domenica 28 giugno 2020

ADOLFO COPPEDE' IN TOSCANA

Non vi entusiasmate troppo. 
Non è il Coppedè che ha costruito con il suo stile visionario un intero quartiere di Roma che adesso si chiama come lui.
No. Quello è Luigi Coppedè, più conosciuto come Gino.
Era comunque suo fratello. 
Una bella famigliola quella; già il padre, Mariano era un intagliatore ed ebanista di grande valore, tanto che aveva bottega sul lungarno Guicciardini "Casa Artistica Coppedè"frequentata da nobili e notabili per l'altissima qualità della sua produzione.
Ebbe tre figli. Luigi (detto Gino) - quello del famoso quartiere a Roma, per capirsi - che sviluppò lo stile "eclettico" un misto di Liberty e Rococò - Carlo (di cui, bontà sua, non sappiamo niente e che probabilmente faceva il contabile) e Adolfo che è il nostro uomo.
Adolfo, come Gino e suo padre era un artista, che però faticava a trovare la sua strada: lavorò nella bottega del padre, si iscrisse all'Accademia di Belle Arti, e partecipò ad un concorso per la progettazione di una Cattedrale a Roma.
Insomma, suo fratello aveva inventato lo stile eclettico, e lui lo metteva in pratica...
Poi si dedicò principalmente all'architettura, come il fratello, e gran parte della sua produzione si trova all'Isola d'Elba, ma non mancano sue costruzioni anche a Milano e altrove.
Diventò un personaggio importante, tanto importante che ebbe modo di fare una terribile polemica con Gabriele D'annunzio, su un'opera pubblica che doveva essere realizzata a Firenze nel 1926 e che invece non lo fu.
Nonostante tutte le nostre ricerche non siamo riusciti a capire di che cosa si trattasse, però.
Comunque, fatto sta che il nostro si offese un po', e decise di limitare le sue opere al solo ambito toscano.
E qui arriviamo a quello che vogliamo mostrarvi:
A Ponte a Signa, Adolfo Coppedè ha infatti realizzato una chiamiamola "Casa del Fascio" ma in realtà alla sua costruzione era un "Palazzo dei Sindacati Fascisti" che sembra una contraddizione in termini, ma questo era il nome che le era stato dato.

Rispetto alla SS 67, che le corre lateralmente, rimane più bassa di alcuni metri, ed infatti per accedervi sono state costruite delle scale, in perfetto stile dell'epoca, che adesso risultano essere visibilmente trascurate.
Però dalla ToscoRomagnola, questo imponente edificio giallo-chiaro, si vede bene.
Si tratta di un edificio costruito secondo tutti gli stilemi dell'epoca, talmente grande da risultare veramente soffocato nella stretta stradina in cui si trova, circondato da un quartiere piuttosto modesto.
Una costruzione così imponente, che quando aveva gli enormi fasci littori (ovviamente rimossi) sia ai lati della porta, che sui basamenti ai lati della scalinata d'ingresso doveva risultare ancora più soffocante, aveva forse bisogno di una piazza per essere valorizzato, e non di questi spazi così angusti.

L'edificio ha sicuramente una sua dignità, ma risulta completamente fuori contesto in questo spazio, perlomeno ai nostri occhi di moderni; sicuramente al momento della sua inaugurazione nel 1928, la sua collocazione era sicuramente più consona.
Ad oggi, pur nella sua trascuratezza, ospita un centro di attività polivalente, con attività formative, ludiche e cognitive (leggiamo sul sito) per vari tipi di utenza.
Un'ala del palazzo, che essendo un ex palazzo dei sindacati fascisti, secondo noi raggiunge la sua nemesi ospitando la sede dell'ARCI di Lastra a Signa con giardino e terrazza estiva.

Giardino bellissimo e ombroso, terrazza sull'Arno (roba da albergo a cinque stelle) ma tutti - anche qui, ahimè - trascuratissimi, sporchi...vabbè

Il nostro Coppedè - che non dimentichiamolo, si chiamava Adolfo - si iscrisse al partito fascista nel 1932 e si ritirò a vita privata nella sua tenuta del Parugiano a Montemurlo, dove morì nel 1951.








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