domenica 13 marzo 2016

IL CICLO DELLA LANA RIGENERATA VISTO DAL MuMaT


Ci capita spesso di pensare che la Prato che conoscevamo è ormai morta e sepolta.
Basta guardare un film come "Madonna che silenzio c'è stasera", con il grande Francesco Nuti, che è del 1982, mica di cento anni fa... per vedere una Prato che davvero non c'è più.
Le balle degli stracci fuori dagli stanzoni, che avevano le porte in ferro con i vetri opachi, i telai a navetta che facevano un rumore intollerabile, gli operai con la canottiera blu.
Un mondo finito.
Un mondo che i ragazzi nati negli anni '80 non conoscono già più.
Ma abbiamo avuto modo di recuperarlo, visitando un interessante museo a Mercatale di Vernio, il MUseo MAcchine Tessili (MuMaT, appunto).
Siamo stati tanto fortunati da aver partecipato ad una visita guidata, condotta da due simpatiche e competenti ragazze, che ci hanno mostrato alcune macchine tessili, scampate alla distruzione conseguente al radicale ridimensionamento dell'industria tessile a Prato ed in Val di Bisenzio.
Il museo si trova nei locali dell'ex carbonizzo Meucci.
Come è sempre successo in queste antiche costruzioni, sedi da secoli di opifici, il primo utilizzo è stato quello di mulino. 
Ma per conoscere le vicende dello storico edificio, vi rimandiamo al sito del MuMaT.
Ispirati da questa visita, abbiamo pensato di "lasciare ai posteri" una descrizione del ciclo della lana rigenerata: una cosa che a noi, nati negli anni '60, insegnavano a scuola, oltre a conoscerla per l'esperienza diretta dei nostri genitori, che lavoravano nel settore.
Naturalmente si tratta di una descrizione generica, perchè ogni lavorazione aveva le sue specificità e entrare nel particolare sarebbe stato impossibile!
Questa sequenza del ciclo della lana rigenerata ci è stata trasmessa da una persona che ha vissuto tutta la lavorazione, essendo stato Provveditore in un lanificio di Prato da 1965 al 1982.
La procedura, raccolta dalla sua viva voce, era questa:
la partenza è la BALLA DI STRACCI
da questa si passa alla CERNITA, fatta da personale altamente specializzato: Anche se sembrava un mestiere sporco, richiedeva un grado di specializzazione altissimo.  Un buon cernitore sapeva dire la composizione di un capo solo toccandolo - e vi assicuriamo che sbagliava di poco, rispetto all'etichetta - dopodichè il tessuto, separato dalle fodere e privato dei bottoni, veniva diviso secondo la composizione.
Da qui i tessuti passavano al CARBONIZZO, dove i fumi di acido muriatico distruggevano tutto quello che non era lana, anche se in realtà le fibre artificiali rimanevano.

Ecco perchè il lavoro del cernitore era così importante: maggiore era la quantità di lana nel tessuto che veniva maneggiato, maggiore era la qualità di quello che poi sarebbe diventato il prodotto finito.
si passa quindi alla STRACCIATURA che richiedeva un bagno preventivo dei capi carbonizzati - si andava dalle 12 alle 24 ore di ammollo in acqua - dopodichè si passavano al cilindro, che sfibra il tessuto e lo riduce a quella che veniva definita "lana meccanica", che veniva ancora una volta lavata.
Quando era asciutta, si preparava un MESCOLO con altre fibre nuove, per aumentarne qualità e durabilità.
Ecco, la vera arte di Prato era proprio il "mescolo", cioè la dosatura secondo il prodotto che si desidera ottenere.
Il mescolo veniva poi unto con olii speciali, che rendevano le fibre lavorabili, e veniva introdotto nella BATTITORA, che eliminava i residui carbonizzati.
Da lì va alla famigerata LUPA, che con i suoi denti acuminati, apre le fibre (e qualche volta  anche le dita delle mani del malcapitato che spinge le fibre nella macchina) ed è detto "allupino".
(quello con la canottiera blu...)
La fibra che esce va alla CARDATURA che è composta di tre macchine diverse
la prima è detta "ad aprire" e quindi apre le fibre.

la seconda è detta "ad ovattare", da cui esce una specie di tovaglia di ovatta.
la terza è detta "a dividere",dove la tovaglia di cui sopra, viene divisa in una specie di stoppino, privo di resistenza.
Lo stoppino va alla FILANDA che può essere di due tipi:
la più antica è la SELFACTING, o filatoio intermittente, dove lo stoppino va sul fuso, ed è  il movimento della macchina stessa, che si muove orizzontalmente,  a dare al filo la torsione desiderata.

la tecnologia più recente è invece quella a RING o filatoio continuo ad anelli, dove invece il movimento che dà la torsione al filo è verticale.
Da lì il filo passa all'ORDITURA. Il nome è auto esplicativo: con questa macchina si prepara il futuro tessuto partendo, appunto, dall'ordito. A seconda della lavorazione che si vuole ottenere, si abbinano fili di colori diversi - a seconda di come si vuole che venga il tessuto - raggiungendo la larghezza desiderata.
L'ordito si carica su SUBBIO, che è un cilindro di legno con dei larghi dischi di metallo ai lati, che viene caricato sul telaio per la tessitura.
Per far passare i fili dell'ordito sul telaio è necessaria l'ANNODATURA, una fase che fino a pochi anni fa veniva fata a mano da abilissime operaie - in maggioranza erano donne - con la quale si annodava filo per filo tutto l'ordito presente su un subbio, ad una licciata già rincorsata (cioè con i fili già passati attraverso il liccio).
I tessitori avevano l'abitudine di tenere i licci già rincorsati, pronti per le varie lavorazioni, ammucchiati negli stanzoni dove alloggiavano i telai.
Adesso viene il bello, perchè si passa alla tessitura, che è la lavorazione per cui Prato è diventata famosa nel mondo - come se il resto non bastasse!
Sul telaio viene montato l'ordito, caricandolo dal subbio.
In fondo - ed in cima -  al subbio c'è una "croce" che garantisce che tutti i fili siano diritti e paralleli; per passare da un subbio all'altro i fili si annodano alla "croce" successiva in modo che la tela continui.
Secondo la disposizione dei fili sul liccio, l'armatura del tessuto sarà diversa.
L'armatura viene data da una scheda perforata, che determina il movimento del liccio stesso.
Adesso bisogna passare alla trama, che nei telai moderni - la gran parte dei telai pratesi funziona così - è trasportata da un nastro e da una pinza.

La pinza femmina porta il filo , tagliato all'inizio da una falsa cimosa, sino a metà tela, dove viene affidato ad una pinza maschio che lo porta dall'altra parte del tessuto, dove un'altra falsa cimosa permette di tagliare il filo dall'altra parte.
Il pettine, a quel punto, batte il filo della trama sull'ordito, e crea il tessuto.
Prima della nascita di questo tipo di telaio, il filo veniva trasportato dalle classiche NAVETTE in legno, che avevano il pregio di essere posizionate all'interno del tessuto stesso, per cui, senza bisogno di tagliare il filo all'inizio ed alla fine, tramite una complicata serie di anellini che permettevano al filo di andare avanti e indietro, si otteneva lo stesso risultato.

I telai a navetta vengono ancora utilizzati per i tessuti più pregiati, che hanno bisogno di una cimosa perfetta ai lati.
Finita la tela si faceva lo STACCO dal telaio, ed il tessuto passava alle operazioni di rifinitura.
Il cardato andava in follatura.
Il pettinato - che era il filato più pregiato - andava alle macchine di rifinitura.
la FOLLATURA si faceva attraverso delle macchine chiamate appunto fole, il cui compito era di comprimere il tessuto in modo che venisse più fitto e compatto, ben lavato e spurgato da ogni impurità.
Da qui veniva passato alla tintoria, ovviamente se veniva tinto in pezza.
Se il tessuto  invece era pettinato (o disegnato jaquard, lavorazione ques'ultima che richiedeva dei telai particolari) andava al lavaggio e alla RAMOSA, una macchina che stira ed asciuga in modo da rendere il tessuto uniforme.
Anche il cardato passava alla ramosa (ma dopo la follatura, quindi un passaggio in più).
Queste le principali fasi di rifinitura:
a seconda del tipo di tessuto che si voleva ottenere, il tessuto poteva passare anche alla GARZATURA, che tira fuori una peluria più o meno consistente.
la CIMATURA che pareggia l'altezza del pelo tirato fuori dal garzo, oppure si limitava a tagliare i peli esterni della pezza.
La CALANDRATURA che è una stiratura molto forte, oppure
il DECATIZZO, che è un tipo di finissaggio più leggero,  fissa le fibre perchè il tessuto non si deformi,
oppure, sempre secondo il tipo di tessuto che si voleva ottenere,
il KD che è un trattamento anti-restringimento, e comunque un finissaggio più forte.
dopodichè si passava all'arrotolatura della pezza (oppure alla piegatura) e al confezionamento ed etichettatura.

Dedicato alla memoria di Kurt Guarnieri

Mappa

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