Mantova è una cittadina veramente bella, piena di una vita e di una vivacità, anche notturna, che da noi in Toscana si è un po' persa.
Parlare di Mantova in quanto città - pur deliziosa - non rientra nei nostri canoni: la nostra "mission" è quella di parlare di cose meno conosciute, o nascoste, o dimenticate, Mantova non ha certo bisogno di quello che potremmo dire noi, che sarebbe sempre troppo poco, e inadeguato!
Vogliamo invece parlare di un museo, nel quale ci siamo imbattuti e del quale non conoscevamo l'esistenza: il Museo dedicato a Tazio Nuvolari, asso indimenticato e indimenticabile dell'automobilismo - e non solo - italiano e internazionale.
Infatti il grande "Nivola" come era soprannominato, è nato proprio da queste parti, a Castel d'Ario.
Qui ha sposato nel 1917 quella che sarebbe poi diventata la compagna dell'intera vita, qui è poi morto nel 1953.
Era figlio di agricoltori, ma benestanti, che poterono comprare a quello che era il loro quarto figlio, uno poco incline allo studio ed alla vita contemplativa, una bicicletta. Il padre di Tazio fu un buon ciclista, e suo zio, Giuseppe Nuvolari, un asso delle due ruote, che fu più volte campione italiano e si cimentò persino nelle prime corse su pista.
Nel 1904 assistette per la prima volta ad una corsa automobilistica, il circuito di Brescia, che si disputava su un tracciato stradale che toccava anche Cremona e Mantova, e vide in azione gli assi dell'epoca: rimase fortemente impressionato e affascinato dallo spettacolo della velocità.
In quello stesso anno lo zio Giuseppe, che Tazio idolatrava e che voleva imitare in tutto, lo fa sedere in sella ad una motocicletta e gli insegna a guidarla.
Infatti, la fama di Nuvolari guidatore di automobili è talmente grande, da far dimenticare che è stato un altrettanto grande e famoso pilota motociclistico!
Ha iniziato la sua carriere professionistica piuttosto tardi - solo nel 1923, a ben 31 anni - proprio solo come corridore motociclista.
Era così bravo che venne soprannominato "il campionissimo delle due ruote", appellativo che poi venne assegnato a Fausto Coppi.
Una delle prime moto che ha guidato fu la Norton, ma il binomio per cui divenne famoso era con la Bianchi detta "freccia celeste" dal colore della livrea: con quella vinse veramente di tutto.
Era così popolare che non ebbe difficoltà a fondare una propria scuderia, che però ebbe scarsa fortuna.
In seguito cominciò a correre anche in automobile, e cominciò a vincere dappertutto anche lì.
Nel 1932 la sua fama era così grande che Gabriele d'Annunzio- che a quei tempi era qualcuno che contava per davvero - lo volle al Vittoriale, e gli donò un simbolo, una tartaruga d'oro con la dedica
" all'uomo più veloce, l'animale più lento".
A Nuvolari il simbolismo piacque tanto che fece della tartaruga il suo amuleto, arrivando a farlo dipingere sulla fiancata delle sue auto, del suo aereo, sulla carta da lettere, e sulla sua maglia - gialla -che usava in corsa.
Con l'auto ha corso un po' con tutti i marchi, come si usava all'epoca.
Maserati, Alfa Romeo, MG, Ferrari, Mercedes Benz, Auto Union (che sarebbe poi l'attuale Audi) sono solo alcune delle grandi marche - tutt'ora esistenti - per il quale Nuvolari ha corso.
E ha vinto, perchè ha vinto talmente tanto che sarebbe stucchevole stare a dire quanti titoli e quali gare!
Purtroppo non è stato altrettanto fortunato nella vita provata. Ha avuto due figli: Giorgio nato nel 1918 e morto nel 1937, a diciannove anni, per una miocardite, e Alberto nato nel 1927 e morto del 1946, a soli diciotto anni, di nefrite.
Questi lutti lo hanno segnato profondamente, tanto che sembrava che alla morte del primo figlio, di cui aveva avuto notizia su un transatlantico che lo riportava in Italia dopo la vittoria alla Coppa Vanderbilt, volesse ritirarsi dall'agonismo.
Nel 1946, la morte di Alberto per poco non lo uccise.
Continuò a correre nonostante fosse quasi avvelenato dalle esalazioni della benzina, che aveva respirato per tutta la vita, sino al 1950.
Nel 1952 lo colpì un ictus, e nel 1953 quello che poi lo portò alla morte.
E' stato l'inventore di quella che conosciamo per "derapata controllata" che si usa tutt'ora nei rally, con la quale si affronta la curva con un secco colpo di sterzo, facendo slittare le ruote posteriori verso l'esterno, e si controsterzava schiacciando l'accelleratore a tavoletta.
E' stato anche un ottimo fotografo: il comune di Mantova ha ereditato oltre 2.500 foto, tutte ottime come composizione, che hanno come soggetto la moglie - in una carrellata sulla moda tra gli anni trenta e quaranta - il mondo delle corse e dei motori, i viaggi da lui compiuti, ed il secondo figlio Alberto, la cui breve vita è stata amorosamente documentata dall'infanzia alla morte.
Molte di queste memorabilia sono esposte nel museo: molte sue foto, soprattutto, scattate da lui o aventi lui come protagonista.
Divise sportive, sia da moto che da automobile, la sua patente - una grande emozione - ben due targhe Florio!, una delle tartarughe, con la dedica autografa di D'Annunzio, e poi coppe, medaglie quante non se ne possono contare....la sua maglia gialla da corsa, documenti autografati, persino la copia del telegramma che lo raggiunse per la morte del figlio maggiore.
Un piccolo museo dedicato ad un grande uomo, situato in una strada laterale, nemmeno tanto visibile, anche se ben segnalato.
Sicuramente da visitare e da apprezzare, così come lo abbiamo apprezzato anche noi.
Mappa
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