domenica 16 agosto 2020

ANCORA SULLA FERROVIA PORRETTANA, DUE CAPOLAVORI DI INGEGNERIA

Rieccoci sulla Ferrovia Porrettana.
Sappiamo che penserete che ci siamo un po' fissati, ma su questa ferrovia ci sarebbe da scrivere un'enciclopedia in 12 tomi da 500 pagine ciascuno. 
Ogni singola traversina ci racconta una storia.
Mettetevi a vostro agio: ne avremo ancora per un po'.
Vorremmo parlarvi della Galleria di Piteccio, un autentico capolavoro - sia pure un po' pasticciato - dell'ingegneria ferroviaria dell'epoca.
Vorremmo ricordarvi infatti che la ferrovia Porrettana è stata inaugurata nel 1864 e che ha costituito l'unico collegamento tra i due versanti dell'Appennino finchè nel 1934 non entrò in funzione la Direttissima.
Riassumiamo in due parole: quando fu progettata la Porrettana, l'Austria impose al Granduca (che era pur sempre un Asburgo-Lorena) di far transitare la ferrovia da Pistoia, che Vienna considerava strategica per il suo esercito.
Purtroppo le pendenze erano proibitive per le ferrovie, specie per quelle di allora, arrivando ad essere circa il doppio di quelle previste per altre soluzioni, che poi furono comunque adottate.
Comunque sia, progettazione e parte dei lavori furono realizzate in ambito granducale e ormai i lavori erano troppo avanzati per fermarli.
Il Re Vittorio Emanuele II inaugurò la ferrovia, orgoglio della Nazione, il 2 Novembre 1864.
Ma se tanti problemi si erano presentati in fase di progettazione e realizzazione, altrettanti se ne presentarono all'utilizzo.
Torniamo alla nostra galleria di Piteccio.
Essendo la parte in maggior pendenza di tutto il tracciato - stiamo parlando del 23 per mille - si sviluppa per tutta la sua lunghezza di 1750 metri in forma elicoidale; una soluzione che decenni dopo è stata ripresa per la ben più lunga galleria del San Gottardo.
Il problema più grande di questa galleria è che il foro di entrata e quello di uscita erano orientati all'incirca dal solito lato. Questo non sarebbe un problema adesso, ma lo era a quei tempi con le locomotive a vapore: infatti quando soffiava il vento il fumo veniva respinto all'interno del tunnel da entrambe i lati, anzichè fuoriuscirne.
La situazione era talmente disastrosa che alla fine della galleria, sostavano due macchinisti, diciamo così "di riserva" pronti a saltare sul treno al posto dei due che invece saltavano giù, intossicati dal fumo.
Il problema vero era per i passeggeri, che non potevano effettuare questo cambio e che rischiavano di morire asfissiati. E infatti la linea non portò affatto l'incremento sperato in zona dal turismo, proprio a causa di questo motivo, e fin dall'inizio fu più che altro una ferrovia destinata al trasporto merci.
Nel 1881 fu creata l'opera di cui intendevamo parlarvi. Magari a chi ci transita adesso in treno sembra semplicemente di passare da tre gallerie molto ravvicinate, ma non è così: è la stessa galleria che è stata "scoperchiata", nel vero senso della parola, per permettere al fumo di fuoriuscire.
Sembra incredibile vero?
Vi domanderete: e che differenza c'è tra tre gallerie molto ravvicinate e una sola galleria alla quale sono stato tolti due "tappi"?
Pensateci... una galleria dentro una montagna è un tutto unico, semplicemente gli togliamo il coperchio, come ad una pentola, ma i lati rimangono. 
Mentre tre gallerie molto ravvicinate sono tre piccole montagnole dove, passando, io non troverò niente sopra di me, ma nemmeno a destra e a sinistra.
Non è una cosa banale come potrebbe sembrare!
Comunque sia, anche questa soluzione non fu sufficiente.
Nel 1899 allora costruirono un ventilatore (Il Ventilatore Saccardo) installato all'imbocco sud che spingeva aria fresca nella galleria.
Ma indovinate? l'aria fresca ed i fumo arrivati alla prima apertura salivano in alto, lasciando gli altri due tronconi a soffocarsi.
Allora furono messe delle lamiere tra i tronconi del tunnel per ricrearne la continuità.
(non potevano pensare prima al ventilatore?!)
Poi vabbè, nel 1927 la linea venne elettrificata e il problema si risolse da solo.
A quel punto tolsero le lamiere, almeno si potevano vedere le due opere d'arte ingegneristica che sono le due trincee. (così si chiamano)

La trincea di Vignacci ha anche la particolarità che al suo interno ha la minuscola casetta del  sorvegliante.

Questa casetta è costruita all'altezza del piano binari, dove il sole non arriva praticamente mai - ed infatti è completamente coperta di muschio - e per arrivarci c'erano degli scalini di sasso infissi lungo le pareti che scendevano dalla montagna! Ci sarebbe davvero piaciuto conoscere il tizio che abitava in questa casetta e dirgli: "il guardiano del faro in confronto a te è un quaquaraquà".
Inoltre per scavare questa trincea è stato necessario deviare il corso del torrente Castagno, 



con tutta una serie di opere idrauliche non indifferenti per l'epoca.



Sempre a proposito di Piteccio, il viadotto a tre arcate originario era veramente un'opera straordinaria ed era esteticamente bellissimo;  purtroppo è stato distrutto dai  tedeschi durante la loro ritirata nel 1944. 
Sono rimasti un paio di basamenti di piloni del vecchio ponte, 


che esprimono ancora una notevole potenza,
ma anche quello che c'è adesso, vi possiamo assicurare che non è niente male!



















1 commento:

  1. Non sapevo della scelta del tracciato imposta da Vienna. Pensavo fosse una scelta lungimirante del Granducato per favorire lo sviluppo della zona e non solo di Firenze come spesso è accaduto.

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