Quando si parla di un Conservatorio, si pensa ad una scuola destinata allo studio della musica, no?!
In questo caso, niente di più sbagliato.
Si chiama Conservatorio - ma i pratesi, giustamente, lo conoscono come "il collegio" - perchè era destinato a conservare (anzi, a "tenere in serbanza") le figlie delle nobili famiglie toscane.
Che le si conservasse per un fastoso matrimonio o per destinarle al Chiostro, era secondario. Prima di tutto si doveva conservare la loro virtù.
Per loro, e per i loro abiti ingombranti, era stata realizzata dall'architetto pratese Giuseppe Valentini nel 1787, la Scala Regia, che ha la caratteristica di avere una pedata molto profonda, ma un'alzata assai dolce, allo scopo di facilitare la salita.
Questa scala monumentale conduce al piano superiore, dove al giorno d'oggi sono le aule dei vari gradi di scuole- dall'asilo al liceo - che ancora oggi sono frequentate principalmente da ragazze.
Entrare all'interno di San Niccolò è un privilegio raro.
Noi abbiamo approfittato delle giornate del FAI, per entrare e visitarlo.
Era una novità anche per noi, vecchi pratesi.
Abbiamo visitato l'aula Capitolare, dove le suore si sedevano per discutere dei problemi del convento.
E' una grande stanza, arredata con semplicità, ma splendidamente affrescata.
La particolarità è che sotto di essa esiste un'altra stanza, con le stesse dimensioni e che fungeva da cimitero: le suore defunte venivano vestite e messe sedute nella stessa postazione dove sedevano in vita, a perpetuare un eterno Capitolo.
Ancora al di sotto, un'altra stanza accoglieva le ossa, quando il corpo si era naturalmente decomposto, e per lasciare spazio ad un'altra consorella defunta.
Va da sè che in queste stanze segrete, hanno trovato rifugio molte persone, dai rastrellamenti tedeschi durante la seconda guerra mondiale.
Il chiostro è in parte chiuso da vetrate, in parte aperto e nell'ultimo lato è stato murato, in modo da ricavare altre stanze e altre aule per l'educazione delle fanciulle.
Il chiostro ha inoltre la particolarità di avere due pozzi.
Uno nel centro, rotondo ed in pietra.
L'altro, a ridosso della parte vetrata del chiostro, è molto più antico ed ha una forma particolare, essendo anche intonacato e imbiancato.
Tuttavia si coglie ancora l'antico servizio a cui era adibito, a causa della carrucola che ancora lo sovrasta.
In una piccola stanza di comunicazione tra il chiostro e il corridoio delle celle delle monache, è conservato un crocifisso miracoloso.
Pare che la statua seicentesca, fosse stata scolpita con la bocca chiusa.
In una sera tempestosa, una bambina che saliva le scale- ospite dell'educandato - fu fermata da una voce le le intimava di fermarsi.
Lei ebbe un attimo di comprensibile smarrimento nel sentire questa voce.
Tanto fu sufficiente però, perchè in quel momento un fulmine perforò il tetto e divelse una mattonella del pavimento, da permettere alla bambina di salvarsi.
Da allora il crocifisso ha la bocca aperta!
E la mattonella non è più tornata al suo posto.
La mattonella mancante è nel corridoio delle celle delle monache, un grande corridoio contornato da piccole porte, che portano in piccole stanze arredate in maniera molto semplice (monacale, diremmo con una facile battuta).
Il corridoio è però bellissimo, in antico cotto consumato dagli anni e dal calpestio (è del nucleo originale del convento e risale a tra il 1323 ed il 1327) e nonostante questo, lucidissimo e dal colore veramente magnifico.
In fondo a questo corridoio abbiamo potuto visitare anche il vestibolo delle suore, una serie di armadi dove veniva conservato il vestiario sia delle suore che delle novizie, e che conserva al suo interno una cappella in legno dorato dove è custodito il sarcofago che conteneva il corpo di Santa Caterina de' Ricci, una famosa santa pratese, e che fu portato qui dopo le spoliazioni napoleoniche ai conventi.
Da allora è rimasto qui, ma vuoto: le spoglie della Santa sono custodite adesso in altro luogo.
Questa è solo una minima parte dell'antico convento.
Gran parte di esso non è visitabile, ma noi siamo stati felici di avere il privilegio di poterlo fare.
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