domenica 29 settembre 2013

IL BORRO

Vicino  a San Giustino Valdarno, in provincia di Arezzo, ci siamo trovati a passare vicino a questo minuscolo paesino, di cui sapevamo solo che era - o era stato - proprietà del Duca D'Aosta.
Nel nostro caso specifico di ex-arcieri, avevamo rimembranze di un favoloso hunter-field (che è una gara di tiro con l'arco con 12 piazzole con distanze conosciute e 12 con distanze sconosciute e che si effettua generalmente in dei boschi) diventato leggendario tra gli arcieri della nostra epoca, perchè si era ospiti del Duca stesso, che metteva a disposizione boschi, strutture e - soprattutto - il merendone, classica conclusione di ogni gara.
Abbiamo pensato: perchè non andiamo a vederlo?
Detto: fatto!
Bene: a suo modo merita di essere visto!
In realtà il paese è un resort, molto lussuoso, il che giustifica alcune esagerazioni, inspiegabili in un paese normale.
Abbiamo parcheggiato e costeggiato un orto dove il cavolo nero e l'insalata riccia avevano un aspetto veramente "cool".
Abbiamo attraversato un ponte dove non abbiamo trovato nemmeno una foglia secca, nonostante vicino ci fossero degli alberi.
Era pomeriggio ed era molto caldo, e quindi non c'era molta gente in giro:
Sui campanelli ci sono dei nomi di persona: non sono i nomi degli abitanti - comunque sono solo una quindicina - ma i nomi degli appartamenti...
Ci sono diverse botteghe artigiane, tutte molto trendy - scarpe cucite  a mano, ceramiche artigiane, tessuti fatti a mano e via dicendo - e la classica piazzetta della chiesa, all' interno della quale si trova una riproduzione della Sacra Sindone.

All'esterno della Chiesa c'è una targa con le vicende del paese. La solita storia: un capitano di ventura ha avuto in pagamento per i suoi servigi il territorio, ci ha fato una castello, poi con qualche passaggio di cui non ricordiamo bene lo sviluppo è entrato in possesso del Duca di Aosta che nel 1993 lo ha venduto a Salvatore Ferragamo.
Ecco, adesso l'incredibile pergola di kiwi in piazza, acquistava improvvisamente un senso!
Bene: se volete un nostro parere è un posto da vedere, bellissimo, curatissimo - noi pensiamo che ogni mattina passi qualcuno con l'aspirapolvere per le strade. Abbiamo dei dubbi circa la passata di cera settimanale - assolutamente da vedere!
C'e anche il lato negativo, sempre a nostro modesto avviso: ricorda vagamente gli outlet della Mcarturglen (tipo quello di Barberino del Mugello) anche se mooooolto più lussuoso.

domenica 22 settembre 2013

LA PINACOTECA DI MONTEFORTINO


Montefortino è uno di quei magici borghi marchigiani- fino a pochi anni fa in provincia di Ascoli Piceno, adesso di Fermo - costruito in quella pietra rosa, tagliata a mattoni, che sotto il sole d'agosto diventa quasi bianca, ma appena il sole declina un po' si tinge di tutta una serie di sfumature rosa-arancio veramente poetiche.
Il borgo è su uno sperone di roccia che domina i Monti Azzurri per antonomasia, i Sibillini.
La realtà molto prosaica è che tutti i monti sono azzurri, visti da lontano. Ma siccome li ha chiamati così Giacomo Leopardi, sono diventati "i monti azzurri", tout court.
A proposito di Leopardi, la Pinacoteca di cui vogliamo parlarvi è proprio situata in un "Palazzo Leopardi". Si tratta di un ramo della famiglia di Recanati, che poi ha venduto il palazzo a quel sig. Duranti che era contemporaneamente pittore e collezionista e che ci ha lasciato questo tesoro, a nostro avviso troppo poco conosciuto.
Il museo si articola su tre piani: al primo c'è un museo di storia naturale, con esempi di fauna presente sui monti Sibillini: assai istruttivo, ma confessiamo che gli animali impagliati non ci piacciono troppo, per cui...
All'ultimo piano c'è invece un'interessante collezione di arte sacra, tutti pezzi provenienti da edifici sconsacrati o deteriorati.
Si tratta di pezzi di grande artigianato, collocabili tra il XIV e il XIX secolo. Sono dipinti, sculture in legno dipinto, drappi, crocifissi e tutta una serie di abiti sacri veramente notevoli, che oltretutto sono anche molto ben presentati,

poichè disposti in maniera tematica, in grandi stanze ariose e luminose che li valorizzano ulteriormente.
Due parole su Fortunato Duranti, nato proprio a Montefortino nel 1787, dove poi morirà nel 1863.
Aveva studiato disegno e pittura a Roma, ma non riuscendo a trovare un committente, si dedicò all'antiquariato. Durante un viaggio in Germania manifesta i primi segni di squilibrio mentale, e si ritira nel paese natio, dove accumula le sue collezioni.
Al piano Nobile dell'edificio troviamo la Pinacoteca propriamente detta.
Nella sala centrale spicca l'autoritratto del proprietario, nel quale notiamo un finto angolo in alto a destra: l'invito a guardare "oltre" che l'autore e collezionista ci fa.

Sono qui raccolte molte opere, di cui molti studi e bozzetti di Corrado Giaquinto.
Il quadro più famoso  è una Madonna con Bambino di Pietro Alemanno.
Un'intera sala è dedicata alle nature morte.
Nè mancano i dipinti curiosi, tra cui un dipinto su ardesia

o questo ritratto un po' "caravaggesco"
Anche qui vale il discorso della collezione di sarte sacra: tutto è disposto con grande gusto e attenzione, e le decorazioni delle sale - si tratta del piano nobile - sono così ricche e si inseriscono così bene come cornice alle opere, che sembrano fatte appositamente per questo scopo.
Una cosa che ci ha colpito - e anche un po' disorientato - è che non ci sono protezioni che impediscono di avvicinarsi alle opere a differenza di altri musei dove il visitatore è tenuto a distanza.

sabato 21 settembre 2013

L'AUTOSTRADA DECLASSATA

Quando si cercano storie strane da raccontare, molto spesso si cerca lontano.
Anche perchè, quando ci siamo seduti sopra, spesso non le vediamo.
Ogni giorno percorriamo o attraversiamo questa strada e mai ci era venuto in mente di parlarne.
Invece è una storia particolare, e noi proprio quelle cerchiamo.
Dunque. A Prato tutti la conoscono come La Declassata .
Inizia al Ponte Luciano Lama, e quindi in corrispondenza del casello autostradale di Prato Est,

e finisce ad San Piero Agliana, in corrispondenza del ponte sul fiume Calice.

E' lunga quindi una diecina di chilometri.

Quasi nessuno, tranne forse i postini - ma che dico, nemmeno quelli perchè non ci sono numeri civici su questa strada, tranne forse un paio di distributori di benzina - sa che questa strada ha un nome: si chiama Viale Leonardo da Vinci.
Ma perchè si chiama Autostrada Declassata?
Era un tratto dell'autostrada A11, conosciuta come Firenze-Mare (adesso Firenze-Pisa nord) che è famosa per essere stata la seconda autostrada costruita in Italia, negli anni dal 1928 al 1932, seconda solo a quella Milano-Laghi (a quei tempi le autostrade venivano costruite per permettere all'alta borghesia di raggiungere con facilità le località di villeggiatura. Infatti,  per andare a raccordarsi con la SS1 Aurelia a Migliarino Pisano, l'A11  era stata fatta appositamente passare da Montecatini Terme, località in quel periodo  in gran voga) inaugurata personalmente da Vittorio Emanuele III.
Il tracciato originale dell'autostrada, che a quei tempi era ad una sola corsia per senso di marcia, prevedeva il passaggio a sud dell'aera urbana della città di Prato.
Già a quei tempi ci furono molte proteste e dissensi tra la popolazione  e i progettisti, perchè si intuì che l'asse viario avrebbe ostacolato seriamente lo sviluppo della città laniera, che già a qui tempi stava notevolmente espandendosi.
Quando nel 1962 si raddoppio' la carreggiata, si colse l'occasione per spostare l'inclinazione dell'autostrada verso territori agricoli ancora più a sud, in modo da non ostacolare lo sviluppo della città che in quei tempi si era fatto tumultuoso.
A quel punto la strada  fu "declassata" da autostrada a strada urbana, e rappresenta tutt'ora una delle  più importanti direttrici della città, nonchè confine della sua parte centrale da quella periferica.
Nel tempo si è provveduto al suo raddoppio, ed all'eliminazione di tutti gli incroci a terra, costruendo una serie di sottopassi che ne hanno migliorato molto la percorribilità.
Tuttavia, in corrispondenza dell'unico tratto originale senza incrocio a livello - collocato su una sopraelevata -

corrisponde una strozzatura lunga poche centinaia di metri con ancora una sola corsia per senso di marcia.

Un dettaglio che riporta all'antico tracciato, quanto le strade erano alberate, è questo tratto originale - il raddoppio è dall'altro lato - costeggiato da alti pini.

Mappa

mercoledì 11 settembre 2013

I BORGHI DELLA VALDELSA

Non è uno dei soliti posti strani e poco conosciuti.
La Valdelsa  è un posto ben noto, e di cui si conoscono gran parte delle bellezze.
Forse perchè ci è vicina - e anche  perchè l'amiamo in modo particolare - vogliamo provare a parlarne un po' anche noi.
La Valdelsa è la valle dove scorre il fiume Elsa. Ovvio, no?!
Beh, non così tanto, perchè questo bel fiumotto lungo 63 km e che nasce nel comune di Sovicille, nella Montagnola Senese (di cui ci occuperemo in un post a parte) e sfocia poi nell'Arno tra Marcignana (Empoli) e  Isola di San Miniato, forma una valle estremamente ampia, dai rilievi bassi e tondeggianti e dal respiro ampio. Sembra più una pianura ondulata che la valle di un fiume.
Questo suo aspetto "easy", l'aveva resa popolarissima nel Medioevo, tanto è vero che era una delle varianti della via Francigena maggiormente trafficate. Qui non c'erano boschi fitti e valli oscure dove potevano nascondersi briganti o bestie feroci. Qui la presenza dell'uomo c'è sempre stata, fin da epoca pre-romana, e poi nel Medioevo è stato tutto un fiorire di Borghi e Castelli.
Nonostante l'uomo moderno abbia fatto veramente di TUTTO per rovinare questa gentile versione del Paradiso terreste - zone industriali a ripetizione, casermoni popolari stile sovietico, varianti bis, ter e quater della S.S.  429 - non è riuscito a rovinarla.
Magia della Natura, che riesce a vincerti di cortesia!
Dunque, due parole sull'Elsa.
Tradizionalmente la parte iniziale si chiama Elsa Morta. Questo perchè non ha una vera e propria fonte, ma viene alimentato quasi esclusivamente da acque piovane, e via via da alcune piccole fonti, di cui la maggiore è quella detta delle Caldane, fonti di acqua tiepida nel comune di Colle Val d'Elsa. Nei pressi di Gracciano comincia a ricevere fonti importanti, e nel suo corso si gettano innumerevoli affluenti, quali lo Staggia, il Foci, l'Avane, lo Zambra - solo per citarne alcuni. Dopo avere attraversato il centro di Ponte a Elsa - frazione contemporaneamente dei comuni  di Empoli e San Miniato (è  divisa in due proprio dal fiume Elsa, tra la provincia di Firenze e quella di Pisa)  si getta nell'Arno.
Dunque, la Valdelsa invece è divisa amministrativamente tra la provincia di Siena (Alta Valdelsa, di cui il capoluogo è Poggibonsi) e quella di Firenze (Bassa Valdelsa, di cui il capoluogo è Empoli anche se geograficamente la città di Empoli non appartiene alla Valdelsa ma alla Valdarno).
Ma parliamo dei Borghi che si trovano sul suo corso.
Delle particolrità di Ponte a Elsa abbiamo già parlato.
Percorrendo la Strada Statale 429, che segue il corso dell'Elsa, ed è la principale arteria che attraversa la valle, retaggio dell'antica via Francigena di cui ripercorre fedelmente il percorso principale, troviamo - dopo una piccola  frazione di Empoli,  Fontanella Sant'Andrea - il paese di Castelfiorentino.
In questo luogo, già dall'epoca romana esisteva un borgo chiamato Timignano. Essendo in una zona di confine con Siena, rimase coinvolto in tutte le lotte tra Guelfi e Ghibellini, tra Siena e la Repubblica Fiorentina che, compiaciuta della fedeltà del Borgo, concesse il privilegio del nome - che ingloba quello di Firenze -  e del Gonfalone con il giglio rosso.

Proprio a Castello, come  è comunemente conosciuto in zona, nel 1260 si firmo' la pace relativa alla battaglia di Montaperti, combattuta tra Siena e Firenze.
Alla sommità del poggio, troviamo l'antica chiesa dei Santi Biagio e Ippolito,

costruita intorno al 1195, in laterizio e con una bifora sulla sommità dell'entrata -  caratteristica di molte chiese valdelsane - nei cui pressi ci sono i resti della prima cinta di mura della città.
Proseguendo ancora sulla  SS 429 troviamo Certaldo, che ha dato i natali a Giovanni Boccaccio.

Il paese attraversato dalla statale è grazioso, ma non ha particolari caratteristiche, a parte una viabilità piuttosto complessa.
La  parte alta invece, è  ancora completamente ed autenticamente medioevale e si può raggiungere tramite una strada - all'interno sono ammesse solo le auto dei residenti - ma anche con una piccola funivia.
Di Certaldo si hanno notizie sin dall'epoca etrusca, e sembra ormai certo che sorgesse esattamente dove adesso sorge il paese medioevale.  Alcuni edifici, come il mastio sono di origini longobarde, ma viene menzionato per la prima volta nel 1164, come proprietà dei Conti Alberti di Prato  - gente litigiosa - che perde Certaldo, insieme ad altre proprietà della Valdesa intorno al 1184.  Nel 1198 fu occupato dalla repubblica Fiorentina e utilizzato in modo da poter isolare la vicina Semifonte, rimasta agli Alberti e che poi fu rasa al suolo dai fiorentini stessi. Anche loro non scherzavano, eh?
Proprio da questa occupazione è nata la particolarità di Certaldo: essendo stata occupata dai Fiorentini non si è mai evoluta in libero comune, come invece hanno fatto le altre località in zona.
Ma il fatto di raccogliere molti abitanti fuggiti dalla distruzione di Semifonte, e di avere la Francigena proprio ai piedi ne favorì lo sviluppo ed il benessere. E' stata saccheggiata un paio di volte dai senesi , dopo la battaglia di Montaperti nel 1260 e successivamente nel 1479. Le battaglie per giustificare un saccheggio a quei tempi non mancavano.
In epoca Medicea era un borgo rurale e nient'altro, solo in epoca Lorenese comincia a svilupparsi il borgo basso,  che acquista maggiore importanza rispetto a quello medioevale quando la propositura viene spostata dalla chiesa dei SS Tommaso e Prospero a quella di S. Andrea del Borgo. Quando poi viene completata la linea ferroviaria Empoli-Siena nel 1849 il Borgo basso si sviluppa ulteriormente e anche la sede comunale vi viene spostata.

Il fatto di essere stato quasi abbandonato non è stato un fatto completamente negativo per Certaldo alta, che ha avuto così modo di conservare assolutamente intatto il suo aspetto medioevale, privo di una grande piazza centrale , e con solo la grande via che conduce al palazzo dei vicari.

Ah.. il nome! Certaldo deriva da Cerretus Altus - un grande bosco di cerri su una collina, quindi.
Continuando ancora per la SS 429, troviamo Poggibonsi, già in provincia di Siena.
Le sue origini risalgono addirittura all'epoca preistorica, ma il suo maggior sviluppo lo ha tovato tra il X e l'XI secolo, sempre a causa della via Francigena. Anticamente Poggibonsi si chiamava Marturi (di derivazione etrusca per Marte)  ma il nome attuale deriva dal Poggiobonizio , da Bonizio Segni, signore del luogo che intorno al 1055 iniziò la costruzione, sul poggio sovrastante, di una città che divenne talmente importante nell'area ghibellina, da diventare "città imperiale". Ebbe tuttavia una vita assai breve, solo 115 anni perchè già nel 1270, nell'ambito delle annose guerre tra Siena e Firenze, fu completamente distrutta. I Fiorentini costrinsero il popolo a lasciare il borgo di Poggiobonizio e ad andare a vivere nell'ancora esistente borgo di Marturi.
Dopo quella data, Marturi ereditò il nome di Poggiobonizio, che con tempo è diventato Poggibonsi.
Tuttavia ci fu un tentativo, intorno al 1313, di rinnovare gli antichi fasti: l'imperatore Arrigo VII del Lussemburgo tentò di riedificare il borgo chiamandolo "Poggio Imperiale" ma morì prima di aver concluso l'opera.

Lorenzo il Magnifico aveva tentato di continuare l'opera affidando la costruzione della Fortezza a Giuliano da Sangallo. Tuttavia i bastioni - che non sono mai serviti a nient'altro che a scopi agricoli a causa del definitivo assoggettamento di Siena a Firenze (che di fatto li ha resi inutili) -   esistono tutt'ora e sono veramente imponenti.

In epoca Lorenese la città acquistò una discreta importanza per la produzione ed il commercio del vino.
Durante la seconda guerra mondiale, fu quasi distrutta dai bombardamenti.

Continuiamo il nostro viaggio verso le fonti dell'Elsa e troviamo Colle Val d'Elsa.

Come tutti quelli che abbiamo trovato finora, ha un Borgo antico sulla collina e uno moderno in pianura.

Il Borgo alto è a dir poco incantevole, con le strade su tre livelli: quella che porta alla piazza principale, una piccola deliziosa strada con alte e antiche mura e una strada intermedia - tutta sotto delle antiche volte . che permette di fare una fresca passeggiata anche con il caldo di agosto - o riparata in caso di pioggia - .

Anche qui il borgo assume importanza con l'affermarsi del ramo valdelsano della via francigena, nel X secolo. Colle aveva stretto un'alleanza con Semifonte (poi distrutta dai Fiorentini) ma dovette - su pressione di Siena - abbandonare questa alleanza se non voleva essere distrutta a sua volta. Dopo la distruzione di Semifonte nel 1202 quello che allora era il Borgo di Piticciano, fu svincolato dalla diocesi di Volterra (sotto la quale ricadeva) e divenne libero Comune. Non stiamo a dirvi che in quel periodo guerre e scaramucce (tutti contro tutti) erano all'ordine del giorno. Tuttavia il Borgo riuscì a svilupparsi ed a godere di una buona prosperità economica. Sempre contesa tra Firenze e Siena, Colle Val D'Elsa diventa Fiorentina in epoca medicea, con la definitiva caduta della Repubblica di Siena. Nel 1592 Ferdinando I de' Medici elevò Colle al rango di città, e nel 1750 Francesco II di Lorena ne fece una "città nobile". Tanta roba, eh?!
In epoca moderna, lo scrittore Carlo Cassola ha ambientato qui il famoso romanzo "La Ragazza di Bube".
Il fiume Elsa nasce nella Montagnola Senese, nel comune di Sovicille, ultima tappa del nostro breve viaggio. Il nome potrebbe nascere dal latino sub (sotto) e finiciulae (ficus) - quindi "sotto il fico", ma anche dalla contrazione del motto "Suavis locus ille" vale a dire "quel luogo soave".
Di fichi ne abbiamo visti parecchi, comunque il luogo è davvero un incanto. Noi votiamo per la seconda ipotesi, decisamente.
La storia è quella comune a tutti: prime notizie intorno al 1004, origini sicuramente longobarde-romano-etrusche, costituzione in libero comune, sballottato tra Firenze e Siena finchè arrivarono i Medici e stabilirono che le fortificazioni venivano trasformate in villa per la produzione agricola. Ai Lorena andò più che bene - non hanno fatto nè un muro, nè una fontana - finchè venne annessa al regno d'Italia.
Uniche stranezze: sino a pochi anni fa qui si parlava quasi fiorentino, pur essendo vicinissimi a Siena.
Inoltre l'architettura del territorio è diversa dal resto della Valdelsa -  dove l'architettura romanica mostra una forte impronta lombarda, con chiese di mattoni rossi - e presenta tratti in comune con il romanico Lucchese.
Lucca dista in linea d'aria quasi 100 km - una bella distanza per quei tempi - e non abbiamo notizie verificate,  ma bastava un architetto o un abate di quella zona a giustificare il fatto.

Mappa

giovedì 5 settembre 2013

LE CITTA' SCOMPARSE DI SEMIFONTE E SAN GENESIO

Abbiamo deciso di fare un post comune per queste due città, che non sono vicinissime tra di loro, solo perchè...non ci sono più.
Hanno avuto tuttavia due storie molto diverse, infatti San Genesio è stata abbandonata, e Semifonte, distrutta.

Cominciamo da quella abbandonata: San Genesio si trovava nel piano, nell'attuale comune di San Miniato, in provincia di Pisa, tra Ponte a Elsa e la frazione La Scala di San Miniato, nel Valdarno inferiore.
La località era conosciuta anche come Borgo San Genesio, ed in epoca Alto Medioevale come Vico Willari. Quest'ultima è la trascrizione moderna di Vicus Uualari , nome di sicura derivazione longobarda, anche perchè un notaio longobardo - nel 715 - annota che nella Pieve, fu tenuta un'assemblea per dirimere una questione tra varie diocesi della zona.
Nel 990 l'arcivescovo Sigerico, nel suo famoso Lonely Planet dell'epoca, "L'Itinerario di Sigerico", cita il borgo, che rappresentava l'arrivo della XXIII tappa da Roma.
Intorno al 1100 il vico e la Pieve diventano luogo privilegiato delle diete imperiali - la linea non c'entra, era il nome che si dava alle assemblee nobiliari - e intorno al 1154 ci passa un altro famoso viaggiatore dell'epoca, anche lui redattore di una guida di viaggio, Nikulas di Munkathvera, abate di un monastero in Islanda e diretto per un pellegrinaggio a Roma ed in Terrasanta.
Già da allora la Pieve faceva parte della diocesi di Lucca ed era di fede ghibellina.
Nel 1188 ci deve essere stato qualche guerricciola che ne ha distrutto una parte, perchè i testi parlano di una ricostruzione. Tra i documenti più importanti rimane la bolla di Celestino III che nel 1195 ci diceva che accanto alla Pieve si trova una chiesa intitolata a San Lazzaro, un lebbrosario, al Chiesa di San'Egidio e San Pietro erano all'interno delle mura e poi c'erano quella di San Cristoforo, san Giusto e Sant'Angelo nei pressi. Vi risparmiamo tutta la citazione in latino, ma comunque è stato possibile identificare alcune di queste chiese con costruzioni in zona tutt'ora esistenti.
Nel 1197, durante una delle tante guerra tra guelfi e ghibellini, San Miniato, allora conosciuta come San Miniato al Tedesco,  viene distrutta dai sui stessi cittadini per togliere di mezzo il dominatore - il tedesco, appunto - e i suoi abitanti scendono ad abitare a San Genesio.
Non fu un grande affare per il vico perchè questi bei tipi,  l'anno successivo distrussero San Genesio e riedificarono San Miniato! E fecero questo bel lavoretto un altro paio di volte da lì al 1200... erano i passatempi dell'epoca, a quei tempi non c'erano i giochi delle costruzioni.
 In quegli anni l'imperatore Federico II concede che la strada che passava nella pianura, deviasse verso il colle - dove appunto sorge San Miniato. Ne segue uno spopolamento di Borgo San Genesio, tanto che, nel 1236 viene concesso il permesso di battezzare e seppellire a San Miniato, che distava solo due miglia.
Nel 1240 i lucchesi cercarono di rivitalizzare il borgo, approfittando di un momento in cui a San Miniato giocavano con le costruzioni - e le distruzioni - più del solito.
Ma ripresero velocemente la situazione in mano, perchè nel 1248 incendiarono definitivamente quel che rimaneva del Borgo, togliendosi in questo modo - definitivamente - i lucchesi dal loro territorio.
Sino al 1337 ci sono tracce che perlomeno i resti della pieve esistevano ancora, perchè sono citati in un documento redatto per la costruzione di un argine.

A ricordo dell'antico Vico rimane adesso una cappella, situata dove dove essere anticamente posta la Pieve, la Cattedrale  di San Miniato che è intitolata a San Genesio e il sito archeologico dove sono tutt'ora in atto gli scavi.

Inoltre. dietro il sito degli scavi c'è un cartello stradale Vico Wallary, posto da un privato alla sua proprietà.

Semifonte ha invece una storia assai diversa.
Nasce in epoca piuttosto recente, a seguito della venuta in Italia dell'imperatore Federico  Barbarossa che scese per difendere l'Impero e contrastare i Liberi Comuni.
 Il Conte Alberti , nel frattempo, aveva creato o fortificato vari Castelli, tra i quali, nella zona della Valdelsa,  Certaldo, Fucecchio, Lucardo, Vico D'Elsa, e  i Conti Guidi fortificarono Poggibonsi e Monterappoli, allo scopo di contenere le mire espansionistiche di Firenze.
Proprio in Valdelsa il Conte Alberto IV Alberti   fece costruire Semifonte, tra il 1177 e il 1178, e quindi in corrispondenza dell'asse viario più importante dell'epoca, in una zona per i tempi assai popolata e antropizzata.
Avere il controllo della Francigena era una prospettiva di guadagni immensi, ai quali Firenze non intendeva in nessun modo rinunciare.
Infatti la nuova città sbarrava completamente la strada verso sud, e immediatamente le dichiarò guerra. Già nel 1182 occuparono e sottomisero Empoli, Pontorme e Pogna e distrussero i cantieri in attività di Semifonte.
Ma gli Alberti non erano gente che badava tanto per il sottile: dopo aver giurato che non avrebbero riedificato la città, riportarono abitanti e maestranze in loco, non appena le acque si furono un po'calmate.
I Fiorentini non la presero bene: per rappresaglia distrussero Pogna e le fortificazioni di Certaldo, si fecero dare metà degli introiti dei dazi percepiti con i pedaggi sulla Francigena - eh no?! - distrussero, già che c'erano, le fortezze di Marcialla e Mangona nel Mugello (sempre degli Alberti) e si fecero nuovamente giurare di non riedificare Semifonte.
Ma sottoporre gli Alberti a giuramenti non era una buona politica.
Che fece il Conte? Partì di corsa per Bologna dove c'era l'imperatore Enrico VI, facendosi appellare come Conte Alberti di Semifonte - anzichè di Prato come s'era sempre fatto chiamare fino ad allora - perchè in questo modo avrebbe avuto il suggello dell'imperatore e i fiorentini avrebbero capito che mettersi contro il Conte di Semifonte voleva dire mettersi contro l'imperatore.
Non male come ragionamento.
Intanto i lavori procedevano e il Conte Alberti cedette, nel 1189, metà della città a Scorcialupo di Mortennano, un potente signore Senese -  quindi nemico giurato dei Fiorentini -  e così facendo si era alleato anche Siena, che con Firenze non aveva gran simpatia.
I Semifontesi non erano stinchi di santo: ogni volta che di lì passava un alto prelato lo rapivano e chiedevano in riscatto, per cui si misero contro anche la curia romana.
Quando il Conte, all'inizio dell'anno 1200,  si rese conto che le cose buttavano male, e correva il rischio di perdere anche gli altri contadi, vendette la sua metà di città ...ai fiorentini stessi!
Che personaggino, eh?!
Scorcialupo fece la stessa operazione, così la città perse anche l'appoggio di Siena.
L'assedio alla città iniziò a gennaio del 1202 e l'epilogo si ebbe a fine marzo dello stesso anno, anche qui per il tradimento di un cittadino, allettato dall'esenzione in perpetuo dalle tasse!
I Fiorentini non lasciarono pietra su pietra, e stabilirono inoltre che in quel luogo non si sarebbe potuto mai più edificare nessun edificio.
Solo nel 1594, e molto malvolentieri, il Granduca Ferdinando I consentì che si costruisse una cappella dedicata a San Michele Arcangelo, e che è la prefetta riproduzione, in scala 1:8  della Cupola di Santa Maria del Fiore, tanto che è conosciuta come il Duomo della Val D'Elsa.

Dicono che sia stata eretta per commemorare l'eroica resistenza dei Seminfontesi, ma noi ci abbiamo visto una bella dose di sarcasmo.

Mappa