martedì 25 dicembre 2012

IL BORGO DI ARTIMINO (e qualche cenno sulla villa Medicea)

Abbiamo abbinato l'idea di parlare del paese -   del quale si parla molto meno rispetto alla  villa Ferdinanda,  una delle ville medicee più famose, detta nella zona "villa dei cento camini", che  accentra su di se' tutta l'attenzione  - ad una bella passeggiata a piedi,  in un periodo come l'autunno, ricco di nascoste bellezze.

L'autunno è una stagione particolare, che va saputo apprezzare anche in quelle giornate piovigginose e solo apparentemente tristi, che hanno una nascosta poesia, una bellezza lieve e sottile, ben diversa dal trionfante splendore della primavera, o dall'ardente gioia dell'estate.
Noi abbiamo percorso a piedi da Comeana la via delle Macie, dalla quale in condizioni favorevoli, si gode un panorama mozzafiato sulle città di Prato e di Firenze, e che ad ogni passo propone un'antica dimora storica o bellissime ville.

Da lì siamo scesi verso la stretta valle del torrente Elzana - lungo l'omonima strada - e siamo risaliti per la ripidissima via Arrendevole (uno strano nome, di cui non siamo riusciti a sapere l'origine)   al cui culmine , al bivio per la Pieve di San Martino,   possiamo ammirare l'ennesimo  panorama delle due valli, che sembrano ognuna lo sfondo di un quadro.
La storia di Artimino è antichissima, come testimonia il museo archeologico  - molto ben strutturato e  integrato in nella  tinaia  della fattoria - facente parte delle mura, con accesso dalla piazza interna del paese.
Attualmente è una frazione del comune di Carmignano, e sorge su un colle del Montalbano, ma la sua storia risale agli Etruschi di cui era un abitato piuttosto importante. La zona in cui sorge la villa (non si può fare a meno di parlarne...) era conosciuta come "Artimino vecchio" a significare che lì sorgeva un abitato molto antico. Il famoso e bellissimo viale alberato che unisce la villa al paese era in origine un decumano - vale a dire la via principale  - dell'abitato antico.

Sul suolo della Paggeria Medicea, al cui interno attualmente sorge un rinomato ristorante, c'era la necropoli,  che i Medici non si sono fatti scrupolo di interrare...
Tuttavia nelle vicinanze sono state rinvenute molte altre  tombe etrusche, ben conservate, che testimoniano che quella zona doveva essere parte di una vasta area con altri insediamenti, tra i quali collochiamo anche la città etrusca di Gonfienti, alla periferia di Prato.
C'è anche la mano dei romani, ma l'impronta etrusca è più evidente, e meglio esaltata proprio a causa del contesto in cui gli studi l'hanno collocata per quanto riguarda questi insediamenti etruschi a nord del fiume Arno.
Il nome deriva sicuramente dal nome della Dea della Caccia Artemide, essendo quella una località molto ricca di selvaggina - e questo lo sapevano anche i Medici, che poi lì han costruito la villa per i loro divertimenti di caccia, bla,bla,bla!
In Epoca alto medioevale - i primi riferimenti risalgono al 998 quando Ottone III consegno' chiesa e borgo al Vescovo di Pistoia  - è stata fondata  la Pieve di San Leonardo, poco fuori le mura.

Costruita in pietra locale in stile romanico, oltre ad essere perfettamente conservata nella parte posteriore - mentre anteriormente è stato aggiunto un porticato in epoca rinascimentale - posso dirvi che è in una posizione fiabesca, dominando  la valle dell'Arno  da un lato e le colline di Carmignano dall'altro.
Caratteristica del borgo è la Torre, che dall'alto del suo colle costituiva un punto di avvistamento.

Nella sua epoca medioevale era un forte di frontiera della provincia di Pistoia, e nei primi secoli del millennio scorso fu alternativamente sotto il dominio di Pistoia e di Firenze,  - e fu Castruccio Castracani a costruire gran parte delle mura di cinta ancora visibili - fino a che, in epoca rinascimentale non divenne feudo dei Medici, che poi nel 1596 decisero di costruire la villa, - progettata da un ormai anziano Buontalenti -  contornata dal parco del "Barco Reale", quasi 50 kmq di riserva di caccia sul Montalbano, di cui adesso rimane traccia solo nel nome del parco collinare dal quale si accede da Poggio a Caiano -  di cui abbiamo parlato nel post dedicato alla villa Ambra lì situata , e che  si fondeva con il suo giardino.
La villa, che sorge su un colle da cui si domina tutta la valle dell'Arno, è costruita in modo da godere del sole per tutta la durata dell'esposizione giornaliera.

Artimino era un borgo agricolo molto importate anche sotto i Lorena, dato che sulle sue verdi e splendide  colline viene prodotto vino e olio (attualmente  DOCG) sin dai tempi degli etruschi.
Nel borgo esiste una graziosa fontana, datata 1920, fatta a costruire dalla Contessa Maraini   ad uso della popolazione, che le dedicò riconoscente questa targa.

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domenica 2 dicembre 2012

IL TORRENTE TURRITE CAVE e FABBRICHE DI VALLICO

Per essere sinceri avevamo pensato di dedicare il post a Fabbriche di Vallico, ed alle sue frazioni - che poi sono anche la sua genesi - di Vallico di sotto e Vallico di Sopra.

Poi ci siamo innamorati della valle - bellissima nella sua severità, nascosta, remota -  ricchissima di acque sorgive e percorsa da questo strano fiume dallo strano nome - Turrite Cava, appunto - dalle acque trasparentissime, la cui bellezza è accentuata dalle pietre bianche e grigio-azzurro che ne coprono il fondo.
Il Torrente - perchè di questo si tratta, quindi è un corso d'acqua assai infido, con piene terribili che hanno messo in ginocchio varie volte nei secoli proprio l'abitato di Fabbriche di Vallico, che sorge sulle sue sponde - nasce in due rami che si uniscono poco sopra il paese : uno scende dal Monte Bicocca, l'altro dal  monte Matanna. Poco prima della sua foce è sbarrato da un bacino idroelettrico - costruito tra il 1937 ed il 1939 dalla S.A.L.T. Valdarno e che va ad alimentare la centrale di Pian Rocca -  che forma un lago dall'aspetto estremamente suggestivo, simile ad un fiordo.
Il suo fondo a rocce piatte lo rendo molto adatto alla navigazione con il kayak.
Venendo dalla Statale 12, per arrivare al lago - e risalire poi il torrente - si incontrano tre gallerie scavate nella roccia, molto strette e buie, da percorrere con attenzione. Del resto tutta la strada è molto stretta, specie dal paese di Fabbriche verso l'alta valle (e quindi particolarmente adatta ad essere percorsa in moto!)
Il torrente ha anche una storia importante alle  spalle. Per molti secoli ha segnato il confine tra lo stato di Lucca e il ducato d'Este. Questo da quando nel 1429 Fabbriche di Vallico, ed altri paesi  della media valle del Serchio, fecero atto di obbedienza al Duca Niccolò d'Este, allo scopo di sfuggire alle guerre che Pisani e Fiorentini combattevano sul loro territorio per appropiarsene, dopo la morte di Paolo Guinigi signore di Lucca. Il fiume rimase per almeno un secolo e mezzo il fronte di continue scaramucce e combattimenti, fino a quando nel '600 si costituì il Ducato di Modena e le battaglie si spostarono da un'altra parte. Del resto la Garfagnana è stata divisa tra  Lucca - con capoluogo Barga-  e il ducato di Modena - con capoluogo Castelnuovo Garfagnana - sino all'unità Italiana, quando entrò a far parte della provincia di Massa, e solo dal 1923 fa parte di quella di Lucca.
Molti sono i ponti che uniscono le due rive del fiume. Due su tutti: il "Pontaccio" nell'omonica località 
e il "Ponte del Mulino" che porta ad un piccolissimo villaggio abbandonato, con il mulino da cui prende il nome il ponte,  recentemente restaurato.
Bene, torniamo a  Fabbriche di Vallico. Anche se i primi documenti dove questo nome è menzionato risalgono al 997, si ha ragione di credere che l'abitato abbia origini molto più antiche.
Infatti in una grotta nei paraggi sono stati trovati reperti archeologici risalenti al V secolo A.C., che hanno confermato che il territorio è stato colonizzato dai Liguri Apuani, poi conquistato dai Romani ed infine, dai Longobardi.
Sino alla fine dell'ottocento il paese era assai florido per il suo artigianato del ferro - essendo il suo territorio poco adatto alle coltivazioni, che si limitano perlopiù all'uva da vino - che doveva la sua origine a una colonia di fabbri bergamaschi che si erano stabiliti nella zona nel XIV secolo. Poi, con il tempo, il mestiere si è trasmesso a maestranze locali, ma attualmente la sua popolazione è inferiore alle 500 unità.
Il centro storico del paese è stato recentemente rivalorizzato, e non mancano le curiosità.
Proprio a Fabbriche di Vallico c'è il ponte più bello sul Turrite Cava, con annessa dogana in pietra.
Di epoca Ducale , datata 1770 - e peccato per il Granduca Leopoldo che si è fatto scappare l'occasione di fare una così bella cosa   - la fontana che da il nome alla piazza del paese!
Nella frazione di Vallico di Sopra si trova la grotta dove sono stati trovati i reperti archeologici di cui vi abbiamo accennato- la buca di Castelvenere -   e la chiesa di San Michele, che la tradizione vuole fondata da Matilde di Canossa.
Vallico di Sotto invece, anticamente era il luogo dove i pastori trascorrevano l'inverno in attesa di recarsi all'alpeggio di San Luigi, raggiungibile anche oggi con un sentiero che parte proprio dalla piazza del borgo.





mercoledì 28 novembre 2012

LA VILLA MEDICEA DI POGGIO A CAIANO

Girovagando in Toscana siamo fortunati: anche il solo descrivere una ad una le ville dei Medici, ci assicura 17 post per le principali e altri 12 per quelle considerate secondarie, che sono per lo più case di caccia o fattorie con villa.

Adesso però vogliamo parlare di quella di Poggio a Caiano, detta anche Ambra, che è una delle più famose.

Fu fatta costruire, dal 1480,  direttamente da Lorenzo il Magnifico che affidò il progetto a Giuliano da Sangallo. la villa sorge sul Poggio propriamente detto, che è poi l'ultima propaggine del Montalbano verso la pianura, in una posizione dalla quale essa viene dominata completamente.
Le due scalinate gemelle che conducono al terrazzo sono state erette ai primi dell'800, in sostituzione di quelle originali del Sangallo, che andavano su diritte e che erano fortemente danneggiate.


Il fregio sul primo ordine di archi che porta all'ingresso principale è una riproduzione realizzata da Richard-Ginori. L'originale è esposto all'interno.

La villa è visitabile a gruppi, ma ovviamente gli interni  non sono fotografabili.
Il giardino invece si può visitare liberamente, e la parte che è rimasta di diretta pertinenza della villa è già impressionante per vastità, ed è ricchissima di alberi monumentali.

Molti sono gli edifici annessi, quali l'imponente limonaia.

Un muro costeggia l'Ombrone, e rimangono le vestigia di uno dei ponti che attraversavano il fiume e portavano verso il parco delle Cascine di Tavola, nel territorio del comune di Prato. Questo era talmente grande che attualmente è diviso in tre settori: per un terzo è Parco pubblico, per un terzo è Club Ippico e per un terzo è Golf Club!
In fondo al parco annesso alla villa sorge questa statua che raffigura la ninfa Ambra - ed ecco il nome della villa -  ed il fiume Ombrone - che scorre dietro il muro.

La statua ci parla della leggenda della bellissima ninfa Ambra, che ballava la notte sotto la luna, vicino al fiume. Il fiume Ombrone la vide e se ne innamorò e comincio' a rincorrerla finchè lei, sfinita, chiese aiuto alla dea Diana, che la fece diventare un isolotto roccioso. Il fiume l'abbracciava con le sue acque, ma Ambra non tornò più alla forma umana.
C'è da chiedersi se ad Ambra non conveniva farsi ghermire da Ombrone, piuttosto che diventare un isolotto! Ma tant'è...in questo caso non ci sarebbe stata la leggenda!
Sul davanti della villa c'era la strada che porta a Firenze da un lato e a Pistoia dall'altro. Poggio a Caiano è esattamente a metà strada.
(ah, quella strada c'è ancora e porta negli stessi posti. Si chiama Strada Statale 66...).

Proprio questa strada, e poi  quella che porta a Prato, sul lato del bastione, dopo le scuderie, hanno sempre rappresentato un problema per il disegno e la sistemazione dei giardini.
Comunque, dall'altra parte della strada, tanto per gradire, c'era la parte in collina del parco della villa. Il comune di Poggio a Caiano ne ha fatto un altro parco, che si chiama Parco del Barco Mediceo di Bonistallo.
Questo tanto per rendere l'idea di quanto sterminato fosse in origine il parco della villa.
Alla morte dell'ultima Medici, Anna Maria Luisa, la villa e tutto il resto andò ai Lorena, che non avevano una grande simpatia per tutte quelle dispendiosissime ville sparse in tutta la Toscana.
In tutta sincerità non posso dar loro torto. Vagando nel  giardino ancora annesso, non si può fare a meno di pensare che mantenere anche solo una villa come quella deve costare quanto il pil di un piccolo stato: figuriamoci una trentina! Non parliamo poi  dello stato attuale di manutenzione: il comune fa quello che può, ma esternamente la villa è transennata per oltre metà, anche se il giardino è tenuto benissimo.
Comunque questa fu una delle ville che i Lorena non alienarono: la usavano come punto d'appoggio nei viaggi tra Firenze e Pistoia.
Quando Elisa Baciocchi divenne granduchessa di Toscana, questa diventò una delle sue abitazioni preferite, e le malelingue dicono che qui si consumò la relazione tra la sorella di Bonaparte ed il grande violinista Niccolò Paganini.
Comunque fu lei che volle il riordino ed il ridisegno del giardino
La villa fu abitata anche da Vittorio Emanuele II, nel periodo in cui Firenze era capitale d'Italia.
Qui il re teneva la "Bella Rosin" la popolana piemontese che era sua moglie morganatica (cioè sposata solo in Chiesa, senza effetti civili).
Nel 1919 i Savoia donarono la villa allo Stato Italiano, e la tenuta delle Cascine all'associazione combattenti e reduci.

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domenica 18 novembre 2012

SIGNA E LASTRA A SIGNA

SIGNA E LASTRA A SIGNA


Piccole storie e piccoli tesori nascosti in territori solo apparentemente conosciuti. Questo il senso del nostro blog...
Ecco quindi un'esplorazione che facciamo anche noi per la prima volta, in una zona talmente vicina a casa da non essere mai stata considerata interessante.
E invece...
Signa, sulla riva destra del fiume Arno, come molte città della zona,  ha una parte più antica in collina ed una più recente in pianura. Le sue origini sono probabilmente romane. Il nome - ma sono ipotesi - è ricollegabile ad una storpiatura del nome del probabile fondatore, Lucio Cornelio Silla. Comunque sia, l'insediamento acquistò importanza perchè era vicino all'Arno, e lungo l'asse viario tra Fiesole e Pisa. Non si hanno grandi notizie del castello di Signa, nel medioevo, a parte quelle legate alla Beata Giovanna, una pastorella nata nel 1266 che all'età di dodici anni, cosa non rara all'epoca, decise di dedicarsi ad una vita eremitica di preghiera e  penitenza. Si ritirò in un romitorio dove  fece murare la porta e dove visse sino al 1307, divenendo poi  la Santa  protettrice della città.
Proprio dove il fiume Bisenzio si getta nell'Arno, c'è il ponte sul fiume che ha rappresentato per tanti secoli il motivo della prosperità del luogo.

Infatti, anticamente questo era l'unico - e ultimo - ponte che, dopo la città di  Firenze, permetteva di passare all'altra riva, e quindi di collegarsi alla strada che portava a Pisa.
Per la cronaca, la strada che porta a Pisa è la SS 67 Tosco Romagnola, e il ponte rappresenta l'innesto con la SS 325 che porta a Prato e poi a Bologna.
Percorrendo questo primo tratto di strada statale, non si ha una grande impressione della cittadina. Ma basta salire una delle tante scalette, o stradine anche solo pedonali,

che portano su verso il Castello, per scoprire un'altro mondo, fatto di antiche stradine, bastioni del vecchio castello inglobate nelle case attuali, antiche porte e bar dai nomi piuttosto "vintage"
Abbiamo scoperto anche che le sorelle Irma e Emma Gramatica hanno vissuto  per qualche anno, insieme ai genitori, in questo villino da cui si gode un panorama veramente grandioso.
Nel territorio di Signa fa parte anche il parco dei Renai, un lodevole recupero delle casse di espansione dell'Arno, che fu deviato in periodo Mediceo allo scopo di farne una cava di sabbia. Trascurati e impaludati per molti secoli,  sono stati recuperati in tempi recenti con la creazione di un bellissimo parco fluviale, ricco di laghi e  vegetazione. Magari ne parliamo meglio in un altro post....
Lastra a Signa,sulla parte sinistra del fiume, deve il suo nome ad una cava di arenaria da cui si ricavavano le lastre, ed alla sua vicinanza a Signa. Sino a XIII secolo era conosciuta come Lastra a Gangalandi, dal nome della famiglia feudale della zona, legata ai Cadolingi di Fucecchio.
Lastra a Signa custodisce l'unico museo italiano dedicato ad Enrico Caruso. E' situato in una villa sulla collina, villa Caruso di Bellosguardo, che era di proprietà del tenore napoletano che visse qui per alcuni anni. 
Da Lastra a Signa, nel 1529 Francesco Ferrucci si oppose all'avanzata delle truppe imperiali verso Firenze. (ma la famosa frase "vile, tu uccidi un uomo morto" fu pronunciata durante la battaglia di Gavinana, dove morì il 3 agosto 1530).
Lastra a Signa era dotata di belle mura fortificate, che sono state ricostruite numerose volte. La costruzione avvenuta verso il 1370 viene attribuita al Brunelleschi.

Ne rimangono alcuni frammenti fra cui il portone  di Baccio, ingresso al centro storico dalla SS 67.

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venerdì 2 novembre 2012

BADIA A SETTIMO



Per chi abita nella piana di Firenze, il nome Badia a Settimo evoca solo una zona industriale vicino Scandicci. Ed in effetti, limitandosi a passare dalla Tosco-romagnola non si vedono nient'altro che insediamenti produttivi, nemmeno particolarmente belli.
Se però ci fermiamo ad analizzare il nome, vediamo subito che ci deve essere una Badia in una zona chiamata Settimo...
Quest'ultimo è un toponimo comune in zona, e designa la distanza delle miglia dal centro della città, secondo il metodo romano che tanto è evidente in altra zona (dove abbiamo Quinto, Sesto e Settimello).
Vediamo quindi di scoprire qualcosa circa la Badia!
Come sempre accade in queste storie, bisogna risalire a qualche anno prima dell'anno mille, quando una piccola comunità religiosa, si riunì presso un tempietto pagano, adattato all'uso Cristiano. Fu protetto e sovvenzionato dalla famiglia dei Cadolingi, signori di Borgonuovo (l'odierna Fucecchio)  che introdussero la regola benedettina cluniacense. Ci fu un avvicendarsi di ordini monastici perchè l'abbazia passò ai Vallobrosani e poi nel 1236 ai Cistercensi.

Durante il periodo Vallombrosano - dove l'abate era proprio San Giovanni Gualberto, fondatore dell'ordine -  ci fu la famosa "prova del fuoco" di Pietro Igneo, (il soprannome venne dopo...)  dove il frate passò attraverso un'ordalia - che sarebbe poi una prova del fuoco dove chi si brucia viene considerato colpevole - per accusare un vescovo simoniaco - che vorrebbe dire che vendeva le indulgenze per soldi - e che poi fu effettivamente cacciato con disonore dalla carica che ricopriva!
I  Cistercensi  diventarono molto potenti,  e sbrigarono incarichi di  fiducia per conto della Repubblica Fiorentina. Il monastero rimase così legato a questa istituzione, che la salita al potere della famiglia dei Medici rappresentò l'inizio del suo declino, che culmino' nel 1783 con l'abolizione dell'ordine cistercense da parte del granduca Pietro Leopoldo, e il conseguente allontanamento dei monaci.
Da allora il degrado del complesso  fu tale che fino all'inizio del XX secolo era usato come fattoria da parte di privati.

L'edificio è stato restaurato completamente solo nel 1998, ed è molto suggestivo, con la sua torre campanaria esagonale di origine longobarda,   costruita metà in pietra e metà in mattoni, ed inserita in un ambiente molto suggestivo, tra canali con il ponte levatoio

e celle sotterranee, dove probabilmente viveva qualche eremita.

Un modellino realizzato in metallo ed esposto vicino al campanile, ci dà un'idea di quel che doveva essere il complesso monastico ai tempi del suo massimo splendore.

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lunedì 22 ottobre 2012

LA VILLA MEDICEA DI CERRETO GUIDI


In una posizione veramente favolosa, sorge l'abitato di Cerreto Guidi, a metà strada tra Empoli e Fucecchio.
E favolosa è anche la strada per arrivare al paese, una strada di crinale dalla vista mozzafiato!
L'idea che il posto fosse veramente bello è venuta anche ai Medici, che a metà del '500 hanno fatto costruire questa villa - che inizialmente era solo un casino di Caccia, anche piuttosto semplice -  prendendo come base una precedente costruzione appartenente ai Conti Guidi, signori della zona sino a quel momento. Infatti i Conti Guidi non erano originari della zona, e Cerreto era per loro un avamposto, che fu incluso nel Granducato proprio in quel periodo.
Non si conosce il nome dell'architetto che ha costruito la villa, anche se si è propensi ad attribuirla almeno in parte al Buontalenti, per via delle imponenti scale, che costituiscono una caratteristica del suo modo di costruire.
La villa è famosa per un fatto di sangue accaduto nelle sue stanze: Isabella De Medici, - figlia di Cosimo I e Eleonora da Toledo, nonchè sorella di Francesco I, che diventò celebre per la sua relazione con la veneziana Bianca Cappello -  fu uccisa qui dal marito Paolo Giordano Orsini,  strangolata a causa di una presunta relazione con il proprio fratello Troilo Orsini, nel 1576. Questi fu ucciso a sua volta in Francia, pare da un sicario di Francesco I. Bella storiella, eh?!
Dopo questo fatto, la villa passà di mano in mano a vari componenti della famiglia Medici, finchè il Cardinale Leopoldo la fece ristrutturare negli anni '70 del XVII secolo, allo scopo di renderla un'abitazione più signorile.
Dopo l'estinzione del Casato dei Medici, la villa passo ai Lorena, che come loro  costume - infatti  giudicavano questa sovrabbondanza di ville come un insostenibile costo -  preferì venderla, ed è passata di mano in mano a diversi proprietaria finchè nel 1966 Rodolfo Geddes la donò allo Stato Italiano, dietro promessa di farne un museo. Infatti la villa di Cerreto Guidi è una delle pochissime ville medicee aperta normalmente al pubblico.
Gli arredi interni sono stati ricostruiti attingendo dai vari depositi della Soprintendenza, ispirandosi alle descrizioni che ci sono pervenute.Vi sono esposte opere di grandissimo valore tra sculture, dipinti, arazzi e frammenti antichi.

Certo, tra un quadro ed un'altro magari ti scappa di guardare fuori dalla finestra, e ti chiedi se il paesaggio fa parte delle opere d'arte custodite nel museo...

Inoltre, nelle sale del palazzo è inserita una raccolta di armi storiche da caccia, di grande pregio.
Purtroppo, come in molti musei, non è possibile prendere foto nell'interno, e non c'è nemmeno un sito internet al quale rimandarvi per darci un'occhiata dentro. Vi toccherà andarci!
Sul retro un giardino, piccolo ma molto suggestivo.

Al momento è solo un'iniziativa, ma assolutamente da appoggiare,  di richiedere l'inserimento delle ville medicee nella lista dei beni culturali e naturali patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.
Il paese storico è tutto arroccato intorno alla villa, e lo si può agevolmente visitare percorrendo la strada circolare che circonda la villa stessa. 

martedì 2 ottobre 2012

LA GERUSALEMME DI SAN VIVALDO



San Vivaldo è una frazione del comune di Montaione, ed è diviso tra il piccolo borgo,  e il complesso monastico con la sua Chiesa,  che sorgono nel luogo dove il Santo si era ritirato in preghiera e meditazione per vent'anni - dal 1300 al 1320 -  dentro il tronco cavo di un grande albero, nella foresta di Camporena.
Si trattava di Vivaldo Stricchi, originario di San Gimignano dove era nato nel 1260 da una famiglia benestante. Come succedeva spesso all'epoca, dopo una prima giovinezza dissoluta trascorsa in bagordi con una compagnia di amici, che il tempo fatalmente tende a sgretolare, incontra la fede sotto forma del Prete Bartolo a Picchiena, con il quale rimane sino al 1300 alla morte di quest'ultimo; quando appunto si dedica all'eremitaggio nel castagno cavo. Dopo la morte del monaco, già in odore di santità, viene costruita una Cappella proprio dove era l'albero.
Intorno alla Cappella, che poi con il tempo è diventata la chiesa attuale, è sorto il Sacro Monte, dizione con la quale si intende un percorso devozionale  fisico - generalmente collocato in un ambiente naturale assai suggestivo -  con il quale si intende illustrare al popolo episodi della Sacra Scrittura.
Nel caso specifico, è stata ricostruita la Gerusalemme del tempo di Gesù con i vari luoghi della sua vita e della sua passione, in tante piccole cappelle al cui interno sono collocate statue di terracotta in tre dimensioni ed a grandezza naturale, di grande impatto  visivo ed emozionale, che illustrano i vari episodi.
La collocazione  delle cappelle ricalca  la disposizione fisica delle costruzioni rispetto alla Gerusalemme del I° secolo.
Sia la Chiesa che il parco con le cappelle sono visitabili liberamente.
Al pomeriggio è facile trovare un simpatico francescano - ordine dei frati minori - che con gran mazzo di chiavi fa visitare a dei gruppi che si formano per libera aggregazione, le varie cappelle nel giusto ordine, e commentandole in maniera profonda ed appropriata.
Questo si rende necessario per preservare le statue di terracotta policroma, costruite nel XVI secolo, e che in alcuni casi la devozione popolare stessa ha danneggiato. Per esempio la statua di Giuda è senza testa, perchè i pellegrini nel corso dei secoli l'hanno presa più volte a sassate.

lunedì 17 settembre 2012

TRA VALDELSA E VALDERA


 Quando ogni tanto capita una giornata così, ideale per andare in moto, il maggior piacere che se ne ricava è proprio quello di gironzolare senza una meta precisa, al solo scopo di vedere da vicino la vita come viene vissuta nei paesi e nelle piccole città della zona.
Eravamo in Valdelsa, e siamo voluti andare a ri-vedere Castelfalfi, una frazione del comune di Montaione.
Questo luogo ha la particolarità di essere di proprietà di una società tedesca, che ha avviato - dopo anni di abbandono - il recupero a fini commerciali dell'antico borgo, che al momento attuale è quasi tutto un grande, e disordinato, cantiere.
Continuando il nostro vagabondare siamo arrivati a Montefoscoli, frazione del comune di Palaia, arrampicato su una collinetta. Certo, un paese dove non c'è molto, ma gode, da entrambe i lati, di un panorama veramente favoloso. La giornata particolarmente limpida ci ha permesso, dalla piazza dell'antica Pieve, di vedere il mare!
Uscendo da Montefoscoli e diretti a Palaia ci siamo imbattuti in un invitante cartello che ci prometteva l'antico borgo medioevale di Toiano e i suoi calanchi.
Abbiamo percorso una sinuosa stradina nel verde e nel silenzio pensando di trovare un panorama sui calanchi (che sono rocce argillose sul quale non attecchisce la vegetazione, e che sono soggetti a continui dilavamenti dati dalla pioggia), ma ci siamo accorti con sorpresa che la strada era scavata nei calanchi stessi.
Ad un attento esame, le dorate rocce argillose brillavano di frammenti di madreperla, e di affioramenti di conchiglie di chissà quale epoca geologica.

Il paesaggio era estremamente suggestivo, proprio perchè circondato da ampi boschi che facevano un forte contrasto con queste colline dilavate e brulle.
Purtroppo non ci è stato possibile vedere l'antico borgo di Toiano, perchè la strada che conduce al paese abbandonato, era chiusa e non transitabile: forse perchè visitare il paese non è sicuro, essendo abbandonato da anni e anni. E se ne capisce il motivo perchè per  arrivare fin lì dalla provinciale abbiamo percorso almeno sei chilometri in mezzo al nulla!
Siamo tornati sulla  provinciale e abbiamo raggiunto il paese di Palaia (che sino a non troppi anni fa si chiamava Palaja), a lungo conteso nel medioevo,  tra Pisa e Lucca.
Ci sono dei monumenti notevoli: la Torre Civica - o dell'orologio, al momento in restauro.
L'antica porta di accesso alla piazza centrale, in mattoni di cotto, come la chiesa
la chiesa di Santa Maria situata proprio nella piazza.
Anche  molti muri degli edifici circostanti sono in cotto, come questo muro, restaurato da pochi anni e che - indovinate un po? - è stato eretto dall'Arciduca Leopoldo di Lorena per evitare che le forti raffiche di vento (si chiamava via della tramontana...) facessero ribaltare le carrozze o infastidire i passanti, visto poi che sorge proprio davanti al Palazzo Comunale.
Che grand'uomo il Granduca, e che fissazione con i muri!!
Su questo muro è stata ricollocata questa bellissima lastra di marmo- originale dell'epoca -  con le corrispondenze dei pesi e delle misure in uso nel Granducato. Una vera chicca.