domenica 25 agosto 2019

IL PONTE LEOPOLDO II E ALESSANDRO MANETTI

Questa bella scritta, proprio sopra le centraline elettriche non c'è sembrata un granchè come biglietto da visita.

Ma ancora l'inaugurazione ufficiale non c'è stata magari si accorgono che è parecchio migliorabile  e la spostano sui pannelli vicini, che sotto sono tutti liberi.
Di che cosa si tratta esattamente?
Del Ponte Leopolo II°, che attraversando il fiume Ombrone, unisce il parco delle Cascine di Tavola (Prato) con il Parco del Barco Reale (Poggio a Caiano), riunendo i due parchi, che in un tempo molto lontano facevano parte di un'unica tenuta medicea, che andava dalla villa Ambra del Poggio a Caiano sino alla villa Ferdinanda di Artimino - ed oltre - comprendendo gran parte del territorio del Montalbano.

Ovviamente non si possono più ottenere le estensioni territoriali di un tempo, per ovvii motivi, ma già riunire i due parchi, che adesso possono essere fruiti come se fossero uno solo è davvere un bel risultato.
Il Ponte leopoldo II°, era conosciuto sino a poco tempo fa come Ponte Manetti, dal nome del suo costruttore, Alessandro Manetti.
Fu un ingegnere ed architetto molto importante nella storia del Granducato di Toscana, che si occupò, sino alla definitiva cacciata dei Lorena nel 1859, di molte delle opere più importanti del piccolo Stato.
Costruendo questo ponte nel 1833, come si evince dalle splendide scritte in bronzo recuperate, realizzò il secondo ponte sospeso - in ordine di tempo - costruito in Italia, il primo costruito con la tecnologia dei cavi di ferro avvolti su se stessi.

Tecnologia che risulterà poi vincente negli anni a venire, mentre quella delle catene, come quella del primo ponte sopeso costruito in Italia - quello del Ponte Ferdinando costruito sul Garigliano dall' Ing. Luigi Giura - verrà poi abbandonata pochi anni dopo.
Il ponte fu distrutto dai tedeschi nel 1944, al momento della loro ritirata.
Non era un ponte di grande importanza strategica, ma era pur sempre un ponte, e distruggendolo creavano dei problemi di viabilità che si sarebbero risolti con grande fatica.
Che non fosse un ponte importante lo si è visto con il tempo che ci è voluto per ricostruirlo: 75 anni!!
Ad Alessandro Manetti si deve il tracciato della strada che dal Granducato conduceva in Romagna (si, la S.S.67 tosco-romagnola) ed è sempre sua l'idea del "Muraglione"  costruito sul passo appenninico - e da cui ha poi preso il nome, universalmente noto tra i motociclisti di entrambe i versanti - che a quei tempi era necessario, specie in inverno, per far si che le carrozze potessero scegliere il lato della strada giusto per evitare  di essere ribaltate dalle fortissime folate dell'impetuoso vento che soffia sul crinale.
Sempre suo è il tracciato della attuale S.S. 63 del Passo del Cerreto, che unisce Sarzana a Reggio Emilia (e anche questa parecchio famosa tra i motociclisti)
Ed ancora, ad Alessandro Manetti di devono le colonnine di pietra con la caratteristica sfera in ghisa chiodata in cima, che ogni toscano ha in qualche angolo della sua memoria.

Erano poste all'inizio ed alla fine delle principali strade del Granducato, e ce ne sono ancora molte in giro.
si occupo', in collaborazione con altri ingegneri dell'epoca, della bonifica del lago di Bientina, e della costruzione della famosa "Botte" (link) cioè l'attraversamento sotterraneo del fiume Arno, da cui defluiva l'acqua della palude.
Un'opera colossale, e non solo per quei tempi, che riutilizzando buona parte del canale Imperiale costruito da Ximenex anni prima, sottopassa l'Arno per ben 255 metri e va a sfociare direttamente in mare, tra Calambrone e Livorno.

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lunedì 19 agosto 2019

CAMUGLIANO DI PONSACCO

Nel nostro girovagare capitiamo spesso in quello che a noi piace chiamare - in maniera apprezzativa e affettuosa - "il contado pisano", luoghi di incompabile bellezza, secondo il nostro parere.
E proprio qui, in un fazzoletto di terra, alla confluenza dei fiumi Cascina ed Era, nel comune di Ponsacco, abbiamo trovato questi due gioelli.
Una è la villa medicea, conosciuta proprio con il nome di Villa di Camugliano, fatta costruire dal Duca Alessandro de' Medici (quello detto "il Moro", ultimo del ramo principale, assassinato dal cugino Lorenzino e a cui succedette il molto più famoso Giovanni dalle Bande Nere...) e poi, dopo una serie di alterne vicende, venduta al senatore Filippo Niccolini nel 1637, creato poi Marchese di Camugliano e Ponsacco qualche mese dopo.
Pensate, dal 1637 la villa è tutt'ora nelle sue mani. 
Ed infatti è proprietà provata, e non è visitabile.

Però la possiamo ammirare dall'esterno con molto agio, perchè sorge su un'altura che domina tutta la valle circostante.
La sua architettura ricorda molto la villa Ambrogiana di Montelupo Fiorentino, che è comunque posteriore di almeno un cinquantina d'anni.

Prendendo uno stradello sterrato sulla destra della villa, si arriva ad una fattoria ancora in parte abitata.
Doveva essere un fabbricato di una certa importanza, forse una fattoria fortificata.

Da lì una stradina tra campi interi di fiori blu.
Per gli appassionati di Fiori di Bach: una distesa di Cicory, dei più grandi e alti che abbiamo mai visto
Per tutti gli altri: Cicoria andata in fiore...

Però vi assicuriamo che questi prati blu-violetto (nessuna macchina fotografica può rendere quel colore incredibile che i nostri occhi hanno visto) erano meravigliosi.
E portavano ad una piccola altura dove c'era una piccolissima chiesa, poco più di una cappella, circondata da quattro cipressi altissimi: la chiesa di San Pierino a Camugliano.

La sintesi della toscanità!
Quello che gli stranieri si immaginano venendo in Toscana.

(si, vabbè, era un concentrato di luoghi comuni, d'accordo. La chiesetta sulla collina, i quattro cipressi a farle da sentinelle, il prato blu violetto... mancava Heidi con le caprette che facevano ciao, ed eravamo a posto!)

Comunque sia, era un luogo da sindrome di Stendhal, e capivamo gli stranieri con targa tedesca e olandese, fermi sul ciglio della strada, che riempivano una scheda SD dopo l'altra, nell'inutile tentativo di rendere il colore del prato.
Molto più fortunati eravamo noi, con il nostro turismo a km (quasi) zero, che possiamo tornarci tutte le volte che vogliamo!

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