giovedì 30 maggio 2013

GAVINANA

Gavinana è un grazioso paese vicino a San Marcello Pistoiese, famoso per essere stato il teatro della storica battaglia che pose fine alla Repubblica Fiorentina nell'agosto del 1530. Ad essa è legato il nome dell'eroe Francesco Ferrucci, che proprio in questa piazza, davanti a questa casa che adesso ospita un simpaticissimo museo Ferrucciano,

che il 3 agosto 1530 pronunciò la storica frase: "vile, tu uccidi un uomo morto" rivolta a Fabrizio Maramaldo, un capitano di ventura di origine napoletana, che pur vedendolo ferito e inerme non esitò a menare il fendente fatale che uccise l'uomo,  ma collocò il suo nome nella storia d'Italia.

Lasciò ai posteri anche il proprio nome, perchè da allora maramaldo è diventato un aggettivo dispregiativo, che definisce una persona senza scrupoli,  che infierisce sui più deboli, e che non esita a tradire se questo può essergli conveniente, o se vede che la sua vittima non può reagire.
La memoria di Francesco Ferrucci è stata ampiamente sfruttata anche in epoca risorgimentale, rappresentando l'archetipo dell'eroe del popolo - non era nobile, ma veniva da una benestante famiglia di mercanti - che con il suo valore riesce ad ottenere importanti vittorie per la sua patria.
In realtà era un soldato di ventura, arruolato nelle famose "bande nere" capeggiate da Giovanni de' Medici, ma non si può negare che abbia fatto una bella carriera: podestà di Campi Bisenzio prima, di Radda in Chianti poi e poi Commissario ad Empoli. Dopo la vittoriosa battaglia di Volterra, in cui giocò un ruolo decisivo, fu inviato sull'appennino allo scopo di tagliare i rifornimenti all'esercito imperiale. Per il tradimento di Malatesta Baglioni fu sopraffatto dalle forze preponderanti degli imperiali, rimase ferito e qui Maramaldo consegnò il suo nome alla storia comportandosi come sappiamo.
Questa stessa memoria è stata poi utilizzata e sfruttata anche nel ventennio fascista, come simbolo dell'italico uomo di azione, che non si arrende alle avversità.
Il Ferrucci appare anche nel monumento equestre nella piazza centrale di Gavinana. Inaugurato nel 1920, il monumento è unico nel suo genere, perchè  il cavallo poggia su due sole zampe...

Gavinana è anche un luogo di villeggiatura assai rinomato, famoso già dalla fine dell'ottocento.

E' citato anche nel film "Amici miei", come la località dove il Conte Mascetti parcheggia fino ad autunno inoltrato moglie e figlia, allo scopo di poter stare con i suoi amici, lasciando le povere donne ad affrontare la brutta stagione con solo qualche golfino estivo.

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venerdì 17 maggio 2013

I RIFUGI SOTTERRANEI DELLA SMI A CAMPO TIZZORO

S.M.I. è l'acronimo di Società Metallurgica Italiana, che dal 1911 al 2006 ha operato a Campo Tizzoro, frazione di San Marcello Pistoiese.
Dire che ha "operato" è estremamente riduttivo.  la S.M.I. ha "creato" Campo Tizzoro, da un altopiano dove non c'era assolutamente nulla se non qualche capanna di pastori, e la cui unica ricchezza erano i due fiumi - il Maresca e il Limestre - che hanno determinato la famiglia Orlando a costruire in solo sei mesi - da giugno 2010 a dicembre 2010 - un intero stabilimento metallurgico, esistente tutt'oggi.

Intorno alla fabbrica, la famiglia Orlando ha creato il paese, con un'operazione comune all'epoca, costruendo anche le case operaie, scuole elementari e di avviamento al lavoro - ovviamente finalizzate alla creazione di operai specializzati per la propria produzione - una chiesa altrettanto ovviamente dedicata a Santa Barbara, e ha impiegato, nel periodo di massima occupazione, oltre 6.000 operai.
La fabbrica produceva pallottole di tutti i tipi e dimensioni. Era considerata altamente strategica e quindi difesa e protetta, sia dallo stato che dalla famiglia Orlando stessa, che per difendere il patrimonio costituito dalle maestranze altamente specializzate, prima della seconda guerra mondiale ha costruito una incredibile rete di bunker - gli unici costruiti da un privato in Italia - sotto lo stabilimento.
Questi bunker sono stati effettivamente utilizzati negli anni della seconda guerra mondiale, per circa 70 giorni non consecutivi, permettendo agli operai - e alle loro famiglie - di proteggersi dall'eventualità non remota, di bombardamenti e  possibili attacchi con il gas.
Si può certamente osservare che si trattava di un'operazione paternalistica: dopotutto gli operai se volevano mangiare dovevano comprare gli alimenti nello spaccio presente nel paese e  che vendeva  solo roba prodotta nelle fattorie Orlando, situate nella zona.  Quindi pagava gli operai per fare un lavoro, e loro gli rendevano quei soldi per poter mangiare e vestirsi. E' anche vero che forniva case, istruzione - finalizzata ma anche primaria - e alimenti sani prodotti in zona, oltre a un lavoro ben retribuito, sia pur pesante. Insomma, non si può criticare un'operazione del genere, perchè questa era la mentalità prebellica, e di esempi del genere l'Italia è piena: la Piaggio a Pontedera, o la Solvay a Rosignano, tanto per dirne qualcuna assai famosa.
In ogni caso, l'osservazione dei bunker fa capire quanto la fabbrica fosse importante, e quanto importanti fossero gli Orlando, a cui facevano capo anche i cantieri navali di Livorno, e che nell'Italia dell'epoca facevano parte di quella ristretta elite in cui gravitavano anche gli Agnelli e i Piaggio.
Tornando alla fabbrica, una guida giovanissima e informatissima, ci ha mostrato i macchinari di produzione delle pallottole, presenti nella palazzina dirigenziale della S.M.I., il loro campionario e la loro capacità distruttiva, i metodi di costruzione degli innesti chimici - che venivano costruiti e assemblati in delle palazzine-bunker lontane dallo stabilimento principale - i macchinari costruiti in loco,  per la gestione di un sistema qualità sulla produzione che non aveva veramente niente da invidiare a quegli odierni.

Abbiamo visitato la sala dirigenziale, dove gli esperti di marketing dell'epoca trattavano i loro affari con tutti - e intendiamo veramente tutti - i governi stranieri che acquistavano le munizioni ivi prodotte.

Veramente commovente è stata la visita ad un ufficio anni '50, quindi dopo che la fabbrica era stata parzialmente riconvertita alla produzione di tubature in rame, e di cilindri per il conio - quelli da cui si producevano poi le monete. Commovente perchè l'impressione era che mancasse qualcosa... c'era il telex, il telefono nero e ingombrante, una astrusa  macchina contabile, quella addizionatrice, carta, matita... Ecco cosa non c'era: il computer!  Adesso non possiamo pensare ad un ufficio senza computer, ma sino alla metà degli anni '80 gli uffici dotati di computer non erano così numerosi. Un'altra epoca, a noi veramente tanto vicina da averla persa definitivamente di vista.
Poi, da una delle ogive blindate che costituivano gli ingressi del bunker, siamo scesi da una delle doppie scale elicoidali - che non si incontrano mai, allo scopo di facilitare una contemporanea salita/discesa- sino ai bunker veri e propri.

Solo una parte sono stati attualmente recuperati, dalla società che gestisce il museo, e recuperata con amore e dedizione da una serie di ragazzi che lì svolgono il loro servizio civile, e a cui va tutta la nostra riconoscenza per aver scoperto e valorizzato un tale patrimonio.

I bunker erano progettati, con estrema cura,  e con la finalità di poter custodire le persone anche per diversi mesi. Addirittura era stata ipotizzato anche che i macchinari potessero essere trasportati dentro tramite una apposita apertura, in modo da poter continuare, in caso di emergenza, il lavoro.
Nei lunghissimi corridoi, c'erano ogni tanto delle rientranze dove si trovavano Posti di Pronto Soccorso,  ripostigli, locali di servizio.

Abbiamo potuto visitare l'infermeria degli uomini, mentre quella delle donne è ancora in fase di restauro.
Le panche la notte venivano tolte e venivano distese delle brandine in senso orizzontale, che permettevano alla gente di dormire normalmente senza sentirsi ammassati, perchè rimaneva comunque un passaggio per spostarsi.
Insomma, un'operazione veramente in grande stile, con tutte le soluzioni tecnologiche applicabili all'epoca.

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giovedì 9 maggio 2013

IL VALDARNO SUPERIORE

La parte del corso dell'Arno da Arezzo alla stretta della Gonfolina si chiama Valdarno superiore.
E che è 'sta Gonfolina??
Nel comune di Lastra a Signa c'è una cava di pietra serena con un grande masso: il masso della Gonfolina, appunto.  Da qui il fiume si è scavato nel, corso dei millenni, un varco attraverso la dorsale del Montalbano, facendo sì che il grande lago che nel Pleistocene copriva la pianura dove adesso sorgono Firenze, Prato e Pistoia, si sia svuotato.
Ma dovevamo parlare del valdarno superiore, che è a  sua volta è un grande catino il cui cuore sono le cittadine di Montevarchi, San Giovanni Valdarno e Terranuova Bracciolini, guarda caso proprio i posti di cui intendiamo parlare.
Di Montevarchi si comincia a parlare intorno all'anno mille. Il pre-esitente abitato romano era razionalmente collocato in collina, perchè nei luoghi pianeggianti  la vita era dura: le piene dell'Arno erano devastanti, le truppe di passaggio razziavano  e  uccidevano  i pochi abitanti, perchè il territorio era boscoso e quasi disabitato.
Era tuttavia  alla confluenza delle principali strade che collegavano Arezzo e Firenze, ma il vero abitato   era sulle colline circostanti, dove sorgevano i Castelli protetti dalle famiglie nobili. E infatti il  Castrum Montisguardi, da cui è poi derivato il nome attuale, era feudo della famiglia Bourbon del Monte Santa Maria, signori di tutta la zona, sino a che, in epoche più recenti,  i Conti Guidi non li hanno spodestati.

Una curiosità: la mamma di Gianni Agnelli era una Bourbon del Monte di Santa Maria.
Ma torniamo ai Conti Guidi, che dotarono di robuste mura, nel XII secolo, i piccoli borghi che si erano costituiti nella pianura, dando origine al mercatale di Montevarchi, che divenne nel medioevo talmente importante da creare una propria unità di misura "lo staio di Montevarchi".
Nel settecento furono impiantati i primi cappellifici, e grande impulso ebbe la lavorazione del feltro, che divenne tipica della zona.

San Giovanni Valdarno era anticamente chiamato Castel San Giovanni. E' stata edificata intorno all'anno 1296 su incarico di Firenze per realizzare quelle "terre nuove Fiorentine" ipotizzate e progettate da Arnolfo di Cambio, che dovevano contrastare le mire di Arezzo sulla zona,  tra le quali c'era anche Castelfranco (di Sopra, visto che stiamo parlando di Valdarno Superiore. Il nome viene così distinto da Castelfranco di Sotto, che infatti si trova nel Valdarno inferiore, in provincia di Pisa).

Firenze incentivò la colonizzazione con sgravi fiscali per i contadini che intendevano stabilircisi, e costruì mura difensive e palazzi.
Il ruolo strategico di queste terre nuove cessò nel rinascimento, con il consolidarsi dell'egemonia fiorentina nella zona, per cui i paese conobbe un lento declino.  Solo con Gli Asburgo-Lorena, che bonificarono le terre e canalizzarono i fiumi, il paese conobbe una ripresa, anche demografica. Nel 1848 entrò a far parte - assai controvoglia - della provincia di Arezzo

Terranuova Bracciolini, come San Giovanni Valdarno fu fondata dalla Repubblica Fiorentina,  intorno al 1337 e venne chiamata inizialmente Castel Santa Maria, ma poi comunemente designata con il nome generico di Terra Nuova. Il suo più illustre cittadino fu Poggio Bracciolini, che è nato lì nel 1380 e a cui poi la cittadina è stata dedicata. Poggio Bracciolini fu un insigne studioso e umanista che ha avuto il merito di inventare la grafia minuscola, proprio nel periodo in cui fu inventata la stampa. E' per merito suo se adesso leggiamo con questi caratteri ben leggibili e non nel gotico in cui i tedeschi fino a poco tempo fa leggevano pure i giornali. Un'opera meritoria!

Poco prima di Terranuova Bracciolini, la strada ci porta al caratteristico borgo di Loro Ciuffenna. Il Ciuffenna è il fiume che ci scorre vicino, mentre Loro deriva da Laurus (alloro). I due nomi sono stati uniti nell'attuale denominazione solo nel 1863. Fu un importante centro in epoca romana, perchè situato sulla  strada di comunicazione tra Arezzo e Fiesole, e anche il nome del fiume è di derivazione etrusca. Già nell'alto medioevo feudo dei conti Guidi, fu ceduto agli Ubaldini intorno al mille. Nel 1293 la repubblica Fiorentina ne assunse il controllo.

Conserva un mulino ad acqua molto antico -  e ancora funzionante -  proprio nel centro del borgo, che è estremamente caratteristico e con angoli veramente incantevoli.


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mercoledì 1 maggio 2013

CARRARA


Sarà perchè rispetto al nostro centro di gravità rimane un po' lontana, Carrara ci era sconosciuta.
Certo, si sapeva che è l'alter ego di  Massa, che è il centro mondiale del Marmo e che è la culla del pensiero anarchico. Non molto, in verità.
Siamo andati a curiosare e abbiamo scoperto alcune cose.
Tanto per cominciare, a proposito di arredi urbani, tutto quello che siete abituati a pensare in pietra serena, tipo le panchine, o i cordoli dei marciapiedi, o delle aiuole intorno agli alberi o ai giardini, qui è di marmo. Certo non il bianco totale conosciuto dagli scultori... grigio, bianco più o meno venato, ma sempre marmo. Poi in tutte le piazze come minimo ci sono due o più statue, magari una antica e una moderna - anche perchè ci sono scuole di scultura un po' dappertutto, e i giovani artisti devono essere incoraggiati - oppure vere e proprie mostre all'aperto.

Anche le case e le costruzioni pubbliche utilizzano il marmo: gradini, stipiti, balconate: tutto di marmo. Intere pavimentazioni di piazze -  ovviamente - ma la cosa più sorprendente sono i marciapiedi!!! A lastre o a sampietrini, ma di marmo. Chissà se ci passano anche la cera... E ci siamo domandati: ma quando piove non saranno un po' scivolosi? Mah...!
Comunque si tratta pur sempre del materiale più economico per loro: le cave sono proprio dietro la schiena della città, e si tratta di cave che risalgono ai tempi di Giulio Cesare,  quando il "marmor lunensis" (marmo di luni) era il più ricercato per la costruzione di edifici, statue e dimore patrizie. Nel V secolo, con le invasioni barbariche, l'attività estrattiva subì una battuta d'arresto, ma riprese piano piano nei secoli successivi per costruire chiese, palazzi e statue, tante statue.
Abbiamo poi scoperto che Carrara è un'isola linguistica emiliana - cioè un luogo dove la popolazione parla una lingua diversa da quelle circostanti. Tanto per dire,  Piazza del Duomo viene chiamata piazza "drent", cioè dentro la prima cerchia di mura, mentre altre vengono chiamate "for d'porta", cioè fuori delle mura, e comunque la città sino al 1870 faceva parte dell'attuale Emilia.
In quanto al nome, potrebbe sia derivare dal celtico Kair, che vuol dire pietra, che dall'antico ligure "caraia" - ipotesi quest'ultima più probabile - visto che significa "cava".
Tra le tante cose belle, ci ha colpito il palazzo ducale Cybo-Malaspina, residenza stabile della dinastia dal 1448.

Due parole su questa famiglia le vogliamo fare? La dinastia nacque con il matrimonio tra Lorenzo Cybo e Ricciarda Malaspina, e il loro secondogenito Alberico divenne l'iniziatore della dinastia. E il primogenito? Ops...Giulio I° fu giustiziato perchè aveva tramato contro l'Ammiraglio Andrea Doria che, guarda caso, era anche un parente di suo suocero.
Vicino a questo palazzo c'è una bellissima piazza con un affascinate fontana dove un'enorme sfera di marmo ruota su un velo d'acqua!

Bellissimo anche il Duomo, di un bianco abbacinante,  con la statua del gigante ed un  rosone che sembra fatto di pizzo.

All'interno, uno strano organista suonava brani che di sacro avevano ben poco: peccato non poterveli far ascoltare.
Questa luminosissima piazza, dove ci siamo fermati a prendere un aperitivo, non ha davvero  nulla di Toscano!

Questo canale detto "Frigido" scorre velocissimo tra le case del centro.

In quanto all'anarchia, questa è la sede del movimento in città.

Il movimento anarchico si è sviluppato in seno al movimento operaio,laddove il sindacato aveva dato maggior coesione all'identità operaia,  ed essendo Carrara una città dove  di operai - che facevano e per la verità ancora fanno, un lavoro assai duro e pericoloso - era ovvio che fosse una delle culle italiane del movimento. 
In Carrara abbiamo sentito qualcosa  di unico: ha in tutto e per tutto l'aspetto di una città di montagna, ma nell'aria si sente l'odore del mare, che è vicinissimo. Sembra di essere in Emilia per via delle logge e delle case rosse come a Bologna o gialle come a Parma, ma si sente parlare tanto toscano.
Si ha l'impressione di essere in un posto di frontiera, ed è vero! perchè abbiamo la versilia appena di là dal passo della foce, la liguria se appena alziamo la vista e Parma solo di là dai monti.

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