sabato 21 marzo 2020

ANCORA UN QUARTIERE DI PRATO. SANTA GONDA

Sempre a passeggio per i quartieri di Prato, oggi vogliamo provare a parlare di qualcosa che è veramente poco visibile, perchè non si ha assolutamente la percezione del quartiere, girando per le sue vie.
Eppure lo è perchè ha un nome, che lo identifica e che rende noto ad ogni pratese di che zona si sta parlando: Santa Gonda.
E' una zona che ha una storia non da poco alle spalle.
E' documentata come vicus, cioè come un aggregato di case fuori dai confini della città, ma senza i diritti civili di un municipio.
Insomma, una frazioncina rurale, della quale però si hanno notizie sin da quando si cominciano a redigere atti scritti, cioè dal 1042.
Quindi sicuramente esisteva già da prima, perchè i vici (il plurale di vicus sarà vici? speriamo...) erano di origine romana, e come tali nel 1042 erano lì da un bel po'.
Dunque, Santa Gonda era proprio dove è ancora: tra il fiume Bisenzio, nei pressi del Ponte Petrino, che magari a quel tempo era solo un guado.
Ma chi era questo Petrino, che noi colleghiamo al ponte inaugurato nel 1966 e che collega la parte pedemontana della città, alla piana?

Marco Petreio, detto Petrino, (110 a.c. - 46 a.c.) era un generale romano, decisivo nella sconfitta di Catilina nei pressi di Pistoia nel 62 a.c.
Forse fu in quel periodo che fece costruire un ponte sul fiume Bisenzio - era infatti un abile geniere - indispensabile per far transitare carri e truppe su un ramo dell'antica Cassia che portava da Firenze a - appunto - Pistoia.
Il ponte romano non è in corrispondenza del tracciato della strada attuale, ovviamente... è un po' più verso sud, diciamo più spostato verso La Querce, grosso modo davanti al vecchio albergo Santa Cristina (ecco un altro bell'argomento...) tanto per capirci.
Ma abbiamo perso il filo.
Quindi, tra il fiume Bisenzio, la Gora di Santa Gonda...
E qui bisogna fermarsi di nuovo.
La Gora di Santa Gonda non esiste più, almeno con questo nome. Adesso di chiama Gora di Mezzana e come tutte le gore che attraversano la città è stata intubata e interrata sparendo alla vista, ma a ben guardare si trovano ancora delle tracce come questo ponticello seminascosto fra le case.




La gora è originata dal partitore di Porta Fiorentina: si affianca a via Fra' Bartolomeo (già via delle Conce Vecchie),seguendone il tracciato sino all' antico Mulino di Santa Gonda (che sarebbe quella piccola costruzione che hanno restaurato da poco, 


e dove dietro prima c'erano tanti vecchi capannoni, e al loro posto  ci hanno fatto praticamente un'altra città) e dove c'è il Tabernacolo di Santa Gonda, che riporta, oltre ad una immagine in ceramica della Madonna, anche una Croce di legno con i simboli della Passione di Cristo; un punto di devozione Mariana molto importante per la città di Prato.


Più vicino al ponte Petrino  c'era anche uno Spedale, di cui non è rimasta traccia fisica, ma solo il nome Toringhello, e da cui il mulino dipendeva per le sue attività.
Fiancheggiando il corso del fiune Bisenzio, la Gora passa per Mezzana e arriva ai limiti del comune di Prato in Località Confini, che infatti segna il limite amministrativo con il Comune di Campi Bisenzio.
Ritorniamo indietro a stabilire di che zona si tratta:
Percorrendo via Santa Gonda, si arriva all'incrocio con Viale Montegrappa, si continua in via delle Fonti, si attraversa l'incrocio con via Ferrucci (qui ci torniamo dopo perchè altrimenti non si finisce più) e si  finisce più o meno all'incrocio con l'attuale via Zarini, che è una strada molto, molto antica.
Si ipotizza che possa essere uno dei tanti tracciati della Cassia, che venendo da Firenze e toccando i vari cippi miliari di Quarto, Quinto, Sesto e Settimello, continuasse in quella che adesso è via Galcianese e portasse ad Agliana e poi a Pistoia.
Sull'incrocio tra via delle Fonti e via Zarini c'è un altro tabernacolo, con una semplice Croce di legno.


Questo quadrivio, che costituiva la parte finale di Santa Gonda, era conosciuto nei tempi passati come "Croce di Bramo", che a quanto riferisce una scheda del Comune, era un certo Abramo, o Adamo, contadino della casa vicina (probabilmente quella che c'è ancora dall'altra parte della strada).
Non si hanno altre notizie, ma sicuramente il toponimo era utilizzato sin dagli anni '30 del secolo scorso.
(e questo lo possiamo dire per certo perchè i nostri genitori, che erano gente che a quei tempi c'era, ce lo avevano dato per sicuro; quindi, notizie di prima mano).
Adesso che abbiamo faticosamente chiarito quali erano i confini di questo vicus, cercando di dare dei riferimenti ancora esistenti, torniamo all'incrocio con via Ferrucci.
Qui, nella casa colonica parzialmente ristrutturata che esiste tutt'ora in corrispondenza del semaforo con via delle Fonti, esiste ancora una piccola cappella, con un altare.


Se vi affacciate alla piccola cancellata, noterete però che sopra l'altare, non c'è niente.

All'interno della cappella, fino alla fine dell'800, c'era un pregevole tabernacolo quattrocentesco dei fratelli da Majano (Benedetto, Giuliano e Giovanni) raffigurante la Madonna con il Bambino.
Era detta "Madonna dell'Ulivo" perchè accanto alla statua c'era un grande albero.


Si trattava di una scultura in terracotta, come in uso dei celebri fratelli (ai quali è intitolata una strada pochi metri più in là), e quindi particolarmente soggetta alle ingiurie del tempo. Per proteggerla dagli agenti atmosferici , si decise  di costruire una cappella, ma anche questo intervento fu ritenuto inadeguato e appunto, alla fine dell'800 fu deciso di togliere la pregiata statua dalla strada e collocarla nel Duomo di Prato, dove è tutt'ora.
Tuttavia la devozione popolare è rimasta, e tutt'ora a Maggio vengono celebrate delle messe; l'olivo c'è ancora - certo non sarà lo stesso - e la chiesa moderna che è stata inaugurata nel 2004, proprio dietro la "Croce di Bramo", dall'altra parte del quadrivio, è stata dedicata proprio alla "Madonna dell'Ulivo".


Rimane solo una cosa da dire e ce la siamo lasciata per ultima: il nome.
Santa Gonda non è una contrazione di Santa Cunegonda, nome germanico che ai contadini pratesi dell'anno mille non diceva proprio niente.
No, qui esisteva una importante chiesa intitolata a Sant'Abbondio (Santus Abundius)della quale non è rimasta pietra su pietra.
Nella Storia di Prato si riporta questa chiesa già esistente nell'anno mille con il nome di Santus Avundius. Nel 1300 il nome si era già corrotto in Sancta Agonda. Il resto è storia dei giorni nostri...


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lunedì 9 marzo 2020

IL MUSEO DELLA MATEMATICA

Se un bel numero di anni fa ci avessero detto che, di nostra iniziativa, un bel giorno avremmo visitato un museo dedicato alla matematica, probabilmente ci saremmo fatti delle sostanziose risate, oltre ad apostrofare con nomi poco gentili chi ci avesse fatto questa predizione.
E invece, è successo.
Ci ha fatto venire un gran mal di testa, questo lo dobbiamo ammettere, però lo abbiamo trovato piuttosto gradevole.
Questo Museo si trovo all'interno del polo scolastico di San Bartolo a Cintoia,a Firenze, ed ha un nome specifico.
Si chiama "Giardino di Archimede" ed è visitabile solo durante l'orario scolastico, cioè dallo 9.00 alle 13.00... cioè quando orde di liceali dai jeans strappati, ti guardano salire le scale che portano al museo - che per fortuna ha un'entrata separata da quella della scuola - con l'aria di dire :  "Aoh che vogliono 'sti fanatici?" (perchè gli studenti pensano in romanesco anche se sono di Firenze).

Superate queste Forche Caudine, ci siamo ritrovati nel confortevole ambiente del museo, dove una gentilissima signora ci ha illustrato il contenuto delle varie sale, invitandoci a fare tutti gli esperimenti che le varie postazioni richiedevano, e ci ha augurato una piacevole visita.

Ovviamente si tratta di percorsi adatti all'uso didattico, serve proprio a quello, ad avvicinare i ragazzi - e non solo loro - alla matematica, che si immagina come scienza puramente astratta: ecco, qui invece si capisce quanto ha che fare con la realtà in cui viviamo.

Prima di tutto la storia di Leonardo Fibonacci, il primo grande matematico italiano, ponte tra la matematica araba e quella europea, poi la geometria applicata alla vita di tutti i giorni, la mostra delle macchine di Galileo e come queste hanno trovato applicazione nelle cose dei giorni nostri.

In un museo della matematica non poteva mancare una sezione dedicata a Pitagora ed al suo teorema: ci sono dei tavoli dove ci sono dei puzzle mediante i quali si possono costruire i quadrati sull'ipotenusa...ci siamo sempre chiesti chi mai andasse in giro a costruire quadrati sull'ipotenusa, ed improvvisamente ce ne è stata data la possibilità!

(Ve lo diciamo subito a scanso di equivoci: non ci siamo riusciti).
Da non mancare è l'esperimento delle due parabole, distanti tra di loro più di dieci metri; solo sussurrando verso il centro della parabola, chi conduce l'esperimento con voi vi sentirà distintamente dall'altra parte!



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lunedì 2 marzo 2020

ILSANTUARIO DELLA QUERCE a FUCECCHIO

E qui va specificato molto bene di quale Santuario si tratta, perchè ce ne sono molti, e tutti collegati tra di loro.
Infatti fanno tutti riferimento alla stessa immagine miracolosa, una immagine della Vergine Maria, fatta dipingere su una tegola piana da un certo Monetto, poco più di un artigiano del luogo, da un certo mastro Battista Luzzante. 
Era il 1417, e questo signore, appese questo quadro ad una quercia.
Cinquanta anni dopo - si sta parlando del meioevo, i tempi sono lunghetti -  nel 1467, un cavaliere inseguito dai nemici, si getta ai piedi dell'immagine invocando la salvezza dai bravacci che vogliono la sua morte (e la sua borsa...).
L'immagine lo salvò, rendendolo invisibile.
Nello stesso anno, una pestilenza sconvolse l'Alto Lazio (ah, già, non vi abbiamo detto che l'immagine si trovava a Viterbo!) e 30.000 fedeli pregarono per una settimana davanti all'immagine, che li salvò dal contagio.
Dopo di allora, i Padri Domenicani, decisero di costruire prima una chiesa, e poi un Santuario in onore della Madonna, che fu detta  "della Quercia".
Il culto si diffuse prima in Italia, e poi in Europa, tanto è vero che un santuario della Madonna della Querce esiste anche a Lucignano, vicino ad Arezzo, ma quello di cui vogliamo parlarvi in questa occasione si trova a Fucecchio tra il bosco delle Cerbaie e il Padule.
E' un luogo di straordinarie bellezze naturali, in qualsiasi stagione.
Noi ci siamo stati alla fine dell'autunno, ed era di una bellezza incomparabile.
Sembra incredibile che un luogo così vicino alla città, perchè è vicino a Fucecchio ed a San Miniato, ci si possa trovare in in luogo di tale incanto.
La Chiesa è stata inaugurata nel 1639, è intitolata a San Nazario Martire,ed è stata elevata a Santuario della Madonna della Querce nel 1951.
Pare che il culto alla Madonna della Querce sia nato in questo luogo, dal fatto che uno degli eremiti che qui risiedevano, abbia dipinto un'immagine della famosa Madonna della Quercia di Viterbo.
Qui esisteva già da tempi molti antichi una vecchia chiesa, risalente addirittura al IX secolo e intitolata a San Nazario - l'eremita ne era il custode - e il gioco è fatto!
Una lunga teoria di eremiti si è succeduta, finchè la Madonna stessa si è manifestata ad uno di loro in quella che adesso è chiamata "la cellina", una piccola costruzione adibita a romitorio, e alla quale si giunge facendo una piccola passeggiata nel bosco, partendo dal Santuario stesso.
Qui, nel XVI secolo, uno spaventoso incendio devastò il bosco delle Cerbaie, facendo temere per la vita dell'eremita che ci viveva proprio in mezzo.
Gli abitanti di Fucecchio, appena le fiamme si furono placate, accorsero, pensando di trovare solo i resti carbonizzati del povero eremita, ma invece lui era sano e salvo, perchè la Vergine Santa, apparsagli proprio su una pianta di quercia, gli disse che l'incendio si sarebbe fermato in corrispondenza della abbondante fonte di acqua sorgiva che aveva fatto scaturire dal nulla.
(e un debole rimasuglio di questa fonte c'è ancora, vicino alla cellina)
in conseguenza a questo evento miracoloso, furono trovati i fondi per la costruzione del Santuario, che fu appunto costruito in quegli anni (inaugurato il giorno di Pentecoste del 1639. Era un 14 giugno...).
Non c'è molto di più da dire.
La storia è molto bella, la chiesa non è ben tenuta (almeno di fuori, non è bellissima), ma un giretto da quelle parti merita sempre farlo, se non altro per il bosco delle Cerbaie, luogo davvero incantevole.