Per chi abita nella piana di Firenze, il nome Badia a Settimo evoca solo una zona industriale vicino Scandicci. Ed in effetti, limitandosi a passare dalla Tosco-romagnola non si vedono nient'altro che insediamenti produttivi, nemmeno particolarmente belli.
Se però ci fermiamo ad analizzare il nome, vediamo subito che ci deve essere una Badia in una zona chiamata Settimo...
Quest'ultimo è un toponimo comune in zona, e designa la distanza delle miglia dal centro della città, secondo il metodo romano che tanto è evidente in altra zona (dove abbiamo Quinto, Sesto e Settimello).
Vediamo quindi di scoprire qualcosa circa la Badia!
Come sempre accade in queste storie, bisogna risalire a qualche anno prima dell'anno mille, quando una piccola comunità religiosa, si riunì presso un tempietto pagano, adattato all'uso Cristiano. Fu protetto e sovvenzionato dalla famiglia dei Cadolingi, signori di Borgonuovo (l'odierna Fucecchio) che introdussero la regola benedettina cluniacense. Ci fu un avvicendarsi di ordini monastici perchè l'abbazia passò ai Vallobrosani e poi nel 1236 ai Cistercensi.
Durante il periodo Vallombrosano - dove l'abate era proprio San Giovanni Gualberto, fondatore dell'ordine - ci fu la famosa "prova del fuoco" di Pietro Igneo, (il soprannome venne dopo...) dove il frate passò attraverso un'ordalia - che sarebbe poi una prova del fuoco dove chi si brucia viene considerato colpevole - per accusare un vescovo simoniaco - che vorrebbe dire che vendeva le indulgenze per soldi - e che poi fu effettivamente cacciato con disonore dalla carica che ricopriva!
I Cistercensi diventarono molto potenti, e sbrigarono incarichi di fiducia per conto della Repubblica Fiorentina. Il monastero rimase così legato a questa istituzione, che la salita al potere della famiglia dei Medici rappresentò l'inizio del suo declino, che culmino' nel 1783 con l'abolizione dell'ordine cistercense da parte del granduca Pietro Leopoldo, e il conseguente allontanamento dei monaci.
Da allora il degrado del complesso fu tale che fino all'inizio del XX secolo era usato come fattoria da parte di privati.
L'edificio è stato restaurato completamente solo nel 1998, ed è molto suggestivo, con la sua torre campanaria esagonale di origine longobarda, costruita metà in pietra e metà in mattoni, ed inserita in un ambiente molto suggestivo, tra canali con il ponte levatoio
e celle sotterranee, dove probabilmente viveva qualche eremita.
Un modellino realizzato in metallo ed esposto vicino al campanile, ci dà un'idea di quel che doveva essere il complesso monastico ai tempi del suo massimo splendore.
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