domenica 7 febbraio 2021

CHIESE SCONSACRATE DI PRATO

 Non molto tempo fa abbiamo fatto un post sui Santuari Mariani di Prato (link). 
Quello di oggi sarà la sua némesi, perchè parleremo invece delle chiese sconsacrate di Prato.
Può sembrare strano, ma è una coincidenza: per "par-condicio" sono cinque, esattamente quanto i Santuari Mariani.


Il primo è L'oratorio di Sant'Ambrogio situato in Piazza Mercatale.
Fu fondato nel XII° secolo da Ambrogio di Benricordato, poi nel tempo cadde in un profondo degrado. Il sig. Gini, quando scese da Cavagliano per curare meglio i suoi affari e sorvegliare la costruzione del suo attiguo palazzo, lo fece restaurare a sue spese nel 1710 secondo le mode del tempo, quindi in stile Barocco.
Ed è tutt'ora una delle rarissime chiese barocche della zona.
Attualmente, però, è adibito a deposito di quadri e statue  per il Museo di Palazzo Pretorio.
Non siamo riusciti a reperire uno straccio di notizia sull'anno in cui l'Oratorio è stato sconsacrato, nè tantomeno sul motivo...
 

Il secondo è L'oratorio della Compagnia del Pellegrino che è sì in via del Pellegrino (...un indizio da non sottovalutare) ma l'esterno tutto ricorda tranne una chiesa. 
E' nei pressi del Collegio Cicognini, anche perchè ospita un affresco della Crocifissione di Cristo - dipinto da Bonaccorso di Cino nel 1350 - che era ospitato nella Badia di Santa Maria a Grignano.
Questa chiesa sorgeva più o meno dove adesso sorge il Collegio Cicognini, e fu demolita tra il 1692 e il 1710 quando fu costruito il collegio stesso.
Pensate, la chiesa abbattuta era una Badia Vallombrosana risalente al 1100, ma a quei tempi la sensibilità verso le costruzioni medioevali non era certo paragonabile alla nostra: per loro era semplicemente una vecchia costruzione e la abbatterono senza il minimo rimpianto.
Ebbero almeno il buon animo di togliere l'affresco, che era molto venerato dal popolo, e di trasferirlo, dopo varie peripezie, in questo oratorio,fondato da un eterogeneo gruppo di pellegrini che alla fine del '500 si era recato a Loreto, e da lì erano tornati con l'idea di dar vita ad una compagnia che fosse al servizio dei più bisognosi.
Per duecento anni è stata la sede dell'Arciconfraternita della Misericordia, che adesso è in via Convenevole.
I vari affreschi che vi si trovano sono invisibili al pubblico, ed in stato di grave degrado, a quel che siamo riusciti a sapere.
L'oratorio è stato sconsacrato nel 1780.
I Locali al piano superiore appartengono al collegio Cicognini.
 

Il Terzo è L'oratorio della Compagnia di Santa Trinita in via Santa Trinita ed è occupato da molti anni da un notissimo negozio.
Qui le notizie sono scarsissime. Sappiamo solo che faceva parte di un complesso monastico comprendente chiesa e monastero, che è stato soppresso nel 1506, e che in seguito è stato adibito ad abitazioni private.
Con il tempo ha subito talmente tante modifiche da divenire irriconoscibile, e si fa fatica anche a riconoscere le sembianze della chiesa, nel locale che da decenni ormai siamo abituati a considerare solo un negozio del centro.
In quando ai locali monastici ed al chiostro annesso, sono diventati illeggibili.
 
Della quarta, La Chiesa di Santa Maria in Castello, per dire la verità avevamo già parlato (link) ma ci piace approfondire un po' l'argomento.
Era la più importante chiesa del Castrum Prati, vicina - come lo è adesso - al Castello dell'Imperatore - prima che questo centro abitato si fondesse con l'attiguo Borgo al Cornio, dando vita all'attuale Prato.
Sappiamo che in essa era conservata una pala d'altare dipinta da Fra' Bartolomeo, che adesso è conservata al Museo di Capodimonte di Napoli, e che fu soppressa nel 1783 a seguito delle riforme Leopoldine.
In seguito è diventata abitazione privata, anche se, con intelligenza, è stata conservata la leggibilità degli spioventi e, anche se alla seconda occhiata, si capisce con facilità che si tratta di una ex-chiesa.
 

Tuttavia la storia più carina è quella relativa alla quinta, La Chiesa di San Jacopo nell'omonima via.
Qui bisogna partire da un po' più lontano, precisamente dalla località di San Giusto in Piazzanese. Il pievano di quest'antica chiese, risalente al prima dell'anno 1000, intorno al 1140 manteneva sè stesso e la chiesa con le decime che i suoi parrocchiani gli pagavano.
Accadde che una fetta considerevole dei suoi parrocchiani "emigrò" (si, lo sappiamo, ci saranno cinque chilometri, ma a quei tempi erano tanti) verso Prato e quindi iniziarono a versare le loro decime alla Chiesa di Santo Stefano - quella che poi diventerà il Duomo.
L'astuto pievano, che possedeva un appezzamento di terreno vicino al Castello dell'Imperatore, ha allora un'idea geniale. Costruì una "filiale" della Chiesa di San Giusto in Piazzanese a due passi dalla propositura di Santo Stefano.
La chiamò "San Jacopo": così i suoi parrocchiani che abitano a Prato, potranno assistere alla messa presso questa chiesa e continuare a pagare le decime alla sua pieve, invece che al preposto di Santo Stefano.
Ovviamente al preposto di Santo Stefano questa cosa non andò tanto a genio...
Iniziò allora un'annosa questione tra i due parroci e il Vescovo di Pistoia, competente per territorio.
Il poveruomo venne braccato per anni, dando ragione un po' all'uno un po' all'altro, finchè alla fine fu deciso che le decime spettavano al preposto di Santo Stefano, senza ulteriori ripensamenti.
La chiesa fu soppressa nel 1783, sempre per le famose riforme leopoldine, e venduta a privati che nell'800 la trasformarono in abitazione.
All'esterno, la facciata in pietra alberese è ancora perfettamente leggibile.

Credevate che avevamo finito?
No, ne abbiamo un'altra.
Per dire la verità anche di questo avevamo già parlato (link)

Si tratta della chiesa di S. Giovanni Gerosolimitano, maggiormente conosciuto come Spedale del Santo Sepolcro.
E' proprio dietro il Castello dell'imperatore, e per oltre cinquant'anni ha ospitato un carburatorista.
Poi le macchine sono diventate ad iniezione, e l'onesto artigiano ha dovuto chiudere la sua attività.
A quel punto ci si è interessati di questo spazio e fortunatamente è stato restaurato, riportato alla luce i mattoni rossi, le finestrelle e le originali decorazioni del cotto: una testa umana, due gigli, dei cerchi concatenati e delle punte di freccia.
Sicuramente faceva parte di un ambiente più grande, in grado di accogliere i pellegrini, ma di cui non è rimasta alcuna traccia.
Altre notizie sul motivo e la data della sconsacrazione non ne abbiamo trovate.