domenica 24 luglio 2016

UN GIRO NELLA VALDAMBRA

Non tutti i posti di cui parliamo in questo post sono proprio proprio in Valdambra, per dire la verità.
Questo lo diciamo subito per evitare che qualcuno scriva sdegnato, reputandosi offeso nella propria appartenenza geografica.
Ci scusiamo fin d'ora per la nostra ignoranza, ma noi scriviamo solo di gite "fuori porta", non abbiamo nessuna pretesa di essere precisi, o imparziali - anzi, basandosi tutto il blog sulle nostre impressioni personali è quanto di meno imparziale si possa pensare - nè tanto meno possediamo quelle conoscenze cattedratiche, che ci potrebbero permettere di dare giudizi ultimativi.
Bene, detto questo, dov'è la Valdambra?
Evidentemente è la valle che segue il corso del torrente Ambra, dove il centro abitato più importante è Bucine.
E cominciamo subito male, perchè la prima fermata che vi proponiamo è la spettacolare "Torre di Galatrona", che - essendo una torre d'avvistamento - è al confine tra la Valdambra e il Valdarno.
Si tratta di una torre molto antica, e alcune delle pietre alla base testimonierebbero addirittura un'origine etrusca.
Naturalmente, per le prime notizie scritte bisogna aspettare il 963 (e ne dubitavate?), dove vien nominata con l'antico nome di Canastruna.
Il suo ruolo era di sorvegliare i territori, nelle continue lotte medioevali.
Poi, con la pacificazione medicea, la torre perse di importanza strategica e cadde in tragico abbandono.
Fortunatamente è stata restaurata, in tempi recenti.
E' alta circa 27 metri, ed è una quadrato di 7 metri per lato.
Per raggiungerla c'è un breve sentiero da fare a piedi, ma la simpatica custode era venuta in macchina, per cui esiste anche una strada carrozzabile.
All'interno, una botola in vetro permette di ammirare l'antica cisterna dalle pareti in cocciopesto, ancora perfettamente impermeabile. Per salire c'è la solita scala che in ultimo è ripidissima, ma il panorama ripaga della fatica.
Questa la veduta a 360 gradi!
Tornati giù, abbiamo percorso la SP540 della Valdambra che ci ha condotto al delizioso paese di San Gusmè.
E qui cominciano i guai, perchè San Gusmè è Valdarno e non Valdambra, ma a noi queste minuzie non interessano....
E' un paese con mura circolari quasi ancora completamente integre.
All'interno è perfettamente conservato, anche se la maggiora parte delle attività produttive all'interno delle mura è costituito da ristoranti.
E' famoso  - anche - per una curiosa statuetta, adesso situata all'interno del parco "Silvio Gigli".
Si tratta della riproduzione in terracotta di una statua, distrutta dagli abitanti del borgo intorno agli anni '40 del secolo scorso, che riproduceva un uomo, palesemente intento ad espletare i propri bisogni corporali.
La statua originale fu costruita nel 1888 da un contadino, e serviva per indicare che "lì si poteva fare", così che il refluo poteva venir utilizzato dal contadino stesso per fertilizzare il suo orto.
La statua era battezzata "Luca Cava" (c'è un doppio senso, non so se si è capito...) e i sangusminesi a quel punto, stanchi di essere presi in giro dagli abitanti dei paesi vicini, la distrussero.
Silvio Gigli, senese e personaggio della radio sin dagli anni '30, conobbe la piccola storia di questa  frazione di Castelnuovo Berardenga; gli piacque e fece ricostruire la statuetta a proprie spese.
Da allora, nei primi due fine settimana di settembre, si tiene una festa, dedicata proprio a Luca Cava, e che assegna un premio ad un personaggio televisivo nell'ambito del premio giornalistico, intitolato al filantropo Silvio Gigli.
Una storia carina, e un bel posticino da vedere.
A proposito di bei posticini, volevamo andare a vedere Abbadia Monastero, ma ci siamo un po' confusi con le indicazioni e ci siamo ritrovati a Castel Monastero.
E vabbè, sempre monastero è, no?!
No, perchè Castel Monastero è un albergo cinque stelle, ricavato da un paesino e da un monastero (appunto) senza cancelli, recinzioni nè insegne,  e non ci si accorge di dove ci si trova finchè non parcheggiamo la nostra modesta utilitaria accanto a una fila di Porsche e di Mercedes, e finchè non vediamo il caddy elettrico, sul quale un premuroso inserviente fa salire due anziane ospiti, affaticate dalla lieve salita che porta dalla villetta dove hanno la camera, verso il corpo centrale dell'albergo (ed il wine bar).
Ce la siamo data a gambe in venti secondi!


domenica 17 luglio 2016

IL CASTELLO DELL'IMPERATORE

Tra i nostri viaggi a km zero non poteva mancare il Castello dell'Imperatore.


L'entrata è in Piazza delle Carceri.
Ah, è a Prato. Un particolare non da poco...
E l'imperatore in questione era Federico II Barbarossa, ovviamente.
Si tratta del più settentrionale dei castelli normanno-svevi, costruito, come tutti gli altri, dal suo architetto preferito, Riccardo da Lentini, autore anche del famoso Castel De Monte, tanto che i due castelli si somigliano molto.
La sua firma sono i due - malconci - leoni che ornano la porta d'entrata.


Iniziò la costruzione intorno al 1240, per farne una residenza imperiale, sui resti di una preesistente fortezza degli Alberti (se ne vedono ancora due torri, quelle prive di merli, e che sino al 1768 erano alte il doppio. Non sappiamo che cosa ha provocato il parziale abbattimento delle torri) ma nel 1250 i lavori furono interrotti, per la morte dell'imperatore stesso.
In pratica il castello non ha mai svolto le sue funzioni difensive, e nei secoli è stato utilizzato per tutt'altro.
Durante il periodo della Repubblica Fiorentina, era collegato alla cerchia di mura da un camminamento detto "Il Cassero", che è stato poi parzialmente abbattuto per creare l'attuale viale Piave.
Da questo camminamento, i soldati fiorentini potevano entrare e uscire dalla città indisturbati, e al sicuro dal bombardamento di pietre che li seguiva ovunque quando passavano da queste parti...
(questo ci porta a pensare che non fossero molto ben visti dalla popolazione, vero?)
Nel corso dei secoli, fu integrato da abitazioni civili, addossati alle sue mura, sia esterne che interne.
Questo sino agli anni '30 del secolo scorso, quando - sotto il regime fascista - tutte le abitazioni vennero abbattute, restituendo al Castello il suo aspetto originale.
Alla fine degli anni '70 fu oggetto di un restauro e pulizia, che ne permise la riapertura al pubblico.
(Alcune delle panchine in legno che ci sono negli angoli delle torri risalgono a quell'epoca. E si vede!)
Infatti era stato chiuso dalla metà degli anni '40, quando fu utilizzato dai tedeschi per rinchiuderci i prigionieri partigiani.
Da allora è sede di manifestazioni di ogni tipo, e in estate di un cinema all'aperto molto frequentato.

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domenica 10 luglio 2016

UNA VISITA A PALAZZO PFANNER

Con tutte le volte che abbiamo parlato di Lucca - e vi assicuriamo che per parlarne tanto, ci siamo andati almeno il doppio - andrà a finire che ci daranno la cittadinanza onoraria. E ci piacerebbe parecchio, per dire la verità!
E quindi rieccoci a Lucca. 
Di questo Palazzo avevamo già parlato nel nostro post sul giro delle mura di Lucca (link).
A proposito: provate a fare, almeno una parte del giro, al tramonto... quando l'aria si tinge di rosa e arancio, ed il sole cala dietro le masse scure degli alberi, liberando un bagliore liquido.
Frattanto i lampioni si accendono, in quel momento in cui non è ancora buio e non è più giorno - i fotografi la chiamano "ora blu" - e, citiamo liberamente D'annunzio, "le colline, sui limpidi orizzonti, s'incurvin come labbra che un divieto chiuda".
Tutto questo succede anche a Vigevano, a Rossano Calabro e a Campobasso, intendiamoci.
Ma qui, sulle mura di Lucca, con la quieta città da un lato, e i prati verdeggianti fuori dai bastioni dall'altro, bisogna avere il cuore di pietra per non commuoversi.
Ed il nostro cuore è molto, molto tenero!
Ma veniamo al nostro palazzo, di cui abbiamo già dato la maggior parte delle notizie nel link citato.
Comunque, per riassumere, fu costruito verso glia anni '60 del XVII° secolo.su commissione di Moriconi, facoltosi mercanti lucchesi. 
Purtroppo le alterne fortune economiche travolsero i Moriconi, che furono costretti a vendere il palazzo, solo vent'anni dopo, ad altri facoltosi mercanti, i Controni.
A loro va dato il merito della costruzione dello scalone monumentale, su progetto dell'architetto lucchese Domenico Martinelli, e qualche anno dopo, agli inizi del '700, riqualificarono il giardino retrostante, e fecero affrescare le volte dello scalone e gli interni della residenza nobiliare.
Alla metà dell'ottocento, il palazzo ed i giardini furono progressivamente acquistati dal birraio bavarese Felix Pfanner che, come sappiamo, ci installò la sua birreria, una delle prime in Italia.
Birreria - e mescita della bevanda nei giardini - rimasero attivi sino al 1929.
Il palazzo è tutt'ora di proprietà della famiglia Pfanner, che dal 1995 ha restaurato il palazzo e lo ha aperto in parte ai visitatori.
Una parte è invece albergo di grande charme!
Due parole a parte merita il giardino barocco, splendido sia visto dalle mura, che dalla sorprendente prospettiva dello scalone.

Immersi nella Lucca medioevale, questo giardino barocco spicca in maniera straordinaria: le statue settecentesche che raffigurano le stagioni e le divinità dell'olimpo greco, le conche con i limoni e gli aranci fioriti, dove il profumo delle zagare si mescola a quello delle rose antiche, molto più profumate di quelle che possiamo  trovare adesso  dai fiorai.
Il pezzo forte è sicuramente lo splendido scalone monumentale, scelto come set di alcuni film, come "Ritratto di signora" o "Il Marchese del Grillo".

All'interno gli ampi saloni sono tutti molto belli, e riccamente arredati, a differenza di molti palazzi storici, dove le stanze sono nude o quasi.
Questo perchè il palazzo è da secoli di proprietà sempre della stessa famiglia; nella maggior parte dei casi è il passaggio di proprietà, a determinare la spoliazione degli arredi.
Spiccano la bellissima cucina storica, dove si può vedere ancora tutto l'arredamento originale di una cucina ottocentesca, 

e l'appartamento dove, alla fine del '600 si consumavano gli incontri la la nobildonna lucchese Maria Maddalena Trenta ed il principe Federico di Danimarca:camera da letto, una piccola stanza dedicata alla toilette (!) e un salottino.

All'interno si possono ammirare gli strumenti medico-chirurgici appartenuti a Pietro Pfanner, medico, filantropo e sindaco di Lucca tra il 1920 e il 1922.

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domenica 3 luglio 2016

DUE TESORI IN UN COLPO SOLO: LINARI E SANT'APPIANO

siamo stati in dubbio per un po', se parlare di questi due piccoli tesori separatamente, o unirli in un unico post.
Ma la distanza che li separa è talmente breve che, per fare una gita, è molto meglio unirli in un'unica visita.
Nei pressi di Barberino Val d'Elsa, attraversando una insospettabile zona industriale - lo faremo il post sulla zona industriale, non dubitate - fatti due tornanti, ci si ritrova su una stradina immersa nel verde, che ci fa ammirare un panorama straordinario, e ci propone silenzio, profumato di fiori e di sole, interrotto solo dal cinguettio degli uccelli.
Non per nulla - lo abbiamo scoperto dopo - questa si chiama Valcanora, proprio per l'abbondanza di volatili canterini!
Siamo diretti a Linari, un paese semi-abbandonato, sede di un antico castello, dei cui i primi proprietari furono i Cadolingi di Fucecchio.

Linari, come dice il suo nome, era il confine con le terre senesi, e si difendeva bene, perchè è su uno sperone roccioso. 
Certo i suoi abitanti, essendo sul confine, non vivevano certo una vita tranquilla.
Oltre alla miseria che affliggeva i contadini nel medioevo, c'erano anche le battaglie, che infuriavano di continuo nelle vicinanze, tra le litigiosissime Firenze e Siena.
Meno male che poi sono venuti i Medici, hanno unificato il territorio, e gli abitanti di Linari avranno di sicuro tirato un sospiro di sollievo.
In origine c'erano due porte d'accesso, adesso scomparse. Ma ci sono due targhe in marmo, con il nome del paese inciso.
La salita che porta al paese, e che sembra condurre ad un portale a sesto acuto di mattoni rossi - grave errore! è la corte di una casa privata, la strada fa una curva molto brusca - è una salitina di tutto rispetto, una bella 25%.
Con un'auto di piccola cilindrata, magari in quattro, conviene spengere l'aria condizionata, o non si sale.
L'area intorno al castello è tutta transennata. Dei vistosi cartelli parlano di lavori di restauro e consolidamento, ma i lavori hanno tutta l'aria di essere fermi da un bel po'.

Ci sono case a rustico, e ruderi cadenti, accanto a  graziose casette abitate: non manca nemmeno un agriturismo, probabilmente gestito da inglesi, vista la quantità di vetture con targa straniera e guida a destra che affollava il parcheggio.
La chiesa di Santo Stefano  dà le spalle alla strada, mentre il piazzale è popolato di bei gattoni dall'aria soddisfatta.
Sappiamo che esiste un'altra chiesa diroccata, nella parte non visitabile del paese, quella adiacente al castello.
Se si scende dalla 25%, e si riesce a frenare allo stop, proseguendo per poco più di due chilometri, si trova una chiesa antichissima quella di Sant'Appiano.
Si tratta di una chiesa molto antica, di cui rimangono dei rimaneggiamenti risalenti al IX secolo, ma si suppone che l'origine sia di molto precedente.
Presenta la particolarità del battistero costruito fuori dalla chiesa, una architettura assai rara nella zona. 
Del battistero rimangono solo delle colonne di pietra, e le si apprezzano ancora di più dopo che si è fatta la ripidissima scalinata di pietre sconnesse che porta al terrazzamento dove sorge la chiesa.

La storia particolare, riguarda in questo caso il santo a cui è dedicata la Chiesa, cioè sant'Appiano.

come spesso succedeva nei primi secoli del cristianesimo, la chiesa fu eretta dove sorgeva un tempio pagano, il cui nome era "Sancta al planum" cioè Santuario rivolto verso la pianura.
L'evangelizzatore della Val d'Elsa fu un monaco, di cui si è perduto il nome.
La devozione popolare volle dedicare questa chiesa a questo santo monaco, creando un collegamento tra il nome del luogo e quello di colui che si riteneva un santo, per l'opera meritoria svolta.
Infatti, nel martilorogio romano non esiste un Sant'Appiano, e non esiste nemmeno una data in cui celebrare la sua nascita al cielo, anche se la tradizione popolare lo ricorda il 6 novembre.
Se poi si va a leggere la soria di Sant'Appiano sulla porta della chiesa, viene narrato che si trattava di un giovane genovese della gens Appia,  salito su una nave per sfuggire i persecutori dei cristiani, e approdato alla costa pisana,  dove risale all'interno  sino ad arrivare a questi luoghi, dove condurrà vita ascetica, convertendo e battezzando.
Fonti storiche arrivano alla conclusione  che si tratta quasi certamente di una leggenda.
Ma il posto è bellissimo, quieto e sereno nella sua severa semplicità.




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