque ti fermi per mangiare caschi bene....
Il Mugello - lo abbiamo detto tante volte - è una terra antica.
Antica ma non remota, è una zona di passaggio e questo fatto di essere di passaggio lo ha pagato molto, molto caro.
Intendiamoci, ci sono stati degli interventi che lo hanno persino migliorato.
Il lago di Bilancino, che è stato fatto in una maniera che ha massacrato le falde acquifere della zona, e che è costato dieci volte (non saremmo troppo ottimisti?) tanto quello che era stato preventivato, adesso è lì, bello, splendido, da non più di 20 anni, eppure sembra un lago "vero".
Si è inserito nel paesaggio in un modo tale, che neppure i suoi detrattori più sfrenati si sarebbero mai immaginati.
Eppure una zona quasi incontaminata del Mugello esiste ancora: è quella di Sant'Agata, una frazione del comune di Scarperia e San Piero a Sieve.
Qui il paesaggio non ha niente da invidiare a quello di zone più famose della Toscana: la Valdorcia, il Casentino o il Chianti.
E' meno turistica - più vera, aggiungeremmo - qui non troverete mai macchine con targa olandese ferme lungo il ciglio della strada a fare foto, perchè questo è un luogo fuori dalle rotte turistiche.
Altrimenti non si spiegherebbe questo simpatico cartello:
qui i bambini possono scorrazzare in perfetta sicurezza; in questa piazza nessuno li disturberà!

Ma oltre il paesaggio ci sono tante belle cose da vedere in questo minuscolo paese.
Sulla Pieve romanica, risalente al XII secolo, si può vedere dall'esterno una bizzarria: una scacchiera  in alberese e serpentino verde, sulla quale sono state fatte le ipotesi più stravaganti: un simbolo esoterico, un richiamo a qualche antico ordine monastico o dei cavalieri di chissà quale ordine misterioso, un passaggio di arabi che conoscevano il gioco degli scacchi già da molto tempo prima dell'anno 1000...

A noi è piaciuta l'ipotesi che si trattasse semplicemente di un marchio di fabbrica!
Infatti, abbiamo trovato la stessa scacchiera, in alberese e serpentino - ma solo metà, forse avevano meno soldi da spendere, chi può dirlo - anche su questa chiesa a Cornacchiaia, frazione di Firenzuola, non lontanissima da qui.
L'ipotesi è che si trattasse della stessa "impresa edile" e che questo non sia altro che la loro originalissima firma.


Inoltre, la chiesa, esageratamente grande per un paesino così piccolo, era stata 
ingrandita appositamente rispetto alla chiesa paleocristiana esistente
perchè, essendo ai piedi dell'appennino, da qui transitava sicuramente il tracciato dell'antico passo dell'Osteria Bruciata, che portava i pellegrini da e per Bologna.
La Pieve quindi forniva assistenza e ricovero per viaggiatori, pellegrini o mercanti che fossero, che viaggiavano tra Bologna e Firenze.
Nel punto di confluenza di due torrenti, il Cornocchio ed il Romiccioli, appena fuori il paese, c'è invece l'antico mulino del Parrini, un mulino molto antico, dove la famiglia Parrini era quella che gestiva le attività molitorie, dal '600 sino alla morte dell'ultimo componente della famiglia nel 2003!
La proprietà invece è stata della famiglia Salviati, imparentata con i Medici (era una Salviati la moglie di Giovanni dalle Bande Nere, nonchè madre di Cosimo,  il primo a fregiarsi con il titolo di Granduca), e poi dei Ricasoli.
Nomi conosciuti, diremmo...

Il mulino è chiuso, ma è visitabile su appuntamento.
Poco prima del Mulino, troviamo su un trivio (che sarebbe un incrocio di tre strade, una delle quali porta proprio al nostro mulino) troviamo un originale tabernacolo, che nelle notizie che abbiamo trovato figura come "barocco rustico"
per quanto possa essere assurdo accostare questi due aggettivi.
Ed in effetti si ha l'impressione di trovarsi di fronte a qualcosa di molto originale:
Il tabernacolo è in mattoni non intonacati, ma ha una forma molto elegante, aperto al fondo, senza altare nè scalini.

C'è solo una piccola immagine della Madonna dei Sette Dolori, sempre con qualche semplice fiore fresco, dentro piccoli barattoli o lattine.
Il luogo ideale per una preghiera sincera.
C'è poi, piuttosto famoso, il museo della civiltà artigiana e contadina, con personaggi in movimento.
Si tratta della ricostruzione del paese negli anni tra le due guerre, tutto fatto in scala da Faliero Lepri ( e per questo detto "del Leprino").
Ma vi pare che noi avevamo la pazienza di aspettare che aprisse?
Noooo.....
Anche perchè come faremmo a tornarci per parlarvene nel dettaglio?!




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domenica 1 settembre 2019

OPPORTUNITA' DOVE GLI ALTRI VEDONO SOLO PROBLEMI: PECCIOLI

Nei nostri Post parliamo spesso di "Contado Pisano".
Ci piacerebbe chiarire di che cosa si tratta.
Grossolanamente, la potremmo definire come quella zona che da San Miniato va sino alla costa - città di Pisa esclusa, s'intende - composta da tutti quei paesi/borghi/piccole città che sono disseminate in una delle più belle campagne che ancora si trovano.
Sono luoghi molto belli, di una bellezza assai diversa da quella aristocratica del senese o di quella sanguigna dell'aretino.
Qui l'innegabile bellezza del paesaggio è familiare, diremmo "ruspante" - ma senza nessuna connotazione negativa - solo nel senso di naturale, genuina, non contraffatta.
La campagna è dolce, senza essere stucchevole, e i borghi sono perle di una immaginaria collana.
Tra queste perle ci ha colpito per la sua storia particolare Péccioli, proprio così, con la "e" aperta.
E' uno dei tanti piccoli comuni di queste parti, meno di 5.000 persone, ma sicuramente uno dei più ricchi, perchè il Comune è azionista di maggioranza della società che gestice la discarica situata nella frazione di Legoli.

Si tratta della più grande discarica della Toscana, capace di di ingoiare 300.000 tonnellate di rifiuti l'anno.
Rifiuti che, ricordiamo, provengono dalle province di Firenze, Prato, Pisa, e Massa Carrara.
Quando 20 anni fa il Comune ha accettato di inserire la discarica nel suo territorio comunale, i cittadini non erano molto d'accordo.
E immaginiamo che ce ne siano ancora parecchi che non lo sono nemmeno adesso.
Però c'è da dire che davvero qui gli amministratori comunali - complice anche un territorio che permetteva la creazione di una discarica fatta secondo tutti i sacri crismi, con il recupero dei liquami, la creazione di energia elettrica dal biogas, il teleriscaldamento per le abitazioni della frazione di Legoli, impianti eolici e solari, la creazione di anfiteatro all'interno della discarica stessa, dove si tengono eventi teatrali e shooting di moda - 


hanno visto un'opportunità dove gli altri vedevano solo problemi (come da titolo).

Come sempre succede in Italia, quando si deve prendere una decisione importante, si ha tutti contro.
Quando la si realizza... allora sì che c'è la sollevazione popolare.
Anche perchè - diciamocelo - qualche cosa di sbagliato anche l'amministrazione più onesta la fa. 
E sorvoliamo su quante cose sbagliate sono state fatte in passato per le grandi opere.
Sorvoleremo anche sulla buona o cattiva fede.
Ma quando l'opera è fatta, beh, si godono senz'altro i frutti.
E qui i frutti ci sono: L'anno scorso la società Triangolo, che gestisce la discarica, e che è composta nella sua maggioranza da partecipazione comunale e per il resto da circa 900 azionisti privati (la cui maggioranza sono residenti nel territorio comunale), ha diviso la bellezza di 30.000.000 di euro utili.
Si, trenta milioni di euro di utili.
Mica male per occuparsi di spazzatura.
Ce ne dovremmo ricordare quando diciamo "no" a tutto quello che viene proposto.
Come diceva Albert Einstein "Non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose".
Qui qualcuno ha avuto il coraggio, se non altro, di fare qualcosa di diverso.
E i risultati si vedono.
Il paese è stato migliorato ed abbellito da opere d'arte distribuite dovunque.

E' stato costruito un grande parcheggio con un ascensore panoramico che porta direttamente in paese.
I residenti godono di alcune agevolazioni fiscali: per esempio nella ristrutturazione di case del centro storico i cittadini vengono rimborsati quasi integralmente, oppure per l'istallazione di impianti fotovoltaici.
Peccioli inoltre è integralmente coperta dalla sorveglianza di videocamere per la sicurezza dei residenti.
La costruzione dell'Incubatore di impresa", che poi sarebbe un villaggio di ricerca, dove domina questo gigante che dovrebbe essere Prometeo (il titano che ruba il fuoco e ne fa dono agli umani...) è stata un'altra conseguenza del "modello Peccioli" e dove dovevano svilupparsi start-ups tecnologiche nel cuore della Valdera.

Ma a quel che sappiamo, questa opportunità non si è sviluppata così bene come le altre: non è stato sufficente costruire l'infrastruttura, anche se era pur sempre un inizio.
Come del resto è strenuamente avversata la costruzione del ponte metallico che unirà la parte bassa del paese al suo centro storico.
Una struttura avvenieristica che ai paesani non piace.
Ma secondo noi vale tutto quello che abbiamo detto finora: le innovazioni sono sempre avversate, poi quando ci sono, si accettano.
Anzi, ci piacciono pure.
Questa è l'Italia.

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