domenica 26 ottobre 2014

LA PALUDE DI COLFIORITO

Conoscevamo Colfiorito per la famosa, squisita  patata rossa, e per le altrettanto note lenticchie. Ma non sapevamo che su questo altopiano c'era un piccolo parco regionale, che racchiude i resti di una zona umida. Allora abbiamo deciso di andare a visitarlo.
Per prima cosa abbiamo scoperto una cosa in sè abbastanza logica. Colfiorito è in Umbria, e quindi, in epoca preunitaria, faceva parte dello Stato Pontificio, e sino agli anno '60 è stato di proprietà della Camera Apostolica.
Lo Stato Pontificio aveva cercato di bonificare l'altipiano, che era una grande palude, tramite degli inghiottitoi - cioè delle caverne naturali che facevano defluire le acque di un altipiano verso il basso - ma degli eventi naturali, negli anni li avevano fatti crollare.
Dopo vari tentativi di bonifica -  ovviamente riusciti visto che adesso l'altipiano è coltivato e abitato - ci si è resi conto che la zona umida, assai ricca e varia, fornita anche di un a torbiera, andava preservata per quanto possibile.
Il parco era stato istituito nel 1955, ma solo negli anni settanta si è arrivati a questa conclusione...
Adesso può sembrare una cosa ovvia, cercare di proteggere queste zone umide, ma non è stato sempre così: anzi sembrava che tutto ciò che aveva a che fare con laghi paludosi, fosse considerato una specie di abominio che andava eliminato nel più breve tempo possibile. Fortunatamente si è acquisita la coscienza che queste zone sono molto importanti dal punto di vista naturalistico, e si è cercato di preservarle, e dove è stato possibile, persino di recuperarle.
Adesso, di tutto l'altipiano, rimangono un centinaio di ettari a disposizione della palude, che è un vero scrigno di biodiversità.

La prima bonifica dell'altipiano carsico fu tentata nel XV secolo ad opera di alcuni ingegneri fiorentini, su commissione di Giulio Cesare Varano.Questa opera idraulica era detta "Botte dei Varano". Quando nel 1997 si verificò il terremoto, l'opera idraulica è andata distrutta, ed è stata sostituita da un collettore sotterraneo parallelo. Nell'effettuare i lavori, si è scoperto che esisteva già un collettore di epoca romana - di cui non esistevano tracce documentate - costruito in travertino.
Rimangono un mulino, (il Mulinaccio ) in prossimità di uno degli inghiottitoi, che si tentava di far funzionare con il movimento delle acque palustri verso il basso.

Il laghetto della Fagiolaia, molto bello, con un percorso che in teoria dovrebbe farne il perimetro.

In pratica non è possibile girarlo tutto a piedi, perchè il sentiero è molto trascurato,e invaso dalle erbacce, e i casotti di legno che servono per osservare la fauna lacustre, sono stati pesantemente danneggiati da qualche stupido teppista.

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domenica 19 ottobre 2014

SAVIGNANO DI PRATO E LORENZO BARTOLINI

Lorenzo Bartolini è stato un grande scultore italiano, il più grande dell'epoca (nato nel 1777 e morto nel 1850, tanto per dare un'idea) dopo Antonio Canova.
Di solito di lui si dice che è nato a Prato, ma non è esatto. E' nato in questo piccolissimo paesino, Savignano di Prato, posto nella Val Di Bisenzio, a dominare l'abitato di Vaiano.
Questa la sua casa natale, monumento locale ma ormai proprietà privata, e quindi non visitabile.

Certamente in origine era una fattoria, poi adattata a villa.
Il nome di Savignano ci dice che il paese ha origini romane, come del resto molti altri nelle vicinanze. Si sa infatti che la Val di Bisenzio fu luogo di una centuriazione romana, dove l'impero, per pagare i suoi soldati, assegnava loro delle terre. Nell'attuale Vaiano è facile ritrovare il nome della famiglia Vaia, e lo stesso esercizio si può fare per Sofignano, Faltugnano, Popigliano, Schignano, tutte collocate lungo il Bisenzio.
Ed ovviamente questo vale anche per Savignano.
Essendo una frazione un po' isolata, Savignano ha saputo conservare meglio  la sua origine romana. Infatti, verso la località Mulino troviamo un tratto di strada romana, molto ben visibile, ovviamente mai restaurata , nè si è tentato di conservarla - anzi non mancano i tentativi di asfaltatura - e, nascosto sotto una vegetazione fittissima, anche un piccolo ponte romano, che attraversa il torrente locale, il Rio La Nosa. Abbiamo potuto  localizzare il ponte, solo grazie alle indicazioni della gente del posto.

E' qui conservata anche la piccola chiesa dei Santi Andrea e Donato, che è invece di origine medioevale, nel tipico alberese della zona, e una villa padronale, appartenuta ad una potente famiglia pratese, i Buonamici.

Sembra tanto per un posto così piccolo, ed è vero. Oltre a quello che abbiamo descritto non ci sono che altre sette o otto case, di cui parecchie destinate alla villeggiatura di chi sa apprezzare il panorama, veramente splendido, e la grande quiete.
Perchè qui non c'è veramente altro: amministrativamente adesso è una frazione del comune di Vaiano, e la strada asfaltata è una conquista recente!
Sicuramente in questa quiete è cresciuto il talento di Lorenzo Bartolini, che ha saputo diventare nientemeno che lo scultore ufficiale di casa Bonaparte, grazie anche ai buoni uffici di Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone e granduchessa di Lucca e Piombino, che lo aiutò anche a diventare professore di scultura presso l'accademia di belle arti di Carrara.
Certamente un gran bel colpo, che dovette però pagar caro dopo la caduta definitiva di Napoleone nel 1815. Fortunatamente sopravvisse grazie alle commissioni di parecchi facoltosi stranieri, tra cui anche il principe Antonio Demidoff, per il quale scolpì un monumento in memoria del padre, che si trova ancora in piazza Demidoff a Firenze.

La  scultura è stata realizzata in un marmo assai particolare, detto "zuccherino" molto pregiato ma altrettanto delicato. Per cui insieme alla scultura fu realizzata anche la pensilina che la protegge.
Il suo stile si distaccava dal neoclassicismo del Canova - e anche per questo ebbe un periodo di vita dura - e si ispirava ad uno stile più naturalistico, detto "purismo".
Dal 1839 fu anche docente all'accademia di belle arti di Firenze, e nel 1855 fu l'unico scultore italiano ad avere critiche positive - anche se evidentemente postume - all'esposizione universale di Parigi.
A Prato è conservata una sua scultura, la filatrice.


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domenica 12 ottobre 2014

I BORGHI ALTI DI CALENZANO

Come molti altri borghi sparsi in tutta la Toscana, anche Calenzano si è sviluppato in pianura solo in epoca recente.
Il suo cuore è certamente il borgo di Calenzano Alto, che sorge su una delle due collinette, il cui fondovalle ci porta direttamente verso il Mugello, tramite una variante della Cassia, e che ora è denominata Strada Militare per Barberino (SP8).
Il borgo di Calenzano alto - o Calenzano Castello, o, semplicemente, Castello - è ancora completamente cinto dalle sue mura medioevali,

ad un'altitudine  di per sè modesta, circa 200 msl, ma che permette tuttavia un'ampia visione sia sulla sottostante valle del torrente Marina, che scorre proprio sotto, sia sui primi contrafforti appeninnici che sorgono andando verso la Val di Sieve, alla quale si accede dal Passo delle Croci di Calenzano.
Le Croci di Calenzano sono un altro borgo alto di Calenzano, dove sorgono principalmente buoni ristoranti e poco altro. Anticamente il luogo si chiamava Combiate, e qui è sempre esistita un'osteria che permettesse ai viaggiatori di ristorarsi durante il lungo e faticoso viaggio da Prato ai borghi mugellani: Barberino - che è il più prossimo - poi San Piero a Sieve, Scarperia e Borgo San Lorenzo.
Ma torniamo al Castello, che è il Borgo più caratteristico: infatti, oltre a custodire il museo del Figurino Storico, è anche un borgo medioevale intatto, con la sua tipica forma ovale,  con le sue chiese, tra cui spicca quella di San Niccolò, la sua antica villa padronale, il cui giardino - ormai una giungla tropicale - arriva giù fino al torrente Marina, ed è cinto di alte mura  nelle cui prossimità sorge una frequentata pista ciclabile.
Ci sono due  belvedere, uno in prossimità della porta detta "Portaccia" con arco a sesto acuto, dal quale però si vedono solo insediamenti industriali e centri commerciali.
Molto meglio il belvedere posto dall'altro lato, dal quale si dominano il torrente Marina e le morbide colline che ci portano in Mugello.
Più piccolo e tutto incentrato sulla chiesa di San Donato, è il borgo - appunto - di San Donato, che ha più l'aria di borgo rurale, visto che, oltre alla chiesa, ci sono solo fattorie, e poche case che si inerpicano lungo una spettacolare stradina.






domenica 5 ottobre 2014

PONTE BURIANO E LA GIOCONDA

Esiste un quadro più famoso della Gioconda?
Al Louvre è esposto in una sala dove si possono ammirare capolavori immortali di autori a dir poco immensi: bene, nessuno se li fila;  in compenso davanti a questo quadrettino di dimensioni assai modeste c'è sempre un assembramento di gente che fotografa all'impazzata - ma lo guarderanno il quadro, o si accontenteranno di vedere poi le foto a casa? e in questo caso, che ci sono andati a fare al Louvre? Mah - gira filmini, si va venire gli svenimenti per l'emozione.
Non vogliamo parlare della Gioconda, ma del Ponte a dorso d'asino a sette arcate  che si vede sullo sfondo, sulla destra in basso.

Questo ponte  esiste tutt'ora sulla strada Setteponti,  tra Arezzo e Castiglion Fibocchi, su quella che in tempi romani era la Cassia Vetus e che univa Firenze a Roma. E' stato costruito tra il 1240 e il 1277, quindi ci sono voluti quasi 40 anni per costruirlo, perchè in questo punto l'Arno non è profondo, ma è molto ampio.
La bellezza di questo ponte non si apprezza certo passandoci sopra: è stretto e per percorrerlo c'è da sottoporsi alla tortura di un semaforo a senso unico alternato, dove il verde  dura pochissimi secondi

Bisogna scendere dalla macchina e andare a vederlo lungo le sponde del fiume, che in quel punto offrono un paesaggio splendido, con isole piene di vegetazione e sponde verdi e tranquille. Naturalmente è solo apparenza: il ponte in 850 anni di storia ha sopportato una gran quantità di piene - anche distruttive, tipo quella del '66 che tanti danni ha fatto a Firenze - e ha superato indenne persino la seconda guerra mondiale, dove i tedeschi avevano l'abitudine di minare tutti i ponti da dove passavano.
Anche questo fu completamente minato, e sarebbe esploso se l'esercito alleato non fosse riuscito a salvarlo in extremis!
Proprio da qui parte la riserva naturale di Ponte Buriano e  Penna, dove Penna è la diga che è stata ri costruita dopo l'alluvione del 1966, e dove - questo è un particolare davvero curioso - l'Arno riceve le acque del Canale Maestro della Chiana, che è un canale artificiale costruito tra il XVIII e il XIX secolo, per evitare l'impaludamento della Val di Chiana, sfruttando canali già costruiti in precedenza dai Medici prima e dai romani ancora prima.  Beh, questo canale prima era un affluente del Tevere, e invece è poi diventato affluente dell'Arno!
Con le tecniche digitali odierne, è stato definito il punto da cui Leonardo da Vinci ha osservato il ponte: pare che fosse il Castello di Quarata, che è una frazione a pochi chilometri da  Arezzo.


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