domenica 15 febbraio 2015

DUE BORGHI DI PALAIA. TOIANO E SAN GERVASIO

Di Palaia, incantevole borgo tra le colline pisane, ci eravamo già occupati tempo addietro (link), ma siamo voluti tornarci per esaminare meglio due piccoli borghi che fanno parte di questo comune.
Toiano è un paese abbandonato, e ne capiamo il motivo: per arrivare sin qui c'è una sola strada, dalla carreggiata stretta delle piccole comunali, 5 km di curve  tra calanchi spettacolari. La strada in alcuni punti sembra scavata in una roccia tufacea dorata, che sotto il sole brilla delle conchiglie che sono rimaste intrappolate in chissà quale epoca preistorica, quando qui c'era ancora il mare.
Intendiamoci, i 5 km in mezzo al niente, sono a partire da Palaia - borgo, ripetiamolo pure, incantevole - ma 4.500 abitanti: non si tratta propriamente di New York.
Ed ecco il motivo dell'abbandono di un posto così bello.

Dal ponte - pericolante - che porta al paese, si gode di una delle viste più spettacolari che abbiamo visto in zona (e vi assicuriamo che non è poco), ma per arrivarci, tra curve e strada stretta, ci abbiamo messo 20 minuti buoni di macchina.
E' talmente lontano...da tutto... che si capisce perchè è stato abbandonato.
Il ponte ci porta ad una costruzione restaurata al rustico. Vale a dire che ha il tetto ed è intonacata a cemento. Qui il comune di Palaia custodisce con tutte le cure una colonia felina.
Si percorre poi l'unica strada, lunga una cinquantina di metri, e costeggiata da ruderi, molti dei quali in cattive condizioni.

Noi ci siamo andati nel periodo natalizio, e qualcuno ha avuto la poetica  idea di affiggere dei cartelli chiedendo di portare un addobbo natalizio e di appenderlo, in modo che anche Toiano potesse avere il suo Natale. In moltissimi hanno aderito e la strada era addobbata di nastri e decorazione, che mitigavano un po' il senso di abbandono, assolutamente spettrale, delle case devastate dai crolli.

Nonostante questo l'aspetto era vagamente angosciante:per cui ci siamo molto meravigliati quando, arrivati in fondo alla strada fatiscente, abbiamo trovato una graziosa casetta, regolarmente intonacata e imbiancata, che dimostrava in tutti i modi possibili di essere regolarmente abitata.
A noi piacciono i luoghi un po' fuori dalla citta' - abbastanza nei pressi: dopotutto siamo cittadini - ma quel luogo non era solo isolato, era anche un po'' lugubre...forse le case semidistrutte, il senso di vuoto e di abbandono del luogo. Sicuramente con la bella stagione migliora di molto, ma quella famiglia ha certo fatto una scelta radicale, decidendo di vivere lì.

Molto diversa è la situazione di San Gervasio: l'antico borgo è quasi tutto contenuto entro le possenti mura di una fattoria/castello, adesso adibita a agriturismo.

Quindi il borgo è in ottime condizioni, visto che il suo corpo principale è stato utilizzato per fini turistici.

Sono poche - ma ci sono - le abitazioni che  fiancheggiano l'unica via del paese, che porta ad una antica chiesa ed alla sua piazzetta, che si affaccia come un balcone su un panorama vastissimo.

Mappa

domenica 1 febbraio 2015

"DA: "FORMA SQUADRATA CON TAGLIO" A GOFFREDO LOHENGRIN LANDINI

A Prato,  i nomi propri sono spesso ispirati a più alti ideali, rispetto al nome alla moda. O perlomeno, lo erano, visto che adesso anche qui  si sentono nomi "normali", quelli che si sentono un po' dovunque.
Invece, anni fa, non era infrequente trovare in giro nomi ispirati a grandi ideali: "Libera" o "Libertario" erano nomi che si incontravano con un certa frequenza.  Due fratelli, maschio e femmina, si chiamavano "Trento" lui e "Trieste" lei. Poi c'erano i nomi che dovevano servire a dare un ordine al numero dei figli: tra i più anziani ci sono intere teorie di "Primetta" "Secondo" Terzo" "Quarto" "Quintilia" "Ottavina" e via di questo passo, sino ad arrivare a "Ultima", e speriamo che non si trattasse di una pia illusione.
 Poi, e questi erano molto diffusi in una città assai amante della lirica, c'erano i nomi dei personaggi delle Opere. Abbiamo conosciuto personalmente una "Iris", una "Amneris"  e una "Mimì". Tra i personaggi maschili andava molto Lohengrin, e proprio di un Lohengrin ci piacerebbe parlare.
Goffredo Lohengrin Landini, sindaco di Prato tra il 1975 e il 1985: dieci anni che hanno disegnato la città come è oggi. Un uomo forte, che lavorava per la città e non per i propri interessi personali.
Durante la sua amministrazione, la quantità di attività produttive - e il numero di addetti  - arrivò al  massimo livello mai raggiunto.
Forte fu il suo impegno per l'istituzione della Provincia di Prato, sul quale si iniziò a lavorare già dal 1919 e che raggiunse l'obiettivo solo nel 1992.
Sotto la sua amministrazione fu revisionato il Piano Regolatore Generale, per il riordino della Città e la sua proiezione verso il futuro.
Nei 25 anni tra il 1950 e il 1975 la città aveva accolto insediamenti abitativi per oltre il doppio di abitanti residenti all'inizio del periodo: questo aveva prodotto condizioni difficilmente governabili.
Il grande sviluppo delle industrie aveva significativamente inquinato l'antico sistema delle gore, nato per irrigare la piana, favorire le industrie e governare le periodiche piene del Bisenzio (vedi link). Usufruendo della legge Merli del 1976, e ottenendo l'approvazione, tra le altre,  dell'Unione Industriali - creando così una delle prime gestioni comunali pubbliche-private, la G.I.D.A. (Gestione Impianti Depurazione Acque)   - iniziò la costruzione dell'impianto di depurazione di "Baciacavallo" e negli anni successivi di quello del "Calice".

 Di conseguenza fu creata la rete delle fognature in quei luoghi dove gli insediamenti produttivi e residenziali si erano sviluppati senza che si potessero creare le infrastruttute.
Molto importante fu l'attenzione che Landini dedicò alle iniziative culturali: la valorizzazione dell'Istituto di Storia Economica "Francesco Datini", considerato la più importante istituzione nel campo della storia economica pre-industriale, fondato nel 1967 dal prof. Francesco Melis e la cui opera fu proseguita dal prof. Fernand Braudel, al quale fu poi affidato l'incarico di scrivere, insieme a un comitato scientifico, della "Storia di Prato".
Nel 1978 fu inaugurata la biblioteca Comunale "Alessandro Lazzerini" e in questi anni fu iniziata la costruzione del museo di Arte Contemporanea "Luigi Pecci", voluta dal cavaliere del Lavoro Enrico Pecci, per commemorare la prematura e tragica morte del figlio.

Già dagli anni '70 il regista Giorgio Strelher aveva collaborato con il teatro Metastasio di Prato, e questa positiva esperienza fu continuata con l'istituzione del "Laboratorio di Sperimentazione teatrale" diretta da Luca Ronconi, allestito principalmente nei locali dell'ex Fabbricone, che ha poi conservato, nel suo nome, quello dell'antica fabbrica.
Frugando nei nostri ricordi di ragazzi di quegli anni, ricordiamo che  le scolaresche potevano andare a vedere spettacoli di prosa o ad ascoltare musica di qualità  presso il teatro Metastasio, tramite i pomeriggi musicali "Adimos"che permettevano di educare lo spirito son una somma modicissima: il resto ce lo metteva il comune.
E poi: la costruzione del pattinodromo di Maliseti , un impianto che all'epoca era considerato d'avanguardia.
 La progettazione e la costruzione del Palazzo di Giustizia, esistente in deroga già dal 1968, visto che la città, non essendo capoluogo di provincia non ne avrebbe avuto il diritto.

I lavori del grande impianto iniziarono nel maggio del 1982 e richiesero tempi notevoli sia per la complessità dell'opera, e, non secondariamente, per la cessione dell'appalto da parte della ditta vincitrice, alla seconda classificata nella gara. I Lavori furono conclusi all'inizio del 1987.
La creazione dell'uscita "Prato Ovest" sulla A11, richiesto ed in gran parte finanziato dal Comune.
Il raddoppio della Declassata,
la costruzione del Ponte Datini
 la costruzione dell'area del mercato Nuovo al lato di Viale Galilei, per liberare piazza Mercatale ed il centro dal peso del mercato settimanale.
L'area di parcheggio dei TIR su viale Marconi.
La nuova sede dei magazzini generali, infrastruttura indispensabile sull'asse ferroviario Prato - Firenze, e la progettazione e costruzione di un grande interporto fu intrapresa non senza difficoltà, per localizzare la grande area che doveva servire allo scopo, e l'impegno economico fu così grande che si dovette costituire una società mista in collaborazione don le FF.SS. per arrivare a costruirlo: il progetto si è poi realizzato in molti anni successivi.
Goffredo Loengrin Landini è anche stato il promotore dell'A.N.C.I. Toscana (Associazione Nazionale Comuni Italiani) convinto come era che la collaborazione tra enti e realtà diverse, e la collaborazione tra chi operava per la collettività e chi si poneva su posizioni contrastanti,  dovesse esistere, e la dialettica che si generava fosse indispensabile per garantire il bene comune.
Tuttavia, quasi fosse un monumento alla sua memoria, ciò che lo ricorda maggiormente alla cittadinanza  è la scultura di Henry Moore "Forma squadrata con taglio" che è diventata con il tempo il simbolo stesso della città.

Questa grande opera contemporanea - la prima di cui si sia dotata la città - è collocata in Piazza San Marco, con i monti della Calvana a fare da sfondo (oppure con il Viale Piave, laddove prima esisteva la Porta Fiorentina.. dipende da che parte si guarda, ovviamente).
Questa scultura suscitò, alla sua installazione, una quantità di polemiche enormi.
Qui ricorriamo ai nostri ricordi personali: nel 1974 la scultura costò oltre 80 milioni di lire, - anche se adesso si dice che fu donata dallo scultore alla città; ma noi ce lo ricordiamo bene - che a quei tempi erano una montagna di soldi!
La parte avversa al sindaco la criticò molto, giudicandola uno spreco di denaro pubblico.
Certo, una bella fontana sarebbe costata meno: su quel monumento ne furono dette di tutti i colori!
Poi con il tempo - e non ce ne volle nemmeno molto, in verità -  la scultura è diventata parte stessa della città di Prato.
E i pratesi - gente la cui maggior qualità è forse quella di adattarsi a tutte le circostanze della vita - ci si è gradualmente affezionata ed ha cominciato familiarmente a chiamarlo "Il buco".

Fonte; Goffredo Lohengrin Landini il "costruttore" dell'ANCI toscana a cura di Fiorenzo Narducci  - ANCI Toscana 2008
e...
ricordi personali di noi che c'eravamo.