domenica 25 gennaio 2015

PIU' CHE UN LUOGO, UN'ATMOSFERA. LA STAZIONE DI PISTOIA

La Stazione di Pistoia non è una stazione come le altre: tanto per cominciare, dall'altra parte della strada, fino ai primi anni '70 c'erano le vecchio officine San Giorgio, diventate Officine Meccaniche Ferroviarie Pistoiesi nel dopoguerra, e dal 1969 Ferroviaria Breda Pistoiesi.
Qui dal 1906 si costruivano carrozze, intentendo per carrozze quelle trainati dai cavalli. Poi, con il tempo oltre alle carrozze (ferroviarie, però) si costruivano anche le locomotive. Insomma, si costruivano i treni.
 Nel 1973 furono costruiti gli attuali stabilimenti in via Ciliegiole - adesso AnsaldoBreda - e i vecchi capannoni di via Pacinotti, completamente abbandonati, si sono pesantemente degradati con gli anni. Solo da poco, dall'enorme area occupata dalla ex-Breda, si è iniziata la riqualificazione: aree espositive, polo universitario, parcheggi, palazzi futuristici: la ferita nel centro di Pistoia si sta rimarginando.
Ma torniamo alla Stazione: esteticamente una stazione come le altre, inaugurata nel 1851 e capolinea della linea Porrettana, che un tempo era la principale via di collegamento con Bologna e la pianura Padana. All'inizio del novecento era una stazione molto importante, tanto che vi sono ben due scali merci, di cui uno dismesso.
Nell'ambito del deposito locomotive della stazione stessa,  si trova un piccolo museo all'aperto di storia ferroviaria. Che cos'è un deposito locomotive? Un impianto ferroviario a cui sono assegnati i mezzi ferroviarie, che qui vengono riparati, e dove vengono ricoverati in attesa di destinazione.
Certamente la vicinanza dello stabilimento Breda ha influito sulla vocazione storica di questa stazione, come del resto su tutta la città di Pistoia.

Ci hanno particolarmente impressionato le locomotive a vapore: il loro aspetto che non concede nulla all'estetica - eppure con il tempo è diventato estetica esso stesso - dove ogni cosa deve essere visibile e utile, esprime una potenza, una forza brutale, una forza cieca... cieca proprio perchè il treno procede su dei binari,  per cui non ha bisogno di "vedere" dove va, perchè la sua strada e già tracciata: guai a chi ci si mette nel mezzo, quel mostro meccanico altro quattro metri non ha pietà per nessuno, non guarda in faccia nessuno, non conosce nessun ostacolo.

Ci sono venuti in mente le locomotive che correvano alla cieca lungo le grandi praterie del nord-America, attraversando polverosi paesini con la stazione in legno, spaventare immense mandrie di bufali, e travolgendo -  comunque  - la vita di chiunque entrasse in contatto con la loro sovrastante imponenza.
Abbiamo visto troppi film western? Forse.
O forse per la prima volta ci siamo confrontati con questa meccanica cruda, dal basso del pietrisco tra i binari, e non dal marciapiede da cui si sale sul treno, e da cui "la macchina" sembra molto meno imponente.
E poi, diciamolo chiaramente: i treni moderni - così come le auto moderne - concedono molto all'estetica: coprono tutto quello che non è necessario vedere: sono bassi, eleganti, filanti. Anche le motrici hanno un aspetto innocuo, con i loro finestrini dove si siede il conduttore, che "vede" la strada - sia pure ferrata - e questo ce la rende un po' antropomorfa, con quelli che sembrano occhi e ce la fanno somigliare ad una automobile, più familiare e domestica.

Ma le motrici a vapore non hanno occhi: il conduttore si limita a spalare carbone per farla viaggiare, e a tirare il freno quando si arriva in stazione. Quello che succede nel mezzo non lo interessa, e non potrebbe essere altrimenti: davanti a sè ha una caldaia a vapore lunga sei metri!
Se impressionano noi, disincantati cittadini del XXI secolo, possiamo capire lo stupore, la meraviglia e il terrore che possono aver ispirato ai nativi americani,  questi autentici mostri di metallo.
Per non farsi mancare niente, erano pure verniciati in nero - con particolari rossi - il che amplificava l'impressione di trovarsi davanti a un mostro dell'inferno, anzi, a Lucifero in persona!



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