domenica 28 dicembre 2014

IL SANTUARIO DELLA BEATA VERGINE DELLE GRAZIE A CURTATONE

Questo è un luogo il cui nome dice sicuramente qualcosa ad ognuno di noi.
Curtatone è il luogo dell'epica battaglia, qui combattuta contro l'imponente esercito austriaco, il 29 maggio 1848, da poco più di 6.000 studenti - in grande maggioranza toscani, sia detto per inciso - e finito come sappiamo, cioè male per i ragazzini, che però permisero con la loro sconfitta, l'avanzata delle truppe piemontesi che vinsero un'importante battaglia il giorno successivo a Goito.
E Montanara? Montanara è una frazione del Comune di Curtatone, dove fra l'altro ha sede il Municipio, essendo Curtatone, uno di quei comuni "sparsi" di cui l'Italia è piena.
Ma noi volevamo parlare del Santuario della Beata Vergine delle Grazie, che è una chiesa assai particolare.

Sorta intorno al 1200 intorno ad un altarino, a cui gli abitanti della zona - zona lacustre, dove la vita ed il lavoro erano molto pesanti - erano assai devoti.
Con il tempo, intorno a questo altarino nacque una chiesetta. Poi, alla fine cdel XIV secolo, il principe Francesco Gonzaga fece costruire la basilica, per grazia ricevuta. infatti si riteneva che la Vergine eresse liberato la città da una epidemia di peste. Il 15 agosto 1406 la Basilica fu consacrata.
La particolarità del luogo è data dalla decorazione interne della chiesa.
Se all'esterno è un pulitissimo gotico Lombardo, dentro colpisce la decorazione composta da statue a grandezza naturale. i "manichini", come vengono detti, sono in realtà fatti in cartapesta, e sono quasi tutti opera di un frate lombardo, un certo Frate Francesco da Acquanegra, che era uno specilista nel lavorare questi materiali poveri.
Raffigurano le persone che hanno ricevuto una grazia, ognuna con la sua didascalia (detta "metopa"), scritta in italiano volgare e  non in latino, che spiega in che circostanza la persona raffigurata ha ricevuto la grazia.
In realtà non si tratta solo di ex-voto offerti da povera gente, che per spender poco utilizzava la cartapesta invece del marmo. Ci sono statue con vestiti veri, di stoffe lussuose, o militari coperti di vere armature, che sappiamo essere un genere assai costoso.

Come se non bastasse questa strana decorazione, dal soffitto a volta pende un coccodrillo impagliato, che colpisce molto chi guarda in alto. E di solito, quando si entra in una chiesa, si guarda sempre in alto!

Probabilmente è stato collocato qui nel XV secolo, portato dai cavalieri crociati, e considerato alla stregua di un drago, come un simbolo del male.

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domenica 21 dicembre 2014

IL MUSEO TAZIO NUVOLARI A MANTOVA

Mantova è una cittadina veramente bella, piena di una vita e di una vivacità, anche notturna, che da noi in Toscana si è un po' persa.
Parlare di Mantova in quanto città - pur deliziosa -  non rientra nei nostri canoni: la nostra "mission" è quella di parlare di cose meno conosciute, o nascoste, o dimenticate,  Mantova non ha certo bisogno di quello che potremmo dire noi, che sarebbe sempre troppo poco, e inadeguato!
Vogliamo invece parlare di un museo, nel quale ci siamo imbattuti e del quale non conoscevamo l'esistenza: il Museo dedicato a Tazio Nuvolari, asso indimenticato e indimenticabile dell'automobilismo - e non solo - italiano e internazionale.

Infatti il grande "Nivola" come era soprannominato, è nato proprio da queste parti, a  Castel d'Ario.
Qui ha sposato nel 1917 quella che sarebbe poi diventata la compagna dell'intera vita, qui è poi morto nel 1953.
Era figlio di agricoltori, ma benestanti, che poterono comprare a quello che era il loro quarto figlio, uno poco incline allo studio ed alla vita contemplativa, una bicicletta. Il padre di Tazio fu un buon ciclista, e suo zio, Giuseppe Nuvolari, un asso delle due ruote, che fu più volte campione italiano e si cimentò persino  nelle prime corse su pista.
Nel 1904 assistette per la prima volta ad una corsa automobilistica, il circuito di Brescia, che si disputava su un tracciato stradale che toccava anche Cremona e Mantova, e vide in azione gli assi dell'epoca: rimase fortemente impressionato e affascinato dallo spettacolo della velocità.
In quello stesso anno lo zio Giuseppe, che Tazio idolatrava e che voleva imitare in tutto, lo fa sedere in sella ad una motocicletta e gli insegna a guidarla.
Infatti, la fama di Nuvolari guidatore di automobili è talmente grande, da far dimenticare che è stato un altrettanto grande e famoso pilota motociclistico!
Ha iniziato la sua carriere professionistica piuttosto tardi - solo nel 1923, a ben 31 anni - proprio solo come corridore motociclista.
 Era così bravo che venne soprannominato "il campionissimo delle due ruote", appellativo che poi venne assegnato a Fausto Coppi.
Una delle prime moto che ha guidato fu la Norton, ma il binomio per cui divenne famoso era con la Bianchi detta "freccia celeste" dal colore della livrea: con quella vinse veramente di tutto.

Era così popolare che non ebbe difficoltà a fondare una propria scuderia, che però ebbe scarsa fortuna.
In seguito cominciò a correre anche in automobile, e cominciò a vincere dappertutto anche lì.
Nel 1932 la sua fama era così grande che Gabriele d'Annunzio- che a quei tempi era qualcuno che contava per davvero - lo volle al Vittoriale, e gli donò un simbolo, una tartaruga d'oro con la dedica
 " all'uomo più veloce, l'animale più lento".
A Nuvolari il simbolismo piacque tanto che fece della tartaruga il suo amuleto, arrivando a farlo dipingere sulla fiancata delle sue auto, del suo aereo, sulla carta da lettere, e sulla sua maglia - gialla -che usava  in corsa.
Con l'auto ha corso un po' con tutti i marchi, come si usava all'epoca.
Maserati, Alfa Romeo, MG, Ferrari, Mercedes Benz, Auto Union (che sarebbe poi l'attuale Audi) sono solo alcune delle grandi marche - tutt'ora esistenti - per il quale Nuvolari ha corso.

E ha vinto, perchè ha vinto talmente tanto che sarebbe stucchevole stare a dire quanti titoli e quali gare!
Purtroppo non è stato altrettanto fortunato nella vita provata. Ha avuto due figli: Giorgio nato nel 1918 e morto nel 1937, a diciannove anni, per una miocardite, e Alberto nato nel 1927 e morto del 1946, a soli diciotto anni, di nefrite.
Questi lutti lo hanno segnato profondamente, tanto che sembrava che alla morte del primo figlio, di cui aveva avuto notizia su un transatlantico che lo riportava in Italia dopo la vittoria alla Coppa Vanderbilt, volesse ritirarsi dall'agonismo.
Nel 1946, la morte di Alberto per poco non lo uccise.
Continuò a correre nonostante fosse quasi avvelenato dalle esalazioni della benzina, che aveva respirato per tutta la vita, sino al 1950.
Nel 1952 lo colpì un ictus, e nel 1953 quello che poi lo portò alla morte.
E' stato l'inventore di quella che conosciamo per "derapata controllata" che si usa tutt'ora nei rally, con la quale si affronta la curva con un secco colpo di sterzo, facendo slittare le ruote posteriori verso l'esterno, e si controsterzava schiacciando l'accelleratore a tavoletta.
E' stato anche un ottimo fotografo: il comune di Mantova ha ereditato oltre 2.500 foto, tutte ottime come composizione, che hanno come soggetto la moglie - in una carrellata sulla moda tra gli anni trenta e quaranta - il mondo delle corse e dei motori, i viaggi da lui compiuti, ed il secondo figlio Alberto, la cui breve vita è stata amorosamente documentata dall'infanzia alla morte.
Molte di queste memorabilia sono esposte nel museo: molte sue foto, soprattutto, scattate da lui o aventi lui come protagonista.

Divise sportive, sia da moto che da automobile, la sua patente - una grande emozione - ben due targhe Florio!, una delle tartarughe, con la dedica autografa di D'Annunzio, e poi coppe, medaglie quante non se ne possono contare....la sua maglia gialla da corsa, documenti autografati, persino la copia del telegramma che lo raggiunse per la morte del figlio maggiore.
Un piccolo museo dedicato ad un grande uomo, situato in una strada laterale, nemmeno tanto visibile, anche se ben segnalato.
Sicuramente da visitare e da apprezzare, così come lo abbiamo apprezzato anche noi.


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martedì 16 dicembre 2014

IL PALAZZO TE A MANTOVA

Possiamo confessarlo: quando abbiamo pensato di andare a Mantova a vedere il Palazzo Te, credevamo di trovare un palazzo in stile giapponese, con tanto di fiori di mandorlo e giardino zen.
Poi abbiamo capito che il te, quello che si beve, non c'entrava niente. 
Il nome deriva da quello dell'isola su cui era costruito, e che si chiamava Teeieto, poi con il tempo abbreviato in  Te. Una delle ipotesi sul nome (quella che ci è piaciuta di più...) deriva  da tiglieto, albero di cui la piccola e  verdeggiante isola era assai ricca.
Infatti, Mantova - incantevole cittadina di cui raccomandiamo vivamente la visita - sorgeva su un'isola, circondata da quattro laghetti formati da fiume Mincio. Poi uno di questi laghi è stato bonificato, e da allora la città è una penisola, affacciata sui tre laghi superstiti. 
L'isola Te era collegata alla terraferma da un ponte, e qui i Gonzaga trascorrevano l'estate.
Se vi chiedete dove passavano l'inverno, sappiate che lo trascorrevano al palazzo Ducale, nel centro storico di Mantova, a non più di cinque chilometri di distanza.
Il palazzo come lo vediamo ora, destinato agli ozi ed agli agi del Principe, come costume del rinascimento, è stato costruito tra il 1524 - anno in cui l'architetto Giulio Romano si recò a Mantova - ed il 1534, su commissione di Federico II Gonzaga, in un luogo in cui sorgevano le scuderie dei loro amatissimi e pregiatissimi cavalli.
 Il binomio cavalli-Gonzaga è noto, tanto che nel palazzo esiste una splendida sala tutta affrescata con i ritratti di  alcuni cavalli del principe, dei quali quattro hanno persino il nome indicato: Morel Favorito, Battaglia, Dario e Glorioso.
In verità ogni stanza, ogni loggia, ogni spazio esterno ha la sua funzione specifica, ed è decorato di conseguenza.
Sarebbe impossibile per noi,  parlare di ogni singola stanza: per questo c'è il sito istituzionale del palazzo.
Oltre alla sala dei cavalli ci ha colpito la famosissima camera dei giganti, un'esperimento mai tentato prima -  e riproposto poi in seguito solo secoli dopo - in cui la conformazione della stanza è molto particolare.
Priva di spigoli, la sua decorazione  esce dai canoni normali - vorremmo dire dell'epoca, ma non solo (un soffitto, quattro pareti e un pavimento) - per permettere a chi entra di trovarsi al centro dell'episodio narrato.
L'episodio riguarda la distruzione dei Giganti, che volevano sostituirsi agli Dei, da parte di Zeus.
Vi ricordate, nei Luna Park anni '70, quelle cupole di plastica in cui si entrava per vedere una specie di cinema tridimensionale, dove il film veniva proiettato su tutta la cupola a 360°?
Ecco, una cosa de genere: solo che in origine anche il pavimento faceva parte della storia!!
Adesso purtroppo le decorazioni del pavimento sono andate perdute.
E poi a noi è piaciuto particolarmente l'esterno, con i suoi spazi, i suoi cortili interni, le vasche d'acqua popolate di pesci,  ed il grandioso emiciclo dell'esedra, che confina con un parco pubblico molto frequentato e vivace.
Incantevole ci è parso anche l'appartamento del Giardino Segreto, un luogo intimo e riservato, fatto fare sull'esempio del Giardino Segreto fatto fare dalla madre del Principe, Isabella D'Este, a palazzo Ducale: un piccolo appartamento, con una loggia e un giardino,

il tutto non visibile dal palazzo principale, e a cui si accede da un'anonima porticina, vicina al colonnato.
Nel palazzo Te, sono radunate anche alcune bellissime collezioni, che ne fanno anche un museo civico.
Confessiamo che l'arte mesopotamica non ci appassiona particolarmente: però l'ambientazione era veramente splendida, curatissima e molto efficace, con una disposizione ed illuminazione delle opere esposte veramente considerevole!

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lunedì 8 dicembre 2014

UNA CITTA' DI FONDAZIONE IN TOSCANA: TIRRENIA (E IL CALAMBRONE...)

Vi ricordate quella rubrica sulla Settimana Enigmistica che si intitolava "forse non tutti sanno che..."
Ecco, forse non tutti sanno che Tirrenia,  una delle frazioni litoranee  del comune di Pisa, è in realtà una citta' di fondazione.
Con questo termine si intendono quegli agglomerati urbani che nascono sulla base di una precisa volontà politica.
Negli Anni '30 del XX secolo, questa volontà politica ce l'aveva Benito Mussolini, che fece nascere una miriade di città di fondazione. La più famosa di tutti è Latina, nell' Agro Pontino - che ai tempi si chiamava Littoria, infatti il nome fu cambiato solo nel dopoguerra - o Pomezia, o Sabaudia, tanto per fare dei nomi noti.
Queste città di fondazione nascevano tutte più o meno nello stesso modo: una piazza centrale, dove era presente una Torre Littoria, e intorno alla quale sorgevano gli edifici principali: il municipio, la casa del fascio, la scuola, l'ufficio postale e così via.
Nello specifico, Tirrenia venne fondata il 3 novembre 1932 per volontà di Costanzo Ciano, livornese, padre di quel Galeazzo che poi diventò genero di Mussolini.
La piazza centrale si chiama Piazza dei Fiori, e gli architetti che la progettarono le diedero questa particolare impronta razionalista, tutta travertino, marmi chiari e superfici lisce.

Furono costruiti vari alberghi e lo stabilimento Imperiale - a quei tempi l'impero era di moda - con albergo, caffè e stabilimento balneare.
Le statue che adornano il complesso, hanno una loro strana dignità storica, data più dal materiale piuttosto vile in cui sono state costruite - come il mattone verniciato - che dall'antichità che si richiederebbe invece ad un marmo autentico.

Qui,in questa stessa costruzione,  negli anni '90 c'era una famosa, omonima discoteca, che attirava frotte di persone da ogni parte d'Italia, durante tutto l'anno, per il famoso mezzanotte-mezzogiorno (orari di entrata e di uscita).
Tirrenia, perla del Mediterraneo - nelle intenzioni di chi la progettò - doveva diventare anche una specie di Cinecittà. Infatti furono costruiti degli Studi Cinematografici, inaugurati nel 1933, e di cui doveva servirsi la propaganda fascista.
 Alcuni film sono stati anche girati, ma gli attori preferivano certamente la Cinecittà di Roma, vicina alla Capitale e sicuramente meglio servita di una città neofondata su una ex-palude ed in mezzo ad una selvaggia pineta!
In definitiva la produzione cinematografica non decollò mai, e gli stabilimenti cinematografici furono usati prima dai tedeschi come deposito di munizioni, e poi dagli americani del Tombolo (vedi post), come deposito di merci varie.
Nel 1961 gli stabilimenti vennero rilevati da Carlo Ponti, ma chiusero definitivamente  pochi anni dopo, nel 1969. L'ultimo film girato in questi teatri di posa fu "Goodmorning Babilonia" dei fratelli Taviani, nel 1987.
A Tirrenia, in fondo al viale dei Fiori troviamo anche questa graziosa ex stazione - adesso adibita a bar ristorante - che costituiva una tappa della ferrovia elettrica Pisa -Tirrenia - Livorno.

Anche questa fu inaugurata nel 1932 , sfruttando e ampliando un pre-esistente ferrovia a vapore che collegava Pisa al suo litorale, detta "il trammino". Visto lo sviluppo del turismo  negli anni '20, fu pensato di prolungarla sino a Livorno, passando dal Calambrone.
Ecco, il Calambrone era detto la zona del litorale a nord di Livorno, era quindi un nome generico, che si vorrebbe far risalile a Caput Labronis, ed in epoca medioevale era da identificarsi con il Porto Pisano. Poi ci fu l'impaludamento dell'Arno, e Calambrone rimase solo una località scarsamente popolata, sino agli anni trenta  del XX secolo, quando, nello stesso periodo della costruzione di  Tirrenia, il regime pensò di utilizzare questo litorale per realizzare le Colonie Estive che caratterizzano tutto questo tratto di costa. Ce ne sono di molto belle e ben restaurate, utilizzate per alberghi di lusso, altre per abitazioni private, altre ancora in completo degrado.

Erano tutte costruzioni realizzate da grandi architetti dell'epoca, alcune classicheggianti, altre razionaliste: tutte proprio sulla riva del mare, su quelle dune di Tirrenia che sono rimaste tra le poche zone che conservano ancora la particolarità delle dune marine, con la loro tipica flora, peraltro protetta da oasi naturalistiche.
Fu  realizzato anche un piccolo centro abitato, che fu chiamato appunto Calambrone. Con la dismissione delle Colonie Estive, nella seconda metà del XX° secolo, la zona che era già poco popolata, cadde nel degrado.
Attualmente è stato però restaurato - a nostro avviso in modo davvero gradevole - e ampliato e integrato con costruzioni moderne, - che mettono in risalto le statue classicheggianti degli anni '30,  e la bella chiesa di Santa Rosa dalle bellissima cupola a gradini.


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