domenica 29 gennaio 2017

PONTEDERA: LA CITTA' OPERAIA E IL MUSEO PIAGGIO

Per dire la verità di città operaie ne esistono tante.
Però Pontedera è veramente una città che si è sviluppata in grande stile, in seguito alla dislocazione di una fabbrica importante, che ha costruito cose veramente importanti.
Il toponimo Pontedera è autoesplicativo: vuol dire "Ponte sul fiume Era".
(non ci vuole uno scienziato per questo, vero?)
Adesso un ponte sembra una cosa banale, ma nel medioevo non lo era affatto e questo - fatto costruire dagli Upezzinghi, signori della zona intorno all'anno mille - è rimasto per molti secoli l'unico ponte che attraversava questo fiume, e rappresentava quindi l'unica possibilità di andare da Firenze a Pisa e viceversa, in questa zona.
Una bella storiellina riguarda anche il nome degli abitanti di Pontedera: noi l'abbiamo raccolta da dei nostri amici che abitano in loco - ma non c'è una scoperta clamorosa dietro, la potete trovare anche su wikipedia, con un aulico riferimento agli antichi nomi della cittadina - che si definiscono pontederesi perchè nati a Pisa da genitori di Lajatico. Quindi originari di altri paesi ma abitanti a Pontedera. 
Coloro che sono nati ed hanno sempre abitato a Pontedera sono invece detti pontaderesi.
Un po' come i romani veri che tifano per per Roma, mentre quelli dei dintorni tifano Lazio...
Qui non troviamo tracce di insediamenti etruschi, nè romani: nel Medioevo,  in queste che erano lande assai pericolose,dopo il ponte,  fu costruito un castello fortificato - ricostruito innumerevoli volte -  di cui non sono rimaste tracce, perchè  alla fine dell'ottocento il poco che era rimasto dell'antico castello su fatto abbattere, per permettere alla città, a forte vocazione commerciale sin dal rinascimento, di crescere ed espandersi. 
Tanto che nel 1924, un industriale genovese, Rinaldo Piaggio, rilevò una pre-esistente industria meccanica per trasferirvi parte delle industrie aereonautiche Piaggio.
La motivazione era evidente: Genova non è il posto adatto per costruire grandi capannoni industriali, a causa della difficile disposizione della città, mentre qui il terreno pianeggiante non mancava davvero!
Questo costituì la fortuna di Pontedera, che nel 1930 fu proclamata "città" con regio decreto.
Fu anche la sua sfortuna, perchè a causa delle industrie strategiche - qui si costruivano ancora aerei - dislocate nel suo territorio, fu pesantemente bombardata durante la seconda guerra mondiale.
Ma fu nel dopoguerra che nacque la vera città operaia: la Piaggio fu riconvertita in industria civile, e con la creazione della mitica Vespa dal grande ingegnere Corradino D'Ascanio nel 1946, 

la città conobbe un vero boom edilizio e demografico, che ebbe il suo culmine tra la fine degli anni'70 ed i primissimi '80.
Proprio sulla Toscoromagnola, si trova infatti il Villaggio Piaggio, fatto costruire dalla Piaggio negli anni '30 per i suoi dipendenti, così come si usava spesso allora; con un concetto un po' paternalistico ma che permetteva agli operai di condurre una vita dignitosa.
La particolarità del Villaggio Piaggio è che, oltre ad avere al suo interno una piazza, una scuola, una chiesa - adesso in disuso - e varie botteghe, era completamente recintata da un muro.

In questo modo i suoi occupanti si consideravano quasi abitanti di una città a parte, tantopiù che con il tempo, le case del villaggio furono quasi tutte occupate da impiegati e capi-operai.
Per gli operai veri e propri, fu costruito, alla fine degli anni '60, un altro villaggio, il villaggio Gramsci che, privo di recinzione ed infrastrutture interne, e destinato fin dall'inizio ad ospitare famiglie operaie di più basso livello, fu ben presto soprannominato "villaggio degli ingnudi" proprio per indicare che qui venivano ospitate persone maggiormente svantaggiate.


Già che siamo a Pontedera, io vi consiglio vivamente di farvi un giro al museo Piaggio.
Ad accogliervi troverete una spettacolare locomotiva in acciaio inox risalente al 1936, dalla faccia un po' torva in verità, ma molto bella, che è stata realizzata in questo materiale per tagliare le spese di manutenzione.
Prima di entrare nel museo vero e proprio, troverete ad aspettarvi le vespe con le quali il compianto Giorgio Bettinelli, ha girato il mondo - non stiamo scherzando, lo ha girato per davvero - e che adesso sono qui, a dimostrare, se ce ne fosse bisogno, che con la Vespa si va dappertutto.

Entrando - l'ingresso è gratuito - vi troverete circondati da Vespe di ogni tipo, colore e dimensione.
Impressionante è questa maxi-vespa del 1977, ma se si è appassionati di questo straordinario mezzo, qui trovate veramente tutto quello che è stato prodotto, e anche qualcosa in più.

E poi i manifesti più conosciuti delle campagne pubblicitarie Piaggio, ed al piano di sopra tutta la collezione delle mitiche moto da corsa Gilera.
Non mancano i riferimenti all'attività pre-bellica, con una bella collezione di eliche e motori aereonautici veramente interessanti.
Uscendo, il classico bookshop zeppo di gadget Vespa, ai quali è veramente difficile resistere!



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domenica 8 gennaio 2017

COLLODI CASTELLO ED IL GIARDINO GARZONI

Questa volta segnaliamo un itinerario solo apparentemente banale: infatti chi non è mai stato al Parco di Pinocchio a Collodi, da bambino, o accompagnando i figli prima ed i nipotini poi?
Ma noi non vogliamo portarvi al Parco di Pinocchio - che comunque è pur sempre un luogo che merita di essere visitato, specialmente se lo si guarda con gli occhi di un adulto - ma a Collodi Castello.
Per dire la verità, quando siamo andati a Collodi, volevamo parlare solo del giardino di Villa Garzoni, uno splendido giardino all'Italiana, con la famosa e scenografica scalinata, con le cascate ed i giochi d'acqua.
Ma siccome siamo arrivati troppo presto per l'apertura del parco - le scoperte si fanno anche per queste casualità - ci siamo incamminati per una stradina acciottolata, con l'indicazione "Castello".
La stradina, proseguendo, è diventata piuttosto impegnativa.
Sicuramente le auto passano da un'altra parte. Infatti accanto all'acciottolato, partiva anche una strada asfaltata, che sicuramente seguiva un tracciato maggiormente favorevole; qui, senza essere ingegneri, e senza l'ausilio di cartelli che lo indicassero, abbiamo valutato la pendenza intorno al 18/19%.
Abbiamo quindi capito l'utilità dei corrimani in metallo, ad ausilio dei temerari che desideravano cimentarsi non tanto nella salita, ma nella conseguente discesa! Sicuramente, in inverno con un po' di ghiaccio, qui ci si allena per il salto dal trampolino olimpico!
Sorpresa: il paesino è tenuto piuttosto bene, anche se sicuramente si tratta più di seconde case, che di abitazioni permanenti.
Comunque abbiamo visto parecchie case abitate - ci siamo stati i primi di dicembre, un periodo al di sopra di ogni sospetto - e macchine parcheggiate (tutte 4x4).
Il paesaggio dalla sommità della rocca è spettacolare, e immaginiamo quanto possa essere bello in piena estate!
Da qui proveniva la madre di Carlo Lorenzini (in arte:Collodi) e sappiamo che aveva qui nonni materni ed un numero imprecisato di zii e cugini.
Sappiamo anche che ha trascorso lunghi periodi presso i nonni, e proprio qui, tra queste erte stradine, è nato il primo germoglio del libro che lo ha poi reso famoso in tutto il mondo.
Scendendo dalla rocca, si percorre una stradina che costeggia il muro di Villa Garzoni, la villa fatta costruire dalla nobile famiglia pesciatina dei Garzoni, già dal 1633 su una pre-esistente rocca medioevale.
E' una delle strade che gli abitanti della rocca utilizzavano per scendere al piano, mentre l'altra attraversa il giardino della villa padronale - è detta "il viale dei poveri" - usufruendo di una servitù, che la famiglia Garzoni aveva concesso agli abitanti.
Al momento in cui ci siamo andati noi, la villa era chiusa, anche se sappiamo che è in parte visitabile.
Con la nostra mentalità occidentale, abituata quindi alle simmetrie, ci si aspetterebbe che la villa fosse all'apice della spettacolare scalinata, costruita per poter realizzare un vero giardino all'italiana, pur nelle possibilità che offriva il territorio; anche in modo da poter pienamente dominare - con un solo colpo d'occhio - tutta la pianura sottostante.
Invece la bella villa, recentemente restaurata e dipinta in un giallo caldo, con delle finiture color crema che accentuano il suo fascino rococò, è situata sulla sinistra, rispetto all'entrata del giardino.
Un tocco di eccentricità, che colpisce subito.
Il giardino sarebbe un classico giardino all'italiana, se non fosse che è in verticale!

Ma ci sono altre particolarità.
Accanto al consueto labirinto in bosso - un po' spelacchiato, perchè il bosso cresce lentamente ed è stato quasi tutto rimpiazzato a causa della malattia che qualche anno fa lo ha praticamente sterminato in tutta la Toscana - c'è un bellissimo e suggestivo bosco di bambù: attraversarlo è davvero un'esperienza.
Come in tutti i giardini all'italiana, ci sono moltissime statue, raffiguranti antichi imperatori, divinità greche e latine, e un cinghialetto che ci ha molto ricordato quello di Firenze.
Le statue erano state dipinte di rosso nel XIX secolo, allo scopo di farle sembrare di laterizio. In un recente restauro, sono state riportate tutte al loro colore originario, che era il bianco.
Ci hanno particolarmente colpito queste due scimmiette, una delle quali calzava il guantone della pallamaglio, mentre l'altra teneva il pallone.
Quindi l'antico gioco tanto popolare in Italia, fino all'inizio del XX secolo, quando le regole unificate del football, importate dalla Gran Bretagna, lo soppiantarono nel giro di pochi anni.
Se volete sapere qualcosa di più della pallamaglio, ne abbiamo parlato in un altro post, di cui vi diamo il link (link).

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domenica 1 gennaio 2017

LA VIGNA DELLE VENERI

Noi promettiamo sempre piccole storie locali.
E questa è proprio una piccola, grande storia locale.
E' la storia di una vigna, che si trovava a Vaiano.

In realtà una vigna c'è ancora, ma non è quella originale;  che doveva essere un po' più in su sul monte, dove adesso c'è un boschetto molto disordinato, pieno di cespugli e pruni, e che potrebbe benissimo avere ospitato in tempi passati una vigna, tanti, tanti anni fa.
Però si può vedere un artistico muretto con una lapide che risale al 1841, dove si ricorda appunto che da questa vigna, detta delle Veneri, veniva prodotto un vino che il grande Galileo apprezzava molto, già dal 1630.

La vigna è rimasta famosa proprio per questo apprezzamento da parte del grande scienziato.
Ma come è entrato in contatto Galileo con  questa vigna a Vaiano?
Il figlio del Galilei, Vincenzio, aveva sposato Sestilia Bocchineri, rampolla di un'antica famiglia pratese, la cui sorella maggiore Alessandra, aveva sposato in terze nozze il proprietario della vigna, Giovanfrancesco Buonamici.
Galileo era molto amico del Buonamici, che era all'epoca ambasciatore presso la corte spagnola, a Madrid.
La moglie Alessandra, era poi una interessante figura femminile dell'epoca, che aveva avuto ben tre mariti, tutti sposati per aiutare le dissestate finanze della nobile famiglia paterna. Tra un marito ed un altro, Alessandra sosteneva la famiglia con il suo lavoro di abilissima ricamatrice.
Recatasi a Vienna al seguito di Eleonora Gonzaga, andata sposa a Ferdinando II d'Austria nel 1622, lì conobbe Giovanfranesco Buonamici, un diplomatico di altrettanto nobile - ma assai più facoltosa - famiglia pratese.
Nonostante fosse già al terzo matrimonio, Alessandra aveva solo ventitrè anni quando sposò il Buonamici; e una figlia di primo letto di nome Angelica.
Sposando il giovane e brillante diplomatico, per Alessandra terminarono le preoccupazioni materiali, ed ebbe modo di conoscere il grande scienziato, diventandone anche parente acquisita nel 1629, a causa del matrimonio tra la sorella Sestilia ed il figlio dello scienziato.
Tra i coniugi Buonamici ed il grande pisano,  ebbe così inizio una buona amicizia, dovuta anche al fatto che Giovanfrancesco, pur essendosi laureato in legge a Pisa, coltivava da sempre la passione per le scienze naturali.
Il loro legame era così forte, che Buonamici testimoniò a favore di Galilei al momento in cui ci fu il famoso processo per eresia, a causa delle sue teorie sull'eliocentrismo.
Tra visite, scambio continuo di lettere, specialmente con la colta e vivace Alessandra - di cui lo scienziato era anche un pochino innamorato - e reciproco invio di doni, i buoni rapporti andarono avanti sino alla  morte dello scienziato nel 1642.
Sino a quel momento, dalla Vigna delle Veneri, ogni anno arrivava allo scienziato una botte di quel vino che lui tanto apprezzava.
Solo dopo 200 anni, l'ultimo erede diretto, Ranieri Buonamici, fece questo muretto, dove fu inserita la lapide con il ricordo dell'apprezzamento del grande scienziato per la allora ricostruita vigna a Sangiovese ed Aleatico per le uve nere, e per il Trebbiano e la Malvasia per le uve bianche. 

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