S.M.I. è l'acronimo di Società Metallurgica Italiana, che dal 1911 al 2006 ha operato a Campo Tizzoro, frazione di San Marcello Pistoiese.
Dire che ha "operato" è estremamente riduttivo. la S.M.I. ha "creato" Campo Tizzoro, da un altopiano dove non c'era assolutamente nulla se non qualche capanna di pastori, e la cui unica ricchezza erano i due fiumi - il Maresca e il Limestre - che hanno determinato la famiglia Orlando a costruire in solo sei mesi - da giugno 2010 a dicembre 2010 - un intero stabilimento metallurgico, esistente tutt'oggi.
Intorno alla fabbrica, la famiglia Orlando ha creato il paese, con un'operazione comune all'epoca, costruendo anche le case operaie, scuole elementari e di avviamento al lavoro - ovviamente finalizzate alla creazione di operai specializzati per la propria produzione - una chiesa altrettanto ovviamente dedicata a Santa Barbara, e ha impiegato, nel periodo di massima occupazione, oltre 6.000 operai.
La fabbrica produceva pallottole di tutti i tipi e dimensioni. Era considerata altamente strategica e quindi difesa e protetta, sia dallo stato che dalla famiglia Orlando stessa, che per difendere il patrimonio costituito dalle maestranze altamente specializzate, prima della seconda guerra mondiale ha costruito una incredibile rete di bunker - gli unici costruiti da un privato in Italia - sotto lo stabilimento.
Questi bunker sono stati effettivamente utilizzati negli anni della seconda guerra mondiale, per circa 70 giorni non consecutivi, permettendo agli operai - e alle loro famiglie - di proteggersi dall'eventualità non remota, di bombardamenti e possibili attacchi con il gas.
Si può certamente osservare che si trattava di un'operazione paternalistica: dopotutto gli operai se volevano mangiare dovevano comprare gli alimenti nello spaccio presente nel paese e che vendeva solo roba prodotta nelle fattorie Orlando, situate nella zona. Quindi pagava gli operai per fare un lavoro, e loro gli rendevano quei soldi per poter mangiare e vestirsi. E' anche vero che forniva case, istruzione - finalizzata ma anche primaria - e alimenti sani prodotti in zona, oltre a un lavoro ben retribuito, sia pur pesante. Insomma, non si può criticare un'operazione del genere, perchè questa era la mentalità prebellica, e di esempi del genere l'Italia è piena: la Piaggio a Pontedera, o la Solvay a Rosignano, tanto per dirne qualcuna assai famosa.
In ogni caso, l'osservazione dei bunker fa capire quanto la fabbrica fosse importante, e quanto importanti fossero gli Orlando, a cui facevano capo anche i cantieri navali di Livorno, e che nell'Italia dell'epoca facevano parte di quella ristretta elite in cui gravitavano anche gli Agnelli e i Piaggio.
Tornando alla fabbrica, una guida giovanissima e informatissima, ci ha mostrato i macchinari di produzione delle pallottole, presenti nella palazzina dirigenziale della S.M.I., il loro campionario e la loro capacità distruttiva, i metodi di costruzione degli innesti chimici - che venivano costruiti e assemblati in delle palazzine-bunker lontane dallo stabilimento principale - i macchinari costruiti in loco, per la gestione di un sistema qualità sulla produzione che non aveva veramente niente da invidiare a quegli odierni.
Abbiamo visitato la sala dirigenziale, dove gli esperti di marketing dell'epoca trattavano i loro affari con tutti - e intendiamo veramente tutti - i governi stranieri che acquistavano le munizioni ivi prodotte.
Veramente commovente è stata la visita ad un ufficio anni '50, quindi dopo che la fabbrica era stata parzialmente riconvertita alla produzione di tubature in rame, e di cilindri per il conio - quelli da cui si producevano poi le monete. Commovente perchè l'impressione era che mancasse qualcosa... c'era il telex, il telefono nero e ingombrante, una astrusa macchina contabile, quella addizionatrice, carta, matita... Ecco cosa non c'era: il computer! Adesso non possiamo pensare ad un ufficio senza computer, ma sino alla metà degli anni '80 gli uffici dotati di computer non erano così numerosi. Un'altra epoca, a noi veramente tanto vicina da averla persa definitivamente di vista.
Poi, da una delle ogive blindate che costituivano gli ingressi del bunker, siamo scesi da una delle doppie scale elicoidali - che non si incontrano mai, allo scopo di facilitare una contemporanea salita/discesa- sino ai bunker veri e propri.
Solo una parte sono stati attualmente recuperati, dalla società che gestisce il museo, e recuperata con amore e dedizione da una serie di ragazzi che lì svolgono il loro servizio civile, e a cui va tutta la nostra riconoscenza per aver scoperto e valorizzato un tale patrimonio.
I bunker erano progettati, con estrema cura, e con la finalità di poter custodire le persone anche per diversi mesi. Addirittura era stata ipotizzato anche che i macchinari potessero essere trasportati dentro tramite una apposita apertura, in modo da poter continuare, in caso di emergenza, il lavoro.
Nei lunghissimi corridoi, c'erano ogni tanto delle rientranze dove si trovavano Posti di Pronto Soccorso, ripostigli, locali di servizio.
Abbiamo potuto visitare l'infermeria degli uomini, mentre quella delle donne è ancora in fase di restauro.
Le panche la notte venivano tolte e venivano distese delle brandine in senso orizzontale, che permettevano alla gente di dormire normalmente senza sentirsi ammassati, perchè rimaneva comunque un passaggio per spostarsi.
Insomma, un'operazione veramente in grande stile, con tutte le soluzioni tecnologiche applicabili all'epoca.
Mappa
Buon giorno,
RispondiEliminasono un membro dell'associazione Romea nonantolana di Modena,
vorrei citare il vostro intervento nella nascente guida della via Romea nonantolana.
Posso pubblicare il vostro brano sullo SMI citandovi a dovere?
Moretti Emanuele
ciao,
RispondiEliminasiamo felici di poterti essere utili in qualche modo, e fieri di essere citati nella guida.
Se vuoi farci ancora più contenti, avvertici quando pubblicate.
Grazie!