domenica 12 novembre 2017

AUTUNNO NELL'ANCHIONESE E IL PORTO DEL CASINO DEL LILLO

Difficile che riusciate ad andarci quest'anno ormai, magari questo post ve lo dovete ricordare per l'anno prossimo.
Oppure meglio ancora: fregatevene delle nostre indicazioni e andateci quando volete, anche perchè secondo il nostro modesto parere, questi luoghi hanno un grande fascino in tutte le stagioni dell'anno.
Adesso il "foliage" (vorrebbe dire quando le foglie degli alberi cambiano colore da verdi a rosse o gialle) regala al paesaggio dei colori splendidi, ma siamo certi che gli alberi fioriti in primavera, oppure verdeggianti in estate, o nella nebbia in pieno inverno, non siano meno suggestivi.
Ok, vi immaginiamo già tamburellare con le dita: "tutta 'sta pappardella per autunno, ma che cavolo è l'anchionese?".
Giusto.
Anchione è una località del comune di Ponte Buggianese, situata al limite settentrionale del padule di Fucecchio.
In prossimità della frazione, oltrepassata l'antica Dogana Medicea 

- che era una dogana dove le merci approvano via acqua e non via terra - e attraversato il ponte detto "del Pallini" (l'ultimo ponte sul Pescia prima che si impaludasse), proseguiamo su uno sterrato percorribile da qualsiasi vettura, e ci troviamo al Casino del Lillo, uno dei tanti porti dei barchini dei cacciatori, ma uno dei pochi (forse l'unico?) completamente restaurato dai cacciatori stessi, e  che chiunque, con il dovuto rispetto, può visitare liberamente.
Qui il connubio tra i cacciatori, i loro cani e l'ambiente naturale, è totale.
Noi non amiamo la caccia, ma abbiamo molta stima per chi ha dedicato tanto tempo e risorse a ricostruire un ambiente tanto particolare, e che permette di godere così appeno della natura.
Il silenzio è totale, gli uomini parlano sottovoce, timorosi di turbarlo; solo qualche cane abbaia lontano.
Visitiamo in silenzio il porticciolo: vediamo arrivare un barchino dal canale, e rimaniamo sorpresi nel vedere quanto l'acqua sia poco profonda; il cacciatore ed il cane scendono direttamente nell'acqua senza problemi.
Leggiamo la lapide sul casotto di caccia; vengono ricordate due vittime dell'eccidio nazista del 23 agosto 1944, un padre e un figlio poco più che diciassettenne.
Nelle strade vicine troviamo molte di queste lapidi, vicine a un cipresso, e un'altra commemorativa davanti alla nuova chiesa di Anchione.
Abbiamo avuto una strana impressione di questa strage nazista, dimenticata dai più. E' come se il tempo qui avesse avuto uno stop, come se da quella strage, questi luoghi non si fossero mai ripresi.
Le edicole commemorative lungo gli stradoni bianchi, fanno un tutt'uno con le case coloniche diroccate sullo sfondo, a simboleggiare che, con quella feroce uccisione da parte delle truppe naziste sulla popolazione civile inerme, un'epoca finiva definitivamente.
L'epoca della vita contadina in questi luoghi, dove adesso vediamo tutto bello e ridente, coltivato com'è a vivaio di piante, ad albereta, punteggiato di belle villette rosso mattone o giallo vivo.
Ma alla fine dell'ottocento qui la vita doveva essere molto dura, si viveva dei prodotti della palude, cominciava appena qualche bonifica e non si arava terreno, ma fango.
Se si arrivava a quarant'anni era già tanto, e comunque a quell'età si era già vecchi, finiti. L'alternativa era morire di malaria o di qualche malattia di palude. Poi con gli anni le bonifiche diventarono sempre di più e le fattorie di moltiplicavano; se ne vedono tante in questa pianura.
Poi arrivò quel 23 agosto 1944, e qui non rimase più nessuno. Donne, vecchi, bambini, tutti fucilati dai nazisti. Quando gli uomini tornarono dalla guerra - quelli che tornarono - andarono a lavorare nelle fabbriche, all'estero, oppure a Prato, o a Pistoia, lontano da questa vita e da quest'incubo. E qui tutto è rimasto cristallizzato, come l'antica Dogana Medicea, che - guarda caso - è diventata sede del centro di documentazione dell'eccidio nazista del Padule di Fucecchio.

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