domenica 25 settembre 2016

IL PONTE ALL'INDIANO, L'INDIANO E LE CASCINE

C'è un posto, a Firenze, dove convergono tre storie.
Certo, a Firenze, di posti dove convergono tre, cinque o dieci storie diverse ce ne sono parecchi. 
Tra i tanti, noi abbiamo scelto questo: il punto dove il torrente Mugnone confluisce nel fiume Arno.
Su questo sperone triangolare, che sembra la prora di una nave - e certamente con il Mugnone pieno d'acqua l'impressione è davvero quella - sorge un monumento, dedicato al principe indiano Rajaram Chuttraputti di Kolampur.
Tutti i fiorentini - e la maggioranza dei toscani - sa che esiste questo monumento.

Ma il perchè?
Questo giovane principe- aveva solo 21 anni - stava rientrando dall'Inghilterra, dove si era recato per motivi di studio; una cosa normale per un alto personaggio indiano. Lì aveva avuto l'onore di conoscere personalmente la regina Vittoria. Era il 1870.
Forse era solo di passaggio, o forse stava facendo il Grand Tour, come si conveniva ad un giovane notabile di educazione anglosassone.
Fatto sta che, fermatosi a Firenze alla fine di Novembre del 1870, fu colpito da un grave malore e morì il 30 di quello stesso mese.
Secondo l'usanza indu', la sua salma fu arsa alla confluenza di due fiumi: appunto l'Arno ed il Mugnone, e le sue ceneri sparse sul luogo.
Erano usanze funebri stranissime in un paese come l'Italia, dove la religione cattolica proibiva la cremazione, e destarono grande eco in tutta la città. Furono molti i fiorentini che vollero assistere alla cerimonia. Immediatamente, il luogo fu detto: l'Indiano. Pochi mesi dopo, lo scultore Carlo Francesco Fuller scolpì un busto del principe, e lo collocò sotto un baldacchino.
Da allora è lì, a perpetuare il nome di questa zona.
Davanti al monumento - non si può non vederlo - c'è il Ponte che unisce i quartieri di Peretola e dell'Isolotto, e che si chiama proprio "Ponte all'Indiano".
Questo ponte, che ognuno che viva in zona ha percorso cento volte, molto spesso chiedendosi che ci stanno a fare gli autovelox tarati a 60 all'ora, se sul ponte non si riesce mai a superare i 40, per via delle code bibliche che ci sono, presenta delle particolarità non da poco.

Prima di tutto è un ponte "strallato", vale a dire che i cavi di acciaio che lo sostengono (gli stralli, appunto) sono ancorati sul terreno, anzichè collegati ad un cavo portante che ha la forma di una parabola - come il Golden Gate di Los Angeles, per capirsi, o come il Ponte di Brooklin - ed è stato costruito tra il 1972 ed il 1978.
A noi il nome è parso stranissimo, ma erano ponti strallati, tutti i ponti levatoi dei castelli del medioevo, tanto per dire, e quindi è una tecnologia molto antica, che si sta imponendo per i ponti sospesi con luci molto grandi, oltre i mille metri. 
Eppure questo metodo è rimasto congelato per un secolo e mezzo, dopo che due ponti di questo tipo crollarono miseramente all'inizio del XIX secolo.
A quanto pare, il Ponte all'Indiano è uno dei più lunghi al mondo, ed è unico nella sua tipologia costruttiva, perchè sotto ha una passerella ciclopedonale, che naturalmente ci siamo affrettati a percorrere.
Bene: a parte che non porta da nessuna parte (o perlomeno noi non abbiamo identificato destinazioni degne di nota), percorrerlo non è la cosa più gradevole del mondo.

Prima di tutto è molto basso, e questo amplifica la sensazione che le auto che scorrono sopra, ti stiano passando sulla testa - cosa in realtà, assolutamente vera - e poi si muove tantissimo... roba da mal di mare. 
Se torniamo al monumento dell'Indiano, sappiamo di trovarci all'interno del parco delle Cascine, 160 ettari del più grande parco pubblico di Firenze, creato come azienda agricola da Cosimo I de' Medici nel 1563.
Quando il Granducato passò ai Lorena, questi lo destinarono a luogo di svago, aperto in particolari occasioni a tutta la popolazione, anche se era essenzialmente un luogo dove galoppare con il cavalli, e passeggiare con le carrozze.
In quel periodo  fu costruita la Palazzina Reale, attuale sede della facoltà di Agraria, l'anfiteatro, la piramide, che aveva funzione di ghiacciaia, le fagianiere, due tempietti neoclassici che col tempo hanno cambiato nome in Pavoniere, ed alle quali si è aggiunta la conosciutissima piscina.
Fu acquisito dal Comune di Firenze nel 1869, e da allora sempre aperto allo svago di tutti i fiorentini.
Nel prato del Quercione, si sono svolte le prime partite di calcio giocate dalle squadre di allora, ma dal 1917 è stato proibito a tutti i club fiorentini, di giocare partite in quello spazio.
Contiene anche la Scuola di Guerra Aerea e ben due ippodromi: quello del Visarno, in posizione centrale, accanto al Piazzale delle Cascine dove sorge la facoltà di Agraria, ancora attivo e frequentato.
L'altro è l'ippodromo delle Mulina, alla fine del viale dell'Aereonautica, collocato in una posizione "infelice" perchè difficilmente raggiungibile, visto che non ci si può arrivare in auto (che fra l'altro non si saprebbe dove parcheggiare).
Questo suo essere un po' fuori dal centro delle Cascine, oltre all'innegabile crisi del mondo dell'ippica, ha determinato una sua inarrestabile parabola discendente, tanto che adesso ci si va solo per rendersi conto del terribile degrado in cui versa tutto l'impianto.
Un panorama davvero triste.
Peccato, perchè poi il resto parco è splendido, un Central Park italiano, praticamente nel centro della città, come quello di New York e che tanto piace ai turisti che visitano la Grande Mela.
Ci sarebbe da chiedere a questi signori, che vanno tanto magnificando il fatto che in una città come New York esiste un parco urbano di questa grandezza e così ben frequentato, se sono mai stati alle Cascine in una domenica di maggio!

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