lunedì 24 febbraio 2020

IL TABERNACOLO PIU' BELLO BEL MONDO E FIGLINE DI PRATO


Girando per le nostre periferie non potevamo non parlare di Figline.
Anche perchè Figline non è una periferia, ma la parte più a nord di Prato, ed è così a nord che è distante da Prato, esattamente come lo è Castelnuovo a sud (link) e di cui abbiamo già parlato.
Il nome deriva dal latino "figalinae" (ceramiche) e suggerisce quindi un luogo dove si producevano questi manufatti, esattamente come per la Figline del Valdarno. 
Lo conferma il fatto che Figline è stata per secoli sede di fornaci, e qualcuna ne rimane ancora, anche se dismessa.
Se del Castelnuovo non è rimasto molto, il nucleo medioevale di Figline è tutt'ora integro, e anzi molto pittoresco; ancora di più se si considera la stranezza che non si tratta di un borgo autonomo, come in realtà se ne trovano molti nelle nostre zone, ma di una "periferia" di Prato.
E qui torniamo all'inizio...
L'abitato di Figline si sviluppa intorno alla Pieve di San Pietro, di cui si hanno notizie già dal 1183.
Quindi, niente da invidiare alla città di Prato!
La sua prosperità nasce dalle fornaci, di cui abbiamo già accennato, ma che hanno maggior sviluppo tra il XVIII° e i XIX° secolo, e a cui il borgo deve il proprio nome, ed alle cave del Monteferrato, che si erge proprio dietro l'abitato, e da cui sono state estratte per secoli pietre pregiate: l'alberese, che ha la tendenza a diventare color ruggine con il tempo (come testimonia la facciata del Duomo di Prato) e sopratutto il Serpentino verde di Prato, che è stato utilizzato per il Romanico Toscano in architettura, e come pietra da intarsio sino al rinascimento ed al gotico.

Nel bel mezzo del paese medioevale ci si imbatte in un monumento a 29 martiri uccisi proprio qui durante la Seconda Guerra Mondiale. 
Il 6 Settembre 1944, i partigiani della brigata "Bogardo Buricchi" furono intercettati dai tedeschi, mentre stavano andando in città per partecipare alla liberazione. Nel conflitto a fuoco che se seguì morirono due soldati tedeschi.
Trentuno dei partigian furono catturati, e naturalmente furono condannati a morte.
Solo due di loro riuscirono a fuggire -  e diffusero  la notizia - ma gli altri 29 furono impiccati per crudele rappresaglia di una guerra ormai persa.

A Figline esiste anche un suggestivo Museo della Deportazione, dove è possibile ascoltare, tramite degli audiovisivi sistemati in maniera da dare l'impressione di un viaggio simbolico in un lager , il racconto dei lavoratori toscani arrestati e deportati nei vari lager delle loro terribili esperienze.
Un percorso che lascia il segno.

E ci siamo lasciati per ultimo una vera chicca: il tabernacolo di Sant'Anna, vicino alla antica Pieve di San Pietro.
La prima cosa straordinaria di questo tabernacolo, opera del pittore trecentesco pratese  Agnolo Gaddi, è la sua eccezionale dimensione: ben 18 mq.
Se paragonato con i tabernacoli che si trovano di solito su queste antiche strade, è un manifesto 3x6!
Commissionato dalla famiglia Migliorati, una delle grandi famiglie pratesi, lungo quella antica via di Cantagallo, che era la strada maestra che all'epoca portava a Bologna, rappresentava un riparo sia spirituale che fisico, e poteva essere dotata di panche per i pellegrini che si disponevano ad affrontare il difficile cammino.
Rappresenta Sant'Anna Metterza, cioè in terza posizione dopo Gesù Bambino e la Santa Vergine, ancora più in alto del Trono a sorvegliare figlia e nipote.
Vari santi sono poi raffigurati in adorazione, sia internamente alla nicchia, sia esternamente.
Naturalmente, in adorazione della Vergine, come in uso a quei tempi, appare anche il committente (cioè quello della famiglia Migliorati che ha cacciato i soldi, per così dire..)
Di questa tabernacolo così particolare, è stato detto che è il più bello d'Italia.
E se l'ha detto una persona notoriamente non prodiga di complimenti come il critico d'arte Vittorio Sgarbi, c'è proprio da credere che sia vero.
Visto che è a portata di mano, un'occhiatina noi ce la daremmo!





lunedì 17 febbraio 2020

OASI LIPU A TORRE DEL LAGO

Noi la chiamiamo così ma ha un nome: si chiama "Riserva Naturale del Chiarone" inserita nel parco Naturale di Migliarino- San Rossore - Massaciuccoli.
Ci si arriva da Massarosa, quindi Versilia sì, ma un po' insolita.

E' un luogo straordinario per chiunque ami la natura, il silenzio, e il mutevole panorama che si può godere percorrendo i suoi sentieri.
Quando ci andate, fate un favore a voi stessi: spegnete il telefono, e buttate tutti i giochini elettronici dei bambini nel bagagliaio della macchina (visto che nelle acque del lago inquinano...).
Non c'è cosa più irritante - a parer nostro - che camminare in questo santuario della natura, sui chilometri di passerella in legno, appositamente costruita per far sì che ci si trovi a camminare - letteralmente - nel lago, in mezzo alla vegetazione lacustre, che vedere il ragazzino di turno con le cuffiette (bontà sua), o il bambino incollato al videogioco, che non alza nemmeno gli occhi dallo schermo.
Cari genitori, interrogatevi un attimo: che ce li avete portati a fare?
Ma torniamo alla nostra passeggiata NEL lago, tramite i chilometri  di passerella in legno. E' un'esperienza  magica, perchè ci si trova a camminare a pochi centimetri dal pelo dell'acqua, tra la vegetazione che cambia ad ogni stagione.

Ogni tanto si trovano delle Capannelle in legno con aperture a varie altezze, studiate in modo che adulti e bambini possano affacciarsi e osservare gli animali, magari seduti sulle panche di legno, che non mancano, dalle quali si può aspettare comodamente che arrivi la specie che stiamo aspettando di vedere.

Anche chi non è particolarmente interessato all'ornitologia, può godere di questa magnifica passeggiata, perchè le passerelle si spingono davvero molto all'interno del Lago, e si ha la possibilità di ammirare in circostante panorama, che è veramente incantevole, da un punto di vista veramente particolare.

Uscendo dalle passerelle, si arriva nel Bosco Umido, un luogo pieno di ombra e di mistero che fa parte dell'oasi, con la sua flora e fauna particolari.
Un lato della Versilia meno conosciuto, ma non per questo meno bello.

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domenica 9 febbraio 2020

UNA PERIFERIA DI PRATO: IL CANTIERE

Per essere una periferia è parecchio strana, perchè è in centro.
Chiusa in un triangolo tra il fiume Bisenzio e il terrapieno delle due ferrovie  che passano da Prato, e che si riuniscono proprio in questo triangolo: la Direttissima che va a Bologna e la linea che invece porta a Lucca e poi a Viareggio, la Maria Antonia.
Permetteteci due parole su queste due linee ferroviarie, perchè sono molto importanti...
La Maria Antonia è considerata la prima ferrovia internazionale al mondo, perchè quando fu pensata nel 1848, il Ducato di Lucca non faceva parte del Granducato di Toscana, per cui, per unire Firenze a Pisa era necessario passare da Lucca (e quindi..)
Il primo tratto, costruito proprio nel 1848, fu proprio quello da Firenze a Prato.
Per quanto riguarda la Direttissima, qui inizia il tratto appenninico, perchè poco più in là c'è l'imbocco della Grande Galleria dell'Appennino, che,  con i suoi oltre 18,5 km di lunghezza, richiese ben 11 anni di lavori negli anni '20 del XX° secolo.
E qui torniamo al nostro argomento, perchè le casette degli operai che lavoravano al cantiere erano proprio qui, in questo triangolo tra il Bisenzio e la Maria Antonia, un terreno demaniale di proprietà delle Ferrovie.
Poi, dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando Prato cominciava già a richiamare manodopera per la sua industria tessile, specie dal Sud, quelle baracche cominciarono a tornare utili a chi non aveva altro posto dove andare.
Cominciò così, negli anni '50 del secolo scorso, una crescita disordinata di casette, per lo più a un piano, che nascevano senza un piano regolatore - ovviamente, essendo abusive - e che si sviluppavano seguendo le ferrovie e poi in vicoletti, corticine e una straordinaria chiesetta che ha l'aspetto di una missione spagnola nella California del Sud, con le sue campane a vela, anzichè il campanile, così come ci hanno abituato a vederle negli Spaghetti-western.

Ed infatti è dedicata al Beato Junipero Serra, che da quando è stata eretto l'Oratorio (infatti è una chiesetta piccolissima) è diventato Santo, proclamato da Papa Francesco nel 2015.

Si tratta di un Santo molto controverso, perchè se da un lato fu tra i primi evangelizzatori del nord America - guarda caso fu proprio tra i primi evangelizzatori della California - fu pesantemente accusato dai nativi americani di aver partecipato attivamente al loro sterminio.
Accanto alla porta c'è  il riconoscimento del Comune di Prato come monumento: quattro riquadri in marmo, di cui uno in serpentino verde, con un accenno storico. L'oratorio, costruito appunto in stile neo-coloniale, risale al 1960 ed è l'unico dedicato a questo santo in tutta Italia, su richiesta del Serra Club di Prato.
Il Serra club di Prato?!
Ebbene, sì. Esiste questo Movimento Serra, dedicato appunto a Santo Junipero Serra, molto attivo in nord-America ma diffuso anche da noi (ha una sede anche a Prato, con tanto di organigramma) che promuove e sostiene nuove vocazioni al Sacerdozio ministeriale della Chiesa.
Non abbiamo trovato notizie certe, ma abbiamo ritenuto plausibile che una chiesa intitolata a questo Santo in una "zona di frontiera" come era il quartiere negli anni '60 sia sembrata una scelta più che sensata.
Infatti - e torniamo al nostro quartiere - negli anni '60 e '70 questo era considerato un quartiere poco raccomandabile; non era considerato affatto prudente avventurarsi per queste stradine tortuose, che a quei tempi erano ancora fiancheggiate da baracche o rustici, o abitazioni piuttosto precarie.
La cosa era ancora più stridente, perchè appena oltrepassavi uno dei sottopassi della ferrovia, ti trovavi nella zona più "chic" della città, il quartiere de "La Pietà", con le sue ville con giardino, circondate da alti muri, o le dignitosissime case a due piani in stile classico, anche quelle con ampi giardini posteriori. 
A quei tempi (parliamo sempre degli anni '70) cominciavano appena a venir costruiti  i primi palazzi di lusso, disegnati da architetti di nome, con ampie terrazze piene di verde ed i parcheggi interrati.
Il contrasto era terribile.
Adesso invece, dopo le sanatorie che si sono susseguite negli anni, e che qui sono state complicate dal fatto che il terreno su cui le case erano state costruite era di proprietà delle Ferrovie, il quartiere ha perso il suo alone malfamato, per diventare un luogo tranquillo e diverso da tutto il resto della città.
Come se la chiesetta in stile neo-coloniale (che si vede bene dall'altra parte del fiume Bisenzio) non bastasse, come abbiamo già avuto modo di dire, qui le strade diritte, a parte quelle che costeggiano le ferrovie, sono poche. 


Sono stradine tortuose, a conferma della crescita disordinata della case, che venivano costruite dagli abitanti stessi, utilizzando ogni istante libero dal lavoro.


Non sembra di stare in una città, ma in un piccolo paese, con le sue casette basse (difficilmente sono a più di un piano, al massimo hanno una grande terrazza colma di grandi vasi di agrumi), piccole corti con giardinetti, panchine collocate in modo che ci si possa sedere a chiacchierare, piazzette dove le case - tutte molto graziose -  hanno però anche tutte colori diversi.
Non si ha assolutamente la percezione della città: ci si trova proiettati in uno di quei piccoli paesi dove la gente si ferma a parlare, dove ti salutano anche se non ti conoscono, dove dalle finestre aperte senti già, alle dieci di mattina, l'odore del sugo che cuoce pian piano nella pentola.
Abbiamo conosciuto delle persone che provenivano da questo quartiere e possiamo anche dire che c'è un senso di appartenenza ed una solidarietà sconosciuta ad altre zone della città.

Un "feeling" veramente positivo, bellissimo.
Poi si si attraversa il famoso sottopasso, ed eccoci a Prato, eccoci a "la Pietà".
Gran bel posto, beninteso, ma un altro mondo!
Qui le strade sono grandi e diritte, la gente fa gli affari suoi, le macchine sono parcheggiate nei posti numerati, ed i parcheggio privato del condominio di lusso ha la catena.
Ecco, forse il bello di questa zona è proprio questo straordinario contrasto tra questi due mondi paralleli, così vicini ma destinati a non incontrarsi mai.
Fateci un giro. 
Ne vale la pena.

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domenica 2 febbraio 2020

ABBADIA DEL BUON SOLLAZZO

E rieccoci nel Mugello.
Sarà pure una idea fissa la nostra, ma essendo un luogo tanto pieno di storia ed a noi tanto vicino, non può che essere un luogo privilegiato per le nostre scorribande!
Questa volta abbiamo deciso di "visitare" (tra virgolette perchè visitarlo non si può, esseno chiuso al pubblico , è proprietà privata) anzi diremmo meglio ammirare l'Abbadia del Buon Sollazzo, nel comune di Borgo San Lorenzo, sulla strada che va da Vaglia a Polcanto.

Si tratta di una Badia che ha origini antichissime, databili a prima dell'anno mille.
La tradizione vuole che sia stata eretta per volere del conte Ugo di Toscana dopo che, smarritosi in questi boschi, ebbe un'orrenda visione del suo destino se non si fosse convertito e non avesse mutato il suo stile di vita, evidentemente peccaminoso...
La chiesa è dedicata a San Bartolomeo de bono solatio (cioè ben soleggiata, dalla cui storpiatura popolare deriva il nome attuale) e nei secoli il monastero ha subito varie vicissitudini: nato per i benedettini, è passato ai cistercensi nel 1320, dal 1497 passò alla ad un'altra congregazione di cistercensi.
Nel 1705 diventò la prima casa trappista d'Italia ( i frati trappisti non sono altro che "cistercensi della stretta osservanza". Della regola cistercense naturalmente, così come i "Carmelitani scalzi" sono i Carmelitani della stretta osservanza per la regola carmelitana).

Negli anni tra il 1707 e il 1720 il Granduca Cosimo III fece abbattere la vecchia abbazia e la fece ricostruire - più piccola - secondo l'architettura del tempo.
Non abbiamo idea di come fosse esteticamente l'abbazia prima di questa ricostruzione.
Ma che ce ne importa?
Tanto il Granduca Pietro Leopoldo nel 1782 la soppresse... e una buona parte dei fabbricati fu venduto ad un nobile locale un certo Sigismondo Lotteringhi della Stufa
I Camaldolesi presero possesso dei pochi locali rimasti a loro disposizione per farne una scuola per i novizi nel 1877.
Poi nel 1990, dopo qualche anno che non usavano più i locali, l'hanno venduta a privati.
Da allora ha cambiato mano diverse volte. 
Ogni volta c'erano grandi progetti, ma essendo tutto sotto l'egida del Ministero dei beni culturali, è andato a finire che non se ne è fatto mai di niente.
E meno male, perchè quelche anno fa erano venute fuori voci che ne volessero fare un residence con mini-appartementi!
Tutto questo però non impedisce al fabbricato di continuare lentamente a decomporsi per la mancata manutenzione, per la totale spoliazione che è stato fatto nel tempo di tutti i suoi arredi interni, per gli agenti atmosferici che, inverno dopo inverno, continuano a danneggiare l'antico fabbricato.
E vi possiamo assicurare che l'inverno qui è piuttosto severo.
Un vero peccato, perchè è una bellissima costruzione in una posizione veramente incantevole.





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