mercoledì 20 agosto 2014

MUSEO STORICO AEREONAUTiCA MILITARE -parte 2° - LE IMPRESE (e un po' di storia)

Di solito prima si parla della storia di un museo, e poi di quello che ci ha visto dentro, e maggiormente colpito.
Qui abbiamo fatto alla rovescia, perchè avevamo l'urgenza di scrivere le nostre impressioni a caldo su quello che avevamo visto e particolarmente  ammirato.
Adesso però un po' di Storia ci vuole!
Il museo dell'Aereonautica, si trova sul lago di Bracciano, in località Vigna di Valle, dove sorge l'Idroscalo più  antico d'italia, fondato nel 1904 da quello che è considerato il padre dell'aviazione Italiana, il Maggiore del Genio,  Mario Maurizio Moris.
Questa struttura è l'unica rimasta attualmente in italia, perfettamente integra così come è nata e cresciuta sino agli anni '60. C'erano vari musei dell'Aereonautica, ma solo nel 1975 si pensò di usufruire di queste attrezzature già esistenti - e del panorama meraviglioso, un vero valore aggiunto, diciamo noi - per riunire tutti gli apparecchi e formare un tutt'uno organico. Il museo è stato inaugurato il 24 maggio 1977 dall'allora presidente della Repubblica Giovanni Leone.

E adesso parliamo delle imprese.
Infatti un ampio spazio è dedicato a splendidi diorami, vere ricostruzioni storiche, di alcune grandi imprese della Aereonautica Italiana, completi di vetrine contenenti divise d'epoca, attrezzature originali e reperti storici.
Quella che ci è piaciuta di più è quella legata all'aereo più bello che possiamo dire di avere mai visto.
Si tratta ovviamente di un parere personale, ma il Macchi- Castoldi  MC 72 è capace di far battere il cuore anche a chi non è appassionato di aerei.
In realtà non è un aereo, ma un idrocorsa, cioè un idrovolante da corsa, ed è stato l'ultimo mai costruito.

Ha due motori da 12 cilindri per un totale di  3100 CV, per una cilindrata di oltre 50 litri!,  e tutte le parti che vedete in color rame non sono altro che radiatori di raffreddamento del motore. Il serbatoio era nei galleggianti, e un sistema faceva sì che il carburante venisse prelevato in maniera parallela dal motore, in modo da non creare problemi di stabilità. I motori funzionavano indipendentemente l'uno dall'altro, e le eliche coassiali, montate sullo stretto muso, ruotavano l'una in una direzione, e l'altra in quella opposta.
Con uno di questi aerei - ne sono stati costruiti solo cinque: questo è l'unico rimasto, ed è proprio quello che ha stabilito il record (matricola MM181) -  il maresciallo Francesco Agello, il 23 ottobre 1934 stabilì il primato di velocità con motore a pistoni, di  709,202 km/h, primato tutt'ora imbattuto!!! Il record, come assoluto, fu valido sino al 1939.
L'idrocorsa era stato costruito per partecipare alla Coppa Schenider, una corsa per idrovolanti, come era in voga sino alla Seconda Guerra Mondiale. Purtroppo non fecero in tempo a farlo partecipare, perchè l'Inghilterra si aggiudicò definitivamente la coppa nel 1931, con tre vittorie consecutive.
l'MC 72 tuttavia deve qualcosa alla Coppa Schenider, perchè il suo record fu raggiunto grazie alle vittorie dell'Italia, tre in tutto ma non consecutive.
Nel 1926 il capitano Mario De Bernardi, per aumentare la velocità del proprio  Macchi M39, applicò una particolare virata, detta "virata Desenzano, (e poi detta  virata Schneider)", studiata dal Colonnello Bernasconi. Se ci capite qualcosa, lui la definisce così:
“ è quella evoluzione orizzontale compiuta a minima quota, più simile ad un ramo di parabola che ad un semicerchio, percorrendo il quale l’idrocorsa può invertire la sua direzione con il minimo consumo di spazio a minima riduzione di velocità”.
Non ci avete capito niente, vero?! Nemmeno noi.
Però, vedendo dei filmati abbiamo capito la differenza, detta in parole poverissime: nella virata normale l'aereo mantiene un angolo delle ali per cui l'aereo gira ma va più lento. Nella virata Desenzano, l'aereo gira sulla sua traiettoria mantenendosi a 90°, per cui è solo la forza centrifuga che lo mantiene in aria. E siccome per mantenere la forza centrifuga bisogna accellerare....bingo!

Altre imprese:
le trasvolate di Italo Balbo. La prima - e qui bisogna essere davvero sintetici, altrimenti se ne potrebbe parlare per pagine e pagine - è la "Crociera Aerea Transatlantica Italia-Brasile". Non era la prima organizzata da Balbo, ma le prime due erano state limitate al Mediterraneo. Si trattava di una trasvolata atlantica da farsi in formazione, che non si era mai tentata prima. La difficoltà stava proprio in quello, nel mantenere la formazione per un viaggio così lungo. Balbo ha avuto il merito di esserci riuscito, con un rigoroso addestramento dei componenti la squadriglia, e il supporto dei 12 Idrovolanti Savoia- Marchetti S55A, tanto che le formazioni composte di numerosi aerei , da allora, si sono chiamate proprio "Balbo".
Partirono da Orbetello (GR) - dove era in fase di creazione  la sede della N.A.D.AM (Scuola di navigazione Aerea di Alto Mare)  il 17 Dicembre 1930. Con una tappa di 1200 km si fermo' a Los Alcazares, in Spagn a, il 19 dicembre proseguì con un salto di 700 km a Port-Lauytey in Marocco, Altri 1.600 km per fermarsi a Dakla nel Sahara Occidentale il 25 dicembre, e da lì altri 1500 sino a Bolama, nell'attuale Guinea Bissau. Il 5 Gennaio il grande salto di 3.000 km a Porto Natal in Brasile. In questa tappa, al decollo,  il comandante Balbo perde due aerei in un incidente, dove muore un intero equipaggio, composto da primo pilota, secondo pilota, marconista e motorista,  e il motorista  dell'altro aereo. Durante la trasvolata, un'altro aereo è costretto ad ammarare, ed un'altro è stato disperso. l'11 gennaio, dopo altri 1.000 lm arrivano a Salvador de Bahia, e il 15 gennaio1931 , dopo gli ultimi 1.400 km arrivò finalmente a Rio de Janeiro, dove c'era un milione di persone ad aspettare l'arrivo dei trasvolatori, che entrarono in porto insieme alla divisione navale Italiana. la stampa mondiale esaltò l'impresa, che trovò maggior gloria proprio a causa delle ingenti perdite che avevano colpito lo stormo durante l'impresa.
La seconda crociera è la "Crociera aerea del Decennale" e venne organizzata, come il nome fa facilmente intuire, per festeggiare il decimo anniversario della fondazione dell' Regia  Aereonautica, oltre che per festeggiare il l'esposizione universale che si teneva a Chicago  in occasione del centenario della sua fondazione. 
Alla crociera presero parte 25 idrovolanti SIAI Marchetti S.55X e si tenne tra il 1° luglio e il 12 Agosto 1933. Sempre con partenza da Orbetello, la prima tappa approdò ad Amsterdam, poi Londonderry, Reykjavik, Cartwright nel Labrador, Shediac in Canada, poi Montreal, Chicago e da lì a New York.
Anche qui non mancarono gli incidenti. Nella prima tappa, all'ammaraggio ad Amsterdam morì il motorista di uno degli equipaggi, l'altro incidente accadde durante il viaggio di ritorno,  nell'area delle Azzorre. Già a Chicago i trasvolatori trovarono un'accoglienza strepitosa: una formazione aerea americana li accolse disposta in modo da formare la parola "Italy", il sindaco consegno' a Balbo la chiave d'oro della città, e una tribù di Sioux proclamò Balbo loro capo onorario, imponendogli il nome di Aquila Volante. A New York l'accoglienza fu addirittura da delirio: oltre alla sfilata trionfale di Broadway, ci furono un discorso tenuto da Balbo alla comunità italiana alla City Hall, e i grandi festeggiamenti della comunità stessa per la grande occasione. In seguito il presidente F.D.Roosvelt, invitò Balbo a colazione alla Casa Bianca - colazione intesa come pranzo di mezzogiorno, s'intende...

Altra impresa: 
la trasvolata in dirigibile sul Polo nord del comandante Umberto Nobile. La prima, quella del Norge nel 1926 andò bene: insieme all'esploratore norvegese Roald Amudsen organizzò una spedizione in tappe che si proponeva di sorvolare il Polo nord, impresa che fu realizzata il 12 maggio di quello stesso anno.
Quella del dirigibile Italia, nel 1928 invece andò malissimo. L'impresa fu tentata sia per dimostrare la bontà del dirigibile semirigido pensato e voluto da Nobile, sia per tracciare le mappe dello sconfinato continente Artico. I primi due voli partiti dalla Baia del Re andarono bene, il terzo fu quello che si concluse tragicamente il 23 maggio del 1928. 

A Bordo dell'Italia erano imbarcate 16 persone, più la mitica cagnetta Titina. Gli strumenti di bordo si appesantirono di ghiaccio e il dirigibile andò a sbattere contro la calotta polare. La gondola con l'equipaggio si sfasciò e 10 persone si ritrovarono sulla superficie ghiacciata. Uno di loro morì poco dopo. Gli altri sei rimasero intrappolati nell'involucro del dirigibile che, alleggerito in maniera significativa, riprese quota.  Coloro che erano a bordo, pur sapendo di essere condannati a morire, trovarono il coraggio di lanciare giù quanto ci poteva essere di utile, provviste, attrezzature e la famosa tenda rossa. Di loro non si è saputo mai più nulla.
I superstiti che si trovarono sul pack Artico furono a loro modo fortunati: riuscirono a sopravvivere, sia pure tra grandi difficoltà, per tutti i 49 giorni che furono necessari ai soccorsi per ritrovarli: i soccorsi a quei tempi non erano certo organizzati, e c'è da dire che Italo Balbo, capo della Regia Aereonautica, non era un grande fan di Nobile, per cui si sospetta che non si sia nemmeno dato tutto quel da fare per ritrovarli. Di sicuro ci fu proprio Balbo a attizzare il fuoco delle accuse di abbandono del proprio equipaggio nei confronti del capitano Nobile.
Nelle ricerche dei superstiti - che comunque riuscirono a inviare il segnale radio che li poteva localizzare, solo dopo 33 giorni dall'impatto - risultò disperso l'esploratore norvegese Roald Amudsen, che aveva sorvolato il polo insieme a Nobile solo due anni prima con il Norge.
Il capitano Nobile, al suo ritorno in patria, subì un vero e proprio linciaggio morale: fu accusato di viltà, per essere stato il primo a salire sull'aereo svedese dei soccorsi, nonchè  di incapacità nel governo dell'aereomobile e nella gestione del viaggio fatale.
In realtà Umberto Nobile era ferito, insieme ad un altro, ma l'altro ferito era di corporatura molto più pesante, per cui imbarcare lui avrebbe voluto dire far scendere il secondo pilota. Appena scaricato Nobile alla Baia del re, il pilota svedese riparte da solo per caricare l' altro ferito - un certo Cecioni - ma ha un incidente in fase di atterraggio  e rimane bloccato sulla banchisa insieme ai superstiti del Norge, in attesa che un altro aereo venisse a prelevarlo. Cosa che succede solo quindici giorni più tardi, quando - era il 6 luglio - il ghiaccio era ormai troppo sottile per permettere l'atterraggio di un aereo. Viene recuperato solo il pilota svedese, e solo il 12 luglio il rompighiaccio sovietico Krasin riesce a raccogliere i superstiti della tenda rossa - Titina compresa.

Nobile fu accusato di avere abbandonato i suoi uomini e fu costretto a dimettersi da tutte le cariche pubbliche - e ne aveva parecchie - solo nel secondo dopoguerra fu riabilitato e gli fu restituito il grado di Generale, ma passò il resto della sua lunga vita a giustificarsi.







1 commento:

  1. Bravi, alla prossima uscita avvisatemi, se mi riesce ci vengo anch'io!!

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