Ve l'abbiamo promesso da talmente tanto tempo, che ormai era una minaccia.
Dopo tanti paesini incantati, dopo tanti luoghi bucolici, eccolo qua:
Il post sulla zona industriale.
E perchè non su uno dei macrolotti industriali di Prato allora?
Troppo facile...
E poi con il Terrafino abbiamo un certo rapporto.
Anche perchè il Terrafino un po' di storia ce l'ha.
Tanto per cominciare: il nome.
No, la qualità del terreno non c'entra niente.
Questa era una terra di confine, di qui si vede benissimo il colle di San Miniato, baluardo di Pisa; il fiume Elsa - anche adesso confine naturale tra le province di Firenze e di Pisa - è qui.
Se uno cammina distrattamente ci va a finire dentro.
Quindi Terrafino deriva da finis terrae, fine del territorio.
Quale territorio? Quello di Firenze? Molto probabile.
Oppure quello di chissà quale signorotto locale.
Come in molte altre zone, i nomi delle strade parlano, e con un minimo di gusto della scoperta sono capaci di dirci molte cose.
Per esempio, via del Castelluccio - che adesso passa sopra la superstrada Firenze-Pisa-Livorno - prima che la superstrada venisse costruita, e prima che la Zignago Vetro venisse costruita, attraversava i campi, e portava a quella che allora era solo una grande casa colonica.
Ma in realtà era quello il Castelluccio.
Già, quel misero rudere che possiamo vedere adesso circondato dalla recinzione di plastica arancione, e di cui si possono ancora vedere i resti di una torre e la grandiosità del casone sottostante.
Nel Medioevo queste torri di avvistamento erano comuni, ed in queste pianure ce n'erano parecchie. Questo era di proprietà dell'istituto degli Innocenti di Firenze, che qui possedeva parecchi terreni, da cui il nome "Castelluccio dei Nocenti".
Sicuramente, intorno alla torre medioevale, lo Spedale fece costruire degli ampliamenti che a poco a poco hanno dato vita ad una grande casa fortificata, dove le popolazioni della zona si rifugiavano in caso di attacchi nemici.
Quando i Medici, creando il granducato fecero cessare le lotte tra pisani, lucchesi e fiorentini, il castelluccio perse la sua funzione difensiva e diventò semplicemente una fattoria
E questo è rimasto sino ai primi anni del secondo dopoguerra, quando era abitata da una settantina di persone, e costituiva il fulcro dell'azienda agricola della potente famiglia empolese dei Del Vivo; una azienda agricola di tutto rispetto: 120 ettari.
E deve essere tutt'ora suo, perchè sappiamo che è di proprietà privata.
Chissà quali poblemi di successione devono esserci per far andare in rovina un pezzo di storia così importante per Empoli!
Altra costruzione di grande interesse è la Villa del Terrafino, proprio sulla Tosco-romagnola (che in quel punto si chiama via Livornese) e che è stata costruita nel XVIII° secolo dalla famiglia fiorentina dei Riccardi, che lì possedeva dei terreni agricoli.
La villa aveva un magnifico giardino all'italiana, che purtroppo è stato quasi cancellato dal passaggio della linea ferroviaria Siena-Empoli che in pratica lo attraversa.
Come molte ville dell'epoca, negli anni è stata completata da vari annessi: limonaia, tinaia, stalle, locali per la lavorazione della seta, oltre agli alloggi del fattore.
La villa aveva anche un teatro privato, ed ovviamente una cappella privata, e nei rifacimenti ottocenteschi ha aggiunto anche la bellissima torretta-belvedere (decorata da ceramiche invetriate) che rende caratteristica tutta la zona.
Nel 1938 l'intero complesso fu donato alle suore della Divina Provvidena del Cottolongo, che si occupano dell'assistenza alle madri in difficoltà ed ai bambini abbandonati o a rischio.
Il complesso è tutt'ora nelle loro capaci e pietose mani.
Mappa
domenica 30 giugno 2019
domenica 23 giugno 2019
IL GIARDINO DELLE ESPERIDI DI PESCIA
Quando si parla di giardini, il nome di Pescia viene naturale.
Però Pescia è famosa - anche più di Sanremo, a dire il vero - per i fiori recisi.
Qui invece parliamo di un Giardino delle Esperidi.
Anzi, per usare il suo termine, di un "Hesperidarium"
Chiariamo prima chi erano le Esperidi:
Esse (direbbe Fantozzi) sono delle Ninfe, di cui non si sa esattamente di chi sono figlie, perchè secondo le versioni sono figlie di Oceano e di Teti, oppure di Zeus e Temi o anche della Notte e di Erebo.
Poverette, non si sa neppure di preciso quante sono, perchè per alcuni sono sette, per altri cinque e per altri tre.
Però i nomi si conoscono di quattro (!) Egle, Aretusa, Esperetusa e Eritea.
Quel che è certo è che erano le custodi di un giardino, dove cresceva un melo dai frutti d'oro.
A queste mele d'oro era collegata una delle fatiche di Ercole..non ci chiedete di più, non abbiamo fatto studi classici.
Quel che è certo è che col tempo si è creato il collegamento:
"frutti d'oro=agrumi", per cui è diventato normale parlare di giardino delle esperidi per designare un agrumeto.
Nel periodo Rinascimentale, coltivare agrumi era un diletto dei grandi signori.
Se ci pensate un attimo, le ville dei Medici, hanno tutte una serra per gli agrumi.
Adesso le arance e i mandarini preferiamo comprarli al supermercato, ma entrando in questo giardino coperto, a Pescia, si ha la sensazione di trovarsi nuovamente in una serra rinascimentale, tanta è la ricchezza e l'opulenza delle piante che vi si trovano.
E la loro varietà è straordinaria.
Ci ha affascinato il limone melarosa, ma anche il pomelo, che a Genova chiamano sciadocco per via del nome del capitano inglese che per primo lo importò, un certo Shadock.
E ci ha lasciato una gran curiosità l'arancio otaheite, un ibrido tra limone, arancio dolce e mandarino! Chissà che sapore potrà mai avere...
E come non ammirare questa incredibile "tettoia" di limoni
oppure questo "arco di trionfo" di arance?
E come non stupirsi alle dimensioni spropositate di questo cedro?
Oppure a questo "grappolo" di pompelmi?
Camminare per questi vialetti è strabiliante.
Ma quello non riusciremo mai in nessun modo a raccontarvi, è il profumo.
Il profumo straordinario di migliaia e migliaia di fiori di arancio e limone (e varietà similari) grandi, piccoli, candidi, screziati di viola.
Anche già appassiti profumavano ancora!
Il profumo era una quarta dimensione, un'entità, era talmente denso che si poteva toccare.
Meraviglioso.
Non abbiamo altre parole.
Tutto quello che vi possiamo dire è: andateci.
E' chiuso solo in piena estate, poi la domenica lo trovate sempre aperto.
E pensate a noi che ve lo abbiamo consigliato.
Mappa
Però Pescia è famosa - anche più di Sanremo, a dire il vero - per i fiori recisi.
Qui invece parliamo di un Giardino delle Esperidi.
Anzi, per usare il suo termine, di un "Hesperidarium"
Chiariamo prima chi erano le Esperidi:
Esse (direbbe Fantozzi) sono delle Ninfe, di cui non si sa esattamente di chi sono figlie, perchè secondo le versioni sono figlie di Oceano e di Teti, oppure di Zeus e Temi o anche della Notte e di Erebo.
Poverette, non si sa neppure di preciso quante sono, perchè per alcuni sono sette, per altri cinque e per altri tre.
Però i nomi si conoscono di quattro (!) Egle, Aretusa, Esperetusa e Eritea.
Quel che è certo è che erano le custodi di un giardino, dove cresceva un melo dai frutti d'oro.
A queste mele d'oro era collegata una delle fatiche di Ercole..non ci chiedete di più, non abbiamo fatto studi classici.
Quel che è certo è che col tempo si è creato il collegamento:
"frutti d'oro=agrumi", per cui è diventato normale parlare di giardino delle esperidi per designare un agrumeto.
Nel periodo Rinascimentale, coltivare agrumi era un diletto dei grandi signori.
Se ci pensate un attimo, le ville dei Medici, hanno tutte una serra per gli agrumi.
Adesso le arance e i mandarini preferiamo comprarli al supermercato, ma entrando in questo giardino coperto, a Pescia, si ha la sensazione di trovarsi nuovamente in una serra rinascimentale, tanta è la ricchezza e l'opulenza delle piante che vi si trovano.
E la loro varietà è straordinaria.
Ci ha affascinato il limone melarosa, ma anche il pomelo, che a Genova chiamano sciadocco per via del nome del capitano inglese che per primo lo importò, un certo Shadock.
E ci ha lasciato una gran curiosità l'arancio otaheite, un ibrido tra limone, arancio dolce e mandarino! Chissà che sapore potrà mai avere...
E come non ammirare questa incredibile "tettoia" di limoni
oppure questo "arco di trionfo" di arance?
E come non stupirsi alle dimensioni spropositate di questo cedro?
Oppure a questo "grappolo" di pompelmi?
Camminare per questi vialetti è strabiliante.
Ma quello non riusciremo mai in nessun modo a raccontarvi, è il profumo.
Il profumo straordinario di migliaia e migliaia di fiori di arancio e limone (e varietà similari) grandi, piccoli, candidi, screziati di viola.
Anche già appassiti profumavano ancora!
Il profumo era una quarta dimensione, un'entità, era talmente denso che si poteva toccare.
Meraviglioso.
Non abbiamo altre parole.
Tutto quello che vi possiamo dire è: andateci.
E' chiuso solo in piena estate, poi la domenica lo trovate sempre aperto.
E pensate a noi che ve lo abbiamo consigliato.
Mappa
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